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ISDS: timori e prospettive.

o creazione di un suo mercato globale?

5. ISDS: timori e prospettive.

Il caso italiano è molto interessante e non solo per l’ovvia ragione che esso ci riguarda da vicino.

Occorrerebbe prima di tutto cominciare, partendo da una serie di errori ‘esemplari’, ad affrontare con consapevolezza i passaggi critici che sempre più incidono sulla sovranità: uno Stato non può affrettarsi a essere tra i primi a sotto- scrivere patti internazionali da cui, solo in seguito, si accorge di essere vincolato in termini non previsti (anche se facil- mente prevedibili).

Il delicatissimo rapporto tra la tutela dei diritti costituzio- nalmente garantiti, ma anche delle politiche adottate dai sin- goli Stati, e la tutela degli altrettanto legittimi investimenti, andrebbe valutato e regolato preventivamente ogni volta che si decida di intervenire su una materia che comunque - anche se non direttamente - tocca quel rapporto.

Da ciò deriva l’esigenza di una grandissima attenzione nel redigere provvedimenti, regolamenti, leggi che presentino profili di rischio per gli investitori, specie quelli stranieri, tali da indurli a dirottare i propri capitali su altri mercati e altre occasioni, o a promuovere azioni risarcitorie milionarie avanti una Corte arbitrale internazionale. Il principio deve valere sia per lo Stato che per le Regioni (lo Stato è infatti chiamato a rispondere in sede internazionale anche per le misure adottate da enti locali).

Dal punto di vista tecnico-legale, occorre attrezzarsi ed es- sere pronti a difendersi comunque anche davanti a quelle Corti, contro avversari tra i più temibili e spregiudicati. Può l’Avvocatura rompere il pericoloso monopolio eserci- tato da pochi grandi studi legali i cui membri si avvicendano

invariabilmente nella composizione delle Corti? E gli inve- stitori italiani (rari) sono nella condizione di difendersi ade- guatamente nei confronti di misure che li danneggiano? Il carattere di esplicita ‘concorrenzialità’ che investe il nuovo ‘mercato globale della giustizia’ ci pone, dunque, di fronte alla prospettiva di un nuovo, inedito, ‘cosmopolitismo giudiziario’. In questo senso la giurisdizione nazionale, più che venire ag- girata o esclusa dagli ISDS, è messa alla prova e chiamata a rispondere in termini di almeno pari efficienza, affidabilità, tempestività, autorevolezza.

Molto interessante è caso del TAR Lazio e della questione di legittimità sollevata da quel giudice amministrativo, sulle stesse basi e in termini sostanzialmente identici a quelli in gioco nelle controversie promosse davanti alla Corte Arbi- trale in seguito alla normativa ‘spalma incentivi’.

Bisogna capire che ad allontanare gli investitori da un si- stema di giustizia nazionale non è più ormai (come un tempo) la sola diffidenza circa la professionalità, l’indipen- denza, la scarsa qualità formale e tecnica delle procedure e dei giudici. È piuttosto la scarsa efficienza complessiva del si- stema giudiziario nazionale - in termini di durata dei proce- dimenti e di una difficile se non impossibile eseguibilità delle decisioni - a giustificare, agli occhi dell’investitore straniero, la scelta di adire una Corte Arbitrale internazionale: più co- stosa, certo, più rischiosa, forse, ma indubbiamente più ef- ficiente quanto alla durata, avuto riguardo a quella risorsa preziosissima che per gli investitori internazionali si rivela essere sempre più il tempo. Gli investimenti viaggiano e si muovono a velocità siderale, e non possono certo attendere motivazioni chilometriche, ricorsi sesquipedali, tempi morti, passaggi interminabili di carte e faldoni.

In questi termini la giustizia italiana - e non solo il nostro dis- tratto legislatore - dovrebbe porsi la questione della sua con- correnzialità sul mercato globale delle transazioni economico-finanziarie: a essere decisivi sono la durata dei pro- cedimenti, la professionalità e affidabilità dei giudici, la tra- sparenza e comprensibilità delle decisioni e delle procedure. Non siamo di fronte a una patologia, dunque, ma a un vero e proprio vizio sistemico e culturale della nostra giustizia. Ci si potrebbe chiedere a questo punto se un sistema dif- fuso di ‘judicial review’, tale da consentire al giudice di dis- applicare nel caso concreto una norma ritenuta incostituzionale, analogo a quello vigente nell’ordinamento statunitense (e a quello cui è soggetto ormai anche il giu- dice nazionale italiano, limitatamente alla conformità della legge nazionale al diritto comunitario), non gioverebbe gran- demente a rendere più appetibile, efficiente e ‘concorren- ziale’ il ricorso al giudice nazionale.

Se il TAR Lazio, ad esempio, invece di porre alla Corte Co- stituzionale la questione di legittimità (che - a tempo debito - dovrebbe condurre all’eliminazione della normativa in esame dal contesto dell’ordinamento), fosse stato in grado di decidere esso stesso la questione, in soli termini di applica- bilità al caso sottoposto al suo esame, non si sarebbe forse creata una poderosa contro-spinta alla tendenza da parte dell’investitore a ricorrere al meccanismo ISDS?

Non sarebbe questa una spinta importante per ricondurre la controversia nell’ambito che le è proprio: quello della giu- stizia nazionale? Perché, a ben vedere, anche la Corte Arbi- trale è chiamata a interpretare e applicare - o dis-applicare - la legge nazionale.

In sostanza, credo possiamo dirci convinti del fatto che il rapporto tra giustizia privata delle ISDS e giustizia assicurata dai singoli Stati, non si giochi in termini astratti di preva-

lenza del privato sul pubblico o viceversa, ma in termini piuttosto di maggiore convenienza, efficienza e affidabilità di un sistema rispetto all’altro.

Una nuova ‘idea di giustizia’, dunque (riecheggiando non a per caso il titolo del libro di Amartya Sen), o solo la crea- zione surrettizia di un suo nuovo mercato globale?

In questo senso, non ci si può nascondere che la ricerca di una maggiore concorrenzialità e di una maggiore ‘attratti- vità’ della giurisdizione nazionale non si risolve in se stessa e non può andare disgiunta da una radicale revisione dell’i- dea di giustizia (oltre che di stretta legalità) cui ogni Corte, nazionale o meno, non può non ispirare le proprie sentenze. Il tema della concorrenza, allargandosi dall’ambito stretta- mente economico a quello della giustizia, finisce per impli- care - piaccia oppure no - una profonda, radicale revisione dell’idea di giustizia alla quale ci si aspetta che tutte le Corti, nazionali o internazionali, statali o arbitrali, debbano atte- nersi nell’affacciarsi a un contesto che è sempre più globale e trans-nazionale: ‘cosmopolita’, come si è già detto. Come possiamo orientarci nella ricerca di questo nuovo as- setto?

Non è questo il tema del nostro incontro, ma è certo che, nella ricerca, sarà sempre la Costituzione a doverci guidare e illuminare, nel suo agganciare il nostro Ordinamento a quello Internazionale.

A quale legge, anzi, a quale diritto dovranno fare riferi- mento, in particolare, le Corti Internazionali di arbitrato ISDS? Come dovranno porsi nel valutare una normativa o una sentenza nazionali che si suppone abbiano danneggiato ingiustamente l’investimento straniero?

Come porsi in rapporto con la giurisprudenza delle Corti Supreme, o Costituzionali, dei singoli Stati, depositarie ul- time della conformità della legge alla Costituzione del Paese e ai principi generali che reggono l’Ordinamento Interna- zionale?

In particolare, potranno le Corti Arbitrali internazionali dis- applicare o disattendere una norma giudicata costituzional- mente legittima dalla nostra Corte Costituzionale? (posto che non è ovviamente ipotizzabile una questione di legitti- mità da porsi dalla Corte Arbitrale internazionale alla Corte Costituzionale nazionale).

E come, davanti a quale sistema di giustizia, potrà - se del caso - essere portato o impugnato il ‘lodo’ di queste Corti? Gli esempi a disposizione offrono il quadro inquietante di un garbuglio (o ‘imbroglio’) tra giurisdizioni adite spesso per con- trapporsi e neutralizzarsi vicendevolmente. Si pensi ai casi, veri e propri study cases, Chevron v. Ecuador (18) e Renco v. Peru.(19)

6. Conclusioni

Come già osservato, i meccanismi ISDS sono stretti in una contraddizione dalla quale è difficile uscire senza risolvere le problematiche cui si accennava: una crescita impetuosa, as- sociata a una criticità dagli aspetti allarmanti.

L’avversione diffusa per le clausole ISDS si giustifica, fon- damentalmente, per la scarsa trasparenza dei procedimenti e il loro prestarsi a forme di vera e propria tendenziale so- praffazione da parte delle maggiori multi-nazionali nei con- fronti di Paesi tanto ricchi in risorse naturali quanto deboli nell’economia e nelle istituzioni.

Queste le obiezioni principali:

gli ISDS sono strumenti pensati in favore del big business per far pagare caro ogni tentativo di uno Stato di regolamentare certe materie (energia, risorse minerarie, difesa dall’inqui- namento ambientale);

i sistemi ISDS sono quindi viziati all’origine, in quanto fon- dati su un regime di privilegi che pregiudicano il funziona- mento di una democrazia;

il diffondersi degli ISDS comporta per gli Stati il rischio cre- scente di essere trascinati dalle multi-nazionali in procedi- menti senza fondamento, esponendoli tuttavia a ingenti richieste risarcitorie, nell’ordine anche di miliardi di dollari; il ricorso alle Corti arbitrali pregiudica le pronunzie delle Corti nazionali che - se negative per l’investitore - possono essere impugnate in quanto fonte esse stesse di danno ‘in- giusto’ per quest’ultimo;

l’esperienza internazionale dimostra che la presenza di una clausola ISDS, o il suo venir meno, non influenzano in modo significativo il flusso degli investimenti;

le clausole ISDS sono in contro-tendenza rispetto a una cre- scente insoddisfazione, a livello globale, verso il riconosci- mento di privilegi eccessivi alle grandi corporation.

A fronte di tali obiezioni, sono state individuate numerose misure di salvaguardia che è possibile adottare e che sono state prese in considerazione nella trattativa tra USA ed UE sul TTIP, che si elencano succintamente:

si può assicurare la piena trasparenza delle procedure e ren- dere pubbliche le udienze ;

si può consentire altresì l’intervento nella procedura di enti e soggetti estranei alla causa ma particolarmente autorevoli ed esperti nelle issues in discussione (amicus curiae); è indispensabile adottare meccanismi-filtro per la eliminazione ‘ in limine’ delle controversie pretestuose, manifestamente in- fondate, temerarie o non previste dalla clausola ISDS; allo stesso modo, è necessario e possibile frustrare i casi di moltiplicazione delle cause attraverso la costituzione di so- cietà fittizie, così come ogni forma di ‘ treaty shopping’; di speciale rilevanza sarebbe la previsione di termini di pre- scrizione (p.e. un periodo di tre anni a far data dal fatto le- sivo dello Stato);

occorrerebbe inoltre incoraggiare il formarsi di orientamenti e di una giurisprudenza ‘consolidati’, su questioni sia pro- cedurali che di merito, in modo da scoraggiare iniziative le- gali che si presentano come già condannate all’insuccesso; si dovrebbero favorire in ogni modo intese dirette tra Stato e investitore, anticipando e prevenendo ogni occasione di conflitto: le parti potenziali potrebbero ad esempio accor- darsi previamente sul ‘cosa si intende per…’;

la corte di arbitrato dovrebbe essere nella condizione di no- minare esperti nelle materie che hanno dato origine alla con- testazione.

In generale e per concludere, è ragionevole ritenere che il ri- corso prudente e attento a iniziative di regolamentazione da parte dello Stato, un programma di appropriate consulta- zioni con gli stakeholders o ‘portatori di interesse’ e soprat- tutto il colloquio giurisprudenziale ininterrotto tra Corti nazionali e Corti arbitrali potrebbero ovviare ragionevol- mente ai rischi che si collegano al proliferare incontrollato (o anche troppo ‘controllato’) dei sistemi ISDS.

Bibliografia essenziale:

UNCTAD Recent Development in Investor-State Dispute Settlement (ISDS), n.1, aprile 2014; Id. n.2, Maggio 2015.

ICSID Review, Foreign Investment Law Journal, Oxford University Press, semestrale. ICSID website: http://icsid.world bank. org - /ICSID/FrontServlet?

Z. Douglas, The International Law of Investment Claims, Cambridge U.Press, 2009.

C.F. Giancola, Gli effetti del lodo ICSID. La convenzione di Washing-

ton del 1965. Disciplina per le controversie in materia di investimenti in- ternazionali. Leone ed., 2012.

Aguilar A. G e William W. Park, The New Face of Investment Arbi- tration, Yale Journal of Int.l Law, vol.28, p.365, 2003

Aguirre L.R. e Jorge Mattamouros, The Interpretation of Interna- tional Investment Law: Equality, Discrimination and Minimum Stan- dards of Treatment in Historical Context,, by Todd Weiler, World Arbitration and Mediation Rev., vol.8, n.1, 2014.

Schreuer C., The ICSID Convention. A Commentary, II ed., Cam- bridge U.Press, 2009.

A.R.Parra, The History of ICSID, Oxford U.Press, 2012.

Note

(1) Jay treaty(1795)

È il trattato concluso tra Sua Maestà Britannica e gli Stati Uniti d’America, con cui i due paesi ponevano fine al conflitto che aveva sancito la separazione definitiva di questi ultimi dalla Madre Pa- tria. Il Trattato includeva una clausola in base alla quale le parti aderivano a che la soluzione di ogni controversia sorta in tempo di guerra o relativa a debiti di guerra fosse risolta in via arbitrale. Per la storia diplomatica si trattò di uno dei primi casi di ricorso all’ar- bitrato.

American-Mexican Claims Commission (1924-1934)

È la commissione arbitrale istituita dal trattato concluso nel 1923 tra gli Stati Uniti e il Messico, cui veniva affidata la risoluzione delle controversie nascenti da pretese risarcitorie avanzate da cittadini statunitensi o messicani nei confronti dello stato estero, per le per- dite subite, a partire dal luglio 1868, in conseguenza di atti del go- verno straniero:

“ Against one government by nationals of the other for losses or damages suffered by such nationals or their properties “ e “ for losses or damages originating from acts of officials or other acting for either government and resulting in injustice”.

Iran- United States Claims Tribunal (1981)

Èla corte d’arbitrato internazionale istituita in base all’accordo rag- giunto nel 1981 tra Stati Uniti e Iran, per risolvere la crisi degli ostaggi americani sequestrati da studenti iraniani nel 1979 e sbloc- care i beni iraniani ‘congelati’ negli USA dall’amministrazione Car- ter in conseguenza di quel sequestro.

Il Tribunale ha stabilito il termine del gennaio 1982 per la propo- sizione di nuovi ricorsi da parte di privati. I reclami da privati rice- vuti dagli Stati Uniti, complessivamente circa 4.700, sono stati tutti decisi entro il 2014.Pendono ancora davanti al Tribunale numerose questioni inter-governative.

(2) Come non è per caso che i criteri fondamentali cui si ispira la

giurisprudenza di queste Corti Arbitrali traggano origine dai due principi enunciati nel XIV emendamento della Costituzione Ame- ricana: il due process of law e l’equal protection of the laws.

(3) La clausola ISDS compare per la prima volta nel 1959 in un ac-

cordo bilaterale tra Germania e Pakistan.

(4) Energy Charter Treaty (ECT) - 1991 È il trattato multilaterale

che istituisce un sistema trans-nazionale di cooperazione nell’in- dustria energetica (produzione, commercio, transito, investimenti, efficienza). Il trattato è vincolante per gli Stati che lo hanno sotto- scritto, vincolandosi - quanto agli investimenti - a una specifica pro- cedura ISDS.

(5) Cfr. Franck Charles Arif v. Moldova, ICSID Case,

n.ARB/11/23, deciso l’8 aprile 2013. Di contrario avviso Rompetrol v. Romania, ICFDSID Case, decisione del 6 maggio 2013.

(6) Cfr. TECO Guatemala Holdings, LLC v. Guatemala, ICSID

Case, ARB/10/23, 19 dicembre 2013; Rompetrol v. Romania cit.

(7) Cfr. Salini Costruttori s.p.a. e Italstrade s.p.a. v. Marocco, ICSID

Case, ARB/00/4, 31 luglio 2001; Philip Morris Brand, s.a.r.l., Philip Morris Products s.a. e Habal Hermanos s.a. v. Uruguay, ICSID Case, ARB/10/7, 2 luglio 2013.Ambiente Ufficio s.p.a. e altri, v. Argentina,

ICSID Case, ARB/08/9, 8 febbraio 2013.

(8) NAFTA, North American Free Trade Agreement, 1994

Trattato di libero scambio commerciale stipulato tra Canada, Stati Uniti e Messico. L’accordo aveva l’obiettivo di eliminare progressiva- mente tutte le barriere tariffarie tra i Paesi aderenti.

(9) UNCITRAL, (United Nations Commission on International Trade

Law), istituita nel 1966 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, ‘per promuovere l’armonizzazione progressive e l’unificazione del di- ritto commerciale internazionale’. UNCITRAL ha curato recente- mente la redazione di un regolamento arbitrale modello.

(10) ICSID (International Centre for Settlement of Investment Dis-

putes) . Istituzione del gruppo della Banca Mondiale, fondata nel 1966 in forza della Convenzione per la composizione delle contro- versie relative agli investimenti fra Stati e cittadini di altri Stati’, del 19 marzo 1965 (Convenzione ICSID). L’organizzazione fornisce servizi per la conciliazione e l’arbitrato per risolvere controversie relative agli investimenti tra Stati contraenti e cittadini di altri Stati contraenti.L’ICSID in quanto tale non conduce procedimenti arbitrali ma offre a quei procedimenti un supporto istituzionale e procedurale.

(11) UNCTAD: United Nations Conference on Trade and Development,

è l’organismo istituito nel 1964 dalle Nazioni Unite, che si occupa delle questioni relative al commercio, agli investimenti e allo sviluppo.

(12) Cfr. Investor-State Dispute Settlement: Review of Development in

2014, UNICTAD-IIA Issues Note, n.2, May 2015. Questo bollettino fornisce periodicamente un quadro complessivo dello stato dei lavori e della giurisprudenza delle corti arbitrali istituite nell’ambito di UNCTAD.

(13) La Commissione Europea, nel settembre 2015, ha proposto di

inserire nel TTIP un meccanismo che, ricalcando le principali carat- teristiche degli ISDS, vorrebbe rispondere alla vera e propria levata di scudi dell’opinione pubblica europea contro l’inserimento della clau- sola ISDS. In base al sistema ICS le controversie Investitori-Stato sa- rebbero affidate a tre giudici i cui nominativi verrebbero estratti a sorte da un gruppo di 15, di cui 5 statunitensi, cinque dell’UE e altri 5 di altrettanti paesi scelti congiuntamente da USA ed UE. Il procedi- mento sarebbe pubblico e, al fine di evitare conflitti di interesse, gli ar- bitri non potrebbero essere stati in precedenza avvocati dell’investitore. Sono previsti anche una procedura d’appello e un meccanismo per l’inammissibilità di ricorsi manifestamente infondati o plurimi .L’ICS consentirebbe comunque agli investitori la scelta tra la giurisdizione nazionale e quella arbitrale, senza costringerli ad adire preventiva- mente la prima.

Il testo ICS è reperibile all’indirizzo http://trade.ec.europea.eu/do- clib/docs/2015/september/tradoc_153807.pdf .

Come ci si poteva attendere, gli USA hanno già manifestato la loro contrarietà all’inserimento dell’ICS nel trattato TTIP.

(14) http://www.uncitral.org/uncitral_texts/arbitration/2014Transpa-

rency.html.

(15) http://www.uncitral.org/pdf/english/texts/arbitration/transpa- rency-convention/Transparency-Convention-e.pdf.

(16) In proposito, va segnalato che, con ordinanza 23 giugno 2015,

anche il TAR Lazio, adito da una società titolare di un impianto foto- voltaico di potenza superiore a 200 KW, ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dello ‘spalma incentivi’ fotovoltaico, ravvi- sando profili di incostituzionalità per violazione dei principi di ragio- nevolezza e legittimo affidamento, unitamente al principio di autonomia imprenditoriale di cui agli artt.3 e 41 Cost.

(17) E, in effetti, investitori stranieri nel settore energetico hanno

denunciato anche la Spagna in quindici casi e la Repubblica Ceca in altri sette.

(18) Chevron Corp. And Texaco Petroleum Corp. v. The Republic of

Ecuador, UNCITRAL, PCA Case n.2009-23

(19) The Renco Group, Inc. v. The Republic of Peru,ICSID Case n.

UNCT/13/1.

L’arbitrato marittimo internazionale