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Lo scopo di questo capitolo si impone come complesso e articolato: nella pagine che seguiranno l'autore tenterà di ricostruire lo scenario storico e i passaggi chiave dell'influenza degli studi sul cambiamento climatico sulle decisioni politiche e l'evoluzione di queste nel contesto italiano, tra politica economica energetica di fine anni Ottanta e la nascente Unione Europea. Il percorso è articolato, poiché in meno di un decennio in Italia si passa da un sapere scientifico ancora “acerbo”, sotto qualche rispetto – visto l'immenso lavoro di verifica delle ipotesi e di costruzione di scenari cogenti, sia naturali che socio-economico – ad un'azione politica decisa, coordinata, fondata sulla scienza – almeno sulla carta – a scala nazionale, europea e quindi mondiale. Questo capitolo ricostruisce dunque lo scenario dell'evoluzione da un lato della ricerca, dall'altro delle decisioni politiche governative, nella consapevolezza che queste istanze non agiscono separatamente ma vedono personaggi storici e istituzioni lavorare, influenzarsi ed agire in maniera interconnessa. Il sistema democratico stesso si fonda sull'etica della scienza e sul suo operato, in quanto istituzione che implica un tacito contratto sociale tra gli scienziati così che ciascuno dipende dall'affidabilità degli altri. L'intero sistema cognitivo della scienza è radicato nell'integrità morale del complesso dei singoli scienziati e su essa di basano decisioni razionali del potere eletto.

In primis in questo capitolo si affronterà lo scenario della ricerca e della politica energetica, due fattori che hanno determinato un rapido sviluppo di politiche di ricerca e di programmi nazionali inerenti alla questione del cambiamento climatico, nello specifico nella ricerca di scenari climatici (studio dell'atmosfera, oceanografia, geofisica, ecc), nella redazione di inventari delle emissioni (gas climalteranti) e nella stesura di piani di azione di sviluppo economico. Sarà centrale quindi studiare il ruolo dell'ENEA e del suo presidente, Umberto Colombo, che ha svolto un ruolo chiave nello studio sul clima, sulle fonti rinnovabili e sul potenziamento delle reti di ricerca in Italia. Attenzione speciale lo avrà la svolta in

politica energetica segnata dal referendum sul nucleare che ha liberato finanziamenti e accentuato la questione sul tema climate change e sull'urgenza di sviluppare politiche legate alle energie rinnovabili.

Vedremo quindi l'emergere della tematica cambiamento climatico nell'agenda nazionale italiana, con la prima conferenza Nazionale sul Clima, gli ostacoli politici nello sviluppo di un Piano Nazionale per il Clima, le difficoltà della ricerca a trovare fondi adeguati, troppo spesso legati a interessi politici, l'ostracismo dei governi di centro-destra e l'inazione di quelli di centro-sinistra, nonostante i ripetuti appelli del mondo della ricerca. Lo studio di questi processi storici si gioverà dell'uso di un archivio mai utilizzato sino ad ora, quello di Umberto Colombo, una figura di rilievo nella diffusione della scienza sul clima e nell'attivazione politica dell'Italia sia a livello nazionale che internazionale nelle decisioni in sede ONU sull'adozione di

protocolli e decisioni internazionali per tagliare le emissioni di gas serra, CO2.

Colombo dal 1979 al 1993 è stato presidente dell'ENEA (con alcune brevi interruzioni), ha rivestito cariche centrali all'ENI, è divenuto Ministro dell'Università e della Ricerca nel 1993, ha lavorato su documenti di grande rilievo come gli studi del Club di Roma, il Rapporto Bruntland, la Seconda Conferenza sul Clima del WMO; ha intessuto relazioni con il mondo delle imprese, lavorando in Montedison negli anni Settanta, ed innumerevoli corporation dopo il suo incarico di ministro. Punto di riferimento in think tank internazionali sul rapporto tra energia, tecnologia, clima e scenari futuri, è stato a lungo membro della influente Trilateral Commission, voluta da David Rockefeller, e analista per OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e Sviluppo Economico) e UNEP (United Nation Environmental Program). I suoi documenti sono serviti a ricostruire una fase di sviluppo del paese fondamentale, vista la crescente rilevanza del tema cambiamento climatico di origine antropica sul futuro del nostro paese, dello sviluppo economico e sociale.

ENEA, la missione ambiente e sostenibilità a lato di quella nucleare.

Partiamo dal primo e più importante centro di ricerca di tematiche energetiche ed ambientali degli anni Ottanta, eccellenza italiana conosciuta in tutto il mondo e primo grande esempio di cooperazione verticale tra scienziati, quando ancora nell'accademia e nella ricerca italiana vige una balcanizzazione delle cattedre e dei saperi. In quest'epoca l'ENEA, fulcro della politica nucleare italiana, riveste un ruolo di cerniera tra mondo industriale e ricerca. La reaganomics è in piena ascesa e si diffonde a macchia d'olio in un'Europa sempre più distante dalle istanze dell'economia programmata e statalista e sempre più interessata ad un nuovo liberismo, dove lo stato deve agevolare quanto più possibile la libera impresa. Ne sono esempio i governi Craxi e De Mita che operarono fortemente in questa direzione, favorendo l'intervento del privato e lo sviluppo e l'innovazione legata alla ricerca sul nucleare.

Nei vari centri del CNEN, Comitato Nazionale Energia Nucleare (cambierà nome in ENEA nel 1982) a fine anni Settanta si eccelle in settori strategici per il paese come energia nucleare, risparmio energetico, sicurezza degli impianti energetici, sperimentazione di nuove fonti alternative, nuove tecnologie e materiali. A ragione la stampa lo definisce “il centro di ricerca della nazione”: dai suoi studi attingono centri di ricerca privati e pubblici, nazionali e internazionali. I suoi ricercatori sono consultati regalmente dai centri di ricerca nazionali di Washington,

Parigi, Londra158.

Con la delibera del Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica (CIPE) del 1980, il Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica stabilisce che il “CNEN avrà ruolo principale di saldatura tra mondo

industriale e quello della ricerca”159. Simultaneamente si verifica un'estensione delle

158 Giovanni Paoloni, Energia, ambiente, innovazione: dal CNRN all’ENEA, Roma, Laterza, 1992., p.55.

159 Il CIPE con propria delibera in data 29 aprile 1980 approvò le "linee guida" per il IV Piano Quinquennale del CNEN

tematiche di intervento dell'ENEA che fino al 1980 si era occupata prevalentemente di energia atomica. Tale infatti era l'incarico quando l'agenzia era stata formata nel 1952 sotto il nome CNRN, acronimo di Centro Nazionale Ricerche Nucleare. Ma nel 1980 il mondo scientifico guarda ad alternative alle energie fossili in tutti i campi, visti anche gli ingenti costi delle centrali nucleari e della questione delle riserve di uranio. Nel 1982 viene appunto ribattezzata Enea: Ente Nuove tecnologie per l'Energia e l'Ambiente, con lo scopo di concentrare le risorse su tecnologie energetiche innovative e rinnovabili. Una chiara conseguenza delle politiche impostate con il Primo Piano Enegetico nazionale del 1975 che guardavano con urgenza ad alternative al petrolio in un Europa ancora scioccata dalla crisi petrolifera

del 1973160.

L'ENEA, sotto la guida di Umberto Colombo (1979-1993) inizia dal 1983 già a pensare a nuovi temi di ricerca, che vadano al di là di quella sul nucleare. Fonti rinnovabili, uso razionale dell'energia, nuove tecnologie, questi sono nuovi filoni inseriti nel piano di ricerca dell'ente. Le ragioni della svolta sono complesse. Non vanno esclusivamente imputate a decisioni verticistiche a priori (come vedremo in dettaglio in seguito), sebbene la visione di Colombo si è sicuramente riflessa nelle tematiche di ricerca e nelle assunzioni di nuovi ricercatori e collaboratori. Ruolo rilevante lo hanno avuto i partiti politici e l'inserimento tra le priorità strategiche economiche la ricerca di alternative agli idrocarburi di cui l'Italia aveva poca disponibilità, visti i rapporti deteriorati con il Medio-Oriente, le paure suscitate dalla

crisi del 1973161 e l'instabilità di alcuni mercati chiave, oltre una certa arretratezza

dell'ENI sui mercati162. C'è poi il quadro EU che preme, specie in Germania e Svezia

per un potenziamento delle risorse rinnovabili e risparmio energetico, politiche cresciute grazie al florido sottobosco culturale ed ambientalista, e ai legami con la politica e la ricerca. In Germania il partito dei Grünen, nato il 13 gennaio 1980 a

160 Giovanni Paoloni, Energia, ambiente, innovazione, op. cit.

161 Paul Ginsborg, L’Italia del tempo presente: famiglia, società civile, Stato, 1980-1996, Torino, Einaudi, 1998, vol.499. 162 Manlio Magini, L’Italia e il petrolio: tra storia e cronologia, Milano, Mondadori, 1985., p. 88.

Karlrhue, aveva fatto della ricerca ed innovazione nel settore rinnovabili una bandiera politica.

In Italia a segnare il nuovo corso ci pensa il Piano Energetico Nazionale, il PEN del 1981, che include l'opzione di potenziare nucleare e rinnovabili, oltre che pianificare centrali a carbone più efficienti. Un decisione che viene ripresa nella legge di riforma del CNEN, nel piano quinquennale di sviluppo economico 1985- 1989, nel Piano Energetico Nazionale del 1988 e nel piano ENEA quinquennale

1990-1994163.Nel 1980 il parlamento stanzia per la prima volta 140 miliardi di lire per

l'estensione della mission dell'CNEN sulla ricerca delle energie rinnovabili. La

decisione arriva dopo un lungo processo di riassestamento164. Sebbene la Germania

aveva spianato la strada l'Italia non era certo seconda alla potenza teutonica, con la quale poteva ancora rivaleggiare economicamente. Già il 20 ottobre 1978 il Ministro dell’Industria, Carlo Donat Cattin, aveva presentato infatti al Consiglio dei Ministri un Ddl di iniziativa governativa che prevedeva l’allargamento delle attività del CNEN al settore delle fonti di energia rinnovabile, ed in particolare all’energia solare con la

costruzione di un apposito Centro di Ricerca nel mezzogiorno165. A metà del 1978

viene chiamato a presiedere il CNEN il Prof. Umberto Colombo, già Direttore dell’Istituto Donegani e delle ricerche della Montedison, membro del Gruppo di Roma sui Limiti dello Sviluppo di Aurelio Peccei, che entrerà in carica l'anno successivo.

Nel 1979, in seguito al blocco della produzione di greggio dell’Iran per lo scoppio della Rivoluzione e la successiva guerra con l’Iraq, esplode la seconda crisi petrolifera che ripropone la discussione sulla situazione energetica italiana, sulla dipendenza dal petrolio e sulle possibili opzioni alternative. Inoltre nel 1979 avviene l’incidente di Three Mile Island che fornisce nuova spinta alle contestazioni

163 Giovanni Paoloni, Energia, ambiente, innovazione, op. cit., p. 183-194.

164 Legge n. 7 del 14 gennaio 1980, Pubblicata nella G.U. del 17 gennaio 1980 n. 16 165 Giovanni Paoloni, Energia, ambiente, innovazione, op. cit.

ambientalistiche al nucleare166. Basta per convincere il governo Cossiga e la

legislatura ad approvare la decisione di provare ad orientare la ricerca sulle rinnovabili. A supporto di questa tesi il 15 novembre 1979 si era anche tenuta un’audizione del prof. Umberto Colombo alla Commissione Industria del Senato sulle

prospettive delle energie alternative in Italia167. Colombo, in accordo con le tesi

precedentemente avallate da Donat Cattin, sostiene la necessità nazionale dello sviluppo delle energie alternative e del risparmio energetico e l’opportunità di assegnare al CNEN tale compito vista l’ esistenza nell’Ente di competenze e strutture, vista la funzione di cerniera esercitata dall’Ente tra il mondo della ricerca e quello dell’industria, e vista la possibilità di riconvertire alcune strutture tecnico- amministrative dell’Ente per abbreviare i tempi. La conferma arriva dunque dal Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica (CIPE), che accetta il piano di ricerca sulle fonti rinnovabili al CNEN nel 1980 e stanzia i relativi

finanziamenti168. La mancata creazione di una nuova istituzione indipendente, come

in altri paesi, e l’assegnazione al CNEN della competenza sul solare “non mancherà di avere ripercussioni sulla reale possibilità operativa delle strutture preposte dall’Ente ad operare sull’energia solare “a fianco”, ma in realtà in una sorta di “conflitto d’interesse” di carattere soprattutto culturale, con le attività ben più

consistenti che operavano già da molti anni sul nucleare”169.

Gli effetti del nuovo orientamento di sviluppo industriale cominciano a vedersi. Il Piano Energetico Nazionale, approvato dal CIPE e dal Parlamento nel dicembre 1981, oltre ad indicare il programma di realizzazione delle nuove Centrali Nucleari per gli anni '90, introduce il concetto di impianto standard o unificato e di

nuove centrali di produzione da fonti alternativa170

Con la riforma 1980-84 l'ENEA estende il suo mandato anche alla ricerca

166 Umberto Colombo, Energia: storia e scenari, Roma, Donzelli editore, 2000, vol.38. 167 Atti parlamentar,i 15 novembre 1979.

168 CIPE, delibera 29 aprile 1980, “linee guida IV piano quinquennale CNEN”. 169 Umberto Colombo, Energia, op. cit., pag.66.

sull'ambiente e sulla salute dell'uomo. Una svolta utile per fornire credenziali sull'obbiettivo dell'ente di fornire compatibilità ambientale dei propri progetti (in particolare legati al nucleare, ma non solo). Di fatto continua il lavoro iniziato dal CNR che condusse il primo sforzo organizzato di studi congiunti su ambiente e “trasformazioni climatiche” portati avanti dal raggruppamento territorio e ambiente nel periodo tra il 1976 e 1981, seguito poi da un periodo di stasi di alcuni anni, che

vedere scemare l'interesse del CNR171. L'ENEA tuttavia in seguito alla riforma inizia a

seguire varie tematiche legate allo studio del clima inerente agli inquinanti aerei. Lo sforzo di studi ambientali, riempie di fatto quel vuoto lasciato dal CERN, cercando di analizzare tematiche inerenti agli effetti di CO2 e altri gas serra sull'atmosfera in quegli anni in auge in USA e portati avanti da altri centri di ricerca EU.

La svolta del panorama italiano. La fine del nucleare e la presa di

coscienza della questione ambientale

La trasformazione radicale del mondo della ricerca legata ad ambiente, cambiamento climatico ed energie rinnovabili arriva a termine dei due anni eccezionali per la trasformazione del panorama energetico italiano, il biennio tra fine 1986 e prima metà del 1988. La tesi che si sosterrà in questo e nei futuri paragrafi è mostrare come il referendum sul nucleare caratterizzo il nuovo indirizzamento della ricerca e dell'allocazione dei fondi a livello nazionale si spostò dal nucleare alle energie rinnovabili e all'impatto delle energie da fonti fossili sulla salute dell'uomo e del pianeta, aprendo nuovi scenari ed opportunità ed accelerando il processo di introduzione di politiche economiche legate alla riduzione delle emissioni e a politiche di adattamento.

L'Italia a metà anni 80 detiene un PIL superiore a quello della Gran Bretagna. Nel 1986 il prodotto interno lordo si posiziona sui 599 miliardi di dollari contro i 547

miliardi britannici172. Per molti studiosi una parte del successo economico in Italia era

dovuto anche alla strategia nucleare, altamente avanzata, grazie anche al ruolo

dell'ENEA nel campo della ricerca ed innovazione.173Sicuramente la fine della

politica energetica nucleare ha costituito il terremoto più grande del mercato energetico italiano, ed allo stesso tempo un fattore che ha contribuito sia alla riforma dell'ENEA – che analizzeremo in dettaglio più in seguito – che alla considerazione delle fonti rinnovabili come alternativa ai combustibili fossili e come strategia legata all'abbattimento dei gas climalteranti. Il referendum sul nucleare del 1987 si può definire facilmente uno tsunami di politica industriale. Alla base della consultazione referendaria il malumore popolare sulla sicurezza delle centrali, elicitato dalla catastrofe nucleare legata all'esplosione del reattore di Chernobyl. Il 26 aprile 1986, durante un test per verificare le capacità della centrale di compensare un probabile deficit energetico, il quarto reattore della centrale “Lenin” di Chernobyl prende fuoco. Una colonna di fumo si leva ad alta quota per effetto del calore sprigionato; ne consegue una dispersione nell'atmosfera degli elementi radioattivi prodotti dalla fissione. Il 15 per cento del combustibile nucleare cade sulla centrale stessa; il 50 per cento si riversa sulla “zona rossa” intorno alla centrale mentre il restante 35 per cento viene trasportato dalle correnti sull'Europa centrale e meridionale. Inclusa l'Italia, che dal 2 maggio viene interamente ricoperta dalla nube di prodotti di fissione. L'incidente cambia per sempre la percezione degli Italiani nei confronti dell'atomo,

con un impatto emotivo ben superiore dell'incidente di Three Mile Island174. L'esito

del referendum del 1987 (nessuno dei tre quesiti chiedeva l'abolizione o la chiusura delle centrali nucleari) raggiunto con un quorum del 65,1% e la conseguente moratoria decisa dal Parlamento determinarono concretamente l'abbandono della produzione incentrata sull'atomo, ridefinendo gli equilibri strategici all'interno del

172 Paul Ginsborg, L’Italia del tempo presente, op. cit.

173 Angelo Baracca, L’Italia torna al nucleare. I costi, i rischi, le bugie, Milano, Editoriale Jaca Book, 2008, vol.860., p. 2-

15.

governo e del mondo imprenditoriale italiano, ma anche quello della ricerca.

Dal punto di vista dell'opinione pubblica e della politica il disastro di Cernobyl riportò prepotentemente l'attenzione sulla questione ambientale (e in parte anche quella climatica), specie da una prospettiva di sicurezza e salute. Già l'incidente ambientale di Seveso del 1976 aveva spinto alla creazione della legge Merli

promulgata in seguito all'incidente175. La Legge Merli riconosceva infatti, per la prima

volta nella storia italiana, l'ambiente come “una risorsa naturale che deve essere tutelata e conservata nell'interesse della collettività”, con la conseguenza di obbligate il processo di depurazione delle acque utilizzate negli impianti industriali. La legge portò alla Legge Galasso del 1985 con l'introduzione a livello normativo di una serie di tutele sui beni paesaggistici e ambientali e alla istituzione del Ministero

dell'Ambiente176, mostrarono che l'Italia iniziava a prendere coscienza della necessità

di tutelare l'habitat dell'uomo. Un altro fenomeno internazionale che catalizzò l'interesse dell'opinione pubblica e del mondo politico sul tema ambientale e atmosferico fu la scoperta nel 1985 dell'assottigliamento della fascia d'ozono nella regione antartica (fenomeno rinominato comunemente buco dell'ozono), dovuto alla produzione e il consumo dei gas Clorofluorocarburi (CFC). Questo portò nel 1987 alla firma del protocollo di Montreal, che imponeva la progressiva riduzione della produzione di CFC. L'agenda mediatica e politica si andava riempiendo di questioni ambientali sollecitando l'attenzione della popolazione e dei policy-maker.

La fine dei piani nucleari dell'Italia segnò un notevole spostamento dei finanziamenti destinati all'ENEA e a progetti di sviluppo nel campo energetico. Si legge infatti nel decreto legge del 5 agosto 1988: “Per consentire di far fronte agli oneri connessi all'esecuzione dei programmi previsti nel piano quinquennale 1985- 1989 di cui alla delibera del CIPE in data 10 marzo 1985, è assegnato all'ENEA un contributo di lire 885 miliardi per l'anno 1988, finalizzato alla realizzazione di

175 Paul Ginsborg, L’Italia del tempo presente, op. cit. 176 Legge n.349/86.

programmi approvati dal CIPE in data 10 marzo 1985, incrementando, rispetto agli anni precedenti, le attività relative alla ricerca e alla promozione delle fonti nei settori delle fonti rinnovabili e del risparmio energetico, della protezione ambientale, della fusione nucleare e dell'innovazione tecnologica e di iniziare la riconversione verso

tali settori”177. Il cambiamento climatico ancora non è esplicitamente incluso nel

mandato di ricerca, tuttavia numerosi studi erano portati avanti da esperti come Vincenzo Ferrara che in quegli anni dirige (fino al 1990) il Laboratorio del Dipartimento Protezione Ambiente dell'ENEA: Diffusione atmosferica ed ecologia continentale (vedremo in seguito che, studioso molto vicino e legato intellettualmente a Colombo, avrà l'incarico di dirigere la Task Force del Dipartimento Protezione Ambiente: Cambiamenti climatici).

Si trova ulteriore traccia della discussione sul crescente ruolo dell'ambiente, delle energie rinnovabili e del climate change anche nel Piano Energetico Nazionale, i l PEN del 1988 – l'ultimo mai realizzato sino alla Strategia Energetica Nazionale (SEN) del 2012. Nel PEN si evidenzia come la protezione dell'ambiente debba essere

considerata tra gli obbiettivi della politica energetica178. Il nuovo piano era tuttavia

molto debole, risentendo dei dibattiti tempestosi e violenti successivi al referendum del nucleare. Soprattutto concentrava l'attenzione sulle centrali policombustibili, specie a gas che saranno rilanciate da ENI negli anni a venire, grazie ad una nuova

bonanza di metano dalla Russia e Mediterraneo. Le rinnovabili sono presenti per la

prima volta in un piano industriale, risultato della pressione dell'ENEA179 e

dell'interesse di ENEL nel settore, sebbene nel Piano Energetico non svolgano un

ruolo primario180. Il PEN venne elaborato nel 1988 da un Comitato tecnico per

chiarire l'immagine della politica energetica attuata sino ad allora in Italia e per individuare i principali obiettivi da perseguire entro il Duemila. Gli shock petroliferi

177 Decreto-Legge convertito con modificazioni dalla L. 05 agosto 1988, n. 321 (in G.U. 06/08/1988, n.184). 178 Approvato dal Consiglio dei Ministri il 10 agosto 1988.

179 Archivio Colombo, Serie 2, faldone 307.

180 Gianni Silvestrini, « Fonti rinnovabili, piani energetici e strategie per il paese » , PRISMA Economia-Società-Lavoro,

verificatisi nel 1973 e nel 1979 avevano indotto ad attuare dei programmi finalizzati al contenimento dell'import di energia. Tuttavia i dati resi noti dal PEN

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