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L’Italia nella produzione globale: esportazioni e partecipazione alle catene globali del valore

Nel documento Istat Istituto �azionale di Statistica (pagine 33-40)

La quota di commercio internazionale riguardante prodotti finiti che vengono realizzati in un paese e successivamente esportati per essere destinati al consumo o all’investimento in altri paesi rappresenta ormai solo il 30 per cento degli scambi di beni e servizi su scala mondiale. Il restante 70 per cento si riferisce a beni e servizi scambiati tra paesi lungo le catene globali del valore (Global Value Chains – GVC).15 A seguito della progressiva fram-mentazione dei processi produttivi a livello internazionale, infatti, le diverse componenti di un bene finale tendono a essere prodotte in paesi distinti e poi assemblate, generando flussi di commercio estero relativi alla realizzazione e alla vendita di uno stesso prodotto finito (Ice, 2017).

Le catene globali del valore hanno accresciuto la loro importanza per la produzione di beni e servizi e sono considerate un elemento fondamentale per l’integrazione internazio-nale di imprese, settori e sistemi industriali, nonché per il rilancio della competitività di un paese (Ocse, 2013; Veugelers et al., 2013). La partecipazione alle GVC consente alle im-prese di specializzarsi nei segmenti del processo produttivo nei quali possiedono maggiori vantaggi comparati, offre loro la possibilità di accedere a mercati più ampi, e le stimola ad acquisire le abilità tecnico-organizzative e commerciali necessarie per competere con pro-fitto nel mondo globale. Le nuove forme di organizzazione della produzione distribuita tra paesi diversi richiedono un adeguamento degli strumenti di analisi, che devono focalizzarsi sulle caratteristiche della rete di produzione a livello globale.

In tale prospettiva, l’Ocse ha elaborato alcuni indicatori che permettono di fornire un quadro del grado di partecipazione dell’Italia alle catene globali del valore.16 In tal modo è possibile cogliere i nuovi elementi che caratterizzano il processo di internazionalizzazione del nostro paese e le conseguenze per la dinamica delle esportazioni. L’importanza cre-scente delle GVC implica, infatti, che le esportazioni tra paesi siano fondate su interazioni complesse tra fornitori nazionali ed esteri, che devono necessariamente essere considerate per valutare la posizione competitiva di un paese nel contesto globale.

Il tessuto produttivo italiano è caratterizzato da imprese di piccole dimensioni, scarsa propensione all’innovazione formalizzata e un’accentuata dipendenza delle imprese dal mer-cato domestico (in media gli esportatori italiani realizzano all’estero circa il 20 per cento del proprio fatturato; circa il 38 per cento nella manifattura).

L’estensione su scala internazionale dei processi di produzione dei beni fa sì che una prima, approssimativa, indicazione del grado di coinvolgimento di un paese nelle catene globali del valore sia rappresentata dalla quota di beni intermedi sul totale delle esporta-zioni (Ng e Yeats, 2003). Come mostra la Figura 1.26, negli ultimi anni del decennio 2005-201517 i maggiori paesi europei hanno mostrato un recupero della propria partecipazione alle GVC. In tale contesto risalta come a partire dal 2008 Stati Uniti e Cina abbiano seguito dinamiche sostanzialmente opposte, soprattutto a partire dal 2012.

15 Si ricorda che una catena globale del valore è individuata da tutto l’insieme delle attività – svolte da imprese localizzate in paesi diversi – finalizzate a vendere un prodotto in un mercato, dalla sua progettazione alla vendita all’utilizzatore finale (OCSE, 2013).

16 Si veda Ocse (2012).

La notevole complessità dell’organizzazione della produzione lungo le GVC richiede di analizzare il grado di partecipazione di un paese prendendo in esame anche altri indicatori, in grado, ad esempio, di cogliere il contributo che ciascun paese apporta al valore finale del bene o servizio prodotto. Le esportazioni di beni o servizi di un paese, infatti, sono ormai in larga parte costituite da beni intermedi prodotti altrove, che contribuiscono al valore finale di tali beni o servizi. Diventa quindi essenziale, per valutare la posizione competitiva di un paese nel mercato internazionale, distinguere in quale misura il valore finale delle sue esportazioni contenga valore aggiunto prodotto all’interno o all’esterno dei confini nazionali (Koopman et al., 2010).

D’altra parte, le statistiche ufficiali sul commercio internazionale registrano i flussi lordi di beni e servizi tra paesi a ogni attraversamento delle frontiere e non consentono di in-dividuare in quale paese venga effettivamente generato il valore aggiunto corrispondente a ciascuno stadio produttivo della catena del valore. Un paese, ad esempio, potrebbe de-dicarsi esclusivamente all’assemblaggio di beni intermedi prodotti altrove ed esportare il prodotto finale. In questo caso i dati sui flussi di commercio estero attribuiscono al paese esportatore del bene tutto il valore aggiunto contenuto nel prodotto finale, anche se tale valore aggiunto è stato in realtà generato all’interno dei vari paesi nei quali, lungo i diversi stadi della catena produttiva, sono stati prodotti i beni intermedi utilizzati nella produzione del bene finale.

La letteratura empirica ha proposto nuovi modelli di analisi che permettono di scom-porre il valore delle esportazioni di ciascun paese tenendo conto dell’origine e dell’assorbi-mento finale del valore aggiunto, in modo da identificare il loro contributo nei diversi stadi della catena del valore globale (Koopman et al., 2010; Wang et al., 2013; Koopman et al., 2014).18 Lo strumento analitico principale di questo approccio metodologico è rappresen-tato dagli indicatori sviluppati nel progetto TiVA (Trade in Value Added, cfr. OCSE, 2012 e 2019), che forniscono informazioni sulla partecipazione alla produzione globale di 61 paesi e 36 settori (ISIC Rev3) nel periodo 2005-2015.

18 L’applicazione di tale approccio prevede il ricorso a tavole di tipo input-output in grado di identificare, per ogni flusso di scambi, sia il paese-settore di origine e di destinazione, sia l’utilizzo del prodotto come bene intermedio o finale.

48 49 50 51 52 53 54 55 56 57 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 Francia Germania Italia Stati Uniti Cina

Figura 1.26 - Quota di beni intermedi sulle esportazioni totali - Anni 2005-2015 (valori percentuali)

In particolare, gli indicatori di riferimento utilizzati nell’analisi qui proposta sono i se-guenti:

1. Domestic Value Added in country’s gross Export (DVAX), che misura il contenuto di valore aggiunto interno nelle esportazioni del paese;

2. Foreign Value Added in country’s gross Export (FVAX), che misura il contenuto di valore aggiunto estero nelle esportazioni di un paese;

3. Domestic Value Added in Foreign Final Demand (FFD_DVA) che misura il contenuto di valore aggiunto interno nella domanda finale di un paese estero.

Il primo e terzo indicatore misurano una partecipazione di tipo forward, che fa riferimen-to all’offerta (esportazioni) di valore aggiunriferimen-to da parte di un paese; il secondo una partecipa-zione di tipo backward, che si riferisce alla domanda (importazioni) di valore aggiunto gene-rato all’estero. Per costruzione, dunque, quest’ultimo indicatore è complementare al primo. Su tali basi, le figure 1.27 e 1.28 riportano il livello medio di partecipazione forward e backward per l’Italia, i principali paesi europei e gli Stati Uniti tra il 2005 e il 2015. Con riferimento alla Figura 1.27 un contenuto più elevato di valore aggiunto estero nelle espor-tazioni di un paese (indicatore FVAX) è indice di una maggiore partecipazione alle GVC e/o di un suo posizionamento in fasi produttive a valore aggiunto relativamente minore. Emerge dunque come nel 2015 circa il 40 per cento del valore delle esportazioni irlandesi fosse costituito da valore aggiunto prodotto altrove, a fronte di una quota inferiore al 10 per cento nel caso degli Stati Uniti. Nel corso del decennio, inoltre, i valori dell’indicatore sono aumentati per undici paesi su quindici, con le eccezioni rappresentate da Stati Uniti, Svezia, Spagna, Finlandia. In questo quadro, l’Italia si posiziona vicino alle altre grandi economie dell’Ue, con un contenuto di valore aggiunto estero nelle proprie esportazioni pressoché invariato nei dieci anni considerati.

L’indicatore FFD_DVA della Figura 1.28, che misura il contenuto di valore aggiunto ge-nerato all’interno del paese considerato e presente nella domanda finale di un paese estero, riguarda il legame tra le imprese nazionali e i consumatori finali residenti negli altri paesi; può quindi essere interpretato come una indicazione di “esportazione di valore aggiunto”.

0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100

FVAX (2015) DVAX (2015) FVAX (2005)

Figura 1.27 - Quota di valore aggiunto interno ed estero nel totale delle esportazioni - Anni 2005 e 2015 (valori percentuali) (a)

Fonte: Elaborazione autori su dati Ocse (TiVA)

Anche in questo caso Irlanda e Stati Uniti si posizionano agli estremi della graduatoria dei paesi qui considerati: nel 2015 circa il 65 per cento del valore aggiunto irlandese “dipen-deva” dalla domanda finale estera, contro meno del 10 per cento negli Stati Uniti. L’Italia presenta valori del tutto simili a quelli di Francia e Spagna (intorno al 22 per cento), ma inferiori a quelli tedeschi (30 per cento), una ulteriore indicazione dell’importanza dell’export per quest’ultimo paese. In termini dinamici, tra il 2005 e il 2015 l’indicatore aumenta in quasi tutti i paesi considerati (13 su 15) con l’eccezione di quelli scandinavi (Svezia e Finlandia), segnalando quindi, di fatto, un generale aumento del processo di integrazione internazionale.

Tuttavia, per cogliere con maggior precisione il posizionamento dell’Italia nelle GVC è necessario esaminare il grado di coinvolgimento a livello bilaterale, che al momento è però possibile misurare solo per una partecipazione di tipo forward. In particolare, l’intensità e la distribuzione dell’indicatore DVAX consentono di valutare la capacità di offerta di valore aggiunto nella produzione di esportazioni dell’economia italiana rispetto ai suoi partners commerciali nelle GVC. In tale contesto, tra i paesi considerati, Russia e Cina risultano essere quelli verso i quali si è intensificata maggiormente l’offerta di valore aggiunto (sono passati, rispettivamente, dalla 27esima e 55esima posizione alla 16esima e 34esima); nello stesso periodo l’export italiano verso Corea del Sud, Stati Uniti, Germania e Romania ha invece visto ridursi il contenuto di valore aggiunto prodotto in Italia.

La Figura 1.29 riporta il posizionamento dei partner dell’Italia nelle GVC nel 2015, te-nendo conto anche della loro rilevanza come paesi di destinazione delle esportazioni italia-ne. In particolare, questi ultimi sono stati ordinati rispetto al loro grado di partecipazione di tipo forward (in ordinata) e al valore delle esportazioni italiane a essi destinate (in ascissa). La bisettrice individua quindi i casi in cui un paese di destinazione ha lo stesso peso per l’export di beni finali italiani, sia in termini di valore sia in termini di contenuto di valore ag-giunto prodotto in Italia. Al di sopra di tale retta si trovano i paesi che nel 2015 sono risultati relativamente più importanti in termini di esportazioni di prodotti finali che come destina-tari di valore aggiunto prodotto in Italia, mentre il quadrante al di sotto della bisettrice, al

0 10 20 30 40 50 60 70

Irlanda Belgio Austr

ia

Paesi bassi Danimarca

Svezia

Germani

a

Portogallo Finlandia Spagna

Italia Francia Grecia R eg no U ni to Stati Uniti 2015 2005

Figura 1.28 - Quota di valore aggiunto nazionale nella domanda finale interna dei paesi esteri (valori in percentuale del valore aggiunto totale del paese considerato) (a)

Fonte: Elaborazione autori su dati Ocse (TiVA) (a) Indicatore FFD_DVA.

contrario, contiene i paesi relativamente più importanti per lo scambio di valore aggiunto interno rispetto alle esportazioni di beni e servizi.

I principali mercati di destinazione delle esportazioni italiane – tra i quali Germania, Francia, Spagna, Stati Uniti, Cina – si trovano al di sopra della bisettrice. Tra i primi dieci paesi per peso sull’export italiano, solo Belgio e Paesi Bassi hanno un peso superiore in termini di valore aggiunto generato in Italia. È inoltre da notare che, poiché le esportazioni si compongono di valore aggiunto domestico e valore aggiunto estero, la posizione al di sopra della retta a 45 gradi rivela un contributo relativamente maggiore di valore aggiunto estero, fornendo quindi un indizio indiretto – in assenza di misurazioni di tipo diretto – a favore di una maggiore integrazione commerciale attraverso backward linkages.

Dal punto di vista settoriale, il grado di partecipazione forward è molto eterogeneo tra i principali paesi dell’area dell’euro, anche quando si distinguano i flussi commerciali diretti all’interno e all’esterno dell’area (Figura 1.30). Tra il 2005 e il 2015, in Italia sia il settore ma-nifatturiero sia quello del terziario hanno offerto valore aggiunto domestico con una lieve prevalenza per i paesi dell’area dell’euro. Inoltre, a fronte di valori dell’export dei servizi che, come si è visto in precedenza (si veda il paragrafo 1.3), sono inferiori a quelli manifatturieri e tendenzialmente più modesti rispetto agli altri paesi, il comparto italiano del terziario si caratterizza per un contenuto più ampio di valore aggiunto nazionale, sia rispetto alla ma-nifattura, sia rispetto al terziario delle altre grandi economie E4, a eccezione della Francia. Gli indicatori di partecipazione utilizzati possono poi essere ulteriormente scomposti per identificare la destinazione dell’offerta di valore aggiunto italiano in termini di paese e settore. La Figura 1.31 illustra le prime venti combinazioni paese-settore di destinazione classificate in base alla quota di valore aggiunto italiano esportato sul totale delle esporta-zioni del paese esportatore, confrontando i valori medi del periodo 2005-2010 rispetto a quelli relativi agli anni 2011-2015.

Norvegia Argentina Danimarca Irlanda Finlandia Paesi Bassi Svezia Belgio Canada Australia Taiwan Giappone Regno Unito Russia Portogallo Austria Marocco Rep. Ceca

GermaniaStati Uniti

Grecia Romania Brasile Svizzera Corea Cina Francia Polonia Spagna 0 10 20 30 40 50 60 0 10 20 30 40 50 60 Rank_DVA X Rank_Export

rank dvax 45 gradi

Figura 1.29 - Partecipazione forward dell’Italia vs paesi di destinazione dell’export di beni finali - Anno 2015 (valori percentuali)

Fonte: Elaborazione autori su dati Ocse (TiVA)

(a) Sull’ asse orizzontale è riportata la graduatoria per partecipazione di tipo forward, ovvero del peso sul contenuto di valore aggiunto interno nelle espor-tazioni italiane di beni finali; sull’asse verticale è riportata la graduatoria per peso sulle esporespor-tazioni italiane di beni finali.

Il grafico evidenzia come la quota di valore aggiunto sulle esportazioni sia più elevata nei comparti dei servizi: quelli finanziari e gli altri servizi alle imprese di Irlanda, Stati Uniti, Francia, Germania e Gran Bretagna; quelli del commercio all’ingrosso e la logistica di Cina, Stati Uniti e Francia. I settori manifatturieri si posizionano nella parte più bassa della classi-fica: il primo comparto della manifattura (l’agroalimentare tedesco) figura alla dodicesima posizione, seguito dai settori tipici del modello di specializzazione italiano: abbigliamento (negli Stati Uniti), macchinari (negli Stati Uniti, in Germania, Cina e Francia), gli autoveicoli (negli Stati Uniti).

Uem Extra Uem 0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100

manifattura servizi manifattura servizi manifattura servizi manifattura servizi

ITALIA GERMANIA FRANCIA SPAGNA

Figura 1.30 - Partecipazione settoriale forward per i principali paesi dell’area euro - Anni 2005-2015 (valori percentuali, medie del decennio) (a)

Fonte: Elaborazione su dati Ocse (TiVA) (a) Indicatore DVAX

0 15 30 45 60 75 90 IRL Finanza e altri busi ness ser vice USA F in anza e altr i business service FRA Finanza e

altri business servi

ce

DEU

Finanza e

altri business servi

ce GBR Fi nanza e altri bu siness services CHN Com m er cio all'ingrsoo

USA Commercio al'ingrosso CHE

Commercio al l'in grosso FRA Commercio al l'in grosso DEU Commercio al l'in grosso GBR Co m m

ercio all'ingrosso USA Logistica

DEU

Pr

odotti agro-alimentari USA Abbigliamento

USA M acchinari DEU Macc hinari CHN Macchinar i FRA Macch inari DEU Chimica USA Auto veicoli 2011/15 2005/10 Figura 1.31 - Partecipazione forward, per macrosettore e paese di destinazione - Anni 2005-2010 e 2011-2015 (valori

medi di periodo) (a)

Fonte: Elaborazione autori su dati Ocse (TiVA) (a) Indicatore DVAX.

Con riferimento alle prime dieci combinazioni paese-settori di destinazione, nel decen-nio 2005-2015 il quadro complessivo è mutato sostanzialmente (Figura 1.32): i comparti francesi delle autovetture e del commercio all’ingrosso registrano un forte ridimensiona-mento, a fronte della una nuova centralità assunta dai settori cinesi del commercio all’in-grosso e dei macchinari. Al contrario, il commercio all’inall’in-grosso e il settore dei macchinari statunitensi hanno mantenuto un ruolo principale come destinatari sia delle esportazioni di beni finali sia di valore aggiunto italiano in tutto il periodo.

In conclusione, il grado di partecipazione dell’economia italiana alle GVC è nel comples-so piuttosto elevato, in linea con quello dei principali paesi Ue. Come nella maggior parte delle altre economie avanzate, gli scambi con l’estero e l’integrazione nel commercio interna-zionale si concentrano nelle attività manifatturiere. L’Italia esporta in larga misura manufatti, ma il contenuto di valore aggiunto generato internamente è relativamente più elevato nel caso dell’export di servizi.

0 0,2 0,4 0,6 0,81 1,2 1,4 1,6 1,8

USA Commercio all'ingrosso

DEU Commercio all'ingrosso FRA Commercio all'ingrosso USA Macchinari CHN Macchinari GBR Commercio all'ingrosso DEU Autovetture FRA Autovetture CHN Commercio all'ingrosso Italia 2015 USA Autovetture -0,2 0,3 0,8 1,3 1,8 DEU Commercio all'ingrosso FRA Commercio all'ingrosso USA Macchinari CHN Macchinari USA Autovetture GBR Commercio all'ingrosso DEU Autovetture FRA Autovetture CHN Commercio all'ingrosso Esportazioni Dvax USA Commercio all'ingrosso

Italia 2005

Esportazioni Dvax Figura 1.32 - Partecipazione forward, per macrosettore-paese di destinazione - Anni 2005 e 2015

Fonte: Elaborazione autori su dati Ocse (TiVA) (a) Indicatore DVAX.

Nel documento Istat Istituto �azionale di Statistica (pagine 33-40)