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Iveco, CnhI apre la trattativa con i cinesi

Nel documento CONFIMI. 07 gennaio 2021 (pagine 26-29)

Faw offre oltre 3,5 miliardi per camion autobus e una quota di Fpt ma il dossier è ancora alle fasi preliminari

MAURIZIO TROPEANO

TORINO «Nessun accordo definitivo sulla portata o la natura della cooperazione è stato al momento raggiunto» ma Cnh Industrial conferma che sul futuro di Iveco, «sono in corso discussioni preliminari con la cinese Faw Jiefang, con una prospettiva di rafforzamento del business On-Highway dell'azienda». Nella tarda mattinata di ieri un portavoce della società controllata dal gruppo Exor, guidato da John Elkann, commentava così le indiscrezioni rilanciate dalla Reuters. L'agenzia di stampa, citando alcune fonti vicine al dossier, annunciava la ripresa delle trattative con l'azienda statale cinese che si erano interrotte l'anno scorso dopo la presentazione a luglio di un'offerta preliminare che valutava in poco più di tre miliardi di euro Iveco. Offerta respinta da CnhI perché giudicata troppo bassa. Secondo la Reuters nei piani industriali di Faw, società automobilistica che ha sede a Changchun e produce camion pesanti con il suo marchio Jiefang, è previsto l'obiettivo di conquistare nuovi mercati al fuori della Cina nei prossimi due anni. Per questo motivo il colosso avrebbe rilanciato presentando un'offerta superiore ai 3,5 miliari per acquisire tutte le attività di veicoli commerciali e di autobus di Iveco e una quota di minoranza nella divisione motori di Fpt Industrial. Da CnhI, però, (il nuovo ceo Scott W. Wine si è insediato questa settimana) si conferma solo l'avvio di colloqui preliminari. Nel dossier, però, non sarebbe inclusa la produzione di veicoli speciali, compresi quelli per la difesa. Nel 2019 il fatturato del comparto veicoli commerciali e speciali è stato di 10,4 miliardi di euro, il 34% del fatturato complessivo di Cnh Industrial, mentre Powertrain incide per il 14% sui risultati globali, cioè per 4,1 miliardi. In quell'anno il piano industriale di CnhI puntava alla separazione della produzione di macchine agricole e del movimento terra da quella dei veicoli commerciali che insieme a Fpt avrebbe dovuto essere quotata separatamente in Borsa. La pandemia da Coronavirus ha ritardato l'attuazione di questo piano, inizialmente previsto per l'inizio del 2021, e la ripresa della trattativa su Iveco diventerebbe un'alternativa allo spin off. La conferma della ripresa di una trattativa preliminare con i cinesi di Faw piace ai mercati che hanno premiato il titolo con un rialzo del 6,45% a 10,9 euro per azioni. Sul fronte politico l'unica reazione arriva, almeno per ore, dal senatore di Fratelli d'Italia, Adolfo Urso. Il vicepresidente del Copasir si dice stupito per

«l'assenza della politica su azioni che riguardano i principali asset produttivi del Paese che rischiano di avere conseguenze non solo sul piano economico ed occupazionale ma anche su quello della sicurezza nazionale. In tal caso, peraltro, è necessario valutare anche l'ipotesi di utilizzare la golden power». - © RIPRODUZIONE RISERVATA

Foto: Nel 2019 veicoli commerciali e speciali hanno fatturato 10,4 miliardi

07/01/2021 Pag. 18

diffusione:94126 tiratura:153657

La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato

ALBERTO DAL POZ Imprenditore e presidente di Federmeccanica "Un percorso da fare col governo, in Italia c'è poca politica industriale" L'INTERVISTA

"Stellantis, un'opportunità Ma chi fa componenti ora cresca con le fusioni"

GIUSEPPE BOTTERO

«La fusione tra Fiat Chrysler Automobiles e Psa, per le filiere, è una grande opportunità. Ma non dobbiamo dare nulla per scontato, anzi, bisognerà lavorare ancora di più. Non sappiamo ancora quali siano le priorità di Stellantis, però i fornitori italiani hanno tutte le carte in regola». Alberto Dal Poz, torinese, presidente di Federmeccanica dal 2017 e imprenditore con la sua Co.mec, è fiducioso. La nascita di un colosso dell'auto da 180 miliardi di fatturato e oltre otto milioni di veicoli venduti, dice, è una sfida per tutto l'indotto, chiamato a crescere, a cambiare pelle. Un percorso che, spiega, andrebbe fatto assieme al governo: «In questo Paese c'è poca politica industriale, avere aziende di eccellenza non basta». Il sistema automotive, in Italia, vale oltre cento miliardi di euro l'anno. È preoccupato per un possibile spostamento del suo baricentro verso la Francia? «No. È ancora molto presto, ma possiamo dire che per la nostra meccanica la Francia è il secondo Paese di esportazione dopo la Germania. Però è arrivato il momento di fare una riflessione. Stellantis avrà una dimensione globale, non sappiamo quali siano le sue priorità ma c'è la possibilità di sfidare un mercato come quello americano e in futuro quello asiatico. Per noi non basterà essere il Paese in cui il gruppo avrà una delle sedi, perché sarà senza dubbio un soggetto internazionale». John Elkann, che sarà il presidente di Stellantis, ha spiegato più volte che l'Italia resta centrale nel progetto. E gli ultimi investimenti lo confermano. Per voi è un vantaggio? «Sì, anche se non è scontato che noi saremo considerati solo perché qui c'è Fca. Ancora recentemente il presidente dell'Unione industriale di Torino, Giorgio Marsjai, ha spiegato che la nascita di Stellantis dovrebbe spingere anche le aggregazioni tra i fornitori. Ribadisco questo concetto e lo amplifico. Bisogna proseguire sulla strada intrapresa: negli ultimi anni abbiamo dimostrato di saper cogliere occasioni all'estero, siamo il primo fornitore delle case tedesche e, durante il primo lockdown, Berlino ha sottolineato quanto fosse importante il contributo delle nostre imprese. Non c'è niente di scontato, e Stellantis deve essere uno stimolo. Anche per il governo». Perché? «Il nostro sistema Paese è coinvolto nella trasformazione dell'industria automobilistica, l'automotive e la sua componentistica devono essere inserite tra le priorità.

Le eccellenze che operano soprattutto in Piemonte, Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto, Puglia e Campania non sono sufficienti, soprattutto quando ragioniamo in termini di occupazione». Quale impatto sta avendo il coronavirus sulle imprese della meccanica? «A settembre eravamo estremamente preoccupati, il calo era superiore al 25%. Adesso la situazione è migliorata, soprattutto nell'automotive e nelle macchine utensili mentre l'aeronautica sta ancora soffrendo. Ma la distruzione catastrofica delle filiere non c'è stata. Gli interventi emergenziali del governo hanno aiutato, anche se non significa che ne siamo usciti.

Di fronte a noi c'è una situazione di incertezza, il debito è a livelli stellari». Ieri il ministero del Tesoro ha presentato al presidente del Consiglio l'ultima bozza del Recovery. Assieme al raddoppio dei fondi per la sanità sono previsti interventi per l'industria, il lavoro e il Sud. Che vi sviluppi vi aspettate dal piano? «Le politiche sui prestiti e sugli aiuti europei dovranno avere al centro i settori nei quali possiamo fare bene, sicuramente non usciremo da questa emergenza con erogazioni a pioggia. Servono interventi molto mirati». Secondo il viceministro dell'economia Antonio Misiani una eventuale presenza dello Stato italiano in Stellantis non può

essere un tabù. É d'accordo? E gli investimenti del governo nel capitale delle imprese possono essere una strada da seguire? «Possiamo non definirlo un tabù, ma la partecipazione dello Stato nelle imprese di qualsiasi settore e dimensione deve comunque essere temporanea, lasciando spazio alla ricerca della efficienza e della competitività». - © RIPRODUZIONE RISERVATA ALBERTO DAL POZ PRESIDENTE DI FEDERMECCANICA Il gruppo che nasce sarà internazionale Ai fornitori non sarà sufficiente avere sede qui per lavorare Il piano è aggredire il mercato in Asia e negli Stati Uniti Il Covid? Non ha distrutto l'industria

Foto: IMAGOECONOMICA

Foto: Alberto Dal Poz,titolare di Co.mec e presidente di Federmeccanica

07/01/2021 Pag. 18

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Nel documento CONFIMI. 07 gennaio 2021 (pagine 26-29)

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