Pubblichiamo con grande piacere un contributo dal Venezuela, scritto da Julián Isaías Rodríguez Díaz, già ambasciatore della repubbica bolivariana del Venezuela in Italia, sulle caratteristiche del “chavismo”
in Venezuela.
esempio, il cercare di non ripetere i vecchi errori:
il settarismo, il fanatismo, l’immediatismo, l’avanguardismo, il volontarismo. Elementi che impediscono la comprensione della realtà, la valutazione razionale degli alleati e la differenziazione concettuale con il ceto medio e le classi dominanti.
Tutte queste circostanze appena citate sono radicate nella cultura della “sinistra latinoamericana”, una cultura che spesso muta e non è morta in molti dei partiti attuali. Alcuni di questi dimenticano che l’azione genera coscienza, che non ci sono poteri eterni e che devono formarsi, diventare sempre più consapevoli e superare la prova di costruire la pace e tollerare le differenze tra compagni di viaggio, per evitare che si uccida di nuovo Roque Dalton.
Ciò non significa che non ci si debba difendere dai nemici interni ed esterni: è necessario organizzare difese comunitarie collettive. È vero che il potere occupa un posto centrale, ma la conquista del potere è, e deve essere, a beneficio del popolo, mai al proprio servizio, o a quello del gruppo o del partito che prende o è al potere.
È essenziale sottolineare che il potere è, e deve continuare ad essere, un mezzo per trasformare la società e non un fine in sé.
Il chavismo si è evoluto e quello del XXI secolo deve tenere a mente la storia delle lotte rivoluzionarie del passato.
È essenziale che nel presente mantenga il vecchio motto di “essere come il Che”, o “essere come Chávez”, o “Chávez siamo tutti”. Un buon aggiornamento di questo spirito combattivo è
“essere per tutti” e non per “per me” o “per noi”.
Deve anche assumere per sé il “comandare obbedendo”, che è un antidoto al settarismo, al fanatismo, all’avanguardismo. E soprattutto serve a disfarsi della fantasia che sia possibile cambiare il mondo solo votando, ogni tanto, nelle scadenze elettorali.
“Siamo più di quello che siamo”: la frase è di Eduardo Galeano. La partecipazione politica, in effetti, ha lasciato il paternalismo alle spalle.
Nella partecipazione troviamo una delle forme per trasformare la realtà: il controllo della qualità
dei servizi pubblici, la difesa del cittadino, il rafforzamento delle organizzazioni popolari, la creazione di un sistema di cooperazione cittadina e l’esercizio concreto di veri controlli popolari sulla pubblica amministrazione. Questa è la base genuina della distribuzione dei rapporti di potere e di proprietà in una democrazia.
Con la partecipazione ci si oppone all’apatia, alla riluttanza, all’indolenza, all’insensibilità e alla disperazione, cose che fanno ammalare le persone di impotenza, rassegnazione e disperazione. La partecipazione è la via per una soluzione inclusiva alla crisi del capitalismo ed un’opzione di sovranità e di chiarimento della coscienza politica, con dimostrazioni eroiche di solidarietà e forza collettiva. L’America Latina è una regione di grande diversità. Galeano lo ripeteva: “L’America è una realtà diversa, è la ricerca di un’identità, che mira a scoprire che noi siamo più di quello che ci hanno detto che siamo”.
NuestrAmerica detiene il record mondiale di disuguaglianza sociale. Più di 250 milioni di persone vivono al di sotto della soglia di povertà.
Questa disuguaglianza si manifesta in politiche carenti sulla salute e sull’istruzione, nella malnutrizione, esclusione, disoccupazione e ineguaglianza assoluta nell’accesso alla giustizia.
Alcuni di questi mali sono stati affrontati con successo dal chavismo, ma la rappresentatività senza radici si perde facilmente, se ha le sue basi solo nei processi elettorali.
È questo chavismo che è riuscito a risvegliare il popolo venezuelano. Il progressismo era stato colpito dal crollo dell’Unione Sovietica, dalla demoralizzazione del movimento popolare nel mondo e dalla ritirata forzata del socialismo. La guerra fredda ha contribuito a questo. E si erano persi i collegamenti internazionali.
In Venezuela questo chavismo è stato rafforzato dalla prigionia di Hugo Chávez e si è manifestato con i ‘pellegrinaggi’ per fargli visita in carcere:
quest’ultimo divenne l’epicentro di una tromba d’aria politica: in Venezuela c’erano “due posti di comando”, uno a Miraflores, il palazzo ufficiale del governo, e l’altro nella caserma di San Carlos e poi nella prigione di Yare (le due prigioni del
Comandante).
Era l’epoca delle scritte sui muri, e dei graffiti per le strade, l’epoca dei bambini vestiti da paracadutisti, con uniformi screziate e baschi rossi. Le carceri si trasformarono in centri di dibattito, dove si scrivevano articoli per i giornali e per la loro discussione, si pubblicavano documenti; sugli autobus questi temi erano discussi liberamente, e alla radio e alla televisione il dialogo pubblico e le interviste arricchivano il dibattito politico. È questo il torrente di chavismo che ha dato origine alle linee guida del “Libro blu” e all’appello per l’Assemblea Costituente del 1999.
È interessante sottolineare la dimensione pratica del chavismo. Testualmente, Hugo Chávez spiega:
“Credo che una rivoluzione richieda un grande sforzo dialettico, molta teoria rivoluzionaria, ma anche prassi; la prassi è ciò che rende reale o meno una rivoluzione”.
Il chavismo continua ad essere un’energia che indica il cammino nel Paese sudamericano. Il Comandante lo ha espresso così, prima di morire:
“Al di là di me stesso e di questo ruolo che ricopro, ho la certezza - e spero di non sbagliarmi, se non
in meglio - che per molto tempo anche i Presidenti che mi succederanno saranno conseguenza di questo evento”. In effetti, ha aperto nuovi orizzonti e ha marcato l’inizio di un nuovo ciclo, non solo nella storia contemporanea, ma anche nel progressismo latinoamericano, che oggi si sta unendo al nuovo progressismo internazionale.
Traduzione a cura di Marco Consolo
* Isaías Rodriguez è stato avvocato giuslavorista, docente universitario, procuratore dello Stato di Aragua, senatore nelle file del Movimento Quinta, vice-presidente della prima Assemblea Costituente.
Il 24 gennaio 2000 viene nominato vice-presidente della Repubblica. Nel dicembre 2000 viene nominato Procuratore Generale della Repubblica, incarico che mantiene fino al novembre 2007, investigando - tra gli altri casi - il tentativo di golpe contro il Presidente Chávez dell’11 aprile 2002.
Dal 2009 al 2011 è stato ambasciatore della Repubblica bolivariana del Venezuela in Spagna e dal 2011 ambasciatore in Italia. Nel 2017 viene nominato vice-presidente della seconda Assemblea Costituente.
Autore di diversi libri di narrativa e di poesia, nel 2014 ha aperto il ‘Festival Internazionale di Poesia’
di Genova.