• Non ci sono risultati.

L'angelo sessuato: l'immagine del femminile.

Bastare a sé stesse

1. L'angelo sessuato: l'immagine del femminile.

Prima di giungere alla conclusione di questo studio occorre mettere a fuoco con maggiore precisione l'immagine del femminile che venne veicolata attraverso gli scritti di Mantegazza. Come già accennato, anche in questo caso la rottura del paradigma romantico fece da spartiacque, l'immagine perse di idealità. Mantegazza, tuttavia, non giunse mai alle immagini violente e alla misoginia che caratterizzò buona parte della cultura europea di fine secolo: la sua restò, pur con qualche aggiustamento, una immagine integra, completa.

All'inizio della sua carriera, nelle lettere giovanili1, l'immagine che ricorre è quella di un

femminile che ha molto a che fare con la cosiddetta "donna angelicata". Nonostante, come abbiamo già visto, la sua attenzione fosse rivolta soprattutto a quella che era la relazione all'interno della coppia, non è raro trovare dei riferimenti a questa figura dell'immaginario erotico-sentimentale dell'epoca. Nella Fisiologia dell'amore troviamo una descrizione abbastanza esplicativa di quella che secondo lui doveva essere l'immagine di fanciulla che popolava le notti dei giovani uomini che si affacciavano alla pubertà:

il giovinetto aveva sognato il suo angelo: doveva essere tutto occhi e tutto chiome; dei fianchi da stringere con due dita, dei piedi da posare appena sulla terra, un

1 Nella già citata lettera giovanile indirizzata all'amico Omboni Mantegazza scriveva: "Hai degnamente apprezzato

l’Albina e l’hai chiamata un angelo" (MNAE, Fondo Mantegazza, n. 166, Lettera di Paolo Mantegazza a Giovanni Omboni, Pavia, 3 aprile 1853).

185 eterno sorriso inghirlandato da un'aureola di luce, un'anima ardente come il fuoco

e un'innocenza pura come la neve che cade sulle vette del Jungfrau2.

La cosa interessante è che a detta sua anche per le fanciulle "l'oggetto desiato" era un angelo "tutto amore e tutto etere; che sotto le grandi ali piegate raccogliesse l'anima della fanciulla, e via se la portasse nello spazio dei cieli, in una regione tutta d'oro, tutta luce e tutta tepori"3. Ciò

appare perfettamente in linea con lo spirito romantico che attraversava le pagine della

Fisiologia.

Si trattava certamente di immagini fortemente idealizzate sia dal punto di vista estetico, che dal punto di vista del suo rapporto con il maschile. Alla donna della prima metà dell'Ottocento si chiederà fortemente di farsi "angelo tutelare dell'anima del maschio"4. Per la

sua natura profondamente sensibile essa era considerata la "sacerdotessa dell'ideale, dell'infinito, dell'incommensurabile"5. La cifra della sua idealità era la purezza dell'anima che si

rispecchiava in quella del corpo. A differenza dell'uomo, la donna aveva la vocazione di elevarsi per occupare una sorta di ruolo di mediatrice – come gli angeli, appunto – tra la concretezza umana e il divino, o come dice Mantegazza, tra l'umano e le regioni dell'excelsior.

A lei la natura aveva assegnato il compito di additarci la meta verso l'alto, a noi di accompagnarla e sorreggerla. In uno stupendo quadro di Shaeffer [sic], Dante sta in basso e Beatrice in alto: Dante la guarda, la contempla e si ispira: e Beatrice, fisso lo sguardo in cielo, sembra dirgli: «In alto, in alto è là che dobbiamo andare insieme!». Nulla è più contagioso dell'entusiasmo; nulla è più affascinante, più irresistibile dell'entusiasmo della donna6.

Mantegazza non poteva darci esempio più calzante. Il quadro7 a cui si riferisce è con ogni

probabilità un'opera del 1851 attraverso il quale Sheffer volle rappresentare due terzine del paradiso dantesco

e di sùbito parve giorno a giorno essere aggiunto, come quei che puote

avesse il ciel d’un altro sole addorno. Beatrice tutta ne l’etterne rote

2 Mantegazza, Fisiologia dell'amore…cit., p. 64. 3 Ibid., p. 63.

4 Dijkstra, Idoli…cit., p. 15.

5 Mantegazza, Fisiologia dell'amore…cit., p. 142. 6 Ibid., p. 143.

186 fissa con li occhi stava; e io in lei

le luci fissi, di là sù rimote8.

Beatrice è l'esempio: poco prima Dante l'aveva sorpresa fissare il sole come nemmeno a un'aquila aveva mai visto fare9. Dante non riesce a fissare il sole a lungo, è costretto a togliere

lo sguardo e guardarlo attraverso di lei. L'immagine della donna che ritroviamo è un'immagine molto potente, che va addirittura più in là dell'aquila, un simbolo di forza, di vicinanza con il divino, di regalità e indipendenza. Non ha nulla a che fare con l'abnegazione e la passività spesso portate come cifra significativa del femminile inteso come angelo del focolare10.

Al di là della similitudine dantesca, nella vita di tutti i giorni questa idealizzazione della donna doveva fare i conti con un elemento fondamentale e molto concreto: la verginità. Mantegazza, da attento osservatore della sua epoca qual era, metteva in guardia i lettori dai risvolti negativi che una tale idealizzazione portava con sé:

Noi promettiamo a tutte le nostre fanciulle un morgincap, purchè sappiano custodire intatto fino al giorno supremo del primo ufficiale amore il sacro velo, che chiude la porta del tempio dove nascono gli uomini. E questo morgincap è un marito, è la stima, è la venerazione, è l'adorazione di tutti. Con quel velo intatto tu sei una santa, una vergine, un angelo, meta di tutti i desideri […]. Lacerato il fragilissimo velo, tu sei giovane, sei bella, sei forse pura come eri ieri, ma tu non sei più che una femmina umana. Il tempio è violato, l'idolo è rovesciato, i sacerdoti son fuggiti gridando all'anatema e invocando sul capo della vittima la vendetta del loro dio. Qual viluppo di misteri e ingiustizie! Parmi davvero di essere nel mondo degli esorcismi e della magia11.

Diversamente dalla grezza ottusità di un "volgo", per il quale esistevano solo "donne vergini e profanate"12, per Mantegazza la perdita della verginità rappresentava il momento in cui l'idolo

scendeva dal suo "celestiale piedistallo"13 per diventare donna, senza percepire ciò come un

discredito ma come un arricchimento della persona:

8 Dante, Divina commedia, Paradiso, I, 63-66. "e subito sembrò che al giorno ne fosse stato aggiunto un altro/come

se Dio avesse adornato il cielo di un secondo sole. /Beatrice teneva lo sguardo fisso sulle ruote celesti; /e io fissai a mia volta lo sguardo su di lei, distogliendolo dal cielo).

9 Dante, Divina commedia, Paradiso, I, 43-48: "Fatto avea di là mane e di qua sera/tal foce, e quasi tutto era là

bianco/quello emisperio, e l’altra parte nera,/quando Beatrice in sul sinistro fianco/ vidi rivolta e riguardar nel sole:/ aquila sì non li s’affisse unquanco".

10 Dijkstra, Idoli…cit., pp.22-26.

11 Mantegazza, Fisiologia dell'amore…cit., pp. 105–106. 12 Ibid., p. 109

187 Angelo ieri, ella si lascia strappare le ali dall'amante e ridiventa donna, per essere

moglie, amica, madre. Sacerdotessa di un tempio, brucia sull'altare dell'amore la veste candida della vestale14

La concezione onnivora del sentimento amoroso si riflette anche nella sua concezione della donna. L'immagine che rimanda era quella di un femminile a tutto tondo. La donna di Mantegazza, pur mantenendo un accento sulla maternità, era al tempo stesso anche moglie, sorella e amante15. L'angelo, dunque era un angelo sessuato, con tutto ciò che comportava

ovvero la sua reciprocità col maschile e la condivisione con esso della capacità di provare piacere.

Se la natura […] ha voluto che la donna amasse il suo primo amore con molto dolore, tocca a noi il coronare la vergine di tanti fiori di virtù, di profumarla di tanto olezzo di grazia, da cambiare la martire in sposa felice; tocca a noi l'elevare la Vergine fisica in una regione altissima di purità e di grandezza […] dove fra le lagrime di una prima sconfitta brilli la luce del sole d'amore; che dopo l'uragano della conquista si annunzi il sereno di un giorno tutto bellezza e delizie16.

Non c'è opposizione dunque tra una figura angelicata, materna e di fatto frigida da un lato e quella della donna perduta/sterile che però prova piacere dall'altro. La figura dell'isterica17 è

quasi del tutto assente dall'orizzonte mantegazziano, le poche volte in cui viene trattato l'argomento non viene ricondotto alla dimensione della sessualità e, d'altronde, come poteva esserlo dato che per Mantegazza rientrava nella normalità che una donna manifestasse il suo desiderio? Se prendiamo per esempio Il secolo nevrosico, vi troviamo tratteggiato il personaggio di Nervina Convulsi, una giovane donna affetta da isterismo [APPENDICE 2], i cui sintomi rientrano nella casistica classica della malattia: inappetenza, instabilità, insonnia fino ad avere delle vere e proprie crisi. Accanto ad essa però troviamo anche Tito Nervosetti [APPENDICE 3], il suo omologo maschile, sempre di malumore, ipocondriaco, indeciso, anch'egli inappetente. Tra i due profili, per quanto declinati in base al genere, non c'è un abisso: ambedue sembrano vittime di quello che Mantegazza definisce il male del secolo, ovvero il "nervosismo" caratterizzato per entrambi da "irritazione, disordine e debolezza"18.

Come abbiamo già sottolineato, con l'avvicinarsi del nuovo secolo, le posizioni di Mantegazza subiranno una notevole evoluzione. Nella Fisiologia della donna, molto di ciò che

14 Mantegazza, Fisiologia dell'amore…cit., p. 109

15 "Sorella nel sentimento, collega nel pensiero, amante nella voluttà, ecco la donna che dovrebbe essere nostra

moglie" (Mantegazza, Parvulae…cit., p. 219).

16 Mantegazza, Fisiologia dell'amore…cit., p. 114.

17 Sull'isteria v. Annamaria Tagliavini, Una donna «troppo donna»: l'isterica, in BMT, La donna…cit.. 18 Mantegazza, Il secolo nevrosico…cit., p. 21.

188 aveva sostenuto in precedenza venne rivisto e modificato. Per quanto riguarda la capacità della donna di provare piacere le sue convinzioni si fecero meno salde, tant'è che aggiunse un "codicillo" che relativizzava quanto detto in precedenza sostenendo che in realtà "la donna oscilla tra i poli più lontani, mostrandoci il massimo dell'apatia erotica e il massimo della lussuria"19. Un bel cambiamento di prospettiva. Non di meno colpisce la diversa lettura che

diede del quadro di Scheffer a vent'anni di distanza:

Ary Scheffer, il grande pittore dei mistici misteri, ha raffigurato Dante, che ai piedi di Beatrice, la guarda dal basso. È poesia sublime, ma al rovescio del vero. Beatrice deve essere ai piedi di Dante , che sta in alto al più alto di lei. La donna vuol sempre amare un uomo più alto di lei. Essa si inginocchia dinanzi all'uomo per ammirare, per ringraziare, per adorare. Si inginocchia anche l'uomo ai piedi della donna ma quasi sempre soltanto per implorare voluttà20.

Nonostante il progressivo allinearsi all'ormai mutato immaginario collettivo, Mantegazza mantenne, tuttavia, uno sguardo positivo nei confronti del femminile. Benché il mistero del corpo della donna si facesse più oscuro e il suo fascino sempre più irresistibile, Mantegazza si tenne sempre lontano dalle derive misogine di molti suoi colleghi. Ancora nella Fisiologia della

donna così descriverà due prototipi opposti di donna europea, una mora, l'altra bionda,

entrambe divinamente affascinanti ma in modo diverso:

Donna spagniuola. – È sovranamente e magnificamente bella. Piedi e mani piccolissimi e occhioni che sembrano finestre aperte in un palazzo di marmo, ma di marmo pario abbronzato al sole d'Oriente; curve omicide, che palpitano di vita e di voluttà; chiome che possono vestirla tutta e renderle inutile la camicia. Del resto molto religiosa e molto ignorante, gelosissima, permalosa e indolente. Ha il giusto orgoglio, che le danno la straordinaria bellezza e la coscienza intiera e piena, ch'essa può con uno sguardo uccidere un uomo o farlo uccidere; ch'essa ha nelle mani sue le chiavi, che ti aprono il paradiso o l'inferno21.

Donna inglese. – Nel tipo biondo è al polo opposto della spagniuola, ma non le è inferiore. È solamente bella in modo diverso. Quando è potente di forme, e lo è spesso riunisce tutte le virtù opposte del molto e del fino, del grandioso e del gentile, del principesco e dell'agresto. […] Chioma con tutti i fulgori del biondo dorato e del biondo argenteo, occhi di cielo, pelle che sembra involata alle pesche, che diconsi Poppe di Venere, e alle porcellane di Sêvres; naso nobilissimo, denti perfetti, giovinezza che dura tutta la vita. In una parola la donna perfetta22.

19 Mantegazza, Fisiologia della donna…cit., p. 156 20 Ibid., p.167.

21 Ibid., p. 107.

189 "Bastare a sé stesse"

Con la Fisiologia della donna Mantegazza volle esprimere la sua opinione sull'ampio dibattito che si era aperto nella scienza italiana a proposito della natura della donna e della sua posizione all'interno della società. Già da qualche anno la sua attenzione si era rivolta in maniera sistematica verso il suo studio: a partire dall' '88 incentrò il suo corso di antropologia sulla psicologia e fisiologia della donna e, negli anni successivi seguirono, altre lezioni specifiche come quelle su sensibilità ed emozioni della donna, sulla donna in Europa e sul suo "carattere morale", lezioni che vennero poi integrate nella Fisiologia della donna23. Come di

consueto Mantegazza pose l'accento sul ruolo della scienza come supremo giudice incaricato di sfatare vecchi pregiudizi, che vedevano la donna follemente amata o terribilmente disprezzata, e dare ad essa la giusta collocazione nel mondo:

La donna è un angelo o un demonio? Né l'uno né l'altro; essa è femmina dell'uomo.24

Mantegazza era nondimeno consapevole del fatto che la sua non poteva che essere una lettura per forza di cose parziale: la sua fiducia nella scienza non era più salda come un tempo. La donna era perciò sempre stata studiata male, perché sosteneva Mantegazza, "è troppo vivamente desiderata da noi, e la vediamo sempre attraverso il prisma della passione, non colla limpida lente dell'osservazione. […] E come mai potremmo studiare con animo sereno quel fantasma che ci affascina e ci ipnotizza?"25.

Ciononostante Mantegazza si cimentò in un'attenta analisi dei caratteri del femminile a partire dall'anatomia e dalla biologia passando attraverso la psicologia, l'estetica fino ad arrivare ai suoi rapporti concreti con la società dell'epoca. Come abbiamo già affermato, i toni erano profondamente cambiati e molte delle tematiche già affrontate erano state modellate in modo da risultare più in linea con i tempi. La misurazione del cranio, la questione del piacere, la centralità della maternità, la complementarietà dei ruoli di genere mostrano uno sguardo diverso da quello degli anni precedenti: la posizione della donna era ridimensionata e posta accanto all'uomo ma non esattamente allo stesso livello: Dante e Beatrice si erano scambiati di posto.

23 Seguirono poi scritti di minore importanza come Il concetto di bello femminile attraverso i tempi, ma soprattutto Le

donne nella scienza (1898) e Le donne del mio tempo (1905), Il femminismo moderno di fronte alla scienza (1906). Le lezioni di

Mantegazza sono state recentemente editate, Paolo Mantegazza, Lezioni di Antropologia (1870-1910) in «AAE» vol. CXIX, 1989.

24 Mantegazza, Fisiologia della donna…cit., p.7. 25 Ibid., pp. 8-9.

190 Tuttavia dal lato più concreto, più pratico, di reale contatto con la società, Mantegazza lasciò aperti interessanti scenari per quella che sarebbe stata a suo parere la donna dell'avvenire26. Restava fermamente convinto che un innalzamento della donna all'interno della

società avrebbe portato un miglioramento della società intera. Il secolo che stava finendo – "il secolo nevrosico" – era un secolo che si sentiva malato, un secolo che aveva concentrato tutte le sue energie nel "pensiero" lasciando poco spazio al "corpo" e poco o nulla al "cuore"27:

Oggi anche la donna studia, anche la donna fuma, e ahimè anch'essa si inebria coll'alcool, coi caffeici e colla morfina. Anche il ventre dell'umana famiglia è divenuto cervello e il ventre nevrosico genera all'infinito sempre più nevrosici28.

Il pensiero – ovvero la componente maschile della società – aveva preso il posto del cuore e dei sentimenti. Orfano del romanticismo, Mantegazza avvertiva uno squilibrio, sentiva che la complementarietà dei ruoli non funzionava perché l'uomo – e il pensiero – avevano invaso gli spazi che nella società dovevano essere riservati al cuore e ai sentimenti.

Se la folle mania dell'uguaglianza, utopia delle utopie, ha spostato il problema invocando per la donna diritti eguali ai nostri; noi tutti dobbiamo invece adoperarci, perché essa goda non dei nostri ma dei suoi diritti29.

Il futuro sarebbe stato diverso, migliore perché la donna si sarebbe ripresa il suo legittimo poso all'interno della società. L'amore infatti – assieme all'educazione – erano i primi strumenti del progresso umano: Il "sillabo dell'avvenire"30, se seguito da tutti, avrebbe portato

un miglioramento della razza e della società della penisola. Per la "nuova Italia" borghese post- unitaria Mantegazza immaginava "un nuovo ordine sessuale", un assetto sociale e politico più stabile grazie ad una nuova coppia coniugale rinsaldata dalle fondamenta: "fare gli italiani" significava anche insegnare agli italiani a "fare gli italiani"31.

In questo nuovo quadro normativo dunque assumeva priorità il binomio "appagamento sessuale individuale-salute fisica dell'umanità"32. Attraverso l'amare ogni essere umano poteva

realizzare compiutamente la sua "missione" di "bipede implume". Non era una piccola

26 Ibid., pp. 319 - 367

27 Mantegazza, Fisiologia dell'amore…cit., p. 324 28 Mantegazza, Il secolo nevrosico…cit., pp.60 – 61. 29 Mantegazza, Fisiologia della donna…cit., p. 281. 30Mantegazza, Igiene dell'amore…cit.,. p. 386. 31 Tasca, Il «senatore erotico»…cit., p. 320. 32 Ibid., p. 309

191 responsabilità quella che Mantegazza poneva nelle mani dell'individuo: esso diveniva in questo modo il depositario del destino della sua sessualità, e con essa, dell'umanità intera.

Mantegazza voleva fornire gli strumenti per la costruzione di un mondo nuovo, forse utopico, dove i rapporti affettivi sarebbero stati più democratici: la sua idea di progresso si legava in maniera inscindibile con la volontà di "migliorare e rendere più sana e più felice la vita materiale e psicologica"33 di tutti. Era convinto di "realizzare, proprio attraverso la

liberazione dai pregiudizi e la fondazione di una morale laica e scientificamente fondata, i presupposti di un nuovo e più autentico «umanesimo»"34 basato sulla libertà individuale del

singolo e su un sentimento amoroso che Armenise definisce "liberale"35.

Alla base della nuova società doveva esserci una certa emancipazione femminile. Le donne infatti erano vere e proprie specialiste nel campo degli affetti e solo loro potevano guidare l'umanità in questa direzione. Tutt'altro che confinata nel ruolo di penate moderno36 la

donna del futuro avrebbe avuto un ruolo più attivo che mai. Una sua emancipazione in quanto individuo costituiva la base su cui costruire una futura eguaglianza formale. "Come si può scegliere – diceva – senza distinguere e come si può distinguere senza conoscere?37.

Mantegazza sembrava intenzionato a sostenere la necessità di educare la donna alla lotta per la vita e restituendole la sua legittima dignità.

Dunque pur continuando a negare i diritti politici alle donne Mantegazza consegnava ad esse un compito ben più importante ai suoi occhi: la piena e indipendente gestione della sfera degli affetti, della sessualità e perciò dei destini della specie umana. La società immaginata da Mantegazza era certamente una società caratterizzata da una rigida separazione di genere. Non bisogna però incappare nell'errore di considerare l'afferenza alla sfera degli affetti di per sé un disvalore: affermare che la donna dell'Ottocento fosse "relegata" nel privato significa indirettamente avallare una prospettiva secondo la quale la componente emotiva dell'essere umano svolge un ruolo secondario rispetto alla sua componente razionale. Mantegazza ne era conscio – aggiungerei paradossalmente, data la sua vocazione positivista – e voleva andare

33 Maier, Introduzione, in Il secolo nevrosico…cit., p. VII.

34 Armenise, Paolo Mantegazza: il patrocinatore…cit., in Fisiologia dell'amore… cit., p. XLV.

35 Con il termine "amore liberale" Armenise intende "un amore che segua dei principi secondo i quali il

sentimento sia spontaneo e la sua rispettiva integrazione e unificazione ad altri fattori di natura emotivo passionale serva alla costruzione di un rapporto più profondamente e intensamente unitivo, più armonico, in cui lo spirito di solidarietà, cooperazione e coesione tra i membri serva ad affrontare in maniera adeguata i problemi riguardanti la coppia e la società, costruendo i presupposti del benessere e della felicità a livello sia individuale che collettivo"( Armenise, Amore eros…cit., pp. 8-9). I risvolti sociali dell' "amore liberale" appaiono del tutto simili a quanto descritto da Giddens nel capitolo intitolato "L'intimità come democrazia" (Giddens, La

trasformazione…cit., pp. 197-217).

36 Cfr BMT, La donna …cit., p. 19 e 78.