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L’antitesi razionalità irrazionalità: L'amore fatale di Ian McEwan

PARTE II: prove di dialogo fra scienza e letteratura

5. I temi del dialogo

5.2 L’antitesi razionalità irrazionalità: L'amore fatale di Ian McEwan

Ian il macabro, come viene McEwan chiamato per il carattere particolarmente pulp dei suoi primi scritti, ha manifestato più volte un notevole interesse per la scienza (McEwan 1998). Il suo metodo è la lettura per la lettura, come era per Calvino stesso. Ma mentre in Calvino, a giudicare dalle sue dichiarazioni, c'era la cosciente volontà di rinnovare l'immaginario letterario con quello scientifico, in McEwan la questione è chiaramente assai meno centrale, sebbene McEwan sia ben conscio della rilevanza che l’immaginario scientifico può e debba avere sulla produzione letteraria (McEwan e Del Giudice 2000).

L’amore fatale vede un protagonista molto particolare: un giornalista scientifico.

Una mongolfiera in difficoltà: eccola precipitare in un ampio parco, appena fuori Londra. Qualcuno invoca aiuto a gran voce: è un uomo, che sta cercando di mantenerla a terra, senza successo perché il vento forte la riporta in alto, e poi ancora in basso. Nel cesto, un ragazzino terrorizzato.

In una bellissima sequenza cinematografica, con la telecamera posta in alto sulla scena, quattro persone corrono in aiuto del ragazzo in pericolo: si agganciano alle corde, tengono il pallone in basso. Sembrano avercela fatta, ma un altro colpo di vento più forte degli altri dà uno strattone verso l’alto: è il momento della decisione:

“(…) Adesso la cesta era dritta sopra di noi che stavamo a braccia tese in alto

come tanti campanari la domenica. Nel silenzio stupefatto che procedette il ritorno delle nostre grida, arrivò il secondo colpo: il pallone si alzò dirigendosi verso ovest. All’improvviso camminavamo a mezz’aria con tutto il corpo appeso alla stretta dei pugni”.

Solo John Logan “un medico condotto di quarantadue anni”, impegnato nel volontariato, rimane strenuamente attaccato alla corda e ascende per cinquanta, cento metri, trasportato in alto dal pallone, in una scena che pian piano perde il sonoro, mentre l’uomo si allontana rapido. Come in una scena al rallentatore, osservato dai tre attoniti ammutoliti compagni che lo hanno abbandonato, Logan scivola lentamente lungo la corda, perde il contatto: precipita. “Persino allora, ci fu una

frazione di tempo nella quale Logan semplicemente precipitava, e io continuavo a pensare che potesse verificarsi un caso determinato da qualche assurda legge fisica, da un fenomeno termico non più sbalorditivo di quello al quale stavamo assistendo, in grado di intervenire e riportarlo su (…). Non ho mai visto una cosa più atroce di quell’uomo che precipitava.”

L’istante della decisione è uno dei punti chiave del romanzo. Il protagonista del romanzo, Joe Rose cede d’improvviso, al pari dei suoi due compagni oppure cede appena un attimo prima, inducendoli a mollare la presa essi stessi? Quando tutto sarà finito, Joe ammetterà di aver oscillato, dal punto di vista logico, fra due possibili conseguenze, convincendosi ora dell’una ora dell’altra: se fossero rimasti tutti e quattro appesi, avrebbero avuto la meglio sulla forza del vento. Eppure se anche uno soltanto avesse ceduto, avrebbe condannato gli altri a morte certa. Ma come avere la certezza che nessuno di loro avrebbe mollato? Tenere la presa comunque e rischiare di essere sbalzati lontano? Oppure lasciare il ragazzo al suo destino? In questo caso si sarebbe trattato di un eccesso di egoismo o di legittima difesa della propria vita?

Gli scrupoli di Joe, un fisico che di professione è giornalista scientifico, ma anche uno scettico per educazione accademica, per tecnica professionale e per convinzione privata, lo perseguiteranno per l’intero romanzo e rappresentano la prima sconfitta della razionalità, che non consola e che non riesce a decidere l’indecidibile.

Come in Atlante occidentale, la storia nasce dunque con un volo e un incidente. Solo che questa volta le conseguenze sono ben più drammatiche: un uomo muore e Jed Parry, uno dei soccorritori, si innamora di Joe, in un rapporto malato, ossessivo, che rischierà di rovinare la vita del protagonista, quella della sua compagna Melissa e, non ultimo, la vita di Jed stesso.

5.2.1 Joe e Jed

Il romanzo è stato descritto come una meditazione sulla razionalità, sull’irrazionalità e sulla religione (tema 1), tenendo presente però che McEwan ha scritto il libro “come un esperimento, piuttosto che provare a dare risposte a come si dovrebbe

vivere o se si possa avere una vita soddisfacente attraverso un approccio scientifico

[al mondo, ai problemi, ndr]” (McEwan, 1998). Razionalità e irrazionalità, ragione e misticismo. Qual è l'atteggiamento migliore, se ce n'è uno, per vivere?

Il protagonista Joe Rose spera di poter congelare il tempo e sospendere gli eventi per fermare l’azione e con infinita pazienza e con quella accuratezza con la quale sa collegare i fatti scientifici cerca di stabilire relazioni esatte – nessi precisi – tra le cose che gli capitano: “L’incidente ebbe tali e tante conseguenze, si sviluppò in un tale

groviglio di ramificazioni a partire da quei primi istanti, diede vita a una tale dedalo di amore e di odio che un po’ di riflessione, di pedanteria persino, non può che farmi bene”.

Il problema di Joe è che la pedanteria diventa il tratto essenziale del suo comportamento: cerca costantemente di capire il comportamento di Jed, di costruire un modello della sua malattia, della sua ossessione. È finisce talmente ossessionato lui stesso da mettere in grave crisi il suo rapporto con Clarissa, la fidanzata, l’unico personaggio che riassume in sé molte caratteristiche di equilibrio.

L’ossessione di Joe per la razionalità è peggiorata dal rimpianto latente, che a volte deflagra con violenza, di non essere diventato scienziato, ma solo divulgatore scientifico. Al proposito, dichiara McEwan “Anch’io avrei voluto fare lo scienziato, a

vent’anni, finita l’università. Pensavo di continuare a leggere i miei libri (romanzi), e intanto studiare le scienze. Anch’io ho provato quel rimpianto. È una sensazione che ricordo bene e che ho riversato nel personaggio Joe Rose” (McEwan 1994).

Dal canto suo Jed soffre di un delirio psicotico, la sindrome di Clérambault, che lo induce a interpretare ogni gesto di Joe come un atto d'amore nei suoi confronti. E più Joe cerca di allontanarlo, più Jed si avvicina a lui, in preda a un amore talmente intenso che viene sublimato in missione di redenzione religiosa. Jed Parry è un fervente cattolico, certamente poco ortodosso, incaricato dal Signore di redimere Joe attraverso l’amore, donandogli la speranza della fede: “Su quella collina, dopo

l’incidente, tra noi due si è trasmesso qualcosa. Pura energia, luce pura? (…) Il fatto che tu mi ami e che io ami te non è rilevante. È solo uno strumento (…) per condurti a Dio, attraverso l’amore.”

Ecco due personaggi fra i quali si riproduce, per effetto di una sindrome aberrante, lo stesso problema di comunicazione fra le due culture.

5.2.2 Il falso scientifico

L'amore fatale si chiude con una serie di appendici scientifiche, fra le quali il dossier

del paziente Jed Parry e la trattazione scientifica della sindrome di Clérambault di cui Jed è affetto. In particolare quest’ultima viene descritta attraverso brani tratti dalla

British Review of Psychiatry.

Il particolare ha tratto in inganno diversi critici, che si sono spinti a sostenere che l’unico difetto del libro è di essere stato fin troppo aderente alla realtà quando era vero esattamente il contrario: i documenti finali sono stati scritti con una grande aderenza al personaggio creato da McEwan. Una riedizione della beffa di Sokal in chiave inglese.

Nel caso di McEwan, tuttavia, questo è soprattutto uno dei modi in cui un autore si può impadronire del linguaggio scientifico (tema 2), che è il secondo tema fondamentale dell’opera, un’urgenza testimoniata dalla stessa scelta della professione del protagonista.