4. Gli effetti derivanti dalla nuova configurazione della recidiva
4.1. L’applicabilità delle circostanze generiche
Nel secondo comma dell’art. 62-bis, introdotto dall’art. 1 della l. 251/2005, si afferma che “ai fini dell'applicazione del primo comma non si tiene conto dei
criteri di cui all'articolo 133, primo comma, numero 3), e secondo comma, nei casi previsti dall'articolo 99, quarto comma, in relazione ai delitti previsti dall'articolo 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale, nel caso in cui siano puniti con la pena della reclusione non inferiore nel minimo a cinque anni".
La limitazione al possibile riconoscimento delle attenuanti generiche riguarda, dunque, soltanto il recidivo reiterato ai sensi del quarto comma dell’art. 99 c.p., il quale abbia commesso un nuovo delitto (almeno il terzo) non colposo che sia compreso nella lista di cui all’art. 407, comma 2 lettera a) c.p.p. (per intendersi i delitti per i quali la durata massima delle indagini preliminari può raggiungere i due anni), con l’ulteriore limitazione del minimo edittale, che non deve essere inferiore "a cinque anni”.
Giova brevemente ricordare che le attenuanti generiche costituiscono uno strumento per modulare la pena in concreto, adattandola alla gravità del reato commesso e alla personalità del colpevole.
Contemplate nel Codice Zanardelli (art. 59), che non prevedeva circostanze specifiche, abolite con il Codice Rocco, che prevedeva solo circostanze specifiche, le circostanze attenuanti generiche sono state ripristinate nel nostro sistema penale nel 1944 con l’introduzione dell’art. 62-bis, ma la loro incidenza si è ampliata considerevolmente con la riforma del 1974.
Sono, infatti, entrate nel giudizio di comparazione con le aggravanti (salvo tassative eccezioni, intervenute nel tempo in materia di terrorismo, eversione e mafia, come vedremo infra, Sezione Seconda, § 4 ), e sono state oggetto di larga applicazione giudiziale, anche al fine di temperare il rigore sanzionatorio del codice fascista, ma sconfinante spesso in una automatica e generalizzata
concessione delle stesse, con eccessi di lassismo giurisdizionale, da più parti paventati o lamentati: proprio questi ultimi rilievi sarebbero stati invero alla base dell’intervento limitatore del legislatore del 2005.
Alcuni Autori osservano che tale cambiamento di rotta sarebbe tuttavia più apparente che reale, essendo soltanto un modo di fare la “faccia feroce”, senza conseguenze apprezzabili73, in quanto, a mente del rimodellato art. 62-bis c.p., rimarrebbero sottratte a tale esclusione altrettante fattispecie delittuose gravi (si pensi,ad es., alla rapina pluriaggravata). Taluni Autori hanno invero criticato anche il carattere non assoluto del divieto, asserendo che, nelle predette situazioni, il giudice potrebbe nondimeno concedere le attenuanti generiche, ma considerando parametri diversi da quelli indicati nell’art. 133, primo comma, n. 3) (l’intensità del dolo), e nel secondo comma della stessa disposizione (tutti quei criteri rivelatori della capacità a delinquere del soggetto: motivi a delinquere, carattere del reo, precedenti penali e giudiziari, condotta anteatta, contemporanea o susseguente al reato, condizioni di vita individuale, familiare e sociale del reo), non essendoci, oltre alle suddette, preclusioni alla concessione delle circostanze attenuanti generiche ai recidivi reiterati.
E’ per contro vero che è stata introdotta una sorta di <<discrezionalità guidata
in negativo>>74, dovendosi onestamente riconoscere come solo con una certa difficoltà il giudice, salvo un particolare impegno critico motivazionale, potrebbe verosimilmente addivenire alla concessione delle circostanze attenuanti generiche fondandosi su parametri diversi da quelli ora esclusi. Rimane infatti in piedi solo la considerazione della gravità del reato, desunta dagli elementi lato sensu attinenti alla condotta, ovvero della gravità del danno o del pericolo cagionato alla persona offesa: appare peraltro chiaro, dai titoli di reato per i quali è preclusa la 73PALUMBO, La ex Cirielli in pillole, in Dir e giust , n. 14/2006, p. 68.
74
Così SCALFATI, Cade il bilanciamento delle <<circostanze>>, in Guida al dir., dossier, n. 1/2006, p. 39.
considerazione su base soggettiva delle circostanze generiche, nonché dallo stesso tenore edittale delle previsioni, come difficilmente potranno rinvenirsi elementi attenuanti la riprovevolezza del reato su tali basi.
Si profila, per tale via, l’intenzione del legislatore di precludere, di fatto, la concessione di tale diminuzione per i recidivi reiterati, sulla base di una presunzione in ordine all’intensità del dolo ed al grado di capacità a delinquere dei soggetti che commettano i reati compresi nella lista succitata, che appare per vero irragionevole.
Criticabile appare peraltro il riferimento di tipo processuale, utilizzato al fine di selezionale i reati immeritevoli di una considerazione degli elementi attenuanti in chiave soggettiva, attuato attraverso il richiamo ai reati per i quali il c.p.p. prevede il prolungamento degli ordinari tempi di indagine fino a due anni, con l’ulteriore restrizione derivante dalla sussistenza di un predefinito minimo edittale. Lascia invero perplessi che l’intenzione, dichiarata nel dibattito che ha animato gli sviluppi dell’iter approvativo del d.d.l., di limitare (originariamente addirittura vietare) l’indiscriminato riconoscimento delle attenuanti generiche ai recidivi, che si fossero resi responsabili di ulteriori gravi reati, si sia concretizzato nel richiamo ad una lista, tanto per l’improprietà del rinvio al Codice di rito effettuato da una disposizione della parte generale del Codice penale75, ovvero per la destinazione funzionale affatto differente della norma in esame76, mirante a consentire un maggiore lasso di tempo al fine di espletare indagini complicate, non a cagione della supposta maggiore gravità dei reati, bensì in ragione della complessità nelle attività investigative e nel reperimento delle fonti di prova.
Varie sono, in effetti, le disomogeneità e le distonie sia tra le ipotesi delittuose contenute in detta lista, ed oltremodo rispetto ad altrettante fattispecie in essa non
75
FLORA, Le nuove frontiere della politica criminale. Le inquietanti modifiche in tema di
circostanze e prescrizione, in Dir. pen. e proc, 2005, p. 1325.
contemplate, per le quali rimane invece inalterato il potere del giudice di valutare le attenuanti generiche anche su base soggettiva.
E’stato paventato, infine, che l’ambiguità di formulazione del rinnovato art. 62
bis c.p. potrebbe inoltre prestarsi ad una lettura senza ombra di dubbio in
contrasto con i principi costituzionali in materia di responsabilità penale. Si tratterebbe dell’interpretazione per cui i delitti ex art. 407 comma 2 lett. a) c.p.p. caratterizzerebbero, coloro i quali siano stati condannati a tale titolo, come soggetti recidivi “qualificati” (analogamente a quanto a quanto previsto dal nuovo comma 5 dell’art. 99 c.p.), tale da ritenere agli stessi applicabile la disciplina ex art. 62 bis c.p., qualunque sia il successivo reato commesso – anche se di lieve entità –riferendo quest’ultimo in senso generale a qualsivoglia capo di imputazione. Tale prospettazione non pare tuttavia sostenibile, intanto in base all’esegesi del testo normativo, ed inoltre in quanto verrebbe a ricreare una presunzione di pericolosità, già dichiarata incostituzionale, a carico di soggetti che andrebbero puniti non solo per il fatto commesso, ma anche in base ad una prognosi legale di pervicacia delinquenziale presunta iuris ed de iure, quasi una categoria specializzante della recidiva77. Attesa l’inammissibilità teorica dell’interpretazione sottesa a tale soluzione, dovrà più fondatamente sostenersi che la responsabilità per uno dei delitti contenuti nella ‘lista’ suddetta deve rilevare al momento dell’accertamento giudiziale della responsabilità per detto fatto di reato, commesso da chi sia già stato dichiarato recidivo.