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L’ Armistizio a Chiavari

Nel documento “La Caserma di Caperana” (pagine 71-75)

« Il governo italiano, riconosciuta la impossibilità di continuare la impari lotta contro la soverchiante potenza avversaria, nell'intento di risparmiare ulteriori e più gravi sciagure alla Nazione ha chiesto un armistizio al generale Eisenhower, Comandante in capo delle forze alleate anglo-americane. La richiesta è stata accolta. Conseguentemente, ogni atto di ostilità contro le forze anglo - americane deve cessare da parte delle forze italiane in ogni luogo. Esse però reagiranno ad eventuali attacchi da qualsiasi altra provenienza.»

Questo il laconico proclama, lanciato alle ore 19.42 dell'8 settembre 1943, dal Maresciallo Badoglio, Capo del governo, ai microfoni della radio nazionale EIAR e che fece seguito al discorso del generale americano Dwight D.

Eisenhower delle 18.30, trasmesso dai microfoni di radio Algeri. Annunciava l'entrata in vigore dell'armistizio di Cassibile, firmato con gli anglo-americani il 3 settembre. La forma espositiva utilizzata non era chiara e non fece comprendere il reale senso delle clausole armistiziali, tanto che fu dai più erroneamente interpretato come la fine della guerra.

La fuga del Capo del Governo Pietro Badoglio, del Re Vittorio Emanuele III e di suo figlio Umberto, con Mussolini incarcerato, e la totale mancanza sia di una guida centrale, sia di direttive chiare, generarono confusione e smarrimento nelle Forze Armate italiane ovunque dislocate, in Italia e all’estero, impreparate a una tale situazione di emergenza tenuta nascosta agli stessi vertici militari. Il personale ebbe difficoltà ad interpretare il disegno di Badoglio e, nell’incertezza dei primi giorni, molti soldati si sbandarono ed i tedeschi ne approfittarono. Oltre 600.000 soldati italiani vennero catturati e destinati a diversi lager con la qualifica di I.M.I. (internati militari italiani) nelle settimane immediatamente successive all’armistizio. Coloro che, specialmente all’estero, decisero di non consegnare le armi furono massacrati.

Nei primi giorni più della metà dei soldati in servizio abbandonarono le armi e tornarono alle loro case in abiti civili; pensando tutti di rimanere coerenti e fedeli al giuramento prestato, molti aderirono alla guerra partigiana, altri alla Repubblica di Salò.

Fu un momento doloroso e traumatico per tutto il Paese e anche per la storia del 15° Reggimento in quanto, trovandosi in territorio occupato dai tedeschi, ne decretò la chiusura. Di seguito una minuziosa cronologia degli avvenimenti

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nella caserma a partire dall’8 settembre 1943, redatta da Mario Bertelloni e Federico Canale64:

Ore 17:00. Aldo Gastaldi, Sottotenente del 15° Reggimento Genio, è in servizio d’ordine pubblico in città. Il plotone, del quale fanno parte anche il Sergente Morandini e i Genieri Bondini e Bardin, è acquartierato nella ex casa del fascio in Piazza Carlo Alberto.

Ore 20:00. La radio, a brevi intervalli, continua a trasmettere l’annuncio della fine delle ostilità contro gli anglo – americani. Nella Caserma Giordano Leone, le truppe sono in preda all’entusiasmo, anche se il Comandante, il Colonnello Novelli, e gli Ufficiali superiori sono costretti ad allargare le braccia: ordini non ce ne sono ancora.

Al distaccamento del 102° Btg. Difesa costiera, che ha sede in località Paxo, accanto al palazzo Dall’Orso, la notizia dell’armistizio è portata dai civili.

L’Ufficiale comandante fa un giro di telefonate per sapere come comportarsi.

Finalmente riesce a parlare con il comandante di Moneglia.

Gli rispondono di aspettare un autocarro leggero; sarà lì di prima mattina.

L’Ufficiale, posato il ricevitore, pensa alla stranezza del caso: finisce la guerra, qui tutti radiotelegrafisti e nessuna radio accesa.

Il giorno successivo (9 settembre, ndr), il 102a Btg. Difesa costiera ha ordinato di ritirare il materiale telefonico del Genio nei vari posti compresi tra leGrazie e Portofino.

Sull’autocarro leggero sale una pattuglia al comando del Tenente Mollica, con il Sergente maggiore Andrea Bertelloni e due genieri.

I circa tremila genieri della caserma di Caperana sono di fronte ad un dilemma: possono uscire soltanto armati (data la situazione eccezionale), ma se escono armati i tedeschi li catturano.

Fuori c’è un panzer con le armi puntate contro il portone e poco dopo entra nel cortile evitando per un pelo l’abbattimento del pennone della bandiera.

64 Passi tratti dal libro “Cosa Importa se si muore” di Mario Bertelloni e Federico Canale (Giornalisti), 1992- Per gentile concessione Società Economica di Chiavari e dei parenti cui va il sincero ringraziamento degli Autori.

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Non c’è molto tempo per pensare. Elia Brignole decide in fretta, con un commilitone esce da una porta sul lato orientale della Caserma. Appena sul lungo Entella, incontrano un Ufficiale, il capitano Bianchi, e gli spiegano cosa sta accadendo. L’Ufficiale non li fa nemmeno finire, si mette a correre per i campi dileguandosi.

I tedeschi, una trentina in tutto, disarmano il Corpo di Guardia.

Un Ufficiale della 94a accompagnato da pochi soldati, sale dal Comandante Novelli, tra i due si accende una discussione molto animata; poco dopo si sente suonare più volte l’adunata.

Novelli affiancato dal collega germanico, si affaccia ad un balcone e con voce alta e rabbiosa invita a scaricare le armi e a consegnarle. Molti rendono inutilizzabili fucili e pistole, altri le nascondono, le munizioni vengono gettate in appositi contenitori.

Tra i due comandanti l’intesa è stata questa: come concessione di benevolenza per la resa incruenta.

Ecco il congedo del Colonnello Novelli, come ricorda un bresciano, il Sergente maggiore Eugenio Damiani: “Siate fedeli alla Patria seguendone il suo destino!”

Zoagli. La pattuglia del tenente Mollica ha viaggiato da Portofino senza incontrare nessuno, ma i civili danno l’allarme: si è ormai sparsa la voce che i tedeschi catturano chi è armato. I quattro genieri capiscono che non c’è più niente da fare; abbandonano le armi e sempre in autocarro, proseguono per Chiavari.

Alle Grazie alcuni ragazzi li fermano; i Tedeschi stanno risalendo l’Aurelia. Il Tenente Mollica ed il Sergente maggiore vorrebbero spingere l’autocarro in mare ma l’autista che lo ha in consegna si oppone; i tedeschi gli sequestreranno il mezzo ed il materiale raccolto lasciandolo andare.

Un’altra caserma è invece trascurata dai tedeschi. E’ la sede del 102° Btg Difesa Costiera. Si trova in Corso Colombo, di fronte alla fabbrica del ghiaccio, nell’edificio della Colonia Fiat. Escono alcuni Ufficiali i quali sono visti strapparsi dalla divisa gradi e mostrine e gettare via le sciarpe azzurre.

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Ore 10.30 - il plotone di Gastaldi è impegnato in una singolare operazione di contrabbando, quella di portare via dalla caserma di Caperana il maggior numero di armi possibile cercando di occultarle affinché non cadano in mani germaniche.

Arrivati in via Ravaschieri sono aiutati da Mario Sanguineti e dal Capitano Mario Penso che fornisce ai militari vestiti borghesi. Le armi accuratamente spalmate di grasso sono nascoste nel giardino del Parroco di San Giovanni Battista.

In Piazza della Torre i tedeschi rendono inutilizzabili i moschetti modello 91, appoggiando il calcio in terra e la canna sullo zoccolo del marciapiede e passandoci poi sopra con la motocarrozzetta in dotazione.

Sempre a Caperana il lavagnese angelo Brizzolara, grazie all’enorme confusione regnante, riesce a rubare con l’aiuto di altri alcuni moschetti. Le armi finiscono a Ponte Gaggia dove Angelo Bussoli futuro capo partigiano li aiuta a nasconderli.

Nella caserma di Caperana nell’aprile del ’44, dopo un breve intermezzo tedesco, si installò il Comando Marina (MariCo) della RSI, al quale corrispondeva il numero 773 della posta militare. Comandante era il Capitano di Fregata Paolo Vagliasindi65 ed il Comandante in seconda il Tenente di Vascello Vittorio Boschetti. La Caserma Leone fu utilizzata dalla Marina della RSI e dalla Monterosa a vario titolo e vi si celebrarono diverse cerimonie tra cui i giuramenti dei marinai e la consegna della Bandiera di combattimento dell’RSI, donata il 16 maggio del ’44 dal Fascio femminile e benedetta dal cappellano militare. In una tribuna d’onore gremita, erano presenti il capo della Provincia Carlo Emanuele Basile, il Capitano di fregata, medaglia d’oro al valor militare Principe Junio Valerio Borghese, il Comandante della Marina repubblicana di Genova Capitano di fregata Loewemberg ed il Comandante della caserma Vagliasindi il quale, assieme alle altre autorità, esprimerà la propria ammirazione ai giovani neogiurandi in antitesi ad una paternale del Principe Borghese.

65 Vds. Fig.54

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Nel documento “La Caserma di Caperana” (pagine 71-75)

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