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l’autore, l’editore e il tipografo di se stesso

focus

1989), politico e studioso di storia triestina e (lo sappiamo ora) amante delle biblioteche disperse;

infatti, a metà degli anni sessanta acquista 12 plaquette con poesie di Saba (la curiosità è che sono dattiloscritte in poche copie numerate) e 30 volumi firmati da Svevo tramite il Centro di Studi Triestini “Giani Stuparich” di Anita Pittoni, che si aggiungono ai 69 già detti (vedi il catalogo della mostra inaugurata a Casa Manzoni nel marzo scorso Trieste-Milano andata e ritorno.

Frammenti di un archivio ritrovato a cura di S. Volpato e della Libreria antiquaria Pontre-moli). Le 95 scatole, contenenti i libri di quella preziosa libreria privata, hanno restituito anche un gruppo di volumi ed opuscoli contraddistinti da un piccolo timbro tondo con l’antica forma cognominale “A. Michlstadter – Gorizia”. Il timbro (non presente su altre carte di Michel-staedter) ha le sembianze di un timbro ufficiale del padre, forse anche in qualità di funzionario delle Assicurazioni Generali a Gorizia, ed è stato apposto di preferenza sulle copertine di tutti i volumi, quindi in bella vista, probabilmente per assicurarsi che nei periodi di guerra il materiale

non andasse disperso (da questo punto di vista potrebbe essere stato messo anche da Paula nella fase di vendita). È certo che senza quel timbro, a volte maldestramente usato, la storia di quei volumi sarebbe stata per sempre nascosta, dato che sui frontespizi o sulle pagine di guardia ci sono soltanto le iniziali o le firme, non facilmente attribuibili alla famiglia Michelstaedter.

Il fondo era accompagnato da una lettera datti-loscritta, con firma autografa, nella quale Saba raccontava all’avvocato, con il suo solito tono lamentevole, di poter acquistare la biblioteca di un filosofo goriziano che aveva avuto una tragica fine, ma solo se ci fosse stato un suo concreto inte-resse. I libri non vengono nemmeno inseriti nei cataloghi a stampa della Libreria e passano subito dalla casa goriziana di Paula Michelstaedter, la sorella prediletta di Carlo, alla casa di Cesare Pagnini in piazza della Borsa (dalla presenza insieme alla lettera non datata del catalogo n.

123, aprile 1951, si desume che l’acquisto deve essere avvenuto in quell’anno) e in quella casa sono rimasti, senza che nessuno abbia mai solle-vato il velo della loro presenza, fino a pochi mesi or sono. Perché siano stati acquistati da Pagnini, non è possibile saperlo, nessuno ha più parlato, né Paula né il figlio di lei, Carlo, che nel marzo 1973 dona alla Biblioteca Civica di Gorizia i manoscritti, i disegni, i quadri e 7 libri postil-lati (gli unici rimasti della biblioteca, si pensava) appartenuti allo zio, Carlo Michelstaedter.

La biblioteca ammonta, per la porzione riferen-tesi ad Alberto, il padre, a 203 libri ed opuscoli, fra i quali un esemplare delle Poesie di Saba, con dedica di Saba ad Alberto del 9 novembre 1910,

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quindi poche settimane dopo la tragica scomparsa di Carlo. Mentre i libri di Carlo sono 57, insieme a 8 numeri de “La Voce” degli anni 1909-1910:

alcuni recano segni di lettura, a penna o a matita blu (ma non postille), e schizzi che anticipano motivi figurativi tipici dell’arte michelstaedte-riana. Delle presenze verrà data ampia descri-zione storico-bibliografica in un prossimo cata-logo, in questa sede basti accennare alle assenze più evidenti, che sono – riguardo a Carlo – per esempio gli scrittori russi e i filosofi greci.

Il fondo, prima di essere proposto ufficial-mente in vendita, è stato esaminato dal prof.

Sergio Campailla (Università di Roma 3), cura-tore dell’opera omnia di Michelstaedter presso Adelphi, per una futura collocazione a fianco dell’attuale “Fondo Michelstaedter”, che di proprietà del Comune di Gorizia è però gestito dalla Biblioteca statale isontina (http://www.

michelstaedter.it). Nonostante le difficoltà econo-miche, il fondo librario sarà acquistato dalla Biblioteca statale isontina e insieme ai manoscritti, completerà la conoscenza e la fama di questo straor-dinario giovane. marco menato

Alzino le mani quei lettori che conoscevano questa simpatica plaquette che l’Einaudi ha pubblicato fuori commercio nel 1997, contenenti le copertine della sua celebre Collezione bianca di poesia, nata nel 1964 su progetto del solito Bruno Munari. Sono sicuro che le mani alzate raramente sarebbero più di dieci, compresa la mia. Non sapevo infatti dell’esistenza di questo simpatico reperto archeoeditoriale, curato dal poeta Valerio Magrelli, che firma anche una breve prefazione (e già altre volte coinvolto in imprese einaudiane fuori commercio), fino alla lettura di un recente saggio curato da Giovanna Zaganelli, che presso l’Università per Stranieri di Perugia coordina il dottorato in Scienze del Libro e della Scrittura.

Un volume collettaneo con molti brillanti contri-buti, spesso di giovani dottorati. Anche Salvatore Silvano Nigro, prestigioso storico della letteratura e direttore editoriale della Sellerio, è presente con un suo ottimo contributo. Insomma abbiamo preso due piccioni con… una sola fava editoriale.

E l’Einaudi non smentisce se stessa: grande casa editrice e laboratorio della migliore grafica edito-riale italiana. ab

la drogheria 28 a trieste

e la biblioteca michelstaedter staedter

anniversari

bye bye pernigotti: da novi ligure ad istanbul con

cino del duca nel (velenoso) ricordo di luciano bianciardi, e una sua rara edizione

fuori commercio

la “fatica sopra fatica”

di mario terrosi ovvero:

l’autore, l’editore e il tipografo di se stesso

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Poesie in prima pagina. 60 copertine della «Collana bianca», a cura di Valerio Magrelli, Torino, Einaudi, s.d. [1997?], edizione fuori commercio, senza paginazione.

Per saperne di più:

Letteratura in copertina. Collane di narrativa in biblioteca tra il 1950 e il 1980, a cura di Giovanna Zaganelli, Bologna, Fausto Lupetti, 2013, 171 p., ill., € 24,00.

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Tra le case editrici del fascismo un posto parti-colare lo occupa sicuramente l’Alpes diretta da Franco Ciarlantini. Nel 1928 nel suo aureo Dizio-narietto rompitascabile degli Editori Italiani (in «L’Al-manacco Letterario Mondadori» 1928, quindi Roma, Formìggini, 1928), Formìggini così rias-sumeva, in poche righe, la fisionomia di questa casa editrice: “È la casa editrice dell’onorevole

Ciarlantini. E quando Ciarlantini va in America (e ci va spesso) resta sulla breccia il bravo Giar-dini, che, silenziosamente, gli sta mettendo su un’azienda “per la quale”. Cesare Giardini, tra l’altro, è autore nel 1928 di un raffinato volume pubblicato dalla Alpes in pochi esemplari nume-rati, di particolare importanza per la nostra attenzione bibliofila: L’Argante ovvero dei luoghi di perdizione. Dialoghi due sui libri. Nel 1929, invece, la

editoriale refusiana

le edizioni alpes da ciarlantini a… moravia ia

il bibliomane italiano di charles nodier la libreria della voce

e i suoi cataloghi

la drogheria 28 a trieste

e la biblioteca michelstaedter staedter

anniversari

dal mondo del libro archeologia editoriale:

le copertine einaudiane della collezione di poesia

bibliografia ragionata sul rapporto d’annunzio-mondadori-mardersteig pascoli a messina e

l’amicizia con il libraio-editore e baccelliere vincenzo muglia

bye bye pernigotti: da novi ligure ad istanbul con biglietto di sola andata

gio ponti: un “mobiliere”

d’eccezione per l’opera completa di gabriele d’annunzio

le edizioni della “libreria del littorio”, diretta da giorgio berlutti

cino del duca nel (velenoso) ricordo di luciano bianciardi, e una sua rara edizione

fuori commercio

la “fatica sopra fatica”

di mario terrosi ovvero:

l’autore, l’editore e il tipografo di se stesso

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Alpes pubblica in prima edizione Gli indifferenti di Moravia, nel 1931 già alla quarta edizione (a lire 12, ne fu stampata anche una edizione di lusso a lire 50); la stampa viene pagata dallo stesso Moravia, che aveva chiesto al padre in prestito la somma richiesta dall’editore per pubbli-carlo; la ristampa uscì nel 1945 presso l’editore Gianni Darsena di Roma, con un’altra bella copertina. Nel fondo bibliografico di Cantieri, che si ringrazia per averli messi a disposizione e

riprodotti, sono presenti due rari cataloghi delle Edizioni Alpes del 1925 e 1931, che non risultano conservati in nessuna biblioteca pubblica italiana (fonti: ICCU, Mai Azalai), e che la dice lunga sul tragico destino dei cataloghi editoriali, quasi mai ritenuti degni d’attenzione bibliografica e conser-vativa, anche quelli in un certo senso centrali per la ricostruzione delle modalità attraverso le quali l’editoria comunicava se stessa, soprattutto in anni drammatici come quelli del fascismo. mg

Per saperne di più:

Anna Barletta, Le case editrici del fascismo: Alpes, Imperia e Libreria del Littorio, rel. Renzo De Felice, Roma, Università degli Studi di Roma La Sapienza, Facoltà di Scienze politiche, a.a. 1994-1995, 237 p.

Olivia Barbella, I ricercati di Alpes, «Wuz», n. 2, marzo 2002, pp. 16-24.

Mauro Chiabrando, Il catalogo dei cataloghi, «Il Sole 24 Ore-Domenica da collezione», 28 luglio 2013.

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Giorgio Zampa

Cinque anni fa scompariva il grande critico lette-rario, traduttore e germanista Giorgio Zampa (San Severino Marche 1921-2008), una persona-lità culturale di straordinaria importanza, che in maniera assai discreta “Cantieri” vuole ricordare anche per il suo legame col mondo di un “sano”

collezionismo libraio. A tale proposito segnaliamo ai nostri lettori un articolo che Zampa pubblicò giusto vent’anni fa dal titolo Quel tipografico oggetto del desiderio («Il Giornale», martedì 6 luglio 1993), e dove il tipografico oggetto era ovviamente il libro, antico e moderno, fulcro della sua passione di bibliofilo ma sui generis. È un articolo di grande attualità e che vorremmo segnalare anche per alcuni passaggi nei quali Zampa prende come le distanze da una bibliofilia maniacale così intrin-seca a certe derive bibliomaniacali con le quali troppi personaggi, anche famosi, ancora oggi si trastullano fanciullescamente (“ce l’ho e tu no”,

“ah, questo mi manca!”), come se il possedere una buona biblioteca possa diventare una gara podistica o di pesi, a chi solleva il peso maggiore o mangia il maggior numero di arancini in venti secondi. Una bibliofilia sana è altra cosa e quelle righe di Zampa, uno che di libri se ne intendeva, possedendo una biblioteca ricca di quasi 175.000 volumi, rappresentano la giusta bacchettata sulle mani a coloro che, parlando di vecchi libri o rare edizioni, ragionano unicamente in termini di

millimetri e macchie, pieghe e strappi, sovracco-perte e dediche. Come il buon Théodore, nel pate-tico racconto bibliomaniacale di Charles Nodier (che di bibliomania se ne intendeva, ma anche della sua nemesi: dovette infatti vendersi la sua straordinaria raccolta per pagare il matrimonio dell’amatissima, forse fin troppo, figlia Marie, per poi negli anni a seguire ricostituirla quasi per intero; sarà infatti questo gesto di Nodier il modello alla base dell’altro celeberrimo racconto sulla bibliomania, Il delitto dell’accademico Sylvestre Bonnard, di Anatole France), appena ristampato da a Milano da La Vita felice (Charles Nodier, Il Bibliomane. L’amante dei libri, con testo a fronte, 129 p., ill., € 9,50), cura e nuova traduzione di Pino Di Branco (ben la sesta dal 1987), di bibliomania si può anche morire, di morte naturale o violenta (vedi La leggenda del libraio assassino di Barcellona di Ramon Miquel y Planas, o Bibliomania del giovane Gustave Flaubert). Ma insomma il nome di Zampa ritorna in questi giorni anche in un

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