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L’educazione ambientale e il curri- curri-colo scientifico

Nel documento RicercAzione - Volume 5 Numero 1 (pagine 65-69)

il cuRRicolo scientifico della scuola del pRimo ciclo nelle

6. L’educazione ambientale e il curri- curri-colo scientifico

Il Regolamento della Provincia di Trento per la definizione dei Piani di Studio Provinciali del primo ciclo di istruzione ha dato, a nostro pa-rere, un’impostazione culturale di grande rile-vanza, indicando la necessità di una stretta con-nessione tra curricolo scientifico e educazione ambientale, avendo stabilito questa come terza competenza delle scienze: utilizzare il proprio patrimonio di conoscenze per comprendere le problematiche scientifiche di attualità e per assumere comportamenti responsabili in rela-zione al proprio stile di vita, alla promorela-zione della salute e all’uso delle risorse.

L’educazione ambientale è stato uno degli ambiti in cui hanno operato maggiormente le impostazioni pedagogiche ingenue e sponta-neistiche, pensando in questo modo di essere

fedeli alla cultura ambientalista che per statuto rifiuta il riduzionismo e condivide il paradigma della complessità. Ma le buone intenzioni non sono sufficienti per realizzare percorsi didattici significativi. A nostro parere, non c’è nulla di significativo in molte esperienze, in teoria inter-disciplinari, dove le attività didattiche partono da un problema, una situazione ambientale, ma poi le varie discipline coinvolte vengono trattate separatamente e molto spesso (e ciò rappresenta la negazione dell’educazione ambientale) con impostazioni tradizionali, disciplinariste, no-zionistiche e trasmissive. La realizzazione di percorsi di educazione ambientale significativi può essere, a nostro parere, realizzata soltanto all’interno di un’impegnativa attività di ricerca e di sperimentazione che permetta il graduale superamento del riduzionismo e delle barriere tra discipline.

Ci sembrano in tal senso illuminanti queste considerazioni:

Il modello di educazione ambientale che proponiamo è un modello fortemente interdisciplinare, e pensiamo che non possa essere diversamente, dal momento che l’EA si occupa della relazione uomo-ambiente, ovvero di un rapporto vivo e reale tra noi e tutto ciò che ci cir-conda […]. Ogni disciplina può partecipare a definire un processo di EA, pur riconoscendo la propria par-zialità (così come il proprio specifico contributo) e la propria inadeguatezza al compito generale. È la com-plessiva azione scolastica che può caratterizzarsi come efficace EA […] Interdisciplinarità, allora, può essere intesa come l’intrecciarsi di discipline nel dialogo con le menti dei ragazzi secondo la stato di maturazione dei problemi e delle conoscenze. All’interno di questa nozione di interdisciplinarità possono avere un loro significato effettivo anche comunanze di obiettivi co-gnitivi, metodologie comuni, interventi interpretativi su uno stesso «oggetto» di ottiche disciplinari diverse:

secondo i casi, le opportunità, le utilità. (Laboratorio didattico sull’ambiente Pracatinat, 1991, p. 14)

Qui è indicato non soltanto il modello verso cui tendere, un modello fortemente interdisci-plinare, ma anche il cammino, in cui ogni di-sciplina si pone il problema, pur riconoscendo la propria parzialità, di partecipare a definire un processo di educazione ambientale.

Ma a quali condizioni ciascuna disciplina può effettivamente dare un contributo? Ciò è possi-bile con una concezione dei saperi disciplinari complessa e non riduzionista, completamen-te diversa da quella della scuola tradizionale,

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libresca, trasmissiva, caratterizzata da saperi decontestualizzati, formali, astratti, deduttivi-stici, enciclopedici, chiusi alle altre discipline.

Soltanto saperi disciplinari essenziali, conte-stualizzati, complessi, problematici, aperti alle altre discipline, solo saperi vivi di questo tipo possono permettere l’interdisciplinarità intesa come l’intrecciarsi di discipline nel dialogo con le menti dei ragazzi secondo lo stato di maturazione dei problemi e delle conoscenze.

È necessaria cioè una rivoluzione epistemolo-gica e psicopedagoepistemolo-gica dell’assetto usuale delle discipline scolastiche. Occorre abbandonare la logica del programma che si affida essenzial-mente all’organizzazione specialistica, accade-mica, delle discipline, e costruire gradualmente la scuola del curricolo per competenze, che è la scuola della complessità.

Siamo ben consapevoli che, in teoria, l’edu-cazione ambientale dovrebbe vedere il coinvol-gimento di molte discipline, ma spesso essa è principalmente connessa all’ambito scientifico o addirittura costituisce un aspetto marginale delle attività scolastiche.5 Ci sembra quindi un importante passo in avanti realizzare, pur nel-la sua parzialità, un’integrazione tra curricolo scientifico e educazione ambientale, e ciò si potrà facilmente attuare perché tutti gli aspetti precedentemente indicati come caratterizzan-ti l’educazione ambientale sono gli stessi del curricolo scientifico indicati dalle Linee Guida.

5 «Certo nella scuola italiana si pratica ormai diffusamen-te l’educazione ambientale che spesso, però, si confonde con l’informazione diffusa sui problemi ambientali o con l’induzione a buoni comportamenti, e che oltretutto, di fatto, rimane relegata a qualche aggiunta nei pro-grammi scolastici o a qualche unità didattica, riprodu-cendosi perciò come un lavoro di nicchia che non riesce mai a scalfire l’organizzazione culturale della scuola, né a modificare gli statuti delle discipline» (Gruppo di

«Saggi», 2007, p. 2).

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