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L’esperienza di isolamento durante l’emergenza sanitaria Covid-19

Nel documento UNA SFIDA OLTRE I CONFINI (pagine 39-42)

Le ultime tre interviste della presente indagine sono state svolte in vigenza delle prime misure restrittive adottate dal Governo, volte ad arginare il propagarsi dell’epidemia per Covid-19 nel territorio nazionale (marzo 2020). In riferimento a tale situazione, che ha sospeso la vita sociale, economica,

culturale dell’intero Paese, è necessario sottolineare che, per i giovani migranti soli il fattore tempo, assume una valenza critica sotto molteplici punti di vista. Per molti l’approssimarsi della maggiore età è elemento di grande preoccupazione; in più le difficoltà di stabilizzare la propria condizione giuridica e realizzare, nell’immediato, il proprio progetto di vita si traducono nella sensazione di vivere in una condizione di continua attesa. Inoltre, il percorso di molti di loro è segnato da interruzioni dovute ad esperienze di detenzione durante il viaggio e, una volta giunti in Italia, dalla permanenza prolungata, oltremisura, nei Centri di prima accoglienza, in assenza di qualsiasi progettualità. Date tali premesse, si può facilmente supporre come il blocco forzato delle attività quotidiane, dovute al lockdown, abbia ulteriormente accresciuto la sensazione di sospensionedei tempi di vita dei giovani migranti. Nella vita quotidiana il lockdown ha, in effetti, generato oggettivi ostacoli, con un impatto sia sull’avvio, e prosecuzione, dei percorsi di inclusione, sia sulle regolarizzazioni degli status giuridici. Le ultime interviste realizzate nel mese di marzo, svolte con due tutrici e un tutore residenti in Lombardia, hanno offerto l’opportunità di ricostruire, con domande aggiuntive, il vissuto quotidiano dei giovani in questa difficile fase di isolamento. Ne è emerso un certo grado di resilienza dei ragazzi, consapevoli di condividere una condizione che accomuna l’intera popolazione residente in Italia.

“Tutto sommato i ragazzi si sono adattati, si sentono tutti nella stessa barca”.

Le misure restrittive, valide per la popolazione generale, si sono tradotte per i minori in divieto di uscire dai centri, sospensione della frequenza della scuola e delle attività di inclusione, impossibilità di vedere le figure di tutela. Tra le modalità scelte dalle persone intervistate per dare continuità alla relazione e al processo di inclusione, sono state indicate le telefonate, le videochiamate e l’invio di video per l’apprendimento dell’italiano. Un tutore ha raccontato di aver scritto una lettera per tutti i ragazzi della comunità, comunicando il suo dispiacere per l’impossibilità di vederli e, facendo sentire loro la sua vicinanza, ha cercato di incoraggiarli. La lettera è stata tradotta dalla mediatrice del centro che ha inviato l’audio sui telefoni di tutti i ragazzi. Al tutore è stato raccontato come la sua solidarietà sia stata molto apprezzata dai ragazzi.

“Mi hanno riferito che il ragazzo più timido ha espresso i propri sentimenti inviando un emoticon a forma di cuore”.

Una tutrice riferisce che i due ragazzi in tutela, sebbene non lo esplicitino a parole, sono dispiaciuti per l’interruzione degli incontri che ormai segnavano una piacevole routine nella loro settimana.

“A ciascuno era dedicato un pranzo familiare nel weekend, entrambi attendevano questo momento come un privilegio”.

Un tutore riporta che il suo tutelato si dedica con diligenza ai compiti scolastici, o approfitta per fare pulizie straordinarie nel proprio spazio in comunità, rendendolo partecipe del lavoro svolto con invio di foto e video. I più fortunati tra i ragazzi in tutela vivono in comunità con cortili, dove trascorrono tempo all’aperto in compagnia degli altri ospiti mentre, nella percezione di un intervistato, sono gli operatori

dei centri a subire l’impatto più pesante29. Si riferiscono infatti anche sentimenti di irrequietezza dei ragazzi, sfociati in un caso in una uscita senza autorizzazione. I condizionamenti maggiori sulla vita dei giovani migranti, sicuramente condivisi da quanti sono nella medesima condizione, sono riportati da una tutrice che segnala, per il ragazzo neomaggiorenne che aveva trovato un impiego, l’impossibilità di chiedere documenti quali il permesso di soggiorno per lavoro; per il ragazzo appena assegnatole dal Tribunale, la necessità di attendere per organizzare il primo incontro e potersi conoscere.

“Ora stiamo cercando di organizzare un colloquio via skype con l’assistente sociale per favorire la conoscenza con il ragazzo”.

A complemento delle informazioni raccolte rispetto alla condizione emergenziale – frammentarie per il numero di interviste30, peraltro realizzate nella fase iniziale del lockdown – si può far riferimento all’indagine qualitativa svolta tra la fine di maggio e la prima decade di giugno da Save the Children (2020), che ha rilevato difficoltà e bisogni di 40 ragazzi con background migratorio giunti in Italia da minorenni e seguiti dai centri Civico Zero (Roma, Milano, Torino e Catania). Tra le ricadute delle misure emergenziali per i neomaggiorenni si citano l’interruzione dei percorsi di integrazione (tirocini lavorativi, corsi di lingua e di formazione professionali)31; i problemi con i documenti, in particolare per mancato ottenimento del parere ai fini della conversione del permesso di soggiorno, per impossibilità di interloquire con la propria ambasciata, di raccogliere i documenti necessari ai fini della conversione del permesso. Ci sono anche testimonianze di chi ha utilizzato questo periodo di blocco totale per coltivare le proprie passioni: dedicarsi alla fotografia migliorando le proprie conoscenze; scoprire nuovi talenti come disegnare. Capacità resilienti e capacità di agire creativamente sono emerse anche in questi giovani adolescenti, che già provati da una situazione difficile, stanno affrontando un momento critico della vita del Paese che li ospita.

29 Si segnala che le comunità non hanno ricevuto indicazioni governative specifiche per la gestione dell’emergenza sanitaria, per gestire l’accoglienza e gli spostamenti, né sono state dotate di dispositivi di protezione. Per gli educatori si è registrato l’aggravio delle tensioni all’interno delle strutture e della gestione dei centri stessi (CIR 2020).

30 Inoltre, si specifica che il questionario non prevedeva domande dedicate, poiché l’indagine è stata avviata a fine gennaio.

31 Dei ragazzi intervistati, 2 su 3 svolgevano un lavoro prima dell’emergenza sanitaria e 1 su 3 un tirocinio; 4 su 5 hanno dovuto interrompere il percorso intrapreso e 2 su 3 non hanno ricevuto alcun aiuto economico. Infine, 1 su 5 ha dichiarato di aver riscontrato problemi per la firma di un nuovo contratto di lavoro o per rinnovare quello precedente (Save the Children 2020).

5 L

A TUTELA DI FRONTE AI PROBLEMI STRUTTURALI E NEL RAPPORTO CON LA RETE DEI SERVIZI

Nel documento UNA SFIDA OLTRE I CONFINI (pagine 39-42)

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