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L’esperienza francese precedente alla seconda guerra mondiale

2. Autonomia universitaria e meccanismi di governance tra la crisi dello Stato liberale e

2.2 L’esperienza francese precedente alla seconda guerra mondiale

Per quanto riguarda l’esperienza francese, sembra opportuno sottolineare come il problema dell’autonomia dell’insegnamento universitario posto dalla costituzione dell’Università imperiale nei primi anni dell’Ottocento si fosse mantenuto attraverso i secoli, perdurando anche sotto i regimi politici successivi e fino ai tempi più recenti. Il sistema universitario francese, infatti, si era storicamente contraddistinto per la forza del livello nazionale, cui si contrapponeva un livello istituzionale abbastanza debole, visto anche il collegamento più stretto intercorrente tra il ministero e il livello sub- istituzionale, quello delle facoltà165. Le riforme volte ad alimentare l’autonomia delle istituzioni universitarie, inoltre, non riuscivano ad essere approvate con facilità, vista anche la scarsa propensione all’innovazione spesso presente in tale ordinamento166.

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Dal 1888 al 1919, infatti, le università avevano ricevuto dallo Stato alcune tranche di fondi così da permettere loro di superare gravi crisi finanziarie, ma tali somme erano comunque limitate e venivano corrisposte in modo saltuario.

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L’UGC, infatti, non era un organismo statale e risultava privo di una vera e propria legislazione che ne regolamentasse l’esistenza: esso, quindi, tentava di tener fuori lo Stato dalle università, cercando però di coordinare queste ultime secondo programmi di vasto respiro, validi per tutto il Paese e conformi ai suoi interessi generali.

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All’interno del quale la presenza dei docenti era predominante.

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In tale periodo, infatti, i finanziamenti statali risultavano ancora costituire solo il 30% del bilancio delle istituzioni universitarie, le quali si basavano in gran parte sulle rette pagate dagli studenti nonché su altri introiti di varia natura (donazioni e investimenti di privati, contributi delle comunità locali, progetti di ricerca finanziati dall’esterno).

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Per descrivere tale modello sono stati utilizzati i concetti di «Repubblica delle facoltà» e di «Repubblica dei professori». Si veda, per il primo concetto, PROST A., Education, société et politiques.

Une histoire de l’enseignement en France, de 1945 à nos jours, Seuil, Paris, 1992, e, per il secondo,

CHARLE C., La République des univeritaires: 1870-1940, Seuil, Paris, 1994.

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Cfr. CHEVAILLIER T., Moving Away from Central Planning: using contracts to steer higher education

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Ciononostante, se è pur vero che per trovare la prima affermazione concreta del principio di autonomia si dovrà attendere la legge di orientamento del 12 novembre 1968, anche prima di tale data il sistema francese registrò alcuni cambiamenti167. In primo luogo, le università iniziarono ad acquistare lentamente maggiore autonomia, grazie soprattutto all’utilizzo limitato da parte del potere centrale di vari compiti a questo assegnati; in secondo luogo, si rafforzò sempre più il carattere «doppiamente duale» del sistema, con le Grandes Écoles che diventarono strutture prioritarie nella formazione delle élites amministrative, nonché con lo sviluppo (almeno in parte) della ricerca al di fuori delle università, attraverso agenzie specializzate istituite a tale scopo a partire dalla fine degli anni trenta del Novecento168. Non così marcate apparivano poi le interferenze statali sulle nomine accademiche nella tradizione liberale francese (se si eccettuano i licenziamenti verificatesi al tempo del Governo di Vichy), nonostante i professori universitari si presentassero come pubblici funzionari.

Una fase tumultuosa, scandita dagli eventi bellici, nella quale continuava ad ogni modo a rivestire un ruolo preminente l’amministrazione centrale del ministero incaricato dell’insegnamento superiore, il quale svolgeva una funzione di regolazione e di ispezione generale del sistema169.

2.3 Le trasformazioni della prima metà del Novecento nel sistema tedesco di istruzione universitaria

Come già ricordato, il modello humboldtiano aveva caratterizzato (e, per certi aspetti, continua a caratterizzare anche oggi) il sistema di istruzione universitaria tedesco per molto tempo (ponendo al centro ideali quali l’unità di insegnamento e ricerca, la libertà delle arti e delle scienze, l’autonomia delle università nel regolare gli affari interni e accademici)170; ciononostante, sul finire del XIX secolo e sino alla fine degli anni venti, esso andò sempre più espandendosi e diversificandosi. L’istituzione

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Seppure all’interno dell’esperienza della Terza Repubblica francese, che si caratterizzava per la forte instabilità politica e gli scandali di natura economico-finanziaria.

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Si pensi, ad esempio, alla nascita e all’affermazione del Centre national de la recherche scientifique (CNRS) al fine di una migliore organizzazione della ricerca scientifica in Francia, o alla costituzione del

Commissariat à l’énergie atomique (CEA) nel 1945. 169

Ed era proprio la mancanza di libertà e di autonomia effettiva delle università nella loro vita quotidiana (così come il debole rapporto intercorrente col mondo esterno sia a livello nazionale che internazionale) che spiegava le motivazioni per le quali la ricerca aveva iniziato in parte a svilupparsi al di fuori delle stesse.

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L’idea humboldtiana di università, infatti, ha permeato profondamente l’ordinamento tedesco, rendendo il concetto di autonomia universitaria un elemento imprescindibile.

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delle Technische Hochschulen, oltre a rendere più dinamico il sistema, comportò un allentamento del vincolo che legava le università allo Stato, vista la diversa funzione che veniva in tal modo affidata ai Politecnici e alle Facoltà; ciò portò di conseguenza l’interesse dello Stato a muoversi seguendo percorsi paralleli, riducendo l’originario e invasivo controllo centralizzato. L’ascendente dell’ideale humboldtiano sulle università tedesche, però, risultava evidente dal riconoscimento della scienza e del suo insegnamento quali diritti fondamentali; e ciò secondo quanto stabilito nell’articolo 152 della Costituzione di Francoforte del 1849171, poi nell’articolo 20 di quella prussiana del 1850172 e, infine, nell’articolo 142 di quella di Weimar del 1919173. Diritti che assumevano un ruolo forte all’interno del sistema174, ma che si muovevano oscillando tra la categoria del diritto individuale e quella della garanzia istituzionale, come mostravano i dibattiti dottrinali degli anni venti e trenta del Novecento175. Furono soprattutto le teorie «istituzionaliste» che ottennero maggior consenso176, col rischio però di una possibile incorporazione della libertà soggettiva in ordinamenti istituzionali, potendola in tal modo paradossalmente trasformare in un dovere177. Una problematica, questa, che risultava quindi strettamente collegata con quella della ricerca dell’autonomia da parte delle università tedesche. Il rilievo del ruolo svolto da tale diritto fondamentale, unito alla dipartimentalizzazione delle università e all’allargamento della base di reclutamento dei Politecnici, infatti, portò a un

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Il quale disponeva che «la scienza è libera e libero ne è l’insegnamento».

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Che prevedeva che «la scienza e il suo insegnamento sono liberi».

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Il quale prevedeva come «l’arte, la scienza ed i loro rispettivi insegnamenti sono liberi. Lo Stato ne protegge la libera esplicazione e contribuisce al loro sviluppo».

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Il riconoscimento di tali diritti all’interno dei testi costituzionali approvati nell’area germanica ha infatti rappresentato il prototipo seguito dalle costituzioni europee del secondo dopoguerra per la loro tutela e il loro sviluppo successivo.

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Si veda, ad esempio, il dibattito tra Gerhard Anschütz (il quale riconosceva nell’articolo 142 della Costituzione di Weimar essenzialmente un diritto individuale di difesa, Abwehrrecht, riferibile non solo ai professori universitari ma a tutti i cittadini) e Rudolf Smend (che definì la medesima libertà scientifica quale «diritto fondamentale dell’università tedesca», grundrecht der deutschen universität, dovendo valere come vincolo soprattutto per l’amministrazione e non essendo quindi riconducibile alla libertà di manifestazione del pensiero). Cfr. ANSCHÜTZ G., Die Verfassung des Deutschen Reiches vom 11 August

1919. Ein Kommentar für Wissenschaft und Praxis, Georg Stilke, Berlin, 1933; SMEND R., Das Recht der

freien Meinungsäußerung, in Veröffentlichung der Vereinigung der deutschen Staatsrechtslehrer, vol. 4,

1928, pp. 44 e ss..

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Una configurazione della libertà scientifica alla stregua di una garanzia istituzionale che, seppure fosse presente anche nella Legge Fondamentale del 1949, venne messa in crisi dalle proteste studentesche della fine degli anni sessanta prima, e dalla sentenza c.d. Hoschschul-Urteil del Tribunale costituzionale del maggio del 1973 (che configurava tale libertà sia come diritto individuale di difesa che come garanzia istituzionale, combinando i due profili nel senso di una complementarietà necessaria) poi.

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BÖCKENFÖRDE E. W., Teoria e interpretazione dei diritti fondamentali, in NICOLETTI M. e BRINO O. (a cura di), Stato, costituzione, democrazia, Giuffré, Milano, 2006, pp. 145-188.

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progressivo avvicinamento tra questi e le Facoltà178, parificando di fatto le due forme di istruzione universitaria179. Un percorso che, proseguito anche durante l’esperienza weimeriana, venne interrotto soltanto durante il nazionalsocialismo (1933-1945), quando con l’annullamento di tutte le libertà fondamentali, scompariva anche l’autonomia universitaria. Il periodo della c.d. Repubblica di Weimar (che va dal 1919 al 1933, anno di ascesa al potere di Adolf Hitler), infatti, oltre che per l’instabilità delle sue istituzioni, la precarietà dei governi e le crisi economiche (aggravate da un alto tasso di disoccupazione e di inflazione)180, si era contraddistinto per il grande fervore artistico e culturale181. Ma la prosperità culturale di questo periodo rappresentava solo una parte della cultura tedesca, che finì per soccombere a causa di vari fattori: in primo luogo, perché le forze autenticamente democratiche e repubblicane risultavano una minoranza, troppo spesso divisa, all’interno del Paese; in secondo luogo, per il solo parziale coinvolgimento delle sedi istituzionali nell’ondata di rinnovamento. L’università tedesca, infatti, sia con riguardo al corpo docente, che con riferimento alla componente studentesca, non si schierò nella sua maggioranza dalla parte della democrazia, ma da quella della reazione. In ciò poteva riscontrarsi una linea di continuità con quanto sarebbe avvenuto successivamente, con la presa del potere da parte del nazionalsocialismo. In questa fase, infatti, le istituzioni tedesche di istruzione superiore si sottomisero in gran parte all’ideologia nazista, subendo un lento declino, vista la loro soggezione a uno stretto controllo di tipo politico182. L’elenco e il contenuto dei corsi subì modifiche profonde in linea con la volontà del regime, facendo emergere il carattere puramente propagandistico in senso nazionalsocialista che aveva assunto l’università in tale periodo183. Il corpo docente (spesso profondamente rinnovato negli

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Le Technische Hochschulen divennero sempre più istituzioni accademiche di rango universitario, con ciò che ne conseguiva a livello di autonomia. Cfr. DI GENIO G., Università e alta cultura in Germania, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 1993.

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Dato che confluirono entrambe nella categoria delle wissenschaftliche Hochschulen.

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Elementi problematici che venivano in gran parte ricondotti ai limiti della struttura costituzionale presente al tempo nel Paese: essa, infatti, era posta in stretta connessione con l’origine della catastrofe nazista, avendo di conseguenza influenzato anche l’elaborazione della Grundgesetz (spingendo verso il rigetto degli elementi di continuità con la Costituzione del 1919). Cfr. GRIMM D., La Costituzione di

Weimar vista nella prospettiva del Grundgesetz, in LANCHESTER F. e BRANCACCIO F. (a cura di), Weimar

e il problema politico-costituzionale italiano, Giuffré, Milano, 2012, p. 31 e ss.. Conseguenze che erano

dovute anche ai rigidi termini della riparazione imposta dal Trattato di Versailles, il quale pose fine alla prima guerra mondiale. Cfr. SCHULZE H., La repubblica di Weimar. La Germania dal 1917 al 1933, Il Mulino, Bologna, 1987.

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Tanto da far parlare alcuni autori di una c.d. «cultura di Weimar». Cfr. WIDDIG B., Culture and

inflation in Weimar Germany, University of California Press, Berkeley, 2001. 182

Cfr. COLLOTTI E., Nazismo e società tedesca (1933-1945), Loescher editore, Torino, 1982.

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Il regime, infatti, puntava a ridurre il ruolo dell’università a una mera funzione tecnica, anche attraverso la costituzione di nuove istituzioni educative.

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organici, anche a causa del processo di espulsione degli ebrei e degli oppositori politici184), inoltre, quando non si schierò apertamente a favore della dittatura, continuò a dedicarsi alle proprie occupazioni, come se il lavoro dei professori non fosse intaccato dal regime, il quale erodeva ogni spazio di democrazia e di coscienza sociale, attraverso una rapida «nazificazione» dello Stato185. Basti pensare a come tra il 1931 e il 1934 (ma con un impulso decisivo nell’autunno del 1933) venisse messa a punto la struttura di ricerca che avrebbe svolto funzioni di supporto e consulenza della politica di occupazione tedesca nella seconda guerra mondiale186, mostrando come ragioni ideologiche, concreti motivi di guadagno, aspirazioni di status, delinearono un perimetro all’interno del quale si collocarono intellettuali, studiosi, ricercatori, piegandosi ai voleri del regime totalitario.

Come ogni altra istituzione pubblica, anche la scuola e l’università subirono in questa fase il processo di appropriazione da parte del regime, caratterizzandosi così per la compattezza e l’uniformità di strutture187 e insegnamenti, diventate ormai funzionali al raggiungimento delle finalità del potere politico.

2.4 Le caratteristiche del sistema universitario spagnolo precedente alla restaurazione democratica

L’influenza esercitata dal prevalente modello napoleonico sul sistema di istruzione universitario spagnolo aveva continuato a produrre i propri effetti lungo tutto il corso

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Tra il 1933 e il 1939, infatti, più di 3.000 persone facenti parte del personale universitario furono costrette a lasciare il proprio posto di lavoro, circa un terzo del personale insegnante.

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Nel giro di pochi mesi, infatti, lo Stato veniva «nazificato», seguendo un percorso sostanzialmente analogo a quello attuato dieci anni prima in Italia: scioglimento dei governi locali e centralizzazione del Reich; riduzione del ruolo dei partiti e dei vari raggruppamenti politici con conseguente proclamazione del Partito nazista come partito unico; pieno controllo della polizia e sua progressiva fusione con l’apparato SS. Il processo di «livellamento» (Gleichschaltung) a cui i nazisti sottoposero le istituzioni della Germania risultava sempre più evidente, mantenendo in tal modo uno stato di emergenza permanente. Cfr. BRACHER K. D., La dittatura tedesca. Origini, strutture, conseguenze del

nazionalsocialismo, Il Mulino, Bologna, 1969. 186

Il Ministero degli interni tedesco promosse l’attivazione di diverse «comunità di ricerca»: si trattava della comunità di ricerca tedesca per l’area alpina (Svizzera e Tirolo), per l’area dell’Europa sudorientale (Ungheria, Balcani e parte meridionale della Cecoslovacchia), per l’Europa occidentale (Francia, Belgio e Lussemburgo) e per i territori d’oltremare (relativamente all’emigrazione tedesca). Comunità che, dopo lo scoppio della seconda guerra mondiale, fornirono alle autorità naziste pareri su trasferimenti di popolazione, sulla composizione etnica dei vari territori, sull’allontanamento della componente ebraica. Cfr. CATTARUZZA M., Strutture di ricerca, storici e potere politico durante il nazionalsocialismo, in ZUNINO P. G. (a cura di), Università e Accademie negli anni del fascismo e del nazismo. Atti del

Convegno internazionale Torino, 11-13 maggio 2005, Leo S. Olschki, Firenze, 2008, p. 345 e ss.. 187

A partire dal 1934 il Rettore si chiamava Führer dell’università e aveva un proprio stato maggiore; seguivano tale figura il Führer del corpo dei docenti e quello degli studenti; un ruolo meno significativo era attribuito al Senato accademico, cui si affiancava la Lega dei docenti nazionalsocialisti.

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dell’Ottocento; cinonostante, gli eventi avvenuti a cavallo tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX aprirono nuovi scenari dai risvolti contraddittori. Gli effetti devastanti del Desastre de 1898188, infatti, da un lato, favorirono la creazione di uno spazio di azione per quelle istanze volte a modernizzare l’università, ma, dall’altro, resero debole il Paese (che sembrava caduto in una profonda crisi d’identità per l’incapacità di inserirsi nella modernità del nuovo secolo) e quindi più facilmente preda di derive antidemocratiche. Sotto il primo punto di vista, già nel 1900 si procedeva alla suddivisione del Ministerio de Fomento, con la creazione del Ministerio de Instrucción

Pública y Bellas Artes (nonché del Ministerio de Agricultura, Industria, Comercio y Obras Públicas), cui furono attribuiti compiti in materia di istruzione pubblica e privata

e per il sostegno allo sviluppo della scienza; qualche anno più tardi, inoltre, la tendenza rinnovatrice ed europeista del periodo venne resa evidente dalla creazione (attraverso il

Real Decreto del gennaio del 1907) della Junta para la Ampliación de Estudios, cui fu

assegnato il compito di promuovere la ricerca scientifica e tutelare le istituzioni educative di istruzione secondaria e superiore189. Nel Paese, però, cresceva sempre più un profondo malcontento nei confronti dell’operato della classe dirigente del tempo, con la componente militare in particolare che lamentava il perpetuarsi dei tagli agli armamenti stabiliti nel bilancio statale. Seguì così un periodo di tumulti e rivolte sociali190, che non poteva che contrastare gli effetti delle innovazioni introdotte (o che si volevano introdurre) anche in materia di ordinamento universitario. Così come avvenuto, ad esempio, con il Real Decreto del 21 maggio 1919 sull’autonomia universitaria (c.d. Decreto Silió o Plan Silió, dal nome del Ministro dell’istruzione del tempo, César Silió y Cortés), che mirava a modificare il modello centralista instaurato dalla Ley Moyano del 1857. Con tale provvedimento, infatti, veniva attribuita una maggiore autonomia amministrativa e finanziaria alle università, le quali potevano approvare propri statuti, impostare i piani di studio e nominare i docenti. Un progetto che tentava anche di integrare la funzione di formazione professionale con quella di creazione della scienza e della ricerca, quali obiettivi comuni dell’istituzione universitaria, il quale, però, venne interrotto dal precipitare della situazione politica del

188

Come venne rinominato il periodo nel quale la Spagna perse le ultime colonie possedute a vantaggio degli Stati Uniti (in particolare, Cuba, Porto Rico, Filippine, isole Hawaii).

189

La creazione di tale organismo, infatti, segnò l’inizio di una fase volta a sostenere con maggiore impegno la scienza e la ricerca scientifica del Paese. Cfr. CAPITÁN DÍAZ A., Historia de la educación en

España, vol. 2, Dykinson, Madrid, 1994. 190

Dovute soprattutto alla precaria situazione economica spagnola successiva alla perdita delle ultime colonie.

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Paese. Ciò fu reso evidente dall’avvento della dittatura di Miguel Primo de Rivera191, il quale salì al potere con un colpo di stato nel settembre del 1923, riuscendo a governare la Spagna fino al gennaio del 1930. La caduta della monarchia e l’instaurazione della Seconda Repubblica spagnola (avvenuta pochi mesi dopo le dimissioni del dittatore), però, non modificò la situazione in modo sostanziale: ben presto scoppiò una nuova guerra civile che vedeva contrapposti i Nacionales (autori di un tentativo di rovesciamento militare e sovversivo del Governo democraticamente eletto) e i

Republicanos (composti da truppe sostenitrici della Repubblica spagnola) e che

condusse al potere Francisco Franco nel 1939, il quale instaurò un regime dittatoriale durato fino alla sua morte avvenuta nel 1975. Un periodo molto lungo nel quale il sistema universitario (come gran parte delle amministrazioni e della struttura stessa dello Stato) rimase soggetto a uno stringente controllo ministeriale e all’ideologia del

Movimiento Nacional della Falange Española Tradicionalista y de las Juntas de Ofensiva Nacional Sindicalista, come mostrava con evidenza la Ley de Ordenación Universitaria del luglio del 1943. Tale provvedimento, infatti, costituiva il perfetto

esempio di documento approvato dopo la conclusione di un conflitto, all’interno del quale la parte vincitrice puntava a ratificare i principi cardine della propria ideologia (tra cui spiccavano: il dirigismo, la rigidità, il forte controllo gerarchico, da esercitare all’interno di una politica isolazionista rispetto alle dinamiche internazionali)192. Con la legge del 1943 si stabiliva la massima centralizzazione delle decisioni attorno al ministero, con una conseguente ridotta autonomia delle istituzioni universitarie193: insegnamenti, durata e articolazione dei corsi, titoli, finanziamenti e nomina delle autorità accademiche, erano tutte questioni decise dal centro194. Un modello

191

Cfr. SOUVIRÓN MORENILLA J. M., La Universidad española. Claves de su definición y régimen

juridico institucional, Secretariado de Publicaciones de la Universidad de Valladolid, Valladolid, 1989. 192

Un provvedimento che, in linea con la tradizionale vicinanza al modello napoleonico, concentrava la propria attenzione principalmente sull’obiettivo della formazione professionale (l’insegnamento era focalizzato sulla trasmissione delle competenze necessarie allo sviluppo delle professioni, nel preparare la futura classe dirigente e gli impiegati statali) e non sembrava tutelare a sufficienza le esigenze della ricerca scientifica, come provava il fatto che l’istituzionalizzazione di organismi di ricerca avvenne al di fuori dell’università, in particolare nel Consejo Superior de Investigaciones Científicas (CSIC). Cfr. LAÍN

ENTRALGO P., La Universidad en la vida española, Estrades, Madrid, 1951.

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All’interno del testo le università erano definite come «una corporazione di maestri e studenti a cui lo Stato affida la missione di impartire l’istruzione a livello superiore e di educare e formare la gioventù nel suo percorso di vita, nella cultura della scienza e nell’esercizio della professione al servizio dei fini spirituali e della crescita della Spagna», senza fare alcun accenno all’autonomia degli istituti di alta cultura.

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In relazione alla struttura curriculare, ad esempio, si era deciso di mantenere essenzialmente quella esistente fin dal 1857, anche se erano state previste alcune modernizzazioni in tema di piani di studio. La struttura organizzativa interna degli istituti, poi, si caratterizzava per la preminenza degli organi

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chiaramente elitario195, all’interno del quale anche la scelta del corpo docente seguiva un procedimento molto centralizzato (visto che prevedeva un concorso nazionale in un’unica sessione davanti a una commissione di nomina ministeriale).

Successivamente, non si ebbero in concreto interventi rilevanti in materia fino

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