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L’impresa crocevia della domanda e dell’offerta di formazione

B) dare centralità alla dimensione educativa e culturale del lavoro e alla prospettiva dell’apprendimento permanente sul e attraverso il lavoro per sostanziare i percorsi

5.1.5. L’impresa crocevia della domanda e dell’offerta di formazione

Nel Libro Bianco si evidenzia che “il lavoro deve essere considerato parte essenziale di tutto il percorso educativo di una persona”. In secondo luogo che “l’impresa e l’ambiente produttivo appaiono il contesto più idoneo per lo sviluppo delle professionalità”. Infine, si richiama il ruolo essenziale delle Parti Sociali nel sostenere

un processo di trasformazione fino ad immaginare “sistemi incentivanti i buoni risultati”.

Ciò comporta un ripensamento complessivo dei percorsi di istruzione e formazione, superando la dicotomia che contrappone anziché integrare i percorsi scolastico-universitari a quelli della formazione in azienda, trasformando anche il modo di fare impresa: da sede in cui si combinano e remunerano i fattori della produzione, lavoro compreso, a sistema organizzato di produzione, gestione e condivisione di un patrimonio di saperi esperti che qualifica in senso stretto il valore produttivo dell’impresa e, al contempo, propizia l’effettiva crescita di tutti i soggetti che vi gravitano come lavoratori, e prima ancora come persone, con le loro ambizioni professionali e di vita.

L’obiettivo di restituire centralità al lavoro nell’istruzione e nella formazione e di individuare nell’impresa e nell’ambiente produttivo il contesto più idoneo per lo sviluppo delle professionalità deve essere giustamente posto a fondamento di un ripensamento del modo di progettare, svolgere, implementare e valutare gli esiti dei percorsi. Ma la valorizzazione dell’impresa e delle sue intrinseche possibilità formative deve contemperarsi con le esigenze di professionalizzazione e di qualificazione della forza lavoro e delle persone per le quali va salvaguardata la possibilità di capitalizzare tale formazione in una prospettiva di occupabilità.

In questa prospettiva vanno identificati strumenti adeguati ad un esercizio consapevole della funzione formatrice da parte delle imprese, finalizzato al raggiungimento di obiettivi specifici, riconoscibili e certificabili, che affermano il diritto alla mobilità dei lavoratori e che attivano circoli virtuosi di trasformazione del capitale umano di una singola impresa in capitale sociale funzionale alla crescita dei territori e del sistema Paese.

L’impresa deve trovare “conveniente” creare un contesto organizzativo e relazionale, oltre che produttivo, favorevole all’apprendimento.

Altro presupposto è che l’esperienza del lavoro integri i processi educativi di istruzione e formazione prima, oltre che durante, lo sviluppo professionale delle persone. Ciò, in particolare, perché, senza questo «prima», è difficile, se non impossibile, che possa seriamente darsi il «durante».

A questo proposito è possibile citare due importanti aree di sviluppo della formazione in impresa nella prospettiva indicata dal Libro Bianco dell’integrazione tra sistema scolastico, formativo e produttivo ed in particolare:

- l’apprendistato, che può rappresentare un canale decisivo di transizione iniziale oltre che di qualificazione professionale per le giovani generazioni;

- la formazione continua con il ruolo dei Fondi Interprofessionali anche in relazione alle disposizioni del citato art. 19 in materia di integrazione tra politiche attive e passive.

Per quanto riguarda l’apprendistato, si è detto che le potenzialità dell’istituto sono molte e ancora largamente inespresse. In primo luogo quelle delle nuove tipologie di apprendistato, ovvero quello per l’espletamento del diritto-dovere e quello per il

conseguimento di un diploma, che per la prima volta prefigurano una integrazione forte fra mondo del lavoro e sistema educativo finalizzata all’acquisizione di titoli di studio. Tali strumenti, tratteggiati nella “legge Biagi” e in attesa di una loro definitiva messa a regime sul piano pratico e operativo, possono svolgere una funzione strategica per l’elevamento della qualificazione della forza lavoro giovanile, visto che ancora troppo spesso i giovani entrano nel mercato del lavoro con bassi titoli di studio. Ma soprattutto tali strumenti possono rappresentare una leva per avviare e rinsaldare quella collaborazione fra scuola, università e imprese che rappresenta un volano per l’innovazione e la crescita della competitività del sistema produttivo, oltre che un’occasione di rinnovamento per il sistema formativo.

È indubbio che, più delle altre tipologie, l’apprendistato professionalizzante è chiamato a svolgere un ruolo strategico per restituire centralità alla cultura del lavoro e fare dell’impresa il contesto più idoneo per lo sviluppo delle professionalità. In questa logica va intesa la valorizzazione del ruolo delle parti sociali e della bilateralità per la definizione di un nuovo canale di formazione esclusivamente aziendale, alternativo, ma non in conflitto, con quello pubblico.

Rispetto a questa misura le aspettative sono tante: aumentare la quota degli apprendisti che partecipano alle attività formative ed il gradimento e l’efficacia di tale formazione per le imprese e per gli apprendisti. Occorre però evitare che l’attenzione allo sviluppo del nuovo canale, disperda quel patrimonio di conoscenze ed esperienze che si è accumulato sui territori, dove alcuni hanno sperimentato anche approcci innovativi alla istruzione e alla formazione che vedono nell’impresa il luogo prevalente di erogazione integrata di queste due dimensioni. E soprattutto occorre individuare nuove misure per quelle aree del Paese, dove i percorsi regionali di istruzione e formazione non si sono mai avviati e dove quelli affidati alle parti sociali rischiano di avere scarsa efficacia visto il basso tasso di sindacalizzazione e di partecipazione delle persone alla vita associativa.

Il secondo tema è quello del ruolo che i fondi interprofessionali svolgono e possono svolgere non solo nell’offerta di formazione continua, ma anche per fare dell’impresa il contesto più idoneo per lo sviluppo delle professionalità. Storicamente, le parti sociali hanno svolto un ruolo chiave nei processi di sviluppo ed oggi si rilanciano, attraverso la bilateralità, come protagonisti del sistema d’offerta. Sebbene non manchino criticità e problemi, i Fondi Interprofessionali, svolgono ormai un ruolo chiave che va qualificato e potenziato. L’idea di una sussidiarietà tra l’attore pubblico e gli organismi della bilateralità, nella ricostruzione di un nuovo rapporto tra formazione e lavoro è, infatti, oggi molto più praticabile che in passato, poiché poggia su una corrispondenza di interessi e di convenienze, laddove l’attore pubblico è interessato ad aumentare l’adattabilità di lavoratori ed imprese alle trasformazioni economiche e le parti sociali a valorizzare le competenze delle risorse umane nei contesti produttivi e di lavoro. Anche in questo caso gli strumenti già esistono.