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Il modello di Ohlson rappresenta il modello cardine, considerato un punto di partenza per il filone di studi sulla “value relevance”. Negli anni, sono susseguite varie elaborazioni, proprio per il prezioso contributo apportato agli studi di “value relevance”. Il modello in esame è divenuto di fondamentale importanza poichè in un certo senso ha consentito di porre in relazione il valore di mercato di una società con le due maggiori grandezze di sintesi del bilancio

d’esercizio: il reddito e il patrimonio netto. Oggi, la maggior parte degli studi

proposti dalla letteratura internazionale e nazionale in tema di “value

relevance”, utilizza formulazioni che si basano sul modello di valutazione delle

aziende elaborato da Ohlson47 nel 1995. Il modello di Ohlson si caratterizza perchè considera non solo le informazioni contabili ma anche le informazioni di natura extracontabile. Il modello di Ohlson, in origine, non aveva la finalità di estrapolare la “value relevance”, ma bensì quella di determinare il valore

societario delle aziende, considerando il reddito d’esercizio, il patrimonio netto e

i dividendi. Sostanzialmente, Ohlson sviluppa il suo modello partendo dal

Discount Dividend Model (DDM), ponendo come principio base che, il valore

di una società, è uguale al valore attuale dei dividendi futuri: considerando

un’economia neutrale al rischio, ogni investimento può essere identificato dal

valore attuale dei suoi flussi netti, quali per esempio i dividendi percepiti dei soci, al netto degli eventuali versamenti di capitali effettuati nel corso degli esercizi.

Tale prima ipotesi formulata, viene così rappresentata:

= [ ] (1)

dove:

47 J.A. OHLSON, “Earnings, book values and dividends in equity valutation: an empirical

=il valore di mercato, o market value, del patrimonio netto della

società al tempo t;

=dividendi pagati alla data t;

= uno o più tassi privi di rischio;

[ ] = valore atteso sulla base delle infromazioni disponibili al

tempo t.

Il modello consente alla variabile dt di assumere anche valori negativi in quanto nel corso degli esercizi ai soci può essere chiesto un ulteriore apporto di capitale. Per quanto riguarda il tasso di attualizzazione, Ohlson nella formulazione del modello ipotizza un tasso di rendimento risk free, ovvero sugli investimenti privi di rischio, ma nella prassi il tasso atteso dagli investitori contiene anche una componente che valorizza il premio per il rischio. Pertanto, se il tasso risk free è comune per ogni tipologia di impresa, in quanto non dipende dalle caratteristiche delle stesse, il premio per il rischio varia da impresa ad impresa, essendo

connesso al rischio insito in ognuna. L’Autore, per risolvere questo problema,

ipotizza una situazione di neutralità al rischio, situazione che permette di attribuire al tasso di attualizzazione un tasso risk free, unico per tutte le società, semplificando il modello e fornendone una più facile comprensione. Sulla base di tale assunzione ha successivamente associato il principio del clean surplus, ovvero che tutte le variazioni di capitale siano imputate a conto economico, con

l’eccezione delle transazioni fra la società e i suoi investitori (dividendi o

aumenti di capitale). Con la clean surplus relation vengono descritte le cause delle variazioni del patrimonio netto aziendale nel corso del tempo. La clean

surplus relation può essere sintetizzata dalla seguente relazione:

= + − (2)

dove:

= patrimonio netto al tempo t; = dividendo distribuito al tempo t; = risultato d’esercizio al tempo t;

Ohlson ipotizza che, la distribuzione dei dividendi nel corso dell’esercizio comporta una riduzione del patrimonio netto che non si impatterà sul reddito

d’esercizio, ma bensì si impatterà sui redditi futuri. In altre parole, una

diminuzione di capitale causerà un decremento delle risorse aziendali disponibili e, di conseguenza, influenzerà gli investimenti, i cui effetti saranno visibili solo negli anni successivi. Ohlson sostiene che, sia il principio che il valore di una società, è uguale al valore attuale dei dividendi futuri e, sia il principio del clean

surplus, sono già noti da tempo nella letteratura contabile, e l’insieme di essi permette di definire il valore economico dell’impresa. Definendo il reddito residuale o abnormal come differenza fra il reddito d’esercizio e quello normale atteso dall’impiego del patrimonio iniziale, si può scrivere:

= − − (3)

dove:

= reddito residuale in t; = risultato d’esercizio in t;

− 1 = patrimonio netto iniziale;

Sostituendo la (3) nella (2) per , e risolvendo per , Ohlson dimostra che il dividendo in t risulta pari alla somma algebrica tra il reddito residuale, il

patrimonio netto e il prodotto tra il patrimonio netto iniziale e l’operatore del

risk free, in formula:

= − + (4)

Sostituendo la (4) nella (1) per d si introduce la definizione di Residual Income

Model e si dimostra l’uguaglianza del Residual Incom Model e del Discount Dividend Model.

= ( )

Ohlson introduce un ulteriore modello denominato Linear Information

Dynamics (LID). L’importanza di tale modello è da rintracciare nella relazione

emergente fra le informazioni contabili ed extracontabili, e il risultato di periodo. Esattamente, il modello ideato da Ohlson evidenzia come le informazioni contabili ed extracontabili possano influenzare il risultato di periodo e, in particolare, sulla relazione tra e . Ohlson, attraverso il modello in esame, dimostra che esiste una relazione fra il reddito residuale del periodo + 1 e quello del periodo precedente ( ). L’autore aggiunge anche che, tale relazione è influenzata dalle informazioni presenti sul mercato in t ma che non sono ancora incorporate nei dati contabili ( ) e da informazioni che pur non essendo attese in t, si manifestano in t+1 e ne influenzano la determinazione del reddito residuale( ), in formula:

dove:

= coefficiente di e misura l’incidenza nella determinazione di ;

Il risultato raggiunto da Ohlson tramite il modello in esame riguarda la dipendenza del reddito futuro da tre flussi informativi. Esattamente, il reddito

residual al tempo t+1 è risultato dell’incidenza (misurata dal coefficiente che assume valori comprei tra 0 ed 1), del reddito residuale al tempo t, delle informazioni disponibili in t e da tutte le informazioni che sono note in t+1. Ohlson specifica inoltre che le informazioni extracontabili sono fornite al mercato attraverso strumenti diversi dal bilancio. La dinamica di tali informazioni può essere così rappresentata:

= + (7)

dove:

= incidenza delle informazioni extracontabili disponibili in t;

= rappresenta l’insieme degli eventi non attesi in t ma che

influenzano in t+1 il livello di informazioni disponibili sul mercato;

Infine, sostituendo il modello Linear information Dynamics nel Residual Income Model si ottiene la formulazione finale del modello di Ohlson.

= + + (8)

dove:

= ;

Secondo tale ultima formulazione, il valore di mercato dell’equity risulta pari alla somma tra patrimonio netto di un termine che dipende dal reddito residuale e di uno che dipende dalle informazioni extracontabili disponibili.