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L’integrazione tra politiche attive e politiche passive

Gli strumenti per il governo delle transizioni in una prospettiva di

5. L’integrazione tra politiche attive e politiche passive

L’articolo 10, che introduce il regime dei diritti “ricaricabili” in materia di sussidio di disoccupazione22, apporta anche delle modifiche al contrat de sécurisation professionnelle. Nel quadro degli interventi volti alla promozione della sécurisation des parcours professionnels, questo contratto è stato oggetto di un accordo tra le parti sociali, firmato il 31 maggio 201123, poi tradotto in legge il 28 giugno 201124. Attraverso il CSP, i lavoratori delle imprese con meno di 1000 dipendenti, licenziati per motivi economici, possono accedere ad uno schema contrattuale dedicato, che prevede misure di accompagnamento personalizzate per il reinserimento nel mercato del lavoro. Lo schema può avere una durata massima di 12 mesi e può prevedere misure di ri-qualificazione o di formazione all’imprenditorialità; durante la durata del CSP il lavoratore beneficia di un’indennità specifica di sécurisation pari all’80% della retribuzione precedentemente percepita. Il finanziamento della misura ed in particolare la copertura delle indennità è garantita attraverso l’imposizione alle aziende di un contributo da versare in caso di licenziamenti economici, oltre che da risorse provenienti dallo stesso bacino dell’assicurazione contro la disoccupazione involontaria; le misure di formazione, invece, sono finanziate dal FPSPP25

22 Per una descrizione dettagliata della misura, vedi il contributo di M. Ori, in questo volume.

e facendo ricorso a risorse del FSE.

23 Accordo nazionale Interprofessionale sul contrat de sécurisation professionnelle del 31 maggio 2011.

24 L. n. 2011-893 del 28 giugno 2011 su développement de l’alternance et sécurisation des parcours professionnels. Per una descrizione dettagliata del dispositivo ed una prima valutazione dei risultati vedi il rapporto a cura di P. Dole, Le contrat de sécurisation professionnelle: premier bilan d’un dispositif individualisé de retour à l’emploi et d’accès à la formation, analyses et préconisations, Igas, febbraio 2013.

25 Il Fond Paritaire de Sécurisation des Parcours Professionnels (codice del lavoro, artt. da L6332-18 a L6332-22-2) è un Fondo bilaterale controllato dallo Stato, che viene finanziato attraverso il versamento, da parte di tutti gli OPCA, di una percentuale che può andare dal 5% al 13% delle risorse raccolte. Questi fondi vengono poi riassegnati (anche agli stessi OPCA) per progetti volti al reinserimento lavorativo di soggetti svantaggiati, attraverso bandi che il Fondo emana tenuto conto delle priorità vigenti, privilegiando di volta in volta determinate categorie nell’accesso alla formazione:

donne, lavoratori con più di 45 anni, persone in situazione di disoccupazione parziale,

Il progetto di legge consente di fatto un prolungamento dell’indennità di sécurisation oltre i termini stabiliti, per coloro i quali – coinvolti in un CSP - partecipino a determinate attività formative (formation certifiante ou qualifiante) la cui durata si protragga oltre i limiti previsti per la fruizione del sostegno al reddito.

Questa previsione rappresenta la risposta ad una delle principali criticità emerse con l’introduzione del Contrat de Sécurisation Professionnelle, quella legata, appunto, all’ abbandono del programma di re-inserimento a fronte della prospettiva di un suo protrarsi oltre il periodo coperto dai dispositivi di sostegno al reddito. La mancanza di coordinamento tra misure attive e passive esponeva i beneficiari dei CSP al rischio di entrare in un’area di “attività non garantita”, in cui a fronte di un impegno concreto per la ricollocazione nel mercato del lavoro essi non ricevevano alcun sostegno economico, con una evidente penalizzazione proprio di quanti accettavano percorsi di ri-qualificazione più lunghi ed impegnativi. Questo ribaltamento della logica della condizionalità, con la subordinazione del sostegno al reddito ad un comportamento attivo, ma in presenza di sistemi di ammortizzatori sociali e di servizi inadeguati, è un problema senza dubbio avvertito anche nel nostro paese. Più in generale, è l’esito dell’aver importato un meccanismo implementato in paesi con sistemi di welfare differenti (tipicamente anglosassone e scandinavo) in contesti privi delle condizioni istituzionali necessarie per il funzionamento del meccanismo stesso. Francia ed Italia rappresentano entrambe, in questo senso, modelli emergenti di “welfare attivo”26

Nella stessa direzione va anche la modifica apportata al congedo di riqualificazione (reclassement) a seguito di licenziamento economico nelle imprese con più di 1000 dipendenti, la cui durata massima è aumentata da nove a dodici mesi, durante i quali sarà possibile svolgere periodi di lavoro senza perdere i benefici connessi.

e le soluzioni adottate in entrambi i paesi sono esposte al rischio sopra evidenziato, rischio che il legislatore francese ha iniziato ad affrontare, attraverso la misura appena descritta.

lavoratori con deficit di competenze di base e linguistiche, giovani precari, lavoratori con bassi livelli di qualificazione, lavoratori temporanei interessati ad un percorso di riconversione professionale attraverso congedi individuali.

26 R. Lodigiani, op. cit.

Queste modifiche rappresentano un esempio significativo di integrazione tra politiche attive e passive, almeno sul versante della tempistica e del coordinamento, sebbene restino ancora da approfondire ulteriori aspetti connessi alla qualità della formazione che accompagna i percorsi di re-inserimento al lavoro: nel caso dei CSP, ad esempio, indagini27 sugli esiti dei percorsi finora realizzati hanno messo in luce, oltre alla necessità di un maggiore coordinamento tra le varie istanze di gestione e di finanziamento del dispositivo, anche l’importanza di controllare le caratteristiche della formazione impartita ai beneficiari.

6. Conclusioni

Il progetto di legge sulla sécurisation de l’emploi ha già raccolto opinioni contrastanti, destino ineluttabile per tutti i progetti di riforma che si ispirino alla logica della flexicurity28

Dall’analisi del testo emerge sicuramente un tentativo di bilanciare e coordinare in maniera organica misure per incrementare l’occupabilità e le competenze dei lavoratori e misure di flessibilità, idea che ha ispirato altri progetti di riforma del mercato del lavoro, tra cui quello che ha riguardato di recente il nostro Paese, ma con ricadute differenti

.

29

27 P. Dole, op. cit.

. Emerge una peculiarità della riforma francese, che conferma l’intenzione di puntare verso un modello innovativo di regolazione del mercato del lavoro attraverso la gestione negoziata delle transizioni lavorative: la centralità degli strumenti di accompagnamento (misure attive e passive)

28 I commenti a caldo sono ricostruibili soprattutto attraverso la stampa: Accord sur la sécurisation de l’emploi: de nouveaux droits pour les salariés, Liaisons sociales-quotidien, 15 gennaio 2013; B. Bissuel, Licenciements, droits des salariés... Ce qui va changer avec l’accord sur l’emploi, in Le Monde, 12 gennaio 2013; A. Lyon-Caen, La partie patronale a progressé, in Le Monde, 17 gennaio 2013; C. de Froment, La portée réelle de l’accord sur l’emploi n’est pas encore mesurable, in Le Monde, 17 gennaio 2013. Per i primi commenti nel nostro paese vedi P.P. Arzilla, Francia, accordo sindacati-imprese per la riforma del mercato del lavoro, in Conquiste del lavoro, 15 gennaio 2013; L. Casano, M. Ori, La via francese alla flexicurity: il ruolo della formazione, Working Paper ADAPT, 18 aprile 2013, n. 128.

29 Per un’analisi approfondita vedi M. Magnani, M. Tiraboschi (a cura di), La nuova riforma del lavoro, Giuffrè, 2012.

all’interno di carriere che diventeranno sempre più mobili (per scelta o per necessità).

Se il dispositivo della mobilità esterna “sicura” sta sollevando forti perplessità, legate ai timori di un uso distorto da parte delle imprese, non se ne può non segnalare l’innovatività, all’incrocio tra modelli di tutela che sembrano ormai superati (la stabilità nel posto di lavoro) e nuovi spazi di protezione ed autorealizzazione, attraverso la diversificazione e l’accumulazione delle competenze (il volto buono della flessibilità).

Altrettanto interessante, almeno sul piano teorico, l’introduzione del conto personale di formazione, che sulla falsariga dei numerosi interventi già attuati in Francia per la realizzazione del diritto individuale alla formazione continua, pone la persona al centro e non più la posizione ricoperta nel mercato del lavoro.

L’elemento più innovativo della riforma – seppur coerente con la tradizione francese delle politiche di insertion e con la recente svolta in direzione di un paradigma attivante delle politiche del lavoro – è rinvenibile probabilmente nelle misure che mirano ad una reale integrazione di politiche attive e passive, facendo leva sulla formazione quale strumento di occupabilità. Tra queste, la modifica al congedo di riqualificazione a seguito di licenziamento economico nelle imprese con più di 1000 dipendenti e le modifiche al Contrat de Sécurisation Professionnelle.

In materia di formazione continua, sembrano riecheggiare nel progetto di legge francese alcuni elementi da tempo al centro del dibattito europeo, relativo al ruolo della formazione continua nei nuovi sistemi di protezione dei lavoratori sul mercato: in particolare, si riafferma l’idea che la formazione occupi un posto centrale nei nuovi modelli di tutela e che possa costituire un efficace strumento di sécurisation des parcours, attraverso l’attivazione di reti territoriali integrate30

Certo è che nel caso francese, caratterizzato – al contrario di altri paesi europei, tra cui l’Italia – da un impegno pluridecennale nella costruzione e nel rafforzamento di un sistema nazionale di formazione continua e , oltre che attraverso la promozione di un diritto individuale alla formazione continua, non legato al posto di lavoro né allo status occupazionale, ma, appunto, all’individuo in tutte le fasi del suo percorso di vita e di lavoro.

30 B. Gazier, op. cit.

valorizzazione delle competenze, questi miglioramenti appaiono al tempo stesso credibili e marginali, poiché si innestano su istituti già esistenti (i CFI, il DIF, la GPEC, i CSP), sebbene suscettibili di miglioramento, rappresentando quindi piccoli avanzamenti, in qualche misura prevedibili, all’interno di un’evoluzione quasi naturale verso un modello di flexicurity “di nuova generazione”, più equilibrato ed imperniato sul valore del capitale umano.

La gestione aziendale