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L’interiorità e l’estetica, la simbologia: il mare

5. Analisi e discussione

5.3. L’interiorità e l’estetica, la simbologia: il mare

Questo capitolo, è la scelta di riproporre, in un certo senso, il parallelismo rispetto al cap. 2.3.

Simbologia e mitologia. Se in quel frangente veniva scritto come è impossibile parlare del

mare senza affrontare dei riscontri primordiali che smuovono le viscere dell’individuo, in questo senso va analizzato quello che viene smosso da chi, l’esperienza, l’ha vissuta sulla propria pelle.

La storia dell’educazione…è intreccio di storie molteplici…Tutte ed altre ancora, si frammischiano, al di là del valore indubbiamente sociale di ogni vicenda pedagogica, con percorsi formativi assolutamente individuali e solitari…Sono, soprattutto, le microstorie delle donne e degli uomini, incalcolabili quante e quanti sono stati, sono e saranno, che sono interrogati sul senso della vita (e della loro in particolare)…Ci riferiamo, ovviamente, a quanto indichiamo con le parole pensiero, pensieri, pensare…146

La barca a vela è un contesto particolare: da una parte, come abbiamo scritto nel capitolo precedente, sembra non esserci intimità, tutti ammassati, a vivere più che a stretto contatto per giorni, settimane e mesi. Dall’altra, è un contesto fatto di solitudine, di pensieri, di riflessione.

Perciò hai talmente tanto troppo tempo per guardarti dentro proprio, ti fai un viaggio in te stesso. Ci sono giorni che tu ti alzi dal letto della barca esci e intorno a te e vedi 360 gradi di

144 Ibidem

145 Ibid., intervista 2

146 Demetrio, D., 2000, L’educazione interiore. Introduzione alla pedagogia introspettiva, La Nuova Italia, Milano, p. 19

mare, senza il niente e questo secondo me ti….non so come spiegarti…ti fa pensare tanto, ma tanto, tanto, tanto.147

Il pensare, diventa un punto centrale. Probabilmente è proprio il vivere a stretto contatto che porta la persona a concentrarsi su sé stesso, a prendersi dei momenti di riflessione interiore. Demetrio porta un interessante riferimento a questo proposito:

Gli spazi trovati per…la riflessione, il piacere di pensare in silenzio – nei templi e nelle latitudini più disparate – hanno sempre assunto fra l’altro un significato autopedagogico. Accanto alla ricerca di territorialità circoscritta (il tempio o la grotta) o sconfinate (il deserto o l’oceano), i cercatori di Dio, o di se stessi…sempre si sono dedicati all’autoapprendimento…Gli spazi esterni scelti per educarsi, conciliatori e separati dal mondo, hanno sempre simboleggiato un’uscita dai loro confini: così nei templi di ogni religione, così nelle torri e nelle celle.148

La barca è sicuramente composta da una territorialità circoscritta, ma allo stesso tempo si ritrova a galleggiare al di sopra di uno degli spazi più sconfinati presenti sullo terra: il mare. Abbiamo già in parte scritto dell’impatto simbolico del mare nel cap. 2.3. Simbologia e

mitologia, poiché questo è le “symbole de la dynamique de la vie. Tout sort del mer e tout y retourne: lieu des naissance, des transformations et de renaissances. Eaux en mouvement, la mer symbolise un état transitoire entre les possibles encore informels et les réalités formelles, une situation d’ambivalence, qui est celle de l’incertitude, du doute, de l’indécision...”.149

Il mare è simbolo della dinamica della vita. Tutto è sorto dal mare e tutto ci farà ritorno. Luogo di nascita, di trasformazione e di rinascita. L’acqua in movimento dove il mare simboleggia uno stato transitorio, tra le possibilità ancora informali e le realtà formali, una situazione d’ambivalenza, che è quella dell’incertezza, del dubbio, dell’indecisione. La fluidità del mare viene trasmessa in modo simbolico tramite questi scritti, un’incertezza che anche Sarah esprime, dicendo

é proprio una sensazione di quasi instabilità, per come l’ho presa io, perché qua io mi sento stabile, adesso qua vedo la mia casa ma anche quando ero in foyer, dal lato….come è che posso spiegarti? Dal lato psicologico ero stabile, ero in una casa, sopra avevo il tetto, uscivo e vedevo la mia fermata del bus, tutto da quel lato lì quadrava, in mare non ti quadra niente. Ti senti instabile, a volte ti senti anche perso, perché appunto non vedendo attorno a te niente ti da un senso di… D’infinito, di libertà, quasi di vuoto, per come me la sono vissuta io. Perché se anche tu giravi lo sguardo, cercavi di guardare qualcosa, non c’era nulla. Perciò dovevi basarti sulla tua sicurezza. Trovare la stabilità dentro di te, per questo ti fa pensare tantissimo, perché sei talmente instabile al di fuori, tutto il contesto non c’è quasi.150

Il simbolismo del mare che si è potuto visionare prima, sono osservabili in questa dirompente testimonianza. L’instabilità diventa smarrimento. Smarrirsi per ritrovarsi, in un certo senso. In uno spazio circoscritto, in una quasi costante interazione con gli altri che porta ad una interdipendenza, in balia degli eventi naturali, in mezzo al nulla, sopra il mare, in perenne movimento. La perdita dei punti di riferimento con conseguente ricerca di qualcosa a cui aggrapparsi, come un naufrago alla deriva, “E ritrovarsi su una barca che non è stabile, non

è appoggiata per terra, sei completamente fuori, sei in mare, sei in giro per il mondo, non sei

147 Vedi allegato 4: Trascrizione integrale delle interviste. Intervista 3, Sarah Bernaschina 148 Demetrio, D., op. cit., pp. 60-61

149 Chevalier, J., Gheerbrant, A., op. cit., pp. 202-203

nella terra ma sei nel mare. Ecco, è qui proprio la differenza, la casa è sulla terra la barca è in mare”.151 Terra e mare, come antipodi e allo stesso tempo strettamente collegati, diversi

ma entrambi essenziali.

L’uomo è un essere terrestre, un essere che calca la terra. Egli sta, cammina e si muove sulla solida terra…L’esistenza umana e l’essere umano sono dunque, nella loro essenza, puramente terrestri, e hanno solo la terra come riferimento? E davvero gli altri elementi sono soltanto fattori di second’ordine che a essa si aggiungono? Non è così semplice.152

Non è così semplice. “In generale si può dire che noi cresciamo e ci sviluppiamo nel mondo

della terraferma, e quando andiamo per mare dobbiamo ripetere il processo di socializzazione in termini diversi”153, e per socializzazione, va intesa anche quella con

quest’elemento fluido, che fa parte di noi, da cui probabilmente abbiamo avuto origine, ma su cui non siamo cresciuti. È interessante notare questa ambivalenza, di cui tra l’altro come abbiamo visionato è un fattore simbolico del mare. Siamo esseri marini o siamo esseri terrestri? O siamo entrambi, in un certo senso?

La natura è qualche cosa di molto forte per i ragazzi. Non che per noi non sia forte ma per loro è particolarmente forte. E quindi, che ne so, i delfini, le tartarughe, i pesci che saltano. La costa all’orizzonte. Poi c’è l’elemento del mare. L’acqua. Questo te lo posso dire io personalmente. Il fatto di dormire giù in cabina e sentire lo scrosciare dell’acqua che batte regolarmente sullo scafo, e quindi la senti. Senza voler fare teorie stile liquido amniotico, regressione e quelle cose lì, comunque senti l’acqua, è magnifico.154

Ma non solo la specificità del mare, ma anche ampliare lo sguardo verso la natura è qualcosa che va analizzato. In barca, si è contornati costantemente dalla natura. Il mare, a cui è praticamente dedicato questo lavoro, ma non solo: la fauna, la costa che si staglia all’orizzonte e quindi le rocce impervie, le scogliere, il verde lussureggiante di un’isola in lontananza. Tutti aspetti con cui confrontarsi. Alla domanda, posta a Sarah, di cosa fosse il mare per lei, risponde:

Ha il suo perché, è un contatto che non puoi vivere tutti i giorni, secondo me solo chi prova questa esperienza che comunque è un’emozione così a vivere il mare e vivere così tanto tempo in mare. Cioè ti resta il contatto proprio con la natura, con quello che non sono le cose materiali, a parte la barca, tutto il resto è quello che ti ha donato la natura, tutto, che non è che sono qua e vedo passare i delfini. Lì c’erano i delfini intorno a noi, c’erano le rondinelle che si fermavano,…155

Il contatto con la natura è sempre qualcosa che ritorna nell’uomo. Luisa Bonesio, scrive della solitudine nella natura dicendo che “la mia ipotesi è che il progressivo estraniarsi dell’uomo

dalla natura abbia contribuito potentemente alla solitudine moderna”156, esprimendo quindi la

perdita di questa dimensione emotiva, questo lasciarsi pervadere dal creato che abbiamo intorno. Ma non solo, aggiunge come “Ai nostri giorni, avere un’esperienza diretta e singolare

151 Ibidem

152 Schmitt, C., op. cit., pp. 11-12 153 Stadler, M., op. cit., p. 104

154 Vedi allegato 4: Trascrizione integrale delle interviste. Intervista 1, Raffaele Mattei 155 Ibid., intervista 3

156 Bonesio, L., 1995, L’eremo della mente, in, Solitudini, a cura di G. Martignoni, Edizioni Alice, Viganello, p. 26

della natura è abbastanza problematico, perché quel che ne resta è aggredito e colonizzato dalle masse dei turisti, e perché è sempre più arduo trovare luoghi nei quali si possa sperare di godere in solitudine la natura”.157 In barca, questo avviene costantemente. La natura è

tutto ciò che circonda il mezzo e l’equipaggio, la natura è presente nel rumore anche quando non la si vede. È una costante. La solitudine nella natura è quindi non solo possibile, ma diventa necessaria, soprattutto dopo un lungo tempo insieme, dove ognuno cerca di ritagliarsi il proprio spazio, sia fisico, che, in un certo senso, mentale, visto l’affollamento all’interno della barca. La conclusione di questo capitolo vuole essere un cerchio, come L’Odissea, e quindi ricordare come “l’uomo deve affrontare la propria solitudine per

incontrare sé stesso”158, per raggiungere la propria interiorità. E la barca può fungere anche

a questo scopo?

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