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L’interpretazione giurisprudenziale dell’ordine di restituere. La giurispru-

resti-tuere.

Non puo` negarsi che nell’ambito della ricca casistica del titolo 43,24 si ritrovino ipotesi in cui l’auctor operis non sia materialmente in grado di restituere, semplicemente perche´ il mutamento delle condizioni del suolo si e` verificato in modo ormai irrevocabile, cosı` da non consentire un ripristino dello

status quo ante.

Ci si domanda, allora, che senso acquisti l’interdetto quod vi

aut clam quando l’ottemperanza al comando di restituere si

presenti in concreto inattuabile. Ci si chiede quali fossero le intenzioni originarie del pretore che enuncio` le parole del-l’Editto. Si e` gia` congetturato che il magistrato volesse conce-dere uno strumento per gli impieghi piu` vari e che abbia, in effetti, creato uno strumento di straordinaria potenza e di estesissimo impiego; e di cio` la genericita` della formulazione edittale e` una prova evidente.

Ad ogni modo, perche´ il comando edittale possa assumere un senso in alcune delle fattispecie concrete, si deve attribuire al restituas un significato alquanto lato, che vada al di la` della lettera. Si puo` affermare (365) che, laddove la restitutio in

pristinum risulti impossibile, il faciens possa comunque,

tra-mite la sopportazione delle spese, porre riparo alle conseguenze del suo comportamento vi aut clam. Del resto, per potere dimo-strare il contrario, sarebbe necessario qualificare l’interdetto

quod vi aut clam quale un comando sempre subordinato alla

condizione che sussista la possibilita` di restituere (366).

Non si sa se il pretore, che concesse per primo l’interdetto, ritenesse possibile una tale lettura del termine. Delle difficolta` di verificare quali fossero le intenzioni pretorie si e`, del resto, (365) Cosı` STO} LZEL, Die Lehre, 356: « Jeder kann entweder selbst wiederherstellen oder die Wiederstellung dulden oder bei unthunlicher Wiedherstellung Ersatz leisten ». Cfr. UBBELOHDE, Commentario, 149 e DAVID, E´ tudes, 97: « L’interdit quod vi aut clam, vise

simplement comme tout interdit restitutoire a` procurer a` la personne le´se´e la restitutio

rei et a` de´faut la re´paration pe´cuniaire du pre´judice cause´ ».

In generale sul concetto di restituere nel processo romano vedi KASER, Restituere, 6 ss.

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gia` detto (367). Si crede, peraltro, che l’introduzione della possi-bilita` di una lettura estensiva di rem restituere rappresenti il risultato dell’opera interpretativa della giurisprudenza (368). Inizialmente il magistrato non pote´ prevedere le vaste possibi-lita` applicative dell’interdetto. Furono i giureconsulti ad avver-tire l’esigenza di adeguare il rimedio processuale alla variegata molteplicita` della realta` concreta. Essi considerarono applica-bile l’interdetto a fattispecie vi aut clam cui non era altrimenti possibile porre rimedio a causa dell’impossibilita` pratica di una

restitutio in pristinum. Ponendosi dal punto di vista pratico

dell’interdetto, i giuristi furono probabilmente sollecitati a ren-dere realizzabile l’ottemperanza al comando pretorio mediante il pagamento di una somma di danaro. Solo in tale modo pare possibile spiegare i frammenti citati e dare un senso al comando pretorio di restituere che, altrimenti, non acquista senso com-piuto.

Bisogna comunque distinguere il restituere di cui finora si e` detto dal restituere della procedura post-interdittale di cui si tratta, per esempio, in

D.43,24,15,7 (Ulp.71 ad ed.): Hoc interdicto tanti lis

aestimatur, quanti actoris interest id opus factum <non(369)> esse. officio autem iudicis ita oportere fieri

restitutionem iudicandum est, ut in omni causa eadem condicio sit actoris, quae futura esset, si id opus, de quo actum est, neque vi neque clam factum esset (370). (367) Cfr., supra, §§ 6 e 30.

(368) Cosı` SCHMIDT, Das Interdiktenverfahren, 37: cfr. anche BIONDI, Studi sulle actiones arbitrariae, Palermo 1913, 181; HAMBRO, Om enkelte med forbud beslaegtede

retsmidler i den romerske ret, Kristiania, 1924, 69.

(369) Sembra evidente la necessita` di inserire un « non » forse tralasciato per errore nella tradizione manoscritta. Cosı` ad esempio BESELER, Beitra¨ge zur Kritik der

ro¨mischen Rechtsquellen, V, Leipzig, 1931, 78; VOCI, Risarcimento, 62; CHIAZZESE, Jusiu-randum in litem, Milano, 1958, 99; MEDICUS, Id quod interest, 253; MUSUMECI, L’inter-dictum, 491 nt. 5.

(370) Sulla probabile non genuinita` della seconda parte di tale paragrafo (la problematica ivi contenuta fuoriesce dall’oggetto della nostra ricerca), cfr. BIONDI, Studi

sulle actiones arbitrariae, 11 nt. 1: i testi in cui si parla di restituere officio iudicis sono

sempre sospetti di essere stati interpolati dai compilatori in nome della fusione, che, nel diritto postclassico, si verifica tra la categoria delle actiones e degli interdicta. Sul passo cfr. anche LEVY, Zur Lehre von den sog. actiones arbitrariae, in ZSS, 36, 1915, 16 nt. 1;

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Qui il giurista parla di interest opus factum non esse; ma con cio` non fa riferimento all’interesse quale regola per l’individua-zione dei legittimati alla promol’individua-zione dell’interdetto di cui si e` detto (371). Si tratta in questo caso del cd. interesse quantitati-vo (372): nel caso in cui il convenuto non ottemperi all’ordine pretorio di restituere, diventa necessario valutare l’ammontare cui deve venire condannato lo stesso sulla base dell’id quod

interest dell’attore. Ulpiano specifica, cosı`, che all’autore

del-l’opera e` imposto di pagare il quanti interest id opus factum non

esse in modo da rimediare cosı` all’attivita` svolta vi aut clam ai

danni dell’attore. E` noto che nel procedimento che si apre nell’ipotesi in cui il convenuto non abbia obbedito al comando interdittale, la condanna non puo` che essere pecuniaria; cio` non e`, pero`, da confondere col momento precedente, in cui il pretore emana il comando stesso e in cui il significato del restituere come pagamento di una somma di denaro non e` cosı` scontato.

Tali osservazioni, se colgono nel vero, giocano a favore dell’orientamento cui si e` accennato (373): la giurisprudenza ha interpretato il comando pretorio cercando di adeguarlo alle molteplici esigenze della realta` concreta e precisando il generico contenuto del testo edittale. Con l’elaborazione di siffatta casi-stica, i giuristi favoriscono l’esperibilita` dell’interdetto anche per colpire opera che non sono immediatamente suscettibili di una restitutio nel senso ulpianeo di restituere videtur, qui in

pristinum statum reducit.

In realta` proprio il significato con cui viene inteso il

resti-tuas nella casistica testimonia che l’opera interpretativa dei

giureconsulti non sempre si sia orientata nel senso di una BESELER, Beitra¨ge, V, 78; VOCI, Risarcimento, 62; DAVID, E´ tudes, 119; PROVERA, Contributi

allo studio del iusiurandum in litem, Torino, 1953, 39; CHIAZZESE, Jusiurandum, 99, 200, 212; KASER, Restituere, 30; MEDICUS, Id quod interest, 252 ss., 304 ss; FISCHER,

Umwelt-schu¨ tzende Besimmungen, 30. Sulla procedura post-interdittale di accertamento dei

presupposti dell’interdetto, su cui non e` possibile qui soffermarsi perche´ esorbitante dall’oggetto precipuo di questa ricerca cfr., per tutti, WENGER, Istituzioni di procedura

civile romana, trad. it., Milano, 1938, 245 ss. e KASER-HACKL, Das ro¨mische

Zivilprozes-srecht, Mu¨ nchen, 19962, 416 ss. (371) Cfr., supra, § 13 ss.

(372) Cosı` viene denominato da MEDICUS, Id quod interest, 232 nt. 3; vedi supra, § 13.

(373) Cfr., supra, § 6 a proposito del requisito dell’inerenza dell’opera al suolo e § 30 a proposito del carattere non popolare dell’interdetto.

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delimitazione restrittiva dell’ambito applicativo dell’interdetto rispetto a quanto intendeva il pretore nel testo formulare, ma nel senso di una precisazione dei confini e di un adeguamento dello stesso alla molteplicita` della realta` concreta (374). E` pre-feribile credere che gli esperti di diritto abbiano semplicemente proceduto a disegnare i contorni dell’ambito di utilizzo del Quod

vi aut clam; l’esigenza di definizione di tali contorni era, in tale

caso, particolarmente avvertita in ragione della indetermina-tezza del testo edittale. Del resto si tratta di confini che si stabilivano ogni volta che una disposizione pretoria doveva venire adattata alle esigenze della pratica; si tratta di contorni che venivano naturalmente delineati ogni volta che si cercava di connettere un ordine astratto, idoneo alla tutela di una serie indefinita di casi, con una casistica concreta.

In definitiva tornando all’applicazione del rimedio interdit-tale alla fattispecie di corruzione del pozzo del § 11 pr., non puo` negarsi che la fattispecie labeoniana contempli un originale impiego giurisprudenziale dell’interdetto. Non solo la necessita` di specificare l’esistenza di un collegamento dell’aliquid

effu-dere in puteum vicini al suolo (375), ma anche il significato che, nel caso di specie, assume il termine restitutio, consentono di leggere il frammento quale un esempio del carattere innovatore che sembra caratterizzare la riflessione labeoniana. Il giurista, prendendo in esame un caso concreto, che si presenta differente da quelli proposti dai suoi predecessori e contemporanei, lascia trasparire un’originalita` di pensiero e una ricchezza di spunti che, indiscutibilmente, lo contraddistinguono (376).