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L’introduzione della viticoltura nel Nuovo Mondo

Nel documento De Rerum vinum historiae (pagine 102-105)

Le scoperte geografiche con le quali inizia l’Età Moderna sono de- terminanti per la diffusione della vite in tutto il mondo. Sono molte le ragioni che conducono alle conquiste del XV Secolo. Sull’onda dei nuovi viaggi e delle nuove conquiste, la pratica della viticoltu- ra e del consumo di vino viene introdotta negli angoli più lontani del mondo. Le navi delle coste del Portogallo e della Spagna nel XV e XVI Secolo forniscono il mezzo di trasporto alla vitis vinife-

ra europea, che sbarca cosi al di là dell’Atlantico.

La colonizzazione europea delle Americhe causa una rapida espan- sione del vigneto, fin quasi a raddoppiare la sua resa. In particolare la colonizzazione spagnola delle Americhe è stata una conquista la quale si concentra preminentemente sulla diffusione del Cristiane- simo, da sempre accompagnato in tutta l’America Latina dall’e-

62 Evonymus, Tesauro de rimedii secreti, trad. Pietro Lauro, Appresso G. Battista et Mar-

chion Sessa, in Venetia, 1566. Un esemplare presso BBQ, segnato 10a I. VI. 35. a.C. 143, inizia il paragrafo intitolato De vini fattitii et medicati, cioè quelle pozioni a base di vino ottenute “cuocendo le medicine col mosto”; a.C. 146 De vini aromatici, cioè preparati con aromi o miele; a.C. 148 “Vini mulsi aromatici, cioè addolciti con zucchero”; a.C. 150 “Vini aromatici con acqua ardente”; a.C. 151 Vini aromatici che si fanno co’l sacco sospeso nel vaso”; a.C. 152 “Vini arteficiosi, c’hanno sapore de vini forestieri e Vino di Romania, con- tenente essenze diverse”.

spansione dl vigneto. Rimangono tracce di viticoltura nella cordi- gliera delle Ande tra il Cile centrale e l’Argentina; il dispiegarsi di un’industria del vino in questi paesi è dovuto alle varietà di Bor- deaux introdotte nel territorio cileno già a metà del XVI Secolo. Le varietà di vini europei vengono per la prima volta importate dai conquistadores nel Vicereame della Nuova Spagna, questo per provvedere alle necessità liturgiche. Infatti, uno dei problemi ve- rificatosi durante la conquista e la colonizzazione dell’America era la reperibilità del vino, da tavola utilizzato anche per scopi religiosi. Il costo elevato del trasporto nella Nuova Spagna spinge ad impiantare nuovi vigneti. Comincia ad essere coltivata nelle missioni coloniali una specie nota come “uva missione”, che ancor oggi viene piantata in piccole quantità.

In meno di trent’anni la viticoltura si è diffusa in tutta l’America latina al seguito delle conquiste spagnole nell’area Inca. La coltura della vite viene introdotta nel Nuovo Mondo all’inizio con finalità religiose, cioè per produrre vino per i rituali, ma in seguito la vite diviene sempre più importante. Nel 1524, solo pochi anni dopo lo sbarco sulle coste dello Yucatan, Cortes decreta che in ogni con- cessione di terreno debbano essere piantate viti. Dal Messico la viticoltura si diffonde verso il Sud America ed il vino diviene in breve tempo una bevanda di grande popolarità. Alla fine dello stes- so secolo la viticoltura risulta talmente estesa che Filippo II è co- stretto a proibire l’impianto di nuovi vigneti.

L’area messicana sotto la dominazione spagnola è la più grande produttrice dall’inizio del XVI Secolo, estendendone sempre più la commercializzazione; in un tale clima di competizione i sovrani spagnoli ordinano una sempre maggior produzione di vigneti in vere e proprie piantagioni. La prima indicazione circa la coltiva- zione della vite in Messico è data dall’importazione di viti, avve- nuta insieme a quella di altre colture europee in Nuova Spagna, fra il 1520 e il 1530.

alla conquista, non sembra che gli Indios avessero mai cercato di ottenere vino da quelle uve. La bevanda tradizionale è il pulque, ricavato dall’agave e noto localmente col nome di manguey; ma vi è anche il tesguino, una specie di birra ottenuta dai chicchi di mais germogliati, ed il blanché, un idromele ricavato dalle foglie dei

Lonchocarpus63. L’assenza di vino d’uva in America prima dell’ar-

rivo degli spagnoli può essere attribuita alla maggiore facilità con cui si possono ottenere bevande alcoliche da altre piante. Infatti, la maggior parte dei vigneti impiantati dagli spagnoli inizialmente presenta non pochi problemi di acclimatazione.

Successivamente attraverso i flussi migratori degli italiani, dei francesi e dei tedeschi si diffondono anche i vini tipici dei territori europei, dal sapore nettamente differente rispetto a quelli nativi; cominciano quindi a produrli.

Nell’America settentrionale la Vitis esisteva già allo stato selvati- co, particolarmente nella parte orientale corrispondente all’attuale Virginia, ma anche in Canada sotto orma di viti arrotolate come liane attorno agli alberi. Questa varietà denominata Vitis riparia possiede frutti commestibili e presenta un minimo potenziale vi- nicolo, a differenza della Vitis vinifera europea. Alcune congrega- zioni missionarie come la Compagnia del Gesù e l’Ordine dei Frati Minori Recolletti canadesi cercano più volte d’ottenere il vino da quei “Lambruschi selvatici” locali, ma tali tentativi, rivelatisi del tutto fallimentari, vengono abbandonati già alla fine del XVII Se- colo. Piante europee sono state importate e innestate sulla East Coast, ma non hanno resistito alle malattie locali della vite. È nel corso del XVIII Secolo che la viticoltura californiana si amplia di buon grado sotto l’impulso dell’Ordine dei Frati Minori.

63 Il Lonchocarpus è un genere vegetale della famiglia dei legumi (Fabaceae). Le specie

sono chiamate lancepod a causa del loro frutto che ricorda una punta di lancia decorata o al- cune perle su una corda. La corteccia di L. violaceus (albero balché) è tradizionalmente usa- ta dalla versione Maya di Yukatek dell’idromele leggermente inebriante, il balché, che era tenuto nella più alta stima nell’antichità e considerato sacro per il dio dell’intossicazione.

Sulle sponde canadesi la regione dei Grandi Laghi risulta essere la più adatta per l’acclimatazione della vite; alcune varietà europee, impiantate attorno alla metà del XVIII Secolo, ad oggi crescono ancora. Nel corso della devastazione compiuta dalla Daktulosphai-

ra vitifoliae nella seconda metà del XIX Secolo, si viene a scoprire

che i vitigni nativi sono immuni dal parassita; un ibrido franco-a- mericano viene fatto crescere e riportato nel continente europeo.

Nel documento De Rerum vinum historiae (pagine 102-105)

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