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L'ordine pubblico alla luce delle principali innovazion

Nel documento Ordine pubblico e delibazione (pagine 31-43)

A premessa e conseguenza delle innovazioni a livello giurispruden- ziale, troviamo anche molte novità a livello legislativo.

L'introduzione dell'istituto dello scioglimento del matrimonio, con la legge n. 898 del 1° dicembre del 1970, ha confermato quel processo di superamento della regola della uniformità degli status matrimoniali e, allo stesso tempo, è stato occasione di nuovi interventi della Consulta, sempre nel senso di ridimensionare la rinuncia dello Stato alla propria giurisdizione sui matrimoni concordatari.

Ma procediamo con ordine. Come è noto, fino all'introduzione della legge n. 898 del 1970 e soprattutto fino alla riforma del diritto di fami- glia del 1975, l'obiettivo principale del legislatore è stato quello di tute- lare in via esclusiva l'istituzione familiare fondata sul matrimonio, qua- le modello disciplinato dal codice civile del 1942, avvertito come “na- turale” e quindi accettato e condiviso a livello sociale.

In questa concezione, caratterizzata dall'indissolubilità, dalla dise- guaglianza tra i coniugi e dalla discriminazione della famiglia fuori dal matrimonio, il diritto non dava rilevanza alla sfera individuale e all'af-

fectio coniugalis, bensì all'interesse superiore della famiglia35.

Basti pensare ad alcune norme del codice civile e del codice penale in cui emergeva immediatamente come ai due coniugi non fosse appli- cato lo stesso trattamento. L’art 151 del codice civile36, nella formula-

zione anteriore alla riforma del 1975, ammetteva infatti la separazione dei coniugi soltanto per colpa e per altre cause tassativamente indicate, in quanto il codice del 1942 aveva sostanzialmente ripreso il codice del 1865, dove era riaffermata l’indissolubilità del vincolo matrimoniale. Allo stesso tempo vigevano norme penali (c.p. art. 559-563) che san- zionavano l’adulterio e la relazione adulterina della moglie. In partico- lare l'art. 587 del codice penale37, rubricato “Omicidio e lesione perso-

nale a causa di onore”,tali disposizioni sul delitto d'onore sono state abrogate con la legge del 5 settembre 1981, n. 442.

In un breve periodo, da individuare approssimativamente nel decen-

35 Cfr. Sesta M., Manuale di diritto di famiglia, CEDAM, 2013, Padova, pag. 5 e seg.

36 L'art. 151 del codice civile recitava: “La separazione può essere chiesta per

causa di adulterio, di volontario abbandono, eccessi, sevizie, minacce o ingiurie gravi.

Non è ammessa l’azione di separazione per adulterio del marito se non quando concorrono gravi circostanze tali che il fatto costituisca un’ingiuria grave alla moglie”.

37 L'art. 587 del codice penale prevedeva che “Chiunque cagiona la morte del

coniuge, della figlia o della sorella, nell'atto in cui ne scopre la illegittima relazione carnale e nello stato d'ira determinato dall'offesa recata all'onor suo o della famiglia, è punito con la reclusione da tre a sette anni.

Alla stessa pena soggiace chi, nelle dette circostanze, cagiona la morte della persona, che sia in illegittima relazione carnale col coniuge, con la figlia o con la sorella.

Se il colpevole cagiona, nelle stesse circostanze, alle dette persone, una lesione personale, le pene stabilite negli articoli 582 e 583 sono ridotte a un terzo; se dalla lesione personale deriva la morte, la pena è della reclusione da due a cinque anni.

Non è punibile chi, nelle stesse circostanze, commette contro le dette persone il fatto preveduto dall'articolo”.

nio degli anni Sessanta, la società si è progressivamente distaccata da tale modello familiare, travolgendo l'indissolubilità e allentando i vin- coli di soggezione per lasciare spazio alle libere scelte.

Il quadro risulta però più complesso in quanto il nostro ordinamento giuridico non conosce un'unica forma di celebrazione del matrimonio: accanto al matrimonio civile, che trova per intero la sua disciplina nel codice civile e nella regolamentazione ad esso complementare, vi è in- fatti il matrimonio celebrato nella Chiesa cattolica (il c.d. matrimonio concordatario di cui abbiamo finora parlato), nonché il matrimonio ce- lebrato nell'ambito di altre confessioni religiose (il quale presenta al suo interno alcune differenze, perché in alcuni casi è regolato sulla base di intese stipulate con le varie confessioni religiose, in altri dalla legge 30 luglio 1929 n. 1159 nota come “legge sui culti ammessi”)38.

Per espressa previsione del legislatore39, l'istituto dello scioglimento

del matrimonio trovava, e trova tutt'ora applicazione, con identica di- sciplina indipendentemente dalla forma di celebrazione del matrimo- nio. Questo significa che il giudice civile vedeva allargarsi la propria giurisdizione sui matrimoni concordatari al punto da poterne vanificare gli effetti civili: un individuo infatti sarebbe potuto risultare vincolato

38 Cfr. Moneta P., Il matrimonio nullo nel diritto canonico e concordatario, CACUCCI EDITORE, 2008, Bari, pag. 18.

39 L'art. 2 della legge n. 898 del 1970 così recita: “Nei casi in cui il matrimonio sia

stato celebrato con rito religioso e regolarmente trascritto, il giudice, quando, esperito inutilmente il tentativo di conciliazione di cui al successivo art. 4, accerta che la comunione spirituale e materiale tra i coniugi non può essere mantenuta o ricostituita per l'esistenza di una delle cause previste dall'art. 3, pronuncia la cessazione degli effetti civili conseguenti alla trascrizione del matrimonio.”

da un matrimonio concordatario valido ed efficace per l'ordinamento canonico e allo stesso tempo privo di effetti per l'ordinamento dello Stato.

Questa situazione sollevò da subito forti reazioni per il contrasto che si formava tra l'art. 2 della legge n. 898 del 1970 e l'art. 34 del Concor- dato. Il giudice delle leggi venne infatti chiamato a pronunciarsi in for- za di un'ordinanza di remissione, emessa dal Tribunale di Siena, secon- do la quale l'articolo citato riconosceva, all'interno dello Stato, il matri- monio religioso come istituto disciplinato dal diritto canonico e quindi con il suo carattere sacramentale indissolubile. Formulava, di conse- guenza, un contrasto anche con l'art. 7 della Costituzione il quale si pone “in conflitto con l'impegno che possa ritenersi essere stato as-

sunto[...] dallo Stato italiano, con una norma ampiamente motivata per ragione di religione, quale l'art. 34 citato, […] anche al riconosci- mento dello stesso matrimonio nel carattere proprio che esso ha nel- l'ordinamento canonico di vincolo sacramentale e indissolubile.40

La Consulta dichiarò infondata la questione41, prospettata in riferi-

mento agli artt. 7, 10 e 138 della Costituzione, affermando che “con i

Patti Lateranensi lo Stato non ha assunto l'obbligo di non introdurre nel suo ordinamento l'istituto del divorzio” sottolineando di aver, l'or-

dinamento italiano, riconosciuto al matrimonio concordatario gli “ef-

40 Tribunale di Siena, ordinanza 20 aprile 1971, in Diritto Ecclesiastico, n. II/1971, pag. 228 e seg.

41 Corte Costituzionale, sentenza 8 luglio 1971 n. 169, in Diritto Ecclesiastico, n. II/1971, pag. 209 e seg.

fetti civili”, perciò “non ha operato una recezione della disciplina ca-

nonistica del matrimonio, limitandosi ad assumere il matrimonio, vali- damente celebrato secondo il rito cattolico e regolarmente trascritto nei registri dello stato civile, quale presupposto cui vengono ricollega- ti gli identici effetti del matrimonio celebrato davanti agli ufficiali di stato civile”42.

Ci si allontana ulteriormente dal modello matrimoniale concordatario con l'approvazione della l. 19 maggio del 1975, n. 151, che ha integral- mente innovato il diritto di famiglia, dando piena attuazione ai principi costituzionali di eguaglianza tra i coniugi e della parità tra figli43.

La tendenza ad abbandonare il modello tradizionale della famiglia nucleare ha ricevuto nuove conferme da parte del legislatore44 ed un'ul- 42 Così Corte Costituzionale, sentenza 8 luglio 1971 n. 169. La Corte aggiunge che “Accertato che gli effetti del matrimonio concordatario sono, e devono essere, gli

stessi effetti che la legge attribuisce al matrimonio civile, dalla separazione dei due ordinamenti deriva che nell'ordinamento statale il vincolo matrimoniale, con le sue caratteristiche di dissolubilità od indissolubilità, nasce dalla legge civile ed é da questa regolato. Del resto, poiché l'art. 7 della Costituzione afferma tanto per lo Stato quanto per la Chiesa i principi di indipendenza e di sovranità di ciascuno nel proprio ordine, una limitazione della competenza statale su questo punto doveva risultare da norma espressa, e, in mancanza di questa, non é desumibile da incerti argomenti interpretativi: tanto più che, in materia di accordi internazionali, vale il criterio della interpretazione restrittiva degli impegni che comportino per uno dei contraenti l'accettazione di limiti alla propria sovranità.”

43 L'art. 29 della Costituzione così recita: “La Repubblica riconosce i diritti della

famiglia come società naturale fondata sul matrimonio.

Il matrimonio è ordinato sull'eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell'unità familiare.”

L'art. 30 della Costituzione così dispone: “E' dovere e diritto dei genitori

mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio.

Nei casi di incapacità dei genitori, la legge provvede a che siano assolti i loso compiti.

La legge assicura ai figli nati fuori del matrimonio ogni tutela giuridica e sociale, compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima.

La legge detta le norme e i limiti per la ricerca della paternità.”

44 Sul punto si veda Sesta M., Manuale di diritto di famiglia, CEDAM, 2013, Padova, pag. 16 e seg.

teriore accelerazione con la scoperta di metodi di procreazione medi- calmente assistita, che consentono di concepire anche senza la collabo- razione attiva del partner45. Infine con la recente legge n. 219 del 2012

si è eliminata la distinzione tra figli legittimi e figli naturali, dando vita ad una unicità dello stato giuridico di filiazione46.

Possiamo poi allargare ancora il discorso. Si sono diffuse negli ulti- mi anni forme di convivenza non fondate sul matrimonio, che possono completarsi con la generazione della prole. In tal caso i rapporto di ge- nitorialità costituisce un legame giuridicamente vincolante, al di là del rapporto di coniugio: i genitori devono adempiere gli obblighi verso i figli sia dentro che fuori il matrimonio, come enunciato dall'art. 30 del- la Costituzione, che distingue i doveri familiari dai doveri matrimoniali (nel precedente art. 29). Se poi i genitori convivono con i figli, costitui- scono una vera e propria famiglia, e più precisamente una famiglia di diritto: l'attributo “di fatto” rimane quindi circoscritto al rapporto di coppia.

La Carta Costituzionale tuttavia continua a legare la famiglia al ma- trimonio: l'art. 29, nel dare una definizione della famiglia, stabilisce che la Repubblica ne riconosce e garantisce i diritti come “società na- turale fondata sul matrimonio”. Una lettura di questo articolo ancorata

45 Cfr. Consorti P., Diritto e religione, Editori Laterza, 2010, Bari-Roma, pag. 99 e seg.

46 Per approfondimenti si veda Bianca M., Filiazione. Commento al decreto

attuativo. Tutte le novità introdotte dal d.lgs 28 dicembre 2013, n.154, Giuffrè,

al passato, in cui si faceva riferimento ad un unico modello sociale di famiglia, quello fondato sul matrimonio, oggi non sembra più sosteni- bile. La norma va piuttosto letta in conformità all'evoluzione sociale, in cui sono presenti ormai diversi modelli familiari (vedi le convivenze

more uxorio, le coppie omosessuali), ma anche diverse forme di matri-

monio (monogamia, poliandria, poligamia) considerando inoltre che l'evoluzione scientifica ha reso possibile la procreazione al di fuori del matrimonio eterosessuale.

Per questi motivi l'art. 29 potrebbe essere interpretato in modo meno rigido, così da poter essere modellato al concreto atteggiarsi delle rela- zioni familiari.

Emerge chiaramente nell'ordinamento statale la tendenza a muoversi verso un nuovo diritto di famiglia, caratterizzato da una maggiore fra- gilità del matrimonio: rimovibile da ciascun coniuge ma irrilevante sia rispetto alla condizione giuridica dei figli sia in costanza di conviven- za, anche successivamente alla rottura della vita di coppia.

Su quest'ultima caratteristica è necessario concentrare l'attenzione. Risulta ormai pacifica la possibilità, nel nostro ordinamento, di costi- tuire convivenze familiari alternative a quella coniugale, caratterizzate da connotati sostanziali tipici del rapporto matrimoniale: coabitazione, fedeltà, assistenza reciproca, collaborazione, contribuzione ai bisogni comuni47. Queste forme di vita sociale sono tutelate a livello costitu- 47 Cfr. Ceccherini G., Gremigni L., Famiglie in crisi e autonomia privata: i

zionale: l'art. 2 della Costituzione riconosce alla coppia anche non uni- ta in matrimonio la natura di formazione sociale; l'art. 29 viene inter- pretato come un semplice indice del favor matrimonii del Costituente; ed ancora l'art. 31 garantisce la formazione della famiglia e l'adempi- mento delle funzioni genitoriali, non facendo alcuna distinzione tra fa- miglia legittima e altri modelli familiari. Pur essendo ancora prive di una disciplina giuridica organica ed ancora ben lontane dallo status co- niugale48, sono oggi applicabili a tali convivenze un complesso di nor-

me diverse fra loro che attribuiscono importanti effetti giuridici49.

Meno pacifico è invece risultato inserire la convivenza tra le “regole

fondamentali poste dalla Costituzione e dalle leggi”50 alla base dell'i-

stituto del matrimonio.

Con la sentenza n. 19809 del 2008, le Sezioni Unite hanno riaperto il contrasto tra chi riteneva la prolungata convivenza successiva al matri- monio motivo di contrasto con l'ordine pubblico, tale da ostacolare la delibazione di una sentenza ecclesiastica di nullità matrimoniale, e chi la riteneva invece una limitazione della proponibilità dell'azione di an- nullamento prevista dalla normativa civile, integrante una semplice di- versità di disciplina con l'ordinamento canonico e perciò superabile te-

giurisprudenza, CEDAM, 2013, Padova, pag. 8.

48 Sulla rilevanza dello status coniugale si veda Giacobbe E. , Il matrimonio. Tomo

primo: l'atto e il rapporto, UTET giuridica, 2011, Torino;

49 Sullo stato giuridico attuale della famiglia di fatto si veda Ceccherini G., Gremigni L., Famiglie in crisi e autonomia privata: i contratti dei coniugi e dei

conviventi tra principi normativi e regole della giurisprudenza, CEDAM, 2013,

Padova, pag. 19 e seg.

nendo conto della “specificità” di quest'ultimo.

La ratio sottesa a tale ipotesi di contrasto con l'ordine pubblico si ri- conduce ad una “vera e propria modificazione degli stessi principi di ordine pubblico in materia matrimoniale”51 nell'ordinamento statale. Al

principio dell'indissolubilità del vincolo, si è sostituito il ben diverso principio dell'effettività del rapporto coniugale52, intesa come stabile

comunione materiale e spirituale tra i coniugi.

Le sentenze n. 16379 e 16380 del 2014 delle SS. UU. della Corte di Cassazione hanno confermato che “un elemento essenziale del “matri-

monio rapporto” è certamente costituito dalla “convivenza” dei co- niugi o “come coniugi” che, nell'attuale specifico significato giuridico di tale espressione, connota il rapporto matrimoniale in modo deter- minante”53.

La distinzione tra “matrimonio-atto” e “matrimonio-rapporto” rileva sia nella Costituzione (negli stessi artt. 29, 30 e 31) sia in molteplici di- sposizioni del codice civile e delle leggi ordinarie (in particolare nel- l'art. 143 c.c.), nonché in numerose convenzioni internazionali (si ri- cordano la CEDU, la c.d. Carta di Nizza e la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo). Questo dimostra come la convivenza dei coniugi risulta essere un tratto essenziale dell'istituto matrimoniale e perciò tu-

51 Di Marzio P., Il matrimonio concordatario e gli altri matrimoni religiosi con

effetti civili, CEDAM, 2008, Padova, pag 114.

52 Cfr. Consorti P., Delibazione di sentenze ecclesiastiche e limite dell'ordine

pubblico dopo il Nuovo Accordo di Villa Madama, nota a Cass. sentt. n. 6128 e 6129 del 6 dicembre 1985, in Diritto ecclesiastico, 1986, pag. 399 e seg.

telata da norme di ordine pubblico, ai sensi dell'art. 797, primo comma, n. 7, c.p.c.

Nell'analisi del quadro normativo di riferimento, le sentenze in esa- me non hanno potuto tralasciare la questione relativa alla disciplina le- gislativa da applicare nel giudizio di delibazione.

Le incertezze sono sorte con la riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato , introdotta con la legge 31 marzo 1995 n. 218.

Prima di tale riforma, che si trattasse di sentenze straniere o di sen- tenze dei tribunali ecclesiastici, l'intera materia era disciplinata dal Ti- tolo VII del Libro Quarto del codice di procedura civile, intitolato “ Dell'efficacia delle sentenze straniere e dell'esecuzione di altri atti di autorità straniere”, comprendente gli articoli dal 796 all'805. Ciò di- pende dal rinvio contenuto nell'art. 8, comma secondo, lettera c) del- l'Accordo di Villa Madama54 il quale, tra gli accertamenti che doveva

compiere la Corte d'Appello in sede di delibazione, annoverava “le al-

54 L'art. 8, comma secondo, lettera c) della legge n. 121/1985 così recita: “Le

sentenze di nullità di matrimonio pronunciate dai tribunali ecclesiastici, che siano munite del decreto di esecutività del superiore organo ecclesiastico di controllo, sono, su domanda delle parti o di una di esse, dichiarate efficaci nella Repubblica italiana con sentenza della Corte d'appello competente, quando questa accerti:

a) che il giudice ecclesiastico era il giudice competente a conoscere della causa in quanto matrimonio celebrato in conformità del presente articolo;

b) che nel procedimento davanti ai tribunali ecclesiastici é stato assicurato alle parti il diritto di agire e di resistere in giudizio in modo non difforme dai principi fondamentali dell'ordinamento italiano;

c) che ricorrono le altre condizioni richieste dalla legislazione italiana per la dichiarazione di efficacia delle sentenze straniere. La Corte d'appello potrà, nella sentenza intesa a rendere esecutiva una sentenza canonica, statuire provvedimenti economici provvisori a favore di uno dei coniugi il cui matrimonio sia stato dichiarato nullo, rimandando le parti al giudice competente per la decisione sulla materia.”

tre condizioni richieste dalla legislazione italiana per la dichiarazione di efficacia delle sentenze straniere”. Ai sensi del n. 4 lett. b) del Pro-

tocollo addizionale, in relazione all'art. 8 dell'Accordo, le “altre con-

dizioni” si ritrovavano proprio negli artt. 796 e 797 del c.p.c.

Il Titolo VII è stato abrogato dall'art. 73 della legge del 1995, che specifica ulteriormente all'art. 64 l'automaticità, se ricorrono determi- nate condizioni, del riconoscimento delle sentenze straniere in Italia, senza che sia necessario il ricorso ad alcun procedimento giurisdizio- nale.

La modifica delle condizioni richieste per il riconoscimento delle sentenze straniere ha fatto sorgere il dubbio circa la portata del rinvio operato dal legislatore concordatario. Nel caso si ritenga un rinvio for- male o non ricettizio, esso avrebbe ad oggetto il precetto giuridico ef- fettivamente vigente al momento dei richiamo; se invece si ritiene tale rinvio come materiale o ricettizio, esso recepirebbe direttamente il con- tenuto della disposizione richiamata, indipendentemente dalle vicende che essa può subire nell'ordinamento originario.

Quest'ultimo orientamento è stato accolto dalle recenti pronunce del- le Sezioni Unite, le quali hanno disposto che “non v'è alcun dubbio

che tale materia è regolata esclusivamente dai menzionati Accordo e Protocollo addizionale del 18 febbraio 1984, resi esecutivi dalla legge n. 121 del 1985”.

che “Le disposizioni della presente legge non pregiudicano l'applica-

zione delle convenzioni internazionali in vigore per l'Italia”, dunque il

rapporto tra sentenze straniere e sentenze ecclesiastiche si pone nella prospettiva di un rapporto tra norme generali e norme speciali. Inoltre la materia dei rapporti Stato-Chiesa è coperta dal c.d. principio concor- datario, costituzionalizzato dall'art. 7 secondo comma della Costituzio- ne, il quale esige che sia rispettato l'impegno di modificare i Patti o sulla base di intese bilaterali o attraverso il procedimento di revisione costituzionale. A conferma di ciò le SS.UU. menzionano il Regola- mento (CE) n. 2210/2003 del Consiglio, relativo alla competenza, al ri- conoscimento e all'esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, dove all'art. 63, paragrafo 3, lett. a) si fa esplicitamente salva l'applicazione del Concordato Latera- nense.

L'art. 16 della legge 218 del 1995 mantiene operativo, nonostante le modifiche processuali, il contrasto con l'ordine pubblico anche nei con- fronti delle sentenze straniere, poiché al primo comma dispone “La

legge straniera non è applicata se i suoi effetti sono contrari all'ordine pubblico”.

Capitolo II

Il concetto di ordine pubblico

Nel documento Ordine pubblico e delibazione (pagine 31-43)