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La concorrenza sleale e la tutela del consumatore.

↓ Fase comportamentale

3.3. La concorrenza sleale e la tutela del consumatore.

Il rapporto intercorrente tra la concorrenza sleale e la tutela del consumatore è sempre stato visto come un rapporto estremamente complesso ed articolato, non soltanto in relazione alla natura delle due discipline ma anche e soprattutto in riferimento ai presupposti ed agli obiettivi che con entrambe si vogliono perseguire.

Già in passato alcuni autori avevano sollevato il problema di capire se anche i consumatori potessero considerarsi soggettivamente legittimati ad intervenire in caso di illeciti di tipo concorrenziale e se, a sua volta, la disciplina della concorrenza fosse in grado di tutelare adeguatamente anche gl’interessi dei consumatori.252 Per la maggior parte della dottrina

e della giurisprudenza, però, l’interesse del consumatore costituiva un semplice “parametro di valutazione” per stabilire se un determinato atto concorrenziale dovesse essere considerato più o meno sleale. Quest’ottica permetteva di offrire ai consumatori una tutela indiretta, se non addirittura mediata, dei loro interessi.253 In effetti, ai sensi

dell’art. 2598 del Codice civile, appartengono alla categoria degl’atti di concorrenza sleale tutti quei comportamenti, posti in essere dal professionista nel normale svolgimento della propria attività economica e

252 Ghidini G., Profili evolutivi del diritto industriale. Proprietà intellettuale e concorrenza, 2001,

pp. 185 e ss.;

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professionale, non conformi ai principi della correttezza e della lealtà professionale e che sono idonei a danneggiare le imprese concorrenti presenti sul mercato. Anche in giurisprudenza, l’orientamento prevalente sembrava propendere per una interpretazione che tendeva ad identificare la contrarietà ai principi della correttezza professionale rispetto alle norme che sono dirette a preservare ed a garantire un assetto concorrenziale del mercato, ovvero il rispetto di quelle norme che dovrebbero garantire la creazione e lo sviluppo di un mercato fondato sulla libertà di scelta sia per gli tutti operatori economici in esso operanti che per i consumatori, e che permettesse il miglioramento del benessere collettivo attraverso una più concreta ed efficace diminuzione dei prezzi, un aumento della qualità ed un maggior sviluppo tecnologico dei prodotti offerti.

Ne deriva che la libertà economica riconosciuta ai professionisti dall’art. 41 della Costituzione non può spingersi fino ad impedire, restringere o limitare la libertà di concorrenza, e/o eliminare i benefici da questa derivanti, per il solo scopo di raggiungere una posizione di maggior potere sul mercato.254

254 Cfr.: L’art. 41 della Cost. dispone che: 1) l’iniziativa economica privata è libera; 2) non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da arrecare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana; 3) la legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata verso fini sociali; Serafini S., La violazione delle norme sulla privacy nell’attività di telemarketing: una fattispecie “inedita” di concorrenza sleale?, in Corriere giuridico, 2008,

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L’art. 2598, comma 1), 2) e 3), del Codice civile, consente di individuare ben tre categorie di atti di concorrenza sleale:

1. Alla prima categoria, appartengono gl’atti compiuti da chi utilizza particolari nomi e segni distintivi volti a creare confusione con i nomi ed i segni distintivi altrui, o imiti servilmente i prodotti di un concorrente, o commetta atti tali da creare confusione con i prodotti e con l’attività esercitata dai concorrenti (cc.dd. atti di confusione);255

2. Alla seconda categoria, invece, appartengono gl’atti commessi da coloro che diffondono notizie e/o apprezzamenti sull’attività e sui prodotti altrui con il fine di screditare un concorrente, o si appropri dei pregi e/o dei prodotti dell’impresa concorrente (cc.dd. atti di denigrazione e

di appropriazione dei pregi altrui);256

3. All’ultima categoria, infine, appartengono gli atti compiuti da coloro che si avvalgono di qualunque mezzo contrario ai principi generali della correttezza professionale per danneggiare l’altrui azienda (c.c.dd. atti

di concorrenza parassitaria ed atti di boicottaggio economico).

255 Cfr.: Cass. Civ., sez. I, sentenza n. 1259 del 15 febbraio 1999, in Giurisprudenza italiana, 1999,

cc. 2094 e ss.; Cass. Civ., sez. I, sentenza n. 1225 del 17 maggio 1966, in Giurisprudenza italiana, 1966, I, cc. 1086 e ss.; Cass. Civ., sez. I, sentenza n. 4029 del 4 luglio 1985, in Rivista di diritto

commerciale, 1987, II, pp. 31 e ss.;

256 Angelici C., Diritto commerciale, op. cit., pp. 125 e ss.; Campobasso G. F., Diritto commerciale.

Il diritto dell’impresa, op. cit., pp. 246 e ss.; Autieri P., La concorrenza sleale, in Trattato di diritto privato, (a cura) di Rescigno P., 1983, pp. 346 e ss.;

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Seguendo tali impostazioni appare chiaro che la disciplina della concorrenza “…attiene prevalentemente ai rapporti tra gli imprenditori e riguarda

gli atti compiuti nell’esercizio dell’attività di impresa e considerati in funzione del loro contrasto con l’attività delle imprese concorrenti”. I limiti imposti alla

concorrenza vengono a loro volta sanciti a carico o a favore degli imprenditori e hanno, come contenuto, l’obbligo di non svolgere determinate attività economiche o di svolgerle secondo determinate modalità prefissate. Ne deriva che la disciplina della concorrenza si coordina di fatto con quella dell’imprenditore e della sua attività, lasciando poco margine di intervento per i consumatori.257 Questi ultimi

sarebbero considerati come uno strumento per determinare le iniziative preferibili e la tutela che viene accordata ai loro interessi sarebbe solo di

tipo indiretto, tanto è vero che la legittimazione ad agire in materia di concorrenza sleale sarebbe riconosciuta ai soli imprenditori

concorrenti danneggiati.258 Tale tutela indiretta consisterebbe nel

considerare gli interessi del consumatore come una sorta di parametro di riferimento per la valutazione degli interessi degli imprenditori in conflitto, ciò vuol dire che il giudice dovrà, tra le posizioni in contrasto,

257 Autieri P., La concorrenza sleale, in Trattato di diritto, (a cura) di Rescigno P., op. cit., pp. 348

e ss.; Ravà T., Il diritto industriale. Azienda, segni distintivi e concorrenza, 1973, pp. 147 e ss.; Ascarelli T., Teoria della concorrenza e interesse del consumatore, in Rivista trimestrale di diritto e

procedura civile, 1954, pp. 932 e ss.;

258 Cacciatore A., La concorrenza sleale e la tutela del consumatore, in Rivista di diritto dell’economia, dei

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assegnare la prevalenza a quella che riterrà più o meno conforme al vantaggio competitivo e/o all’utilità sociale.

Ma il crescente e progressivo interesse, anche sul piano normativo, per i consumatori, per i loro diritti e per la maggiore tutela che si vuole accordare ai loro interessi economici, ha modificato anche il modo di guardare alla concorrenza. Le più recenti diposizioni legislative, infatti, hanno affermato che la repressione della concorrenza sleale non deve guardare esclusivamente agli interessi dell’imprenditore e dei suoi diretti

concorrenti, ma anche a quelli dei consumatori.259 Sostanzialmente,

gli interessi degli imprenditori concorrenti non dovrebbero più rappresentare l’unico punto di riferimento della tutela concorrenziale, ma bisognerebbe guardare con maggiore partecipazione anche agli interessi dei singoli consumatori e della collettività, generalmente considerata, affinché lo sviluppo della libera concorrenza tra le imprese avvenga nel modo più corretto, leale e trasparente possibile.260

Alla luce della ratio della nuova disciplina dettata dall’art. 18 all’art. 27-quater del Codice del Consumo, viene dunque abbandonata l’originaria impostazione data dalla direttiva 84/450/CE (recepita in Italia dal d.lgs. n. 74 del 1992), secondo cui lo stesso impianto normativo

259 Santagata C., Le nuove prospettive della disciplina della concorrenza sleale, in Rivista di diritto

commerciale, 1971, pp. 141 e ss.;

260 D’Antonio V., Sciancalepore G., Le pratiche commerciali, in La tutela del consumatore, op. cit.,

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assurgeva allo scopo di tutelare, contemporaneamente, professionisti e consumatori, concorrenza e contraenti deboli, in favore dei nuovi blocchi disciplinari “monofunzionali”, destinati a tutelare soltanto l’uno o l’altro profilo del mercato. Questa novità ha comportato che, al di fuori dei rapporti tra professionisti e consumatori, l’attuale disciplina prevista dal Codice del Consumo risulterebbe inapplicabile alle ulteriori tipologie di pratiche commerciali che magari interessano unicamente le relazioni commerciali tra professionisti, oppure, quantunque coinvolgessero anche i consumatori, andrebbero essenzialmente a pregiudicare interessi di natura esclusivamente concorrenziale. Essenzialmente, nelle ipotesi di pratiche commerciali lesive dei soli interessi delle imprese concorrenti ma assolutamente non lesive degli interessi economici dei consumatori, al professionista non resterebbe fare altro che ricorrere alle disposizioni del Codice civile in materia di concorrenza sleale; nel caso, invece, di pratiche commerciali scorrette che ledano gl’interessi del consumatore, il concorrente, i cui interessi potrebbero essere stati eventualmente lesi dalla stessa pratica commerciale, potrebbe sia ricorrere ai rimedi previsti dal Codice civile sia applicare gli strumenti di tutela offerti dal Codice del Consumo.261

261 D’Antonio V., Sciancalepore G., Le pratiche commerciali, in La tutela del consumatore, op. cit.,

pp. 148 e ss.; Ascarelli T., Teoria della concorrenza e interesse del consumatore, in Rivista trimestrale di diritto e procedura civile, op. cit., pp. 934 e ss.; Angelici C., Diritto commerciale, op. cit., pp. 130 e ss.;

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La stessa direttiva 2005/29/CE riconoscendo agli Stati membri, in materia di pratiche commerciali scorrette, la facoltà di mantenere o di adottare “…disposizioni che abbiano lo scopo di garantire una più ampia tutela dei

professionisti e dei concorrenti”, riconosce a queste ultime una tutela maggiore

rispetto a quella normalmente accordata ai consumatori.262 Ed è per

questo che molti autori ritengono che attraverso una più attenta disciplina della concorrenza si possano, in definitiva, elevare anche i livelli di protezione garantiti ai consumatori. Il diritto della concorrenza, infatti, garantisce che anche i consumatori possano godere di una parte dei benefici economici derivanti da un più corretto ed efficiente funzionamento del mercato, nonché da un maggiore progresso economico e tecnologico dello stesso.

Non sempre, però, un mercato perfettamente concorrenziale si traduce necessariamente in un beneficio reale ed effettivo per i consumatori. Alle volte, infatti, anche in un mercato fortemente e liberamente competitivo possono sorgere rilevanti problemi per i consumatori. Problemi che, nella maggior parte dei casi, risultano

262 Cfr.: La direttiva 2005/29/CE al considerando n. 8 recita che la presente direttiva tutela direttamente

gli interessi economici dei consumatori dalle pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori. Essa, quindi, tutela indirettamente le attività legittime da quelle dei rispettivi concorrenti che non rispettano le regole previste dalla presente direttiva e, pertanto, garantisce nel settore da essa coordinato una concorrenza leale. Resta inteso che esistono altre pratiche commerciali che, per quanto non lesive per i consumatori, possono danneggiare i concorrenti e i clienti. La Commissione dovrebbe valutare accuratamente la necessità di un’azione comunitaria in materia di concorrenza sleale al di là delle finalità della presente direttiva e, ove necessario, presentare una proposta legislativa che contempli questi altri aspetti della concorrenza sleale;

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connessi ai difetti di informazione o, addirittura, alla totale carenza di informazione e che hanno non poche conseguenze sulla libera formazione della volontà e del comportamento economico del consumatore.

Sebbene concorrenza e tutela del consumatore sembrino avere gli stessi obiettivi ed in alcuni casi le misure poste in attuazione dell’una e dell’altra politica sembrino coincidere, nei fatti, invece, molto spesso i singoli obiettivi sono diversi e vengono raggiunti soltanto attraverso la predisposizione di differenti strumenti.263 Si tratta di due politiche tra di

loro complementari in cui lo scopo comune, sia per la tutela della libera concorrenza che per la protezione del consumatore, sembrerebbe essere quello di poter assicurare a quest’ultimo l’accesso ad una vasta gamma di

beni e servizi, a prezzi liberi e convenienti, in un mercato scevro da pratiche commerciali generalmente scorrette (sia aggressive che

ingannevoli).264 Non solo. Ma l’obiettivo congiunto di entrambe le

politiche è innanzitutto quello di garantire al consumatore di addivenire ad una scelta consapevole, libera ed informata, che lo mantenga parte attiva di un mercato che solo in questo modo e a queste condizioni,

potrà dirsi effettivamente libero ed economicamente efficiente.

263 Pera A., La direttiva sulle pratiche commerciali sleali tra tutela del consumatore e disciplina della

concorrenza, in Rivista di diritto civile, op. cit., pp. 507 e ss.;

264 Cfr.: Cass. Civ., sez. I, sentenza n. 11404 del 20 dicembre 1996, in Giustizia civile, 1997, I,

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Ma rendere il mercato più efficiente, anche da un punto di vista squisitamente concorrenziale, non riconosce di fatto ai consumatori la legittimazione ad agire in giudizio per rimuovere un atto di concorrenza sleale che sia lesivo dei loro interessi. Proprio questa difficoltà, richiama la nostra attenzione sull’art. 2061 del Codice civile che consente alle associazioni professionali ed agli enti, che rappresentano la categoria, di agire in giudizio per la repressione di quei particolari atti di concorrenza sleale che siano lesivi degli interessi “di una categoria professionale”.265

Ma nulla di più aggiunge in relazione alla posizione dei consumatori. Solo con la successiva soppressione, all’interno dello stesso art. 2061 del Codice civile, del requisito della “professionalità” si è potuto riconoscere, come poi vedremo, alle Associazioni rappresentative dei consumatori, il potere di ottenere la legittimazione ad agire in giudizio per la tutela degli interessi dei consumatori riuniti in categorie.

265 Pera A., La direttiva sulle pratiche commerciali sleali tra tutela del consumatore e disciplina della

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