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La contattabilità delle prede in immersione

1.7 Ecologia del comportamento di alimentazione e interazioni con le specie preda

1.7.4 La contattabilità delle prede in immersione

1.7.4 La contattabilità delle prede in immersione

In considerazione della grande quantità di ambienti frequentati e del numero di specie che costituisce la dieta del Cormorano, l’interesse di alcuni studi recenti viene rivolto alle modalità di identificazione delle prede sotto la superficie dell’acqua.

Nell’ambiente aereo, l’organo che più di ogni altro provvede al potere rifrattivo dell’occhio è la cornea (Levy & Sivak, 1980). Nell’ambiente acquatico, l’occhio del Cormorano possiede la capacità di accomodare la cornea e compensare così la perdita del potere di rifrazione

(Katzir & Howland, 2003). Questa capacità sembra essere legata alla flessibilità e capacità di curvatura del cristallino, ed è particolarmente apprezzabile in condizioni di buona luminosità (Glasser & Howland, 1996). Anche per quanto riguarda l’acuità visiva, studi effettuati in ambiente sperimentale evidenziano dei buoni valori durante l’immersione, vincolati però anche in questo caso a situazioni di elevata luminosità. E’ stato infatti dimostrato che l’acuità diminuisce linearmente al diminuire dell’intensità luminosa (Strod et al., 2004). Dato che il valore di questo parametro diminuisce all’aumentare della profondità, andrebbe valutato l’abbassamento dei valori di acuità in relazione alle variazioni batimetriche. Uno studio evidenzia che le profondità maggiori vengono raggiunte dal Marangone dal ciuffo solamente nelle ore centrali della giornata, presumibilmente in relazione ad una maggior rifrazione della luce negli strati più profondi (Wanless et al., 1999). Nell’ambiente naturale entrano quindi in gioco alcuni parametri ecologici che non possono essere previsti nelle condizioni sperimentali, ma che vanno ad incidere significativamente sulla limpidezza dell’acqua e quindi sulla capacità visiva degli uccelli. E’ stato per esempio dimostrato che i valori di acuità visiva del Cormorano sono molto bassi in condizioni di luminosità molto simili a quelle dell’ambiente naturale di foraggiamento. Per comparazione, sono circa 60 volte inferiori a quelli di alcune specie di rapaci diurni terrestri (White et al., 2007).

La torbidità sembra essere il parametro che limita più di ogni altro la capacità visiva (Van Eerden & Voslamber, 1995; Strod et al., 1999). In aree caratterizzate da acque torbide è stato rilevato che circa la metà dei tentativi di cattura messi in atto dal Cormorano avevano un esito negativo (Grémillet et al., 2006). In questo lavoro le specie ittiche considerate (Ciprinidi) sono caratterizzate da un’ecologia legata alla colonna d’acqua e sono caratterizzate da buona mobilità e velocità di fuga (Froese & Pauly, 2003). Viene quindi osservato che nell’ambiente naturale il Cormorano non sia capace di individuare ed inseguire efficientemente le prede sott’acqua (White et al., 2007), in particolar modo quando queste siano caratterizzate da elevata mobilità. Questa ipotesi potrebbe essere confermata da alcune caratteristiche della specie, come il prelievo prevalente di prede caratterizzate da scarsa mobilità e che puntano a mimetizzarsi sul fondale, una attività di foraggiamento anche in assenza di luce (King et al., 1998; Grémillet et al., 2005c), le basse velocità espresse nella maggior parte delle immersioni (Ropert-Coudert et al., 2006) ed infine la possibilità di rilevamento delle prede tramite il contatto con il becco (Voslamber et al., 1995; Grémillet et

al., 2005c). Confermato che le prede possono essere visualizzate solamente a distanza

relativamente breve (circa 1,4 m in acque limpide, Strod et al., 1999), viene proposto che il Cormorano mette in atto dei comportamenti che le costringe ad eseguire un comportamento di fuga (Jablonski, 2002). L’abilità della specie di effettuare delle brevi accelerazioni

(Ropert-Coudert et al., 2006) e di estendere rapidamente il collo e contemporaneamente eseguire una spinta propulsiva con le zampe (Johnsgard, 1993; Grémillet et al., 2006) verso la potenziale preda (Fig. 8), permetterebbe di catturarla senza effettuare degli inseguimenti energeticamente molto dispendiosi (Halsey et al., 2007).

Figura 8 – Posizione di cattura (figura sopra) e di preparazione (figura sotto). (mod. da Grémillet et al., 2006).

Il Cormorano sembrerebbe anche in questo contesto molto ben adattato alle diverse caratteristiche ecologiche degli ambienti utilizzati per foraggiare. Al riguardo, la tecnica di cattura proposta dagli autori potrebbe essere particolarmente efficiente negli ambienti lagunari, dove si registrano frequenti fenomeni di ipossia e variazioni della torbidità delle acque (Diaz, 2001), fenomeni che condizionano le capacità visive del Cormorano. Questi parametri possono influenzare il comportamento delle prede ittiche (Huey, 1991) e in determinate situazioni facilitare la predazione da parte degli uccelli ittiofagi (Kramer, 1983; Kersten et al., 1991).

Uno studio ha evidenziato una forte influenza dei fenomeni di ipossia su alcune specie ittiche che sono importanti per la dieta del Cormorano nelle aree lagunari dell’alto Adriatico. Le basse concentrazioni di ossigeno nell’acqua determinano infatti una riduzione delle capacità elusive e della velocità di fuga del Cefalo dorato (Liza aurata) (Lefrancois et al., 2005). Anche per il Cefalo muggine (Mugil cephalus) sono state registrate delle alterazioni significative delle capacità locomotorie nei casi di ipossia (Lefrancois et al., 2007), determinando così un effetto negativo sulle possibilità di evitamento dei predatori. I valori critici di ossigeno nell’acqua non condizionano solamente le capacità cinetiche dei Cefali, ma anche il loro comportamento. E’ stato infatti dimostrato che l’ipossia e l’elevata torbidità delle acque aumentano significativamente il numero delle volte in cui il Cefalo raggiunge la superficie dell’acqua per effettuare le “respirazioni superficiali” tipiche di questa specie

(Dickson, 1985). Un incremento di questa attività determina un aumento della visibilità e di conseguenza una maggior esposizione ai predatori (Shingles et al., 2005).

Un ulteriore parametro ecologico che può condizionare il comportamento dei pesci è la temperatura. Nello specifico, le diminuzioni di temperatura dell’acqua provocano una riduzione della reattività e della velocità di fuga di molte specie ittiche (Webb, 1978; Beddow et al., 1995; O’Steen & Bennett, 2003). Recentemente è stato confermato un effetto negativo delle diminuzioni di temperatura anche sulla capacità locomotorie del Branzino (Dicentrarchus labrax) (Claireaux et al., 2006), che come i Cefali rappresenta una delle prede che costituiscono la dieta del Cormorano nelle aree lagunari.

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