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LA SELACIOFAUNA PLIO-PLEISTOCENICA DEL MEDITERRANEO: RISULTATI E CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

5.2. Nuove conoscenze sulla selaciofauna plio-pleistocenica dell’Italia.

5.2.2. La fauna batiale pleistocenica di Fiumefreddo

La sezione di Fiumefreddo, affiorante lungo il versante nord della collina di Serra San Biagio, nei pressi dell’omonimo abitato in provincia di Catania, ha fornito un contributo di assoluto valore nella comprensione dei processi che hanno determinato l’evoluzione paleobiogeografica della fauna a squali batiali del Mediterraneo negli ultimi due milioni di anni. Lungo questa sezione sono stati campionati un totale di dieci livelli per la raccolta e lo studio di otoliti di teleostei (Girone et al., 2006), otto dei quali nella porzione basale, datati sulla base del contenuto a nannoplancton calcareo al Pleistocene

inferiore, e due in quella superiore, datati al Pleistocene medio. Otto di questi livelli si sono rivelati produttivi anche per denti e scaglie di selaci.

La selaciofauna descritta (Tabella n. 3), caratterizzata da un esiguo numero di reperti per taxon riconosciuto, è costituita da un totale di 28 denti e quattro placche dermiche. L’analisi sistematica del materiale campionato ha consentito il riconoscimento di dieci specie inquadrabili in 7 generi, 5 famiglie e 3 ordini. Il numero piuttosto elevato di specie presenti mette in evidenziare l’elevata eterogeneità della selaciofauna di Fiumefreddo, nonostante l’esiguo numero di reperti. Quattordici tra i reperti raccolti nei livelli campionati sono relativi a frammenti di corone e/o radici per i quali non è stato possibile stabilire l’esatta attribuzione tassonomica (Tabella n. 3). L’ordine degli Squaliformes, con sei specie descritte, è sicuramente quello meglio rappresentato all’interno dell’associazione. Tre taxa, Etmopterus sp., Centroscymnus aff. crepidater e Scymnodon aff. ringens, sono riferibili alla famiglia Dalatiidae, mentre Centrophorus sp., C. aff. squamosus e C. cf. granulosus fanno parte della famiglia Centrophoridae. Il riconoscimento specifico dei taxa che costituiscono la famiglia Centrophoridae risulta spesso essere piuttosto difficile attraverso lo studio di singoli denti isolati, soprattutto quando questi si presentano variamente erosi o frammentati (vedi anche Cappetta & Nolf, 1991). Per questo motivo per alcuni reperti non è stato possibile stabilire l’esatta attribuzione tassonomica causa dell’assenza di porzioni di dente necessarie per una corretta determinazione sistematica (vedi ad es. Centrophorus sp.). C. aff. squamosus è l’unica delle specie riconosciute ad essere stata descritta sulla base delle sole placche dermiche. L’ordine Carcharhiniformes è rappresentato dalla sola famiglia, Scyliorhinidae, con le specie Apristurus aff. laurussoni e Galeus cf. melastomus. Infine, l’unico esemplare attribuito alla specie attuale Chlamydoselachus cf. anguineus, famiglia Chlamydoselachidae, ha permesso di evidenziare anche la presenza dell’ordine Hexanchiformes nei sedimenti del Pleistocene inferiore di Fiumefreddo.

L’associazione a selaci di Fiumefreddo è importante in quanto rappresenta il primo record assoluto pleistocenico per le specie identificate, fornendo nuove informazioni sulla distribuzione della selaciofauna plio-pleistocenica all’interno del bacino mediterraneo. Tutte le specie sono state campionate nei livelli datati al Pleistocene inferiore “Fiumefreddo 2-8”, mentre S. aff. ringens è l’unica tra queste ad essere stata segnalata anche nel livello “Fiumefreddo Cava 2”, situato al tetto della marne argillose grigio- azzurre e datato al Pleistocene medio (vedi capitolo n. 3). La presenza di G. cf. melastomus, C. cf. granulosus ed Etmopterus sp. nei sedimenti pleistocenici dell’Italia

meridionale è stata recentemente confermata anche da altri campionamenti effettuati nella sezione siciliana di Grammichele (Catania) ed in quelle calabre di Archi e Vallone Catrica (Reggio Calabria) (Tabella n. 2). Inoltre, è da sottolineare come l’unico reperto riconosciuto di C. cf. anguineus costituisca la prima segnalazione fossile per questa specie, mentre la segnalazione di Apristurus aff. laurussoni, rappresenta in assoluto il primo record fossile del genere Apristurus. La primitività dei caratteri morfologici che definiscono il genere Chlamydoselachus, e quindi la specie attuale C. anguineus, permetterebbero di ipotizzare una probabile conspecificità tra il taxon fossile pliocenico C. lawleyi (vedi Lawley, 1876; Davis, 1887) e la specie attuale, come dimostrato del resto anche dalla stretta analogia morfologica dei denti di queste due specie. Tale ipotesi non è tuttavia verificabile a causa della scomparsa dei tipi di C. lawley, probabilmente durante la separazione della collezione.

L’associazione ad ittiodontoliti studiata mette in risalto il carattere batiale della sezione di Fiumefreddo, costituita in prevalenza da specie batidemersali e batipelagiche ad affinità temperato-subtropicale tipiche di acque profonde negli ambiente di piattaforma esterna e/o scarpata superiore (vedi Compagno, 1984). Alcune considerazioni batimetriche possono essere infatti formulate sulla base dell’attuale distribuzione delle specie riconosciute (Fig. 18). Tutte le specie riconosciute sono generalmente frequenti soprattutto al di sotto dei 150-200m. sebbene, sebbene alcuni casi siano stati segnalati anche in acque più superficiali (ad es. C. cf. anguineus, Compagno, 1984). A. aff. laurussoni è l’unica specie con una distribuzione batimetrica minore rispetto a quella di tutte le altre specie, compresa infatti tra i 560 ed i 1462m (Fig 15). C. cf. anguineus, Etmopterus sp., C. aff. crepidater, S. aff. ringens, C. aff. squamosus e G. cf. melastomus presentano un limite batimetrico inferiore che può raggiungere i 1500m di profondità (Fig. 18), anche se tra queste solamente Etmopterus sp. e G. cf. melastomus possono estendere il loro range oltre i 2000m di profondità (Compagno, 1984; Sion et al., 2004). Sulla base delle distribuzioni batimetriche dei taxa di Fiumefreddo, è plausibile quindi ipotizzare una profondità media della sezione che doveva essere compresa tra i 500 m ed i 1000m. Il termine superiore di questo intervallo è calcolato sulla base del limite superiore della distribuzione verticale di A. aff. laurussoni, mentre il termine inferiore, così come pure il carattere batiale dell’associazione, è in accordo con l’elevato numero di ittiodontoliti di teleostei della famiglia Trichiuridae riconosciuti nei livelli campionati, sia soprattutto con i precedenti studi recentemente effettuati sugli otoliti da Girone et al. (2006), campionati nei medesimi livelli da cui provengono gli ittiodontoliti e le scaglie di squalo considerate.

Fig. n. 18. Distribuzione batimetria delle specie tuttora viventi identificate nella sezione di Fiumefreddo (Catania).

La sezione di Fiumefreddo sottolinea anche un altro importante aspetto, oltre quello strettamente stratigrafico e/o paleoecologico, legato all’elevata eterogeneità e biodiversità espressa dalla selaciofauna pleistocenica siciliana, che si viene contrapporre al depauperato popolamento a squali di profondità che caratterizza il Mediterraneo oggi (Sion et al., 2004). La presenza di specie, quali G. melastomus, Etmopterus sp. e C. granulosus, tipiche degli strati più profondi della massa d’acqua del bacino mediterraneo, è infatti nettamente subordinata a quella dei taxa a stretta distribuzione atlantica (Fig. 19), attualmente assenti nel biota ittico del Mediterraneo (Compagno, 1984; Notarbartolo di Sciara & Bianchi, 1998; Serena, 2005). A. laurussoni, tra le specie extra-mediterranee, è quella con una distribuzione geografica più ristretta e localizzata, conosciuta senza continuità, solamente nell’Atlantico occidentale, lungo le coste del Massachussetts, del Delaware e del Golfo del Messico, e nell’Atlantico orientale, dove è stato invece segnalato in Islanda, nel sud dell’Irlanda, nelle Isole Canarie ed a Madeira (Compagno, 1984; Iglésias & Nakaya, 2004). S. ringens presenta una distribuzione geografica limitata alle sole acque

dell’Atlantico nord-orientale, dove è comune lungo la scarpata, dalla Scozia fino alla Spagna, Portogallo e Senegal (Compagno, 1984). Le altre tre specie extra-mediterranee descritte C. cf. anguineus, C. aff. squamosus e C. aff. crepidater, comuni nelle acque profonde antistanti lo stretto di Gibilterra, sono invece caratterizzate da una distribuzione più ampia, anche se talvolta discontinua come il caso di C. cf. anguineus (Wheeler, 1962; Domanevskiy, 1975; Bass et al., 1975; Nakaya & Bass, 1978; Compagno, 1984), segnalate infatti non solo nell’oceano Atlantico, ma anche nel Pacifico ed nell’Indiano (vedi ad es. Bass et al., 1975; Nakaya & Bass, 1978; Compagno, 1984). La presenza di queste specie extra-mediterranee nei sedimenti pleistocenici di Fiumefreddo consente di ampliare la loro passata distribuzione geografica che nel Pleistocene inferiore doveva estendersi almeno alla porzione occidentale del Mediterraneo.

Fig. n. 19. Distribuzione geografica dei taxa atlantici identificati nella sezione di Fiumefreddo (Catania).

L’oceanizzazione della fauna è in perfetto accordo con quando già osservato anche per altri gruppi di organismi provenienti da sezioni coeve dell’Italia meridionale (vedi ad es. Barrier et al., 1989; Di Geronimo et al., 1997; Di Geronimo & La Perna, 1996; 1997a,b; Corselli, 2001; Girone & Varola, 2001; Girone, 2003; Girone et al., 2006). Il Mediterraneo, a seguito del progressivo deterioramento climatico plio-pleistocenico e del conseguente abbassamento delle temperature medie annue delle acque oceaniche (vedi ad es. Dowsett & Poore, 1990; Dowsett et al., 1994; Herbert & Schuffert, 1998), è

bioprovince lusitanica, boreale ed artica (vedi Bonaduce & Sprovieri, 1985; Raffi, 1985; Maltesta & Zarlenga, 1986; Di Geronimo & La Perna, 1997b). Una maggiore comunicazione tra l’Oceano Atlantico ed il Mediterraneo ed una migliore circolazione delle acque avrebbero favorito l’impostazione di condizioni al fondo ottimali per la permanenza dei taxa freddi stenotermi (vedi ad es. Barrier, 1989; Di Geronimo & La Perna, 1997a), condizioni che sarebbero state favorite dalla totale assenza o da una maggiore profondità della soglia di Gibilterra almeno fino al Pliocene inferiore (Dillon et al., 1980; Maldonado, 1985). Questo generale trend faunistico è supportato anche da recenti studi condotti sugli otoliti di pesce campionati negli stessi livelli della sezione di Fiumefreddo (Girone et al., 2006). Alcune specie riconosciute, come Nansenia groenlandica o Coryphaenoides rupestris, sono infatti specie profonde tipiche delle aree boreali, con una distribuzione geografica localizzata soprattutto nel nord Atlantico (Cohen, 1986; Geistdoerfer, 1986). Per quanto riguarda gli squali, se si esclude A. aff. laurussoni, tutte le specie riconosciute sono presenti nel bacino già a partire dal Pliocene inferiore (Cigala Fulgosi, 1986; 1996; Cappetta & Nolf, 1991). Tra le specie extra-mediterranee descritte a Fiumefreddo, S. aff. ringens è l’unica ad essere stata segnalata anche nel Pliocene medio (vedi sopra), suggerendo una sua possibile continuativa presenza almeno tra il Pliocene inferiore ed il Pleistocene medio. Allo stato attuale delle conoscenze questa continuità temporale non può essere stabilita per le altre specie extra-mediterranee riconosciute C. aff. crepidarer, C. aff. squamulosus e C. cf. anguineus, così come per quelle tuttora presenti nel Mediterraneo, come G. cf. melastomus, a causa dello hiatus temporale troppo ampio che caratterizza il loro record fossile.

5.3. Il Record fossile della selaciofauna plio-pleistocenica del Mediterraneo:

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