Capitolo 4 Nonsharan kiroku
4.3 La figura dello storico
Il risultato più esplicativo della società descritta in Nonsharan kiroku è il personaggio del padre adottivo del protagonista. Si scopre che in passato l’uomo era uno storico appassionato della società del ventesimo e ventunesimo secolo, esiliato per le sue idee ai livelli più bassi della metropoli.
Per farla semplice, il vecchio sosteneva che gli uomini possedessero uno spirito. Tuttavia, lo spirito in cui lui credeva non poteva essere trovato all’interno del corpo umano, indipendentemente dalla bravura dell’anatomista. La ragione principale del suo esilio da ogni livello della società odierna riguardava l’ostinazione del vecchio a credere in qualcosa che l’occhio non poteva vedere.164
Lui stesso si descrive come «una persona che sognava un mondo nuovo circondata da corpi morti»165. Si tratta quindi di un uomo espulso dalla società soltanto perché ciò in cui lui crede non può essere dimostrato scientificamente, non può, appunto, essere visto ad occhi nudi. Il suo discorso, di valenza romantica, non viene più compreso in una società che non è più in grado di apprezzare l’arte, che vive basandosi sulle mode, immersa nella più futile tecnologia, incapace di provare sentimenti umani, una società nella quale la parola “amore” viene considerata volgare, adatta solo alla bocca degli emarginati. Questo personaggio rappresenta quei pochi romantici rimasti in mezzo ad una popolazione di automi, di insensibili, di corpi morti, appunto. Immagina quindi una società costruita su un altro pianeta, dove sarebbero in grado di comprendere ciò che lui pensa, e passa il tempo a cercare un modo per comunicare con essa, seppure esiste. Nella descrizione del ventesimo secolo fatta dallo storico si evidenzia il timore e al contempo la critica che Satō fa alla società moderna giapponese.
Al tempo una nuova alchimia era di moda. Pensavano che se avessero ribaltato il mondo come un oggetto solido, ogni cosa sarebbe stata splendente e si sarebbe trasformata in oro. Questo rese il mondo estremamente instabile. Alla fine, dopo aver creato una gran
164 SATŌ, Haruo, Satō Haruo shū, Shinchō Nihon Bungaku, op. cit., p. 285. Mia la traduzione. 165 Ibidem. Mia la traduzione.
75 confusione, rivoltarono il mondo. Pian piano le cose si sistemarono e il nuovo mondo
che ne venne fuori è quello che vedi adesso. Ciò che mi interessa del ventesimo secolo è il fatto che il mondo assai sviluppato di allora stranamente assomiglia moltissimo al mondo odierno.166
In questo passaggio, Satō risulta essere quasi profetico: se la società moderna proseguirà per la strada intrapresa con l’inizio del periodo Meiji, se effettivamente rivolterà il mondo sottosopra, è altamente probabile che la società descritta in questo racconto diventi realtà. Si tratta quindi di un avvertimento, con la speranza che leggendo il racconto il Giappone si renda conto dei propri errori e vi ponga rimedio al più presto. Lo storico avverte dell’assoluta necessità di aria e luce solare per la sopravvivenza dell’uomo, aggiungendo che, mentre in tempi antichi tutti ne godevano in quantità uguale, la società attuale è invece condannata ad estinguersi proseguendo nella direzione intrapresa. Per queste idee viene ulteriormente degradato, ritenendo inaccettabile che lui non voglia rinunciare alle sue convinzioni, che vi resti aggrappato in maniera così ossessiva. È lui che crea la piccola bolla di paradiso nella quale vive il protagonista prima della giornata di beneficenza, dove ha la possibilità di vivere una vita “normale” seppure per un brevissimo periodo. È significativo che, dopo essere stati scoperti, il protagonista scelga la perdita della capacità di parlare piuttosto che la cancellazione della memoria come metodo punitivo perché non vuole dimenticare la gentilezza e la dignità di quest’uomo anziano, che lui è arrivato a considerare un padre. Per quanto questo lasci un barlume di speranza iniziale all’interno del racconto, tuttavia, il destino dello storico è tragico. Al posto di una sentenza di morte, infatti, anche lui viene costretto a trasformarsi in pianta ma, al contrario del protagonista, non gli viene concessa la possibilità di scegliere la tipologia di pianta. Per questo viene trasformato nella«più triste forma di vita botanica: la più minuscola forma di muschio, incapace per sempre di spostarsi da un luogo insalubre, che non viene mai raggiunto dal sole»167. Tuttavia qualcosa nella trasformazione va storto e lo storico si trasforma in una gigantesca quercia deforme. Alla fine del racconto, la rosa scoprirà che la quercia è stata abbattuta perché non faceva altro che lamentarsi dell’aria cattiva dei livelli alti, della sovrabbondante luce elettrica che non gli permetteva di vedere le stelle e della freddezza del suolo. Vediamo quindi come questo personaggio non rinunci fino alla fine ai suoi ideali, come resti un sognatore nonostante la trasformazione in pianta e la denigrazione da parte della società. Proprio come l’architetto di
166 SATŌ, Haruo, Satō Haruo shū, Shinchō Nihon Bungaku, op. cit., p. 285. Mia la traduzione. 167 Ibidem, p. 292. Mia la traduzione.
76
Utsukushiki machi, anche lo storico è stato illuso dalle promesse del passato, costretto alla fine
a sopportare una società che ha continuato a isolarlo e a farsi beffe di lui e delle sue idee meravigliose e giuste, preferendo una realtà solo in apparenza splendente, ma che in realtà nasconde un vuoto oscuro e profondo contornato da luci colorate e illusioni. In entrambi, ma soprattutto nell’anziano storico, si può vedere l’autore, che per tutta la sua giovinezza ha immaginato mondi fantastici dove tutto era possibile, mondi utopici fatti di città abitate da artisti, dove il denaro non aveva nessuna importanza, dove l’arte ha un ruolo centrale nella vita quotidiana. Con l’inizio del periodo Shōwa, tuttavia, l’autore non crede più nella possibilità di un’utopia, di una salvezza, tant’è che dagli anni trenta in poi, quindi dopo questo racconto, si chiuderà in sé, non tratterà più dei problemi della società moderna nelle sue opere, dedicandosi invece alla letteratura giapponese classica e alla stesura di biografie, come si è già detto nel secondo capitolo.