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La globalizzazione tra modernità radicale e postmodernità

La società contemporanea soffre di una analoga incertezza definitoria, attestata dai molteplici tentativi di darle nome, che la qualificano «con aggettivi (complessa, globale), sostantivi (dell‘informazione, della comunicazione, della cultura, della conoscenza), o, più semplicemente, con il prefisso ―post‖ (postindustriale, postmoderna)»50. La caratteristica comune a tutte queste definizioni è che la società, oggi, si presenta «radicalmente diversa dai modelli precedenti, sia per ciò che riguarda i legami sociali, la natura e la qualità delle relazioni intersoggettive, sia per ciò che riguarda i confini spazio–temporali entro i quali avvengono queste relazioni»51.

All‘interno del dibattito sociologico contemporaneo, alcuni Autori considerano la modernità come un periodo tutt‘altro che concluso, mentre altri basano le proprie tesi su una forte discontinuità che caratterizza la società attuale rispetto a quella moderna:

49

Ivi, p. 190.

50

G. Greco, ―Introduzione‖, in Ead. (a cura di), La svolta comunicativa, cit., p. 10.

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35 a) Nel primo caso, il riferimento esplicito è ad Autori per i quali la modernità continua a svilupparsi, presentandosi come un

progetto incompiuto (Habermas) o come modernità radicale

(Giddens). In entrambi i casi, si fa leva sulla radicalizzazione di processi quali, ad esempio, lo sviluppo tecnologico, lo sviluppo dei media, la specializzazione radicale di tutti gli ambiti sociali (politica, cultura, ecc.).

b) Nel secondo caso, il riferimento è ad Autori (quali, ad esempio, Bauman, Maffesoli) che impiegano il termine ―postmoderno‖ per evidenziare «l‘assenza di una descrizione unitaria del mondo, di una razionalità valida per tutti, di un concetto di giustizia condiviso, ma anche la riscoperta dei limiti delle azioni umane, la tolleranza della diversità, il rifiuto di basarsi esclusivamente su valori materialistici»52.

La nozione di modernità radicale di Anthony Giddens evidenzia lo sradicamento delle attività sociali dalla specificità dei contesti di presenza e la riorganizzazione dei rapporti sociali sulla base di grandi distanze. Secondo l‘Autore, è soprattutto a partire dall‘industrializzazione che la società ha cambiato radicalmente forma e ha rotto definitivamente, almeno nei paesi che ne sono stati interessati, con le forme di società definite tradizionali: «Le società industrializzate sono per molti versi radicalmente diverse da qualsiasi tipo di ordine sociale precedente ed il loro sviluppo ha avuto conseguenze ben al di là delle loro origini europee»53.

52

D. Ungaro, Capire la società contemporanea, Carocci, Roma 2001, p. 20.

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36 L‘industrializzazione e il nascere di agglomerati urbani sempre più ampi ha cambiato la qualità delle relazioni sociali, proprio perché «la vita sociale diventa più impersonale e anonima che in passato, poiché molti dei contatti quotidiani avvengono tra estranei piuttosto che tra soggetti legati da un rapporto di conoscenza personale»54. Dall‘altro lato, però, una maggior rapidità nei trasporti e nelle comunicazioni, e un maggior sviluppo del sistema politico, ha portato alla nascita degli ―stati nazionali‖ rendendo possibile una comunità nazionale più integrata.

Nella modernità questo processo ha riguardato esclusivamente i paesi del Nord del globo, i cosiddetti ―paesi industrializzati‖, che sono diventati a loro volta un modello per quei paesi caratterizzati, invece, da uno sviluppo industriale molto basso e definiti ―in via di sviluppo‖, che nell‘ultimo trentennio hanno spazzato il sistema tradizionale modellandolo su quello delle società industriali.

Ciò ha determinato un miglioramento della vita, soprattutto in quei paesi che Giddens definisce di ―nuova industrializzazione‖ (ad esempio, Messico, Brasile, Corea del Sud, ecc.), e tutto ciò ha determinato sistemi sociali sempre più complessi e un mondo cosiddetto globalizzato: «Esiste oggi un sistema globale – afferma Giddens – per cui ciò che accade in una parte del mondo ha conseguenze immediate a livello planetario. Su questo sfondo, lo sviluppo dei paesi di nuova industrializzazione sta alterando la divisione tra ―Nord‖ e ―Sud‖. Le relazioni economiche, politiche e culturali non possono più essere concepite sulla base del modello rudimentale che distingue tra Primo e Terzo mondo (un modello, del resto, ormai monco perché … il Secondo mondo è scomparso con il

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37 fallimento del sistema sovietico): i processi di globalizzazione stanno producendo una redistribuzione enormemente complessa della

ricchezza, del potere e della conoscenza»55.

Lo stesso Giddens non esita, però, ad evidenziare la natura estremamente contraddittoria della globalizzazione, definendola come un «complesso insieme di processi… che opera in maniera contraddittoria e conflittuale»56, mettendo in risalto il fatto che, se da un lato si ha una contemporaneità negli scambi di ogni natura, dall‘altro c‘è la nascita di contro-movimenti, come il ―nazionalismo locale‖, che supera la dimensione tipica della nazione-stato. A tale proposito. afferma: «la globalizzazione non spinge solo verso l‘alto ma anche verso il basso creando nuove pressioni a favore dell‘autonomia locale. Alla globalizzazione in fin dei conti si deve la rinascita di identità culturali locali in varie parti del mondo»57.

Tale fenomeno stabilisce nuovi rapporti fra la dimensione locale e il sistema-mondo, generando una ibridazione fra diverse culture e stili di vita, con il risultato di una società frammentata dove informazioni, merci e quant‘altro sono veicolate in tempo reale da un posto all‘altro del mondo.

Ciò porta, dunque, a una riorganizzazione dello spazio sociale, come afferma anche il sociologo polacco Zygmunt Bauman: «Nel mondo in cui abitiamo la distanza non sembra contare molto. A volte sembra che esista soltanto per essere cancellata; come se lo spazio fosse solo un costante invito a minimizzarlo, confutarlo, negarlo. Lo spazio ha

55

Ibidem.

56

A. Giddens, Runaway World. How Globalisation is Reshaping our Lives (1999); trad. it. Il mondo che cambia. Come la globalizzazione ridisegna la nostra vita, Il Mulino, Bologna 2000, p. 25.

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38 smesso di essere un ostacolo – basta una frazione di secondo per conquistarlo»58. Quella in cui viviamo oggi è, quindi, una società in cui non si può stare immobili, dominata da una continua volubilità o, per usare le parole di Bauman, dove «i punti di riferimento sono su ruote in movimento»59.

Particolarmente interessante è la sua analisi sulla ―società dei consumi‖. La società moderna «occupava i suoi membri principalmente come produttori e soldati; e allo svolgimento di quel ruolo forgiava i suoi membri, come un dovere che sottoponeva e imponeva loro quale norma»60. La società attuale, invece, «forma i propri membri al fine primario che essi svolgano il ruolo di consumatori. Ai propri membri la nostra società impone una norma: saper e voler consumare»61.

Le trasformazioni imposte dalla globalizzazione hanno delle conseguenze anche sul piano culturale, generando quella che Bauman definisce una «società individualizzata»62 caratterizzata dalla crisi dei legami sociali. Se da un lato gli individui godono di un‘inedita libertà e tendono a creare e dissipare continuamente la propria identità secondo i dettami delle mode e i tanti flussi di significato che agitano il mondo attuale, dall‘altro cercano sicurezza affidandosi alle comunità (reali o virtuali), che però diventano dei luoghi in cui gli individui stessi indossano i panni di un‘identità legata ai propri bisogni narcisistici e di rassicurazione. Tutto ciò determina

58

Z. Bauman, Globalization: The Human Consequences (1998); trad. it. Dentro la globalizzazione.Le conseguenze sulle persone, Laterza, Roma-Bari 2001, p. 87.

59 Ivi, p. 88. 60 Ivi, p. 90. 61 Ibidem. 62

Z. Bauman, The Individualized Society (2001); trad. it. La società individualizzata. Come cambia la nostra esperienza, Il Mulino, Bologna 2002.

39 nell‘individuo un senso di insicurezza e disagio che socialmente si materializza nel tribalismo, con la conseguente accettazione sociale di ogni trasformazione culturale e oggettuale, e il rischio di perdita della capacità empatica, di condivisione e di comprensione dell‘altro. Le nuove forme di aggregazione dell‘individuo nella società contemporanea sono caratterizzate da uno stare insieme all‘istante che dà luogo a legami liquidi63. Più in generale, l‘individuo oggi appare sempre più libero ma, in realtà, è sempre più prigioniero della propria solitudine.

La reductio ad unum, profetizzata da Comte e riproposta da alcuni sociologi contemporanei (quali, ad esempio, Bauman) nella lettura dei fenomeni legati alla globalizzazione, non trova consenso nel pensiero di Michel Maffesoli secondo il quale:

Il termine globalizzazione è troppo facile e semplificante. Esprime solo una parte della realtà del nostro tempo, perché ignora che parallelamente si stiano creando, un po‘ ovunque, tanti microgruppi. Ci sono, è vero, tendenze uniformanti, ma non sono incompatibili con un ritorno alla comunità. Anche in Internet si assiste ad una continua affermazioni di radici, dal prodotto locale che si pubblicizza alla discussione su un tema che appassiona. Non sono i gruppi che sono in crisi oggi64.

Secondo Maffesoli, il denominatore comune di questo pluralismo «è il riconoscimento della diversità delle culture, il tenere conto della pluralità dei fenomeni umani e naturalmente del relativismo che fa da corollario a tutto ciò»65. All‘interno di una tale situazione ci sarebbe, quindi, un paradosso evidente dato dalla dialettica tra massa e tribù:

63

Z. Bauman, Liquid modernity (2000); trad. it. Modernità liquida, Laterza, Roma-Bari 2002.

64

G. Mola, M. Maffesoli: Le tribù della rete. Cfr. www.dissidenze.it

65

M. Maffesoli, Du nomadisme. Vagabondages initiatiques (1997); trad. it. Del nomadismo. Per una sociologia dell’erranza, FrancoAngeli, Milano 2000, p. 106.

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Da un lato i valori comuni ostentati, rumorosi, dilaganti, valori magnificati o – che è lo stesso – condannati dai media e dai poteri economici e politici. Valori comunque troppo astratti, che non hanno grande presa sulla reale dinamica della vita individuale e sociale. Dall‘altro, al contrario, vi è una rinascita dei valori radicati, una reviviscenza di arcaismi che si credevano superati, insomma una celebrazione, nel bene e nel male, di un tribalismo inasprito di cui, oggi, è inutile negare l‘importanza e di cui sarebbe vano ignorare gli effetti. Una tale dialettica è sicuramente il segno della postmodernità nascente»66.

Secondo il sociologo francese, si assiste alla «sostituzione di un sociale razionalizzato con una socialità a dominanza empatica»67 e, dunque, alla ricomparsa dell‘immaginario, del ludico, del fantastico, dell‘onirico, del bisogno di ―stare insieme‖, cui corrispondono forme di comunicazione ―orizzontali‖, esemplificate soprattutto dalle nuove tecnologie. La società in cui viviamo sarebbe permeata da una ondata di emozionalità e dal bisogno di grandi eventi collettivi in cui, condividendo emozioni, si instaura una ―comunicazione simbolica‖ che rafforza il legame sociale:

Emozioni, una grande quantità di emozioni. Io chiamo infatti questi gruppi ‗comunità emozionali‘. Anche in Rete. Si pensi al grandissimo dibattito via Internet sulla pedofilia. Gli utenti si scambiano riflessioni, opinioni, idee, quindi emozioni. I forum sono appassionati e spesso chi vi partecipa cerca di incontrarsi. Le discussioni in Rete non sono scritte in un buon inglese o un buon francese o un buon italiano. E il contenuto stesso della comunicazione che finisce per prevalere

66

Ibidem.

67

M. Maffesoli, Les temps des tribus. Le déclin de l’individualisme dans les société de masse (1988); trad. it. Il tempo delle tribù. Il declino dell’individualismo nella società di massa, Armando, Roma 1988, p. 22.

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sul linguaggio. Il testo scritto è la manifestazione più esplicita della razionalità. Eppure su Internet la sintassi esplode. Un altro segno di crisi della modernità68.

Un aspetto particolarmente interessante della postmodernità, messo in evidenza da Maffesoli, è la sinergia tra arcaismo e tecnologia, mediante la quale l‘Autore tenta di spiegare la rinnovata enfatizzazione assegnata agli eventi collettivi (ad esempio, all‘emozionalità): la tecnologia convive con gli aspetti arcaici e barbarici che sono in noi e che, proprio grazie al suo utilizzo, vengono accettati e, addirittura, esaltati.