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La Leggenda del Metauro

Nel documento C’era una volta il Meta e l’Auro… (pagine 30-34)

Sassocorvaro, Scuola secondaria di I° grado - classe 2aA A..S. 2012/2013

Istituto Omnicomprensivo “Montefeltro”

Coordinamento:Testi Prof.ssa Fabiana Ciacci e Prof.ssa Elisabetta Guerra Elaborati grafici Prof. Daniele Grossi

C’erano una volta Meta e Auro,

due giovani e vivaci folletti che abitavano i boschi tra le verdi val-late marchigiane. Meta era una ragazzina tonda e paffutella come un sassolino di fiume, aveva grandi occhi azzurri color dell’acqua limpi-da ed un dono molto particolare il suo corpo cambiava colore a se-conda dell’umore.

Auro, invece, era un maschietto agile ed esile come le canne in riva al fiume, aveva capelli d’oro e occhi marrone scuro come la terra ba-gnata e la nocciola matura. Entrambi, vivevano in una casetta, co-struita dentro un grande fungo situata nei pressi dell’Alpe della Lu-na.Un giorno, appena svegli, andarono in cucina per fare colazione.

Quando versarono il latte nelle loro tazzine fatte di gusci di noci, no-tarono che le ciotole vibravano.

Meta disse: “Sento dei tremori…li senti anche tu?”ed Auro: “Si! Li sento anch’io…sembrano venire…dai piedi dell’Alpe! Andiamo a vedere!”

Quando si affacciarono sul porticato foglioso, si trovarono davan-ti uno spettacolo terrificante: dei mostri verdi, con due aculei sulla schiena, una coda forcuta, cornuti e dalle zanne sporgenti, stavano distruggendo la montagna muniti di picconi.

Erano Orchi!I due rimasero sconvolti dallo scenario. Meta commen-tò: “Quanto male leggo nei loro occhi!” e l’amico: “Guarda laggiù!

C’è del fumo che sale…dal villaggio!” Allora Meta, con tono avven-turoso, ma allo stesso tempo impaurito e titubante, sibilò: “Auro…

andiamo a vedere che succede!”

I folletti s’incamminarono per raggiungere il villaggio e scoprire cosa fosse successo; all’improvviso incontrarono un porcospino feri-to, quasi svenuto a terra.

Lo soccorsero e gli offrirono del cibo e dell’acqua, poi Meta gli chie-se: “Cosa ti è successo?”

Il porcospino, commosso dall’aiuto ricevuto, spiegò loro: “Il mal-vagio orco Trabacco, ubriaco di potere, con il suo esercito è arriva-to da una terra lontana, ha imprigionaarriva-to tutti gli abitanti di Borgo della Discordia e li ha resi schiavi costringendoli a scavare e scavare sull’Alpe della dea Luna per trovare il famoso tesoro di quest’ultima.

Coloro che hanno provato a ribellarsi, sono stati trasformati in Aceri e giorno dopo giorno, le loro tristi lacrime, scendendo lenta-mente dai rami, hanno bagnato di rosso le foglie!”

Auro rimase allibito dalla storia del povero porcospino

e gli domandò: “E tu chi sei e soprattutto come hai fatto a fuggire dal villaggio?”

Il porcospino rispose: “L’orco ha ordinato alle sue guardie di cac-ciarmi perché non gli servivo più.

Mi trattava sempre malissimo, nonostante io fossi per lui il suo umi-le garzone… cari ragazzi, siete ancora in tempo per salvare il villag-gio ed i suoi abitanti, in modo che ritorni la pace, io non posso fare altro che dirvi di andare dal vecchio monaco, lui è l’unico che po-trebbe aiutarci! Si trova nel castello di Bavia, oltre il passo della Spu-gna…vi auguro buona fortuna!”

Meta e Auro, lo ringraziarono, poi si avviarono attraverso quel misterioso tragitto.

Durante il viaggio, incontrarono un vecchio che zoppicava ed aveva una lunga barba bianca.

Altruisti e generosi, Meta ed Auro decisero di aiutarlo a raggiungere la sua dimora. I due, si trovarono davanti ad una chiesa, dove capi-rono che il vecchio...era in realtà il monaco. Egli, per ricompensar-li della gentilezza, regalò loro delle vecchie vesti consunte. I folletti tornarono di fretta dal porcospino, che rivelò il segreto dei mantelli:

essi, se tinti con la polvere di alcune piante speciali, avrebbero tra-sformato l’orco e i suoi aiutanti in roccia.

Insieme andarono alla ricerca di arbusti, fiori e radici; durante la strada raccolsero il guado, la cui polvere è di colore azzurro, la rob-bia, dalla tinta rossa e la reseda, verde. Dopo aver raccolto piante a sufficienza, cominciarono ad intingere i mantelli, con le polveri da esse ricavate.

Quella notte Meta, piena di paura, assunse il colore delle tene-bre, si intrufolò nel castello e ad uno ad uno, sistemò i mantelli ma-gici in mezzo ai vestiti delle guardie ed a quelli dell’Orco Trabacco.

La mattina dopo, quando gli orchi si svegliarono, videro quelle belle vesti nuove e lucenti, le indossarono e … poof!!! Si trasformarono in frammenti di roccia.

Meta e Auro, non vedendo uscire anima viva dal castello, andarono ad avvisare dell’ accaduto tutte le persone del borgo. Quando arriva-rono, gli abitanti rimasero di stucco: non vi era più alcuna traccia di quei terrificanti esseri, se non sassi sparsi qua e là per le stanze, per i corridoi, davanti alle porte ed ai piedi degli specchi.

Tutti esultarono di gioia! Raccolsero i sassi e, saliti sull’Alpe della Lu-na, uno alla volta, cominciarono a lanciarli in aria facendoli volare in alto, in alto.

E... per tutta la giornata, si diedero un bel da fare a tirare gran calci!

L’incantesimo non terminò qui: dopo che i sassi, cadevano a ter-ra, si trasformavano in macigni! Quando tutti ebbero toccato il suo-lo, il paesaggio cambiò totalmente: giganteschi massi grigi e rocciosi si innalzarono tra la verde vallata!

“Ottimo lavoro, gente!” Esclamò il porcospino, dopo aver preso a pedate il sasso dell’orco...con grande soddisfazione! E da allora la

montagna, che nella sua forma ricordava le enormi fauci dell’orco, fu chiamata: Bocca Trabaria. Borgo della Discordia, da quel giorno cambiò il suo nome in Borgo Pace, perché finalmente l’armonia era tornata a regnare.

La Dea Luna, grata ai due folletti per aver salvato il villaggio e protetto il suo prezioso tesoro, decise di donar loro l’immortalità.

Li convocò sull’Alpe, chiese loro di abbracciarsi e... avvolgendoli di una luce calda e splendente, recitò questi versi:

“Grazie a voi son morti gli orchi, la vallata

è liberata,

or togliete i panni sporchi, Meta e Auro, tra le dune correrete come un fiume”.

Così da quel giorno, a Borgo Pace, i due folletti si unirono dando origine al fiume,quello che ancor oggi bagna le nostre vallate: il Me-tauro.

Nel documento C’era una volta il Meta e l’Auro… (pagine 30-34)

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