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La legislazione italiana e la giornata della Trasparenza

Capitolo 3. UrBES per il controllo strategico nelle istituzioni pubbliche

3.1 La legislazione italiana e la giornata della Trasparenza

Nel precedente capitolo è stato descritto il progetto UrBES, in particolare l’esperienza del comune di Bologna, che ha reso concreto il processo di coinvolgimento da parte dei cittadini attraverso la somministrazione di un questionario on line che evidenziasse le necessità e peculiarità del territorio rispetto al progetto nazionale sul BES, utilizzando anche un nuovo strumento di analisi testuale dei contenuti presenti nelle risposte aperte.

Ci occuperemo ora di analizzare le relazioni tra le azioni e interventi attuate dagli Enti Locali e l’impatto delle stesse sulla qualità della vita dei cittadini.

L’informazione è stata definita “l’ossigeno della democrazia”: senza di essa, la democrazia muore. Avere accesso ai documenti della pubblica amministrazione significa avere migliori strumenti per capire, giudicare e partecipare alla vita pubblica. Significa poterne saperne di più su come le persone che abbiamo eletto utilizzano le risorse pubbliche e il potere che gli abbiamo dato.

La pubblica amministrazione la detiene per conto e a spese dei cittadini italiani. Negli Stati Uniti, il principio base della legge sul diritto all'informazione (il Freedom Of

Information Act, FOIA63) è che "l'informazione detenuta dall'amministrazione pubblica

appartiene al popolo americano": non sono quindi i cittadini a dover motivare le proprie

richieste di informazioni, bensì il governo a dover motivare l'eventuale diniego, fornendo prove della necessità di mantenere segrete le informazioni. Bisogna affermare anche in Italia questo principio.

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Secondo Transparency International (una Organizzazione non governativa che pubblica un rapporto annuale sul livello di corruzione nei diversi paesi del mondo), il diritto di accesso all'informazione detenuta dalla pubblica amministrazione "è forse l'arma

più importante per combattere contro la corruzione".

Da una stima della Corte dei Conti la corruzione costa all'Italia circa 60 miliardi all'anno. Il diritto all'informazione aiuta a combattere la corruzione e può creare quindi un risparmio delle risorse pubbliche. Negli Stati Uniti, dove la legge sul diritto all'informazione è utilizzatissima dai cittadini (nel 2011 sono state presentate più di 600.000 richieste di accesso a documenti del governo federale), il costo totale annuale per l'applicazione della legge è di circa $416 milioni annui, cioè di meno di $1,4 per ogni cittadino. Ai cittadini italiani la corruzione pubblico-privata costa 1.000 euro a testa all'anno. Anche una piccola diminuzione della corruzione ripagherebbe ampiamente i costi di applicazione della legge.

Il diritto all'informazione incoraggia la pubblica amministrazione a gestire e conservare meglio i propri archivi e le proprie banche dati. Una buona gestione dell'informazione è uno dei fattori chiave per rendere più efficiente la macchina amministrativa. Chi amministra la cosa pubblica potrà ricostruire un rapporto di fiducia con i cittadini solo operando nella massima trasparenza. Come spiega il consiglio d'Europa, il diritto all'informazione "contribuisce ad affermare la legittimità delle

amministrazioni come pubblici servizi e a rafforzare la fiducia del pubblico nelle autorità pubbliche"64

Il Comitato per i diritti umani delle Nazioni Unite ha di recente chiarito che l'art. 19 della Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948 - che afferma il diritto a "cercare" informazioni - include "il diritto di accesso all'informazione in possesso della pubblica amministrazione". I relatori speciali sul diritto all'informazione di ONU, OCSE e OSA hanno definito il diritto d'accesso alle informazioni detenute dalla pubblica amministrazione come "un fondamentale diritto umano". Il Consiglio d'Europa ha varato due Raccomandazioni, una nel 1981 e una, più articolata e incisiva, nel 2002, che sollecitavano gli Stati europei ad adottare una legge sul diritto all'informazione detenuta dalla Pubblica Amministrazione, basata sul principio della massima apertura possibile.

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L'accesso all'informazione non deve essere riservato a chi ha un "accesso privilegiato" nella Pubblica Amministrazione: tutti devono avere il diritto a cercare informazioni e questo può garantirlo solo una buona legge. Non tutte le informazioni possono diventare subito di pubblico dominio: è giusto che determinate informazioni siano escluse dall'accesso, se dalla loro divulgazione può derivare un danno - ad esempio - alla sicurezza dei cittadini o alla loro vita privata (danno superiore all'interesse pubblico alla conoscenza). Una buona legge può trovare il giusto equilibrio tra interesse pubblico alla conoscenza e la necessità di tutelare interessi individuali e collettivi quali la difesa del paese, la lotta alla criminalità, la privacy, il segreto industriale e così via.

In Italia esiste una legge sul diritto d'accesso ai documenti della pubblica amministrazione (l. 241/1990), ma è una legge molto restrittiva, profondamente diversa dalle leggi in materia in vigore nella maggior parte dei paesi democratici. La legge italiana permette l'accesso solo se i documenti che si richiedono sono necessari all'interessato per presentare un ricorso, per un'azione giudiziaria o in casi analoghi. Nei paesi che hanno una legge sul diritto all'informazione (ormai sono più di ottanta, nei cinque continenti: Canada, USA, Messico, Brasile, Sud Africa, Nigeria, India, Giappone, Giordania, Australia, Regno Unito, Germania, ecc.) non è necessario indicare la motivazione per cui si richiede l’accesso ai documenti.

La definizione della Legge n. 190 del 6 novembre 2012 va nella direzione di rendere accessibile a tutti i processi e le azioni dei soggetti che operano nella Pubblica Amministrazione al fine di costruire una società più equa e democratica.

A tal proposito in attuazione dell'articolo 6 della Convenzione dell'Organizzazione delle Nazioni Unite contro la corruzione, adottata dalla Assemblea generale dell'ONU il 31 ottobre 2003 e ratificata ai sensi della legge 3 agosto 2009, n. 116, e degli articoli 20 e 21 della Convenzione penale sulla corruzione, fatta a Strasburgo il 27 gennaio 1999 e ratificata ai sensi della legge 28 giugno 2012, n.110, la legge n. 190 individua, in ambito

nazionale, l'Autorità nazionale anticorruzione e gli altri organi incaricati di svolgere, con modalità tali da assicurare azione coordinata, attività di controllo, di prevenzione e di contrasto della corruzione e dell'illegalità nella Pubblica Amministrazione65.

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Azione rilevante prevista nella legge 190/2012 è quella che ha richiesto alle pubbliche amministrazioni centrali di definire e trasmettere al Dipartimento della funzione pubblica un piano di prevenzione della corruzione per valutare il diverso livello di esposizione degli uffici al rischio di corruzione, indicando gli interventi organizzativi volti a prevenire il medesimo rischio. Successivamente alla pubblicazione della legge n. 190 c’è stato il riordino della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni attraverso il Decreto Legislativo n. 33 del 14 marzo 2013.

Il Decreto legislativo ha rappresentato un proseguimento nell’opera intrapresa dalla Legge 190/2012 (anticorruzione) e, attraverso una maggiore trasparenza di tutte le PA, ha come obiettivi fondamentali: favorire la prevenzione della corruzione, attivare un nuovo tipo di “controllo sociale” (accesso civico), sostenere il miglioramento delle performance, migliorare l’accountability dei manager pubblici, abilitare nuovi meccanismi di partecipazione e collaborazione tra Pubblica Amministrazione e cittadini.

I pilastri del decreto “Trasparenza” riguardano:

- riordino dei fondamentali obblighi di pubblicazione derivanti dalle innumerevoli normative stratificate nel corso degli ultimi anni;

- l’ uniformare gli obblighi e le modalità di pubblicazione per tutte le pubbliche amministrazioni definite nell’art.1 comma 2 del Dlgs.165/2001 e per gli enti controllati;

- definizione di ruoli, responsabilità e processi in capo alle pubbliche amministrazioni e agli organi di controllo;

- introduzione del nuovo istituto dell’accesso civico.

Al fine di poter monitorare gli obblighi di pubblicazione presenti nel decreto “trasparenza” e di consentire un accompagnamento delle PA nel percorso di attuazione, si è proceduto ad aggiornare il sistema “Bussola della Trasparenza”, in modo da adeguarlo ai nuovi adempimenti normativi. Il 20 aprile 2013 è stata attivata una sezione del sito della “Bussola della Trasparenza”66

in cui le pubbliche amministrazioni, potevano in modo semplice, testare i propri siti istituzionali ed adeguarsi ai nuovi adempimenti normativi.

La Bussola della Trasparenza rappresenta una novità perché consente alle pubbliche amministrazioni e ai cittadini di utilizzare strumenti per l’analisi ed il monitoraggio dei siti

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web. Il principale obiettivo è di accompagnare le amministrazioni, anche attraverso il coinvolgimento diretto dei cittadini, nel miglioramento continuo della qualità delle informazioni on-line e dei servizi digitali. Questa iniziativa è in linea con i principi dell'open government ed in particolare mira a rafforzare Trasparenza, Partecipazione,

Accountability.

La Bussola della Trasparenza, realizzata dal Dipartimento della Funzione Pubblica, è accessibile da tutti (cittadini e amministrazioni) e rappresenta un sistema che accompagna le amministrazioni nel percorso verso la "trasparenza totale" utilizzando, forse per la prima volta al mondo, strumenti che coniugano la trasparenza delle pubbliche amministrazioni con la partecipazione e la collaborazione dei cittadini. La Bussola assume un ruolo rilevante nel misurare il livello di trasparenza di una amministrazione con riflessi importanti per quanto riguarda la prevenzione ed il contrasto alla corruzione.

Questa iniziativa nasce a seguito dell’emanazione delle linee guida sui siti web delle PA che raccolgono tutta la normativa riguardante i siti web istituzionali, emanata nel corso degli anni67; con il Decreto legislativo Trasparenza (Dlgs. N.33/2013), la “Bussola della Trasparenza” diventa uno strumento di supporto indispensabile per monitorare in tempo reale la conformità ai diversi obblighi di pubblicazione e la trasparenza sui siti istituzionali di tutte le PA verificandone, continuamente ed in tempo reale, l’evoluzione su tutto il territorio nazionale, in modo completamente automatico. Tale strumento è pubblico e accessibile da tutti consentendo, in modo semplice, di effettuare analisi ed elaborazioni statistiche e rendendo disponibili i risultati anche in formato opendata.

La Bussola della Trasparenza consente di attivare 3 canali di accesso:

a) se si è inseriti all’interno di una Pubblica Amministrazione verificare on-line, in tempo reale, il sito della PA analizzandone i risultati, confrontarlo con i siti di altre amministrazioni, attivarsi per adeguarlo alle linee guida e alla trasparenza; in pratica la Bussola della Trasparenza può essere utilizzata come un vero e proprio strumento di lavoro per migliorare continuamente la trasparenza on-line dell’amministrazione di riferimento;

b) per un cittadino verificare ad esempio il sito del proprio comune, capire quanto è trasparente sul web, effettuare statistiche in tempo reale, vedere le classifiche in relazione ad altri Enti locali, contribuendo in definitiva a migliorare il processo di

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rendicontazione esterna, diventando in qualche modo parte attiva e di stimolo per l’amministrazione.

c) per uno studioso o per chi si occupa di comunicazione verificare quanto e dove le pubbliche amministrazioni sono trasparenti, diventando parte attiva nel processo di miglioramento continuo dell’accountability e della qualità delle informazioni on-line, effettuare statistiche, fornendo proposte e suggerimenti.

Il cuore del sistema è un motore che, con una serie di sensori software e di algoritmi matematici, analizza i siti web delle pubbliche amministrazioni, in modo automatico, a determinati intervalli temporali. La verifica è effettuata comparando i contenuti trovati con quelli definiti e standardizzati nelle linee guida. I dati raccolti alimentano un vero e proprio magazzino (data warehouse) che, attraverso interfacce dedicate, è in grado di fornire alle diverse tipologie di utenti, informazioni sull’andamento della trasparenza dei siti web istituzionali del nostro Paese.

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