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Parte IV. L’iper-presidenzialismo debole: la sindrome del secondo mandato.

11. La mancata rielezione: Giscard d’Estaing e Sarkozy.

Diversamente dai Presidenti di coabitazione – Mitterrand e Chirac –, nessuno dei Presidenti della V Repubblica che hanno potuto contare per l’intero mandato su una maggioranza parlamentare e che dunque incarnavano la puissance dell’iper-presidenzialismo – Giscard d’Estaing e Sarkozy –, una volta ricandidati per l’ottenimento di un secondo mandato, è stato rieletto. È, in qualche modo (almeno in apparenza) sconcertante svolgere questa duplice considerazione: i Presidenti della Repubblica di coabitazione sono stati rieletti… i Presidenti della Repubblica iper-presidenzialisti sono stati sconfitti. È come se il popolo francese avesse deciso di confermare la fiducia ai Capi di Stato “debilitati” dalla coabitazione e, diversamente, di detronizzare i Capi di Stato espressione dell’iper-presidenzialismo. Le non rielezioni di Giscard d’Estaing e Sarkozy (come anche la rinuncia di Hollande nel 2017) possono essere interpretate come i sintomi del funzionamento patologico della V Repubblica in termini di responsabilità. Irresponsabile giuridicamente nel corso del mandato, l’iper-Presidente non assume come proprie le sue scelte politiche in quanto si dissimula dietro un facile paravento: il Primo ministro e il suo Governo. Questi ultimi appaiono come un “filtro” a protezione del Capo dello Stato, che può beneficiare dello status derivante dall’essere concepito, in Costituzione, come organo di garanzia: è, in effetti, il Governo che si assume politicamente, davanti al Parlamento (e più spesso davanti ai media), le scelte politiche de facto presidenziali.

Il corto-circuito istituzionale descritto, tuttavia, genera ulteriori torsioni costituzionali. Può accadere, infatti, che la coerente assenza, nel testo costituzionale del ’58, di istituti in grado di far valere la responsabilità politica del Presidente, sovraccarichi il momento delle elezioni presenziali, e in particolare di quelle con le quali il Capo dello Stato uscente chiede al popolo un secondo mandato. In questo modo l’elezione diventa – quando il Presidente in carica si ripresenta – una sorta di mozione di fiducia/sfiducia: poiché il Presidente non può assumere, nel corso del mandato, la responsabilità delle scelte politiche de facto da lui decise, l’unico modo per assumerla davanti agli elettori è di ricandidarsi alla presidenza della Repubblica, che assume così la funzione di vettore indiretto della responsabilità presidenziale. L’equilibrio

della forma di governo francese non è, tuttavia, in tal modo ripristinato, ma anzi se ne accentuano le aporie, in quanto si allarga in tal modo la distanza tra una prassi, ormai accettata anche dall’opinione pubblica, di un Presidente iper-presidenzialista e una “realtà” costituzionale ancorata ad una configurazione dei poteri tipicamente parlamentare.

Lo squilibrio accennato si riversa poi sullo stesso funzionamento effettivo delle istituzioni della V Repubblica, come dimostrano le disfatte di Giscard d’Estaing e di Sarkozy.

Quanto alla prima, essa fu determinata da una pluralità di fattori, il più evidente dei quali fu l’assenza di coesione all’interno della maggioranza di centro-destra, tema sul quale ci si è già soffermati più sopra85.

Le logiche iper-presidenzialiste furono vittima dell’incrinarsi del pilastro maggioritario, supporto fondamentale per il Capo dello Stato non solamente nel corso del mandato, ma anche in vista di una eventuale rielezione.

Fu altresì sfibrante, per la tenuta della maggioranza, la sfida che Giscard d’Estaing affrontò in prima persona, in vista delle legislative del 1978, dovuta alla possibile vittoria della sinistra. Già alle presidenziali del 1974, Giscard d’Estaing riuscì si a sconfiggere Mitterrand, ma solamente di poco e comunque al secondo turno (50,81% vs. 49,19%). Per evitare la sconfitta della destra alle nuove elezioni il Presidente in carica, in piena campagna elettorale, fu costretto a esporsi in prima persona per invitare gli elettori – in un messaggio alla Nazione dal tono solenne se non addirittura drammatico, di «faire le bon choix». In mancanza, preannunciò Giscard d’Estaing, non avrebbe potuto opporsi al «Programme commun» elaborato dalla coalizione PS/PCF vittoriosa in Assemblea nazionale86. La sconfitta della sinistra evitò lo scenario

paventato dal Capo dello Stato, ma la sovra-esposizione in campagna elettorale fu deleteria per la sua immagine pubblica.

Protagonista, nella parte finale del suo mandato, di una serie di scandali che ne minarono ulteriormente forza e autorevolezza (i «diamants de Bokassa», il suicidio sospetto del ministro Boulin, l’affaire Papon…87)

fu comune e generalizzata la sensazione che Giscard d’Estaing stesse ormai attraversando una fase di rapido logoramento personale non più reversibile.

E così, il doppio movimento generato dalla guerra intestina nella destra e dalla crescita costante della sinistra guidata da Mitterrand fu fatale per Giscard d’Estaing: definitivamente indebolito e privato del nutrimento politico necessario per l’esercizio della puissance iper-presidenzialista delle istituzioni, egli

85 V. supra, § 5.

86 Più in particolare, come ricorda P. AVRIL, La Ve République, op.cit., p. 203, il 27 gennaio 1978 dichiarò,

rivolgendosi agli elettori: «Vous pouvez choisir l’application du Programme commun. C’est votre droit. Mais si vous le choisissez,

il sera appliqué. Ne croyez pas que le Président de la République ait dans la Constitution les moyens de s’y opposer».

87 Sulle difficoltà della presidenza di Giscard d’Estaing v. ancora una volta J.F. SIRINELLI – R.

divenne, nel 1981, il primo Capo dello Stato a non essere riconfermato dal popolo per lo svolgimento di un secondo mandato.

Pur essendo profondamente diverso il contesto politico nel quale agì, anche Sarkozy fu vittima, nel 2012, delle contraddizioni insite nell’iper-presidenzialismo debole. Sarkozy non fu affatto un Presidente logorato dalle frizioni interne alla sua maggioranza, ma esercitò pienamente il ruolo di leader indiscusso della destra88. Nessun altro esponente di spicco dell’UMP osò affrontarlo alla fine del primo mandato

presidenziale, anche perché l’organizzazione delle primarie a destra fu ritenuto inutile nel momento in cui il Capo dello Stato uscente decideva di ricandidarsi. Come spiegare, dunque, questa débâcle? Secondo alcuni, è possibile rinvenire la causa fondamentale della sconfitta nella crisi finanziaria globale del 2008 e nella destabilizzazione che produsse su pressoché tutti i governi democratici. Altri hanno ricordato il programma economico non abbastanza liberale di Sarkozy e la deriva ideologica che lo spinse verso l’estrema destra. Ancora, è stata evidenziata la campagna elettorale efficace e di qualità del vincitore Hollande, benché quest’ultimo non avesse alcuna esperienza governativa. Si tratta di giustificazioni che hanno naturalmente avuto un peso, ma la ragione fondamentale risiede pur sempre degenerazioni derivanti dalla figura di un Presidente che pretende, nello stesso tempo, di agire come capo effettivo del Governo pur rivendicando lo status costituzionale di organo politicamente irresponsabile. È ovvio che tale incongruenza può determinare ulteriori conseguenze negative, come l’eccessiva esposizione politica del Capo dello Stato e il logoramento della sua immagine e autorevolezza, così da trasformare le elezioni presidenziali nell’unico momento in cui è possibile, seppur impropriamente, esprime un giudizio politico nei confronti del Presidente uscente89. Un giudizio politico che – e questo è il paradosso che abbiamo

cercato di illustrare – ha fino ad oggi determinato la sconfitta di tutti i Presidenti che si sono presentati per ottenere un secondo mandato, con l’eccezione, come vedremo nel prossimo paragrafo, dei Presidenti di coabitazione.