Gli atomi e le loro proprietà. In qualunque modo un atomo di una certa sostanza venga prodotto, esibisce sempre le stesse caratteristiche (spettri atomici) che ne determinano in modo univoco il comportamento nei processi chimici e fisici cui prende parte .
Stabilita degli atomi . Secondo le leggi dell‘elettromagnetismo, le cariche soggette ad un moto di traiettoria ellittica devono irraggiare, quindi perdendo energia ben presto le loro orbite dovrebbero collassare.
In ordine cronologico i fenomeni ―inspiegabili‖ dal punto di vista della teoria―classica‖ sono lo spettro del corpo nero, l‘effetto fotoelettrico, l‘effetto Compton e lo studio degli spettri di emissione e di assorbimento della struttura atomica e molecolare. Questi fenomeni sperimentali verranno meglio illustrati in Appendice 2.
2) La meccanica classica come limite dell’ottica geometrica
Mentre l‘aspetto corpuscolare della materia è stato evidenziato con fatti sperimentali , l‘ipotesi che la materia abbia anche aspetti ondulatori è precedente alla constatazione sperimentale.
Tale fatto ha la sua base matematica nella formulazione di Hamilton . L‘equazione di Hamilton – Jacobi è la risolvente del sistema delle equazioni di Hamilton . L‘equazione descrive il moto dei sistemi dinamici e se in particolare questi sono composti da particelle , essa descrive il moto di particelle .
L‘equazione di Hamilton – Jacobi ha però anche un aspetto ondulatorio nel senso che la sua soluzione S(q,t) ,introdotta nelle equazioni delle trasformazioni di contatto , fornisce il moto del sistema , e varia nello spazio delle configurazioni esattamente come una superficie d‘onda. In altre parole l‘equazione di Hamilton –
2 Fenomeni fisici e prove sperimentali – Appendice C.
Jacobi descrive nello stesso tempo e mediante la stessa soluzione S(q,t) il moto di un sistema di particelle ed un moto ondoso . Consideriamo , per semplicità un sistema di punti materiali soggetto a forze conservative . Per un tale sistema la funzione hamiltoniana ha il significato di energia totale ed è inoltre costante ed indipendente dal tempo . L‘equazione di Hamilton si scrive allora
W
H(q , ) = E (1.1)
q
con W(q) , la funzione caratteristica di Hamilton, legata alla funzione principale di Hamilton dalla relazione
S(q,t) = W(q) –Et . (1.2) Se tale funzione viene posta uguale ad una costante , diciamo a, l‘equazione S(q,t) descriverà una superficie , variabile nel tempo
S(q,t) = a (1.3)
nello spazio delle configurazioni .
Osserviamo che all‘istante t = 0 , S(q,0) = W(q) = a la superficie (1.3) coincide con la superficie W(q) = a , che è indipendente dal tempo . Cioè il moto della superficie nel tempo è analogo alla propagazione di un fronte d‘onda . Al equifase di un‘onda ed in questo senso la (1.1) descrive oltre al moto del sistema materiale il fronte di un’onda associata . Durante la propagazione la superficie (1.3) si deforma , sicché non ha senso parlare della sua velocità ma si può considerare la velocità di un generico suo punto . Per osservare questo fatto è
[ ( ) ( ) ]
‾‾‾
‾‾‾‾‾‾‾
( )
bene semplificare ulteriormente il problema, considerando un sistema costituito da un unico punto materiale non vincolato. In tal caso le coordinate lagrangiane coincidono con le coordinate cartesiane del punto e lo spazio delle configurazioni si riduce allo spazio fisico tridimensionale .
E poiché per il sistema in considerazione 2mT = p2 la velocità è data in definitiva da u= E/p ; poi visto che in base alla (1.7) p = W , il gradiente di una superficie è sempre ortogonale alla superficie stessa si deve concludere che :
a) le superficie S = cost sono in ogni istante ortogonali alla traiettoria delle particelle ;
b) la velocità delle suddette superfici è inversamente proporzionale alla velocità delle particelle.
2 2 2
Il moto ondulatorio descritto dall‘equazione di Hamilton – Jacobi è quindi semplicemente associato al moto delle particelle dal momento che superficie d‘onda e particelle hanno velocità che sono inversamente proporzionali .
Questa constatazione che ad ogni moto di particelle è associato un moto ondulatorio è estremamente interessante , però la lunghezza d‘onda e la frequenza del moto possono essere forniti soltanto dalla corrispondente equazione delle onde e non dalla superficie equifase. Consideriamo quindi l‘equazione delle onde elettromagnetiche :
n2 2
2 - - = 0 (1.9) c2 t2
dove n è l‘indice di rifrazione del mezzo , che in generale è funzione del posto , e della frequenza delle onde la cui ampiezza è descritta dallo scalare (r,t) . Se n non varia col posto , le soluzioni della (1.9) possono essere assunte nella forma di onde monocromatiche sinusoidali caratteristica delle onde piane :
(r ,t) = 0 exp[i(k r - t) = 0 exp[ik0( nr - ct)] (1.10) dove 0 é una costante e k è il vettore d‘onda nel mezzo , legato alla lunghezza d‘onda ed alla frequenza dalle relazioni :
k= (2)/ = (n) /c e k0 = /c (1.11)
dove k0 è il vettore d‘onda che la stessa onda ha nel vuoto . Sia k che k0 sono sempre ortogonali alle superfici equifase della (1.11) definite da
S = k r - t = cost (1.12)
Se l‘indice di rifrazione del mezzo dipende dal posto la (1.9) non é più risolvibile tramite la (1.10) ma si può risolvere introducendo due funzioni reali A(r) e L(r) , da determinare , scrivendo la soluzione nella forma :
(r,t) = exp { A(r) +i k0 [L(r) – ct]} (1.13)
In quest‘ultima forma A(r) é un fattore di ampiezza ; mentre L(r) è nota come
“iconale” ossia quello che in ottica geometrica è detto lunghezza del cammino ottico e, per n costante , deve essere uguale al prodotto nr .
Sostituendo la (1.13) nella (1.9) si trova :
i k0 [ 2A L + 2L ] + [2A + (A)2 – k02 (L)2 + n2k02] = 0 (1.14) A e L sono funzioni reali per ipotesi , allora le due parentesi quadre si annullano separatamente si perviene al sistema di equazioni :
2A L + 2L = 0 (1.15)
2A + (A)2 – k02 (L)2 + n2k02
= 0 (1.16)
Che permettono di trovare A e L . In questa fase siamo interessati alla forma che la seconda equazione assume nel limite dell‘ottica geometrica .Tale limite si ha quando la lunghezza d‘onda nel mezzo è piccola in confronto alle regioni dello spazio su cui l‘indice di rifrazione varia apprezzabilmente . Dunque k0 ,deve essere grande rispetto ai termini della (1.16) per cui si arriva all‘equazione nota come “equazione dell’iconale” : (L)2 = n2 (1.17)
Il confronto tra quest‘ultima equazione e quella di Hamilton – Jacobi ( W)2 = 2m (E-V)
evidenzia un analogia formale fra le due equazioni . Da questa analogia formale segue che la grandezza che in meccanica classica ha il ruolo dell‘indice di rifrazione è [2m (E-V) ] ½ , la funzione caratteristica di Hamilton risulta inoltre l‘analogo meccanico dell‘iconale .
Al di fuori dei limiti in cui è valida l‘analogia fra la meccanica classica e l‘ottica geometrica , il moto dei sistemi di particelle deve essere descritto da una funzione d‘onda (r,t) di cui le superficie S = W – Et = cost sono le superfici equifase .
{
Ancora dall‘analogia formale tra le due equazioni segue che le rispettive superfici
Introdotta nell‘equazione delle onde, la funzione di ampiezza (r,t) del tipo
(r,t) exp[ -i t] = exp [ - 2 i Et / h ] (1.19) risultato, è pertanto una conseguenza della meccanica classica che come abbiamo visto è il limite della meccanica ondulatoria delle particelle.
D‘altra parte invertendo il ragionamento, si deve concludere che ad ogni onda elettromagnetica è associato un moto particellare . Questo ―dualismo‖ , che ha messo in crisi la fisica classica all‘inizio del secolo ha fatto emergere la
Meccanica Quantistica su cui è basata la teoria del comportamento microscopico della materia e della radiazione .