• Non ci sono risultati.

La moratoria per i crediti muniti di privilegio

Il comma 2, lett. c) dell’art. 186- bis introduce la possibilità che il piano possa “[…] prevedere, fermo quanto disposto dall’art. 160, secondo

comma, una moratoria sino ad un anno dall’omologazione per il pagamento dei creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, salvo che sia prevista la liquidazione dei beni o diritti sui quali sussiste la causa di

11 Trib. Udine 16 febbraio 2012.

12 Trib. Catania 18 marzo 2013, il quale ha affermato che «Non è di ostacolo all’ammissione della procedura di concordato preventivo la circostanza che la società istante abbia effettuato, in data successiva al deposito della proposta di concordato, pagamenti di crediti concorsuali non autorizzati dal tribunale ai sensi dell’art. 182- quinquies, comma 4, l. fall., quante volte la descritta condotta esuli, per le concrete modalità di esecuzione e per la qualità soggettiva dei beneficiati, da profili di manifesta frode nei confronti degli altri creditori concorsuali. L’assenza di una autorizzazione giudiziale, pure imposta dal richiamato art. 182- quinquies, comma 4, l. fall., non è equiparabile, quanto agli effetti negativi sulla sorte della procedura concordataria, a quella prevista per gli atti di straordinaria amministrazione, ex art. 167, comma 2, l. fall., restando peraltro ancora controverso in giurisprudenza se il pagamento di crediti anteriori al concordato costituisca atto di straordinaria amministrazione».

prelazione”. Poiché prima dell’introduzione della norma nessuno

dubitava in merito al fatto che la proposta concordataria potesse contemplare il pagamento ritardato dei privilegiati, salvo corresponsione degli interessi, al tasso legale, compensativi del ritardato pagamento o, in presenza dei presupposti di cui all’art. 160, comma 2, l. fall., calcolo della falcidia conseguente alla mancata corresponsione degli interessi ed attribuzione del diritto di voto per la parte del credito degradata al chirografo in conseguenza del mancato pagamento degli interessi stessi, il significato della norma non può essere altro se non quello di autorizzare una moratoria senza corresponsione di interessi e senza riconoscimento del diritto di voto.

Ad autorizzare tale interpretazione è l’ultimo periodo del comma 2, ai sensi del quale “In tal caso i creditori muniti di cause di prelazione di cui

al periodo precedente non hanno diritto al voto” nonché la previsione

secondo la quale la moratoria non scatta qualora “sia prevista la

liquidazione dei beni o dei diritti sui quali sussiste la causa di prelazione”.

Tuttavia, poiché il tenore letterale della norma è tutt’altro che chiaro, è possibile sostenere anche la tesi opposta, secondo la quale alla moratoria corrisponderebbe sempre la necessità di corrispondere ai creditori che la subiscono gli interessi compensativi del decorso del tempo, interpretando la privazione del diritto di voto come una conferma del pagamento integrale che, rendendo indifferenti alla proposta i creditori privilegiati, esclude che questi ultimi possano votare.

Più nello specifico ci si è chiesti poi se il limite di un anno sopra indicato possa essere aggirato attraverso l’attribuzione del diritto di voto a quei creditori privilegiati il cui soddisfacimento viene posticipato dal piano appunto oltre l’anno. Ebbene, secondo quanto affermato dal Tribunale di

Monza14, «[…] fermo restando il principio di cui all’articolo 160,

secondo comma, l. fall., secondo cui il piano che paga parzialmente i creditori privilegiati deve prevederne la soddisfazione in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della loro collocazione preferenziale, sul ricavato dei beni in caso di liquidazione fallimentare il cui valore di mercato sia indicato nella relazione giurata di un professionista in possesso dei requisiti di cui all’articolo 67, terzo comma, lett. d) l. fall., va osservato che l’articolo 186 bis citato pone un limite insormontabile alla salvaguardia della continuità d’impresa, nell’ambito del bilanciamento con l’interesse contrapposto dei titolari di privilegi ad ottenere il pagamento integrale ed immediato del loro credito, costituito dal fatto che il piano può prevedere sì una dilazione del pagamento, compensata dal riconoscimento degli interessi, ma la moratoria non può essere superiore ad un anno dall’omologazione del concordato.

Il tenore della disposizione normativa non consente, pertanto, attraverso il meccanismo dell’attribuzione del diritto al voto, di dilazionare oltre l’anno il pagamento del credito assistito da una causa di prelazione. In sostanza, il limite temporale della moratoria stabilito dall’articolo 186 bis, secondo comma lett. c) non può essere superato attraverso la formazione del consenso sulla proposta concordataria secondo il sistema delle maggioranze di cui all’articolo 177 l. fall. e può essere derogato solo attraverso il ricorso a specifiche pattuizioni da stipulare su base individuale con ciascuno dei creditori privilegiati coinvolti (che dovranno essere allegate alla domanda di concordato) ovvero mediante il meccanismo di cui all’art. 182 bis l. fall. che modula l’accordo fuori dalla sede giurisdizionale».

14 Trib. Monza 2 ottobre 2013, in ilcaso.it.

Ci si è domandati inoltre, in dottrina, se la dilazione del pagamento dei creditori privilegiati entro l’anno dalla data di omologazione del concordato sia congrua con la corrispondente previsione che nega a tali creditori il diritto al voto. Interessante a tale proposito risulta il provvedimento adottato dal Tribunale di Marsala15 laddove si ribadisce

che: «In caso di sospensione del pagamento dei privilegiati ai sensi

dell’art. 186- bis co. 2 lett. c), e sempre che siano riconosciuti gli interessi di mora, i creditori privilegiati non votano in quanto la soluzione concordataria, prevedendo una soddisfazione comunque contenuta in tempi brevi, non disallinea la loro posizione rispetto a quanto conseguirebbero con la liquidazione fallimentare, rendendo gli stessi indifferenti all’una o all’altra soluzione»16. Il Tribunale di Marsala, in tale

provvedimento, dispone anche in merito alla questione se sia possibile prevedere, in forza di transazione fiscale, nell’ambito di un concordato in continuità, una dilazione del pagamento dei crediti fiscali e contributivi. E specificatamente argomenta: «La disposizione dell’art. 182- ter in tema

di transazione fiscale, nella parte in cui vieta che i crediti tributari e contributivi assistiti da privilegio subiscano un trattamento deteriore rispetto ai creditori che abbiano un privilegio inferiore o interessi economici omogenei, deve essere interpretata, nell’ipotesi di concordato in continuità, nel quale i creditori muniti di prelazione vanno pagati immediatamente salvo moratoria annuale, come riferita esclusivamente

15 Trib. Marsala 05 febbraio 2014, in ilcaso.it

16 Esiste per la verità una diversa tesi che prevederebbe, in caso di pagamento ultrannuale dei privilegi, la determinazione del valore attuale del credito alla scadenza dell’anno (rispetto alla data prevista per il pagamento): il valore attualizzato sarebbe escluso dal voto, mentre la differenza fra quest’ultimo e l’originario valore del credito sarebbe considerato chirografo; quindi, per tale parte, ammesso al voto, unitamente all’eventuale importo degli interessi non riconosciuti in privilegio. Si ritiene infatti che sarebbe iniqua l’esclusione dal voto di un creditore per il quale il piano non prevede un assolvimento lineare del credito.

alle percentuali di soddisfazione e non ai tempi di pagamento, atteso che, diversamente opinando, verrebbe meno la facoltà per il proponente il concordato in continuità di dilazionare il pagamento di crediti erariali e contributivi , accedendo alla transazione fiscale, ogniqualvolta fra i creditori concorsuali vi siano privilegiati di rango inferiore».

Un ulteriore problema interpretativo è quello che inerisce alla possibile assoggettabilità alla moratoria, oltre che dei creditori che vantano un privilegio speciale, un’ipoteca o un pegno, anche dei creditori assistiti da una causa di prelazione generale. La soluzione più corretta è quella maggiormente estensiva, senz’altro autorizzata dalla lettera della norma (che si riferisce genericamente al privilegio), ma soprattutto pienamente compatibile con la fattispecie della prosecuzione dell’attività d’impresa funzionale alla cessione dell’azienda da realizzarsi dopo l’omologazione del concordato. In tale ultimo caso il debitore ben potrebbe posporre il soddisfacimento dei creditori assistiti da una causa di prelazione generale alla liquidazione dei suoi beni, ove essi siano integrati dall’azienda oggetto di cessione.

Documenti correlati