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2. INQUADRAMENTO NORMATIVO

2.3. La normativa antisismica oggi

Gli eventi sismici che hanno colpito il territorio nazionale nel primo decennio del XXI secolo hanno evidenziato la centralità del dibattito sulla sicurezza e conservazione dei centri storici. Si è dimostrata evidente la necessità di mettere a punto un corpus normativo organico che si occupasse in maniera esaustiva non solo delle problematiche relative edifici di nuova progettazione, ma anche e soprattutto del problema degli edifici esistenti, sia in c.a. che in muratura. Risulta evidente che impostazione basata sulle tensioni ammissibili e quindi sul concetto di sollecitazione in campo elastico, non sia sufficiente al soddisfacimento delle molteplici esigenze che possono presentarsi nel corso della vita di una struttura. In particolare è necessario garantire la sicurezza non solo rispetto alle azioni sismiche frequenti, e quindi di lieve entità ma anche rispetto alle azioni severe; in quest’ultimo caso è necessario abbandonare l’ipotesi di comportamento elastico ed accettare che la struttura venga sollecitata in campo fortemente non lineare. Come naturale conseguenza di questo approccio, viene definitivamente abbandonato il metodo delle tensioni ammissibili in favore del metodo degli Stati Limite, peraltro già introdotto dal D.M. del 1996. In questo nuovo approccio si definisce l’intensità delle azioni di progetto in relazione ai diversi livelli prestazionali di cui è richiesto il soddisfacimento (sisma di leggera entità per Stati Limite di Esercizio, sisma severo per Stati Limite Ultimi). Dal punto di vista progettuale si cerca di favorire un approccio finalizzato a pilotare la crisi della struttura secondo meccanismi

meno pericolosi di altri, in quanto consentono di mobilitare le risorse duttili evitare collassi fragili. Questo approccio, rapportato al problema delle strutture

murarie storiche, si traduce ancora una volta nell'accettare danni ma non collassi, adottando tutti gli accorgimenti necessari a scongiurare l’attivarsi di meccanismi fuori piano e riportare le azioni sismiche nel piano dei pannelli.

Viene raccolta infatti l'ipotesi che i meccanismi nel piano producono spesso ingenti danni agli edifici senza tuttavia portare necessariamente al collasso, mentre i meccanismi fuori dal piano provocano spesso collassi generalizzati anche per terremoti di leggera entità. Il mutato approccio nei confronti del sisma si è tradotto nell’avvicendarsi, nell’arco di pochi anni, di numerose normative tecniche: l’OPCM 3274 del 8.05.03, corretto e rivisto dal successivo OPCM

3431 del 3.05.05, hanno proposto alcune importanti innovazioni:

− il definitivo abbandono del metodo delle tensioni ammissibili; − l’adozione di un approccio di tipo prestazionale;

− l’introduzione di una quarta zona a bassissima sismicità con la quale tutto il territorio Nazionale risulta zona sismica;

− l’adozione di criteri progettuali volti a “pilotare” il collasso in modo da sfruttare al meglio le capacità dissipative della struttura.

Nei confronti degli edifici esistenti in muratura viene esplicitamente chiarito che accanto alle analisi volte a definire la risposta globale devono essere effettuate anche delle analisi locali mirate ad orientare quegli interventi che possano impedire l’attivarsi di meccanismi fuori piano. Vengono inoltre definite le analisi possibili sia nel caso di comportamento globale che locale:

Comportamento globale

 analisi statica  analisi modale − analisi non lineari

 analisi statica non lineare  analisi dinamica non lineare

La norma fa corrispondere verifiche in termini di sollecitazioni alle analisi lineari, e verifiche in termini di spostamenti alle analisi non lineari ed indica come metodo principe da utilizzare nel caso di edifici esistenti in muratura

l’analisi statica non lineare. Inoltre vengono individuate alcune classi di

tipologie murarie (in base alla tessitura, alla forma dei conci ed alle caratteristiche della sezione trasversale), e per ognuna di esse sono definiti i valori minimi e massimi dei parametri meccanici da utilizzare nelle le analisi.

Meccanismi locali

Anche per i meccanismi di collasso fuori piano vengono individuate due tipologie di analisi, la prima, definita analisi cinematica lineare, prevede una verifica in termini di accelerazione, la seconda, definita analisi cinematica non

lineare, prevede una verifica in termini di spostamenti. In entrambi i casi

vengono definiti e confrontati la capacità del sistema e la richiesta del sisma, e vengono introdotte alcune innovazioni rispetto al metodo indicato dal precedente DM 1996:

− si chiarisce che l’attivazione del meccanismo e l’apertura della lesione non implicano subito il collasso, quindi si definisce una curva di

capacità in termini di accelerazione oppure di spostamento;

− si definisce un sistema SDOF equivalente al sistema reale in oggetto, in modo da ottenere la capacità del sistema in termini spettrali;

− si definiscono le forme spettrali per la determinazione della richiesta del sisma atteso, in funzione del periodo fondamentale della parete;

− si definiscono i fattori amplificativi di tali forme spettrali dovute alle caratteristiche del suolo ed alla quota del cinematismo;

Gli ultimi due punti sono di fondamentale importanza perché la normativa fino al D.M. 1996 non teneva in considerazione né l’amplificazione dovuta alle caratteristiche dinamiche della struttura, né quella dovuta all’aumentare della quota, trascurando di fatto due dei concetti base della dinamica.

L’approccio delle due Ordinanze viene ripreso dall’attuale normativa, il D.M.

14.01.2008, che si limita ad introdurre dei correttivi alle formule impiegate o

alle forme spettrali, ma di fatto ripropone integralmente lo spirito introdotto dalle due Ordinanze; l’unica vera innovazione rispetto alle ordinanze riguarda la suddivisione del territorio Nazionale in base all’intensità sismica, che non risponde più a quattro zone ma ad una vera e propria microzonazione puntuale del territorio.

Le indicazioni fornite dal suddetto D.M. 2008 relativamente all'analisi e verifica dei meccanismi di primo modo verranno discusse in maniera dettagliate nel capitolo 4, dedicato all’analisi e modellazione di meccanismi locali.

Riferimenti Bibliografici

GHERSI A, LEANZA P. Edifici antisismici in cemento armato progettati secondo le

indicazioni delle nuove normative per comprendere e padroneggiare la progettazione strutturale. Ed. Flaccovio, Palermo,2009.

GIOVANNETTI F.Manuale del recupero dellacittà di Castello.1992.

GIUFFRÈ A (a cura di). Sicurezza e conservazione dei centri storici: il caso Ortigia.

Laterza, Bari, 1993.

PARDUCCI A. L’evoluzione delle concezioni antisismiche fra inerzie e incomprensioni,

dalle case baraccate del periodo borbonico alle nuove tecniche dell’isolamento sismico. Università degli studi di eCampus, Quaderni di Ingegneria, 2009.

Riferimenti Normativi

D.M. 16/01/1996 - Norme tecniche per le costruzioni in zona sismica. s

Ordinanza 3274 del P.C.M. del 20/03/2003, Primi elementi in materia di criteri

generali per la classificazione sismica del territorio nazionale e di normative tecniche per la costruzione in zona sismica.

Ordinanza 3431 del P.C.M. del 03/05/2005, Ulteriori modifiche ed integrazioni all’Ordinanza del P.C.M. n.3274 del 20 Marzo 2003.

C.M.L.L.P.P. n°617 del 02/02/2009 per l’applicazione delle norme tecniche per le costruzioni di cui al D.M. 14.01.2008.

3. CENNI AI METODI DI MODELLAZIONE ED ANALISI RELATIVI AL