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3 LA DIMENSIONE EUROPEA

3.2 La normativa europea

La lotta contro l’esclusione sociale e la povertà è stata esplicitamente menzionata per la prima volta nel Trattato di Amsterdam, firmato il 2 ottobre 1997. In particolare, all’art. 136 afferma: “La Comunità e gli stati membri, tenuti presenti i diritti sociali fondamentali, quali quelli definiti nella Carta sociale europea firmata a Torino il 18 ottobre 1961 e nella Carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori del 1989, hanno come obiettivi la promozione dell’occupazione, il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro, che consenta la loro parificazione nel progresso, una protezione sociale adeguata, il dialogo sociale, lo sviluppo delle risorse umane atto a consentire un livello occupazionale elevato e duraturo e la lotta contro l’emarginazione.”

Il Trattato di Lisbona del 2007 apporta importanti modifiche agli obiettivi sociali e occupazionali dell’Unione Europea, avviando un iter di cambiamento noto come la Strategia di Lisbona. Quest’ultima trova una successiva evoluzione nella Strategia Europa 2020, lanciata nel marzo 2010, la quale dona grande attenzione alle politiche sociali,

-34.0 -32.0 -30.0 -28.0 -26.0 -24.0 -22.0 -20.0 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016 2017

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ponendo per la prima volta l’obiettivo della crescita inclusiva. Europa 2020 introduce un nuovo approccio per permettere agli Stati membri di affrontare in maniera coordinata i temi relativi alla povertà e all’esclusione sociale, che rimangono pur sempre di competenza di ogni singolo Stato. Tale approccio, chiamato Open Method of Coordination, consiste in un meccanismo di coordinamento tra Stati che ha come risultato finale la produzione di una norma, seppur priva di efficacia vincolante diretta (Crepaldi, Da Roit, Castegnaro, 2017).

In questo contesto, Jean-Claude Juncker, Presidente della Commissione Europea dall’ottobre 2014, pone la questione sociale come principale focus d’attenzione per le istituzioni europee. Tale attenzione porta all’approvazione il 17 novembre 2017 a Göteborg del Pilastro europeo dei diritti sociali, il quale definisce venti principi chiave, cui gli Stati membri devono tendere ad adeguarsi. Il quattordicesimo tra questi principi è proprio l’adozione di una misura di reddito minimo, così definita: “Chiunque non disponga di risorse sufficienti ha diritto a un adeguato reddito minimo che garantisca una vita dignitosa in tutte le fasi della vita e l'accesso a beni e servizi. Per chi può lavorare, il reddito minimo dovrebbe essere combinato con incentivi alla (re)integrazione nel mercato del lavoro”.

Era il 1988 quando il Parlamento francese approvò il Revenue minimum d’insertion, prima formula di reddito minimo in Europa. Da allora, i Paesi europei hanno man mano adottato forme di reddito minimo per contrastare la povertà (Ranci Ortigosa, 2018). L’adozione di uno schema per garantire risorse sufficienti contro la povertà è stata indicata dalla Raccomandazione del Consiglio dell’Unione Europea n. 1992/441 del 24 giugno 1992, in cui si definiscono i criteri comuni in materia di risorse e prestazioni sufficienti nei sistemi di protezione sociale. Per essere ribadita in seguito nella Raccomandazione della Commissione n. 2008/867 del 3 ottobre 2008 sull’Inclusione attiva, appoggiata poi sia dal Consiglio europeo, sia da una Risoluzione del Parlamento europeo del maggio 2009 (Crepaldi, 2018).

La Raccomandazione pone grande enfasi sulla strategia di inclusione attiva per la promozione dell’accesso all’impiego. L’approccio dell’inclusione attiva mira non solo a fornire risorse agli individui, ma anche a ridurre la loro necessità di aiuto, in particolare

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supportando l’accesso nel mercato del lavoro. Infatti, l’inclusione attiva si focalizza sulla creazione di opportunità di impiego e sull’integrazione delle persone a rischio di povertà ed esclusione sociale. Il Parlamento europeo, tuttavia, ha sottolineato come l’inclusione attiva non deve sostituire l’inclusione sociale: l’occupabilità degli individui non deve essere un fattore discriminante per il riconoscimento del reddito minimo, ma è necessario riconoscere e agire sui bisogni multipli e complessi delle persone più lontane dal mercato del lavoro.

Allo stesso modo, la Raccomandazione riconosce la necessità di una strategia integrata per la realizzazione di un mercato del lavoro inclusivo, di servizi di qualità e di un adeguato supporto al reddito, riconoscendo il diritto fondamentale di ogni individuo ad avere risorse sufficienti “per condurre una vita che sia compatibile con la dignità umana”. Tale indicazione di principio, tuttavia, ha aperto un grande dibattito concernente la fattiva determinazione di tale soglia, tanto da rendere necessaria la Risoluzione del Parlamento europeo del 20 ottobre 2010 sul ruolo del reddito minimo nella lotta contro la povertà e la promozione di una società inclusiva in Europa. Il Parlamento europeo, infatti, “ritiene che i sistemi di redditi minimi adeguati debbano stabilirsi almeno al 60% del reddito mediano dello Stato membro interessato”. Nonostante questo, un accordo unanime a livello europeo non è attualmente vigente e gli Stati membri utilizzano criteri diversi per stabilire l’importo del proprio reddito minimo.

Nel 2013 troviamo due documenti che affrontano i temi dell’inclusione sociale e della lotta alla povertà: innanzitutto il Pacchetto di Investimenti sociali della Commissione europea e a seguire il Regolamento n. 1304/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, relativo al Fondo sociale europeo. Quest’ultimo è il primo tra i fondi strutturali istituiti dall’allora Comunità Economica Europea e questo nuovo Regolamento definisce che esso dovrebbe promuovere l’inclusione sociale, prevenire e combattere la povertà, in particolare interrompendo il passaggio delle situazioni di svantaggio tra una generazione e quella successiva. Tuttavia il Regolamento sancisce anche che in nessun caso il Fondo sociale europeo può essere utilizzato per integrare o sviluppare misure di reddito minimo negli Stati membri. Secondo la social platform (la più grande rete europea di organizzazioni impegnate nel settore dei diritti civili), il diritto a

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un adeguato reddito minimo dovrebbe essere riconosciuto come un diritto fondamentale e permettere una vita dignitosa, la partecipazione sociale e l'indipendenza (Crepaldi, Da Roit, Castegnaro, 2017).

Ancora, la Risoluzione del Parlamento europeo del 14 aprile 2016 n. 2016/2223 sul raggiungimento dell'obiettivo della lotta alla povertà, tenuto conto delle spese in aumento sostenute dalle famiglie, “invita la Commissione e gli Stati membri ad adoperarsi con forza nella lotta contro la povertà e l'esclusione sociale e ad adottare una strategia integrata volta a combattere le diverse forme di tale fenomeno per mezzo di un approccio olistico, che stabilisca un collegamento più stretto tra le politiche economiche, quelle in materia di istruzione, occupazione, energia e trasporti e quelle sociali, sulla base delle migliori prassi”.

Infine, fin dal 2012 la Commissione europea ha rivolto diverse Raccomandazioni specifiche per singolo Paese, riguardanti questioni sociali, quali il sistema pensionistico, la disoccupazione giovanile, la povertà e l’esclusione sociale, la povertà infantile e la povertà dei lavoratori. In particolare, alcune Raccomandazioni specifiche hanno riguardato:

• ridurre i disincentivi fiscali al lavoro e migliorare la partecipazione al mercato del lavoro, anche dei lavoratori anziani (numerosi Paesi, tra cui anche Francia e Italia); • evoluzione degli stipendi, definizione di uno stipendio minimo e riduzione dei lavoratori poveri (numerosi Paesi, tra cui anche Francia, Italia, Portogallo e Spagna);

• promozione di politiche di attivazione (numerosi Paesi, tra cui anche Italia e Portogallo);

• promozioni di politiche di integrazione per le persone vulnerabili (numerosi Paesi, tra cui anche la Spagna);

• incremento della copertura e dell’adeguatezza dei redditi minimi e di altri trasferimenti monetari e promozione di una strategia nazionale contro la povertà (numerosi Paesi, tra cui Italia, Portogallo e Spagna) (Crepaldi, Da Roit, Castegnaro, 2017).

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