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Fenil-trietossi silano (PhTES)

3.10 La percezione del colore

La luce è una radiazione elettromagnetica della quale è possibile conoscere alcune grandezze caratterizzanti come: frequenza e lunghezza d’onda.

Fig.45: spettro delle onde elettromagnetiche.

La luce visibile all’occhio umano occupa solo una piccola parte dello spettro elettromagnetico. Più precisamente è la parte centrale che va indicativamente dai 380 ai 750nm.

Il termine “colore” esprime una sensazione derivante da più aspetti, quali fattori chimici, fisici, fisiologici e anche psicologici.

Il colore che si percepisce guardando un oggetto dipende, perciò, dalla sorgente d’illuminazione, dalla sensibilità del nostro occhio e dalle interazioni luce-materia.

- sorgenti d’illuminazione: possono essere dirette o indirette. Quelle indirette possono essere a spettro continuo o discontinuo;

- sensibilità dell’occhio: è un fattore soggettivo, che varia da persona a persona. Comunque la sensibilità dell’occhio non è costante su tutto lo spettro, infatti percepiamo meglio la zona attorno ai 550nm (la zona del giallo);

- interazione luce-materia: quando un fascio di luce arriva su una superficie può essere riflesso o assorbito da essa. La riflessione può essere speculare o diffusa, la radiazione riflessa è quella che arriverà ai nostri occhi.

Le radiazioni visibili hanno un’energia tale da essere in grado di eccitare alcuni elettroni di legame (“elettroni mobili”), quindi, quando la luce arriva all’oggetto, parte delle lunghezze d’onda vengono assorbite e parte riflesse.

Se un oggetto riflette tutta la luce visibile che gli arriva abbiamo una sensazione cromatica di saturazione che percepiamo come colore bianco. Mentre se l’oggetto guardato assorbe tutte le

lunghezze d’onda visibili, ai nostri occhi non arriva luce e quindi il “colore” percepito è il nero. Il nero, in realtà, non considerato un colore, bensì “assenza di luce”.

Se, invece, l’oggetto assorbe solo parte dello spettro visibile possiamo vedere il colore dell’oggetto, che sarà equivalente alla luce riflessa. Ad esempio, se l’oggetto assorbe la radiazione blu-verde, il colore osservato è il rosso.

3.11 Colorimetria

La colorimetria è una tecnica che si propone di standardizzare la misura del colore attraverso lo studio di modelli di colore. Lo scopo finale della colorimetria è quello di associare uno o più parametri al determinato colore per renderlo misurabile, questa operazione è detta “specificazione del colore”.

Come già detto precedentemente, il colore è una caratteristica psicofisica legata a diversi fattori, quali:

- le sorgenti illuminanti;

- le caratteristiche soggettive dell’osservatore;

- le caratteristiche della superficie illuminata che determinano le interazioni luce-materia.

Per superare il problema della soggettività, la CIE (Commission Internationale de l’Eclairage) ha lavorato alla creazione di scale e spazi colorimetrici, entro i quali sia possibile compiere misure che prescindano dalla soggettività dell’individuo, e che permettano di eseguire calcoli su delle grandezze definite.

Nel 1921 la CIE ha definito gli illuminanti standard: ha definito come “illuminante A” quello di una lampada ad incandescenza tarata a 2800K, “illuminante B” la luce diretta del sole a mezzogiorno e “illuminante C” la luce del sole, sempre a mezzogiorno, ma che entra da una finestra posta a nord.

Nel 1963 sono stati introdotti degli illuminanti daylight (D50, D65,…) che riproducessero il più fedelmente possibile la luce naturale. Questi contengono una porzione di radiazione ultravioletta, la quale non era stata considerata nella definizione degli illuminanti B e C. I valori a pedice indicano le temperature di colore apparente dell’illuminazione misurata in gradi Kelvin. La temperatura di una sorgente luminosa è definita come temperatura alla quale deve essere scaldato un corpo nero ideale affinché questo emetta una radiazione dello stesso colore della sorgente luminosa.

Fig46: diagramma di cromaticità

Un altro passo avanti è stato la determinazione dell’osservatore standard: attraverso una serie di esperimenti è stata messa a confronto la sensibilità cromatica di un elevato numero di persone. A queste sono state mostrate sorgenti luminose la cui composizione matematica era nota, ed in base agli stimoli registrati si è riuscito a creare una terna di curve che, complessivamente, riconducono la sensibilità ai tre colori fondamentali dell’osservatore medio.

Le tre curve di visibilità (color matching function) x(λ), y(λ) e z(λ) (derivanti dalle misure sperimentali delle funzioni r, g, b), hanno permesso, poi, di calcolare tre valori di tristimolo X, Y e Z che descrivono qualsiasi colore. Il valore X, caratterizza una sorgente immaginaria di colore magenta (λ dominante = 498nm), il valore Y una sorgente di colore giallo-verde (λα =521nm) e il valore Z una sorgente blu (λα =477nm).

Tramite i valori di tristimolo si è potuto descrivere uno spazio all’interno del quale è possibile descrivere tutti i colori.

Nel 1976 la CIE ha proposto lo stazio colorimetrico L*a*b*. In questo sistema il colore è visualizzato tramite tre coordinate tra loro ortogonali:

L* =luminosità; a* e b* =coordinate di cromaticità Queste sono state ricavate tramite le formule:

Formula Descrizione

L =116 (Y/Y0)1/3 -16 indica la luminosità

a =500 [(X/X0)1/3 – (Y/Y0) 1/3 ] indica le coordinate della componente rossa (a) e verde (-a) b =200 [(X/X0)1/3 – (Z/Z0) 1/3 ] indica le coordinate della componente gialla (b) e blu (-b) h =arc tan (b/a) indica la tinta

C =√ (a2 + b2) indica la saturazione

Fig.47: spazio colorimetrico L*a*b* Fig. 48: Cerchio colorimetrico

Il “colorimetro” è uno spettrofotometroche va a determinare la quantità di costituenti primari della luce in esame. La gamma spettrale studiata è quella del visibile: fra 400 e 700nm.

Le misure colorimetriche si basano sulla misura della riflettanza, cioè il rapporto fra intensità del flusso di luce radiante e intensità del flusso di luce incidente, per arrivare ad una identificazione numerica del colore stesso.

Lo stumento utilizzato in laboratorio è uno spettrofotometro SP64 della X-Rite. Si tratta di uno spettrofotometro portatile con geometria ottica D8° a sfera con un’area di misura di 8mm. Le coordinate colorimetriche ottenute sono visibili direttamente sul display LCD dello strumeto.

Il primo passo per l’acquisizione dei dati è la calibrazione dello strumento. Si sfrutta un contenitore chiuso delle dimensioni dello strumento stesso dalla superficie nera. Su questo contenitore troviamo un disco bianco da una parte ed un’apertura dall’altra. Si appoggia la zona di lettura prima sul disco bianco, si acquisiscono i dati relativi, poi si procede alla stessa maniera posizionando la zona di lettura sull’apertura per la misura del nero (grazie al completo buio nell’apertura). Una volta che la calibrazione è stata effettuata si può procedere con le misure sui campioni reali.