• Non ci sono risultati.

La riconquista impossibile

Nel documento Venezia Bisanzio e il pericolo turco (pagine 64-73)

CAPITOLO TERZO

3.2 La riconquista impossibile

Il trattato di Ninfeo, siglato nel 1261, assegnava ai Genovesi proprietà e quartieri in diverse città, tra cui Costantinopoli e Tessalonica. Al doge non rimaneva come alleato che il papato che non perse tempo a scomunicare i Genovesi, colpevoli di aver distrutto l'ideale di unità cristiana.

Appena giunse a Venezia la notizia della caduta di Costantinopoli, il doge inviò una flotta di diciotto navi da guerra, non per attaccare Costantinopoli, ma per difendere i possedimenti veneziani, in particolare Creta e Negroponte. Intanto i rapporti tra l'imperatore e i suoi alleati Genovosi iniziarono subito ad incrinarsi, nel frattempo il papa vista la situazione che stava mutando ritirò l'interdetto. La rottura definitiva avvenne quando l'imperatore scoprì che il podestà Genovese a Costantinopoli stava tramando una congiura per consegnare la città ai Latini, a quel punto tutti i Genovesi a Costantinopoli vennero cacciati e l'alleanza sciolta. L'imperatore era profondamente deluso dai Genovesi e per questo nel 1265 inoltrò, tramite un ambasciatore, un'offerta di alleanza ai Veneziani, ai quali, oltre ad accordi territoriali, veniva proposto di impegnarsi a non partecipare ad alcun attacco occidentale a Costantinopoli e a difendere la città in caso di attacco nemico. Quando la proposta fu ratificata al doge Raniero Zeno questi la rispedì al mittente, era una proposta di accordo che ricordava troppo da vicino i precedenti trattati imposti a Venezia da Bisanzio in un'epoca precedente. Oltre tutto a Venezia era ancora forte il desiderio di ricostruite l'Impero veneziano di Ròmania e si progettava il modo di riportare l'imperatore latino Baldovino sul trono di Costantinopoli. 79 La motivazione ufficiale del rifiuto al trattato del 1265 fu

che era stata stipulata una pace senza limiti di tempo. In realtà c'erano anche altri motivi. Era in corso lo scontro tra Manfredi e Carlo d'Angiò e Venezia era intenzionata a seguirne gli sviluppi in quanto, se avesse vinto l'Angiò si sarebbe subito dato il via ad una nuova crociata con la volontà di restaurazione dell'impero latino. Il doge Zeno non aveva chiuso le trattative con Costantinopoli ma era intenzionato a prendere tempo. Il 27 maggio 1266 Manfredi venne sconfitto e ucciso a Benevento con conseguente passaggio del regno di Sicilia agli Angioini.80

“Carlo d'Angiò, come ci si attendeva, fece proprio il programma di riconquista di Costantinopoli e non tardò molto a manifestare propositi ostili

79 Ivi., pp. 235-240

verso l'impero, impadronendosi di Corfù nel gennaio 1267 e dando l'avvio a un'attività diplomatica volta allo stesso scopo. Il 27 maggio 1267, alla corte papale di Viterbo, venne concluso un trattato di alleanza fra l'Angiò e il deposto imperatore Baldovino II, il cui figlio avrebbe dovuto sposare la figlia di Carlo, che aveva come fine principale la restaurazione dell'impero latino. Il re di Sicilia si impegnava ad organizzare la spedizione militare entro sei o sette anni al massimo e, in cambio, otteneva una serie di diritti che, di fatto, lo avrebbero reso il padrone di Bisanzio. All'accordo aderì anche Guglielmo di Villehardouin, recatosi personalmente a Viterbo, che pose i propri domini sotto l'alta sovranità di Carlo d'Angiò. Con un trattato sottoscritto il 24 maggio, il Villehardouin promise in sposa la propria figlia ed erede, Isabella, al figlio del re di Sicilia, Filippo, riservandosi l'usufrutto dell'Acaia vita natural durante; alla sua morte però il principato sarebbe passato agli Angiò. A Venezia, espressamente ricordata nel secondo trattato, sarebbero stati riconfermati i diritti di cui aveva goduto nell'impero latino.”81

I trattati di Viterbo danno così il via ad una lotta fra Carlo d'Angiò e Michele VIII che sarà destinata a durare per quindici anni. Tali decisioni sembravano però confinate alle aspirazioni più che alla realtà. La spedizione di Carlo era ritardata da varie problematiche; il conflitto con Corradino di Svevia e le reticenze del papa non gli permettevano di mettere in pratica l'organizzazione e l'attacco all'impero. Venezia decise così di agire autonomamente avviando trattative separate con Bisanzio. Lo stato di guerra riduceva al minimo l'attività commerciale veneziana. Il doge Zeno sul finire del 1267 inviò due rappresentanti a Costantinopoli per concludere una tregua. Nel aprile del 1268 si arrivò ad un accordo, trattandosi di una tregua il riconoscimento dei possedimenti veneziani di Creta, Corone e Modone diveniva ora soltanto un semplice patto di non aggressione, per Negroponte venivano modificate le decisioni adottate nel 1265, cadevano tutte le clausole definite per il futuro dell'isola e l'imperatore riconosceva soltanto il trattato tra Venezia e il principe di Acaia. Venezia avrebbe ottenuto i privilegi commerciali, ma non più i quartieri nell'impero, inoltre l'espulsione dei genovesi sarebbe stata sostituita da una convivenza forzata, di conseguenza veniva anche meno il programma di cooperazione con Bisanzio in chiave antigenovese. 82

La vittoria contro Corradino di Svevia (23 agosto 1268) e la morte di papa Clemente IV con il trono papale vacante, (29 novembre 1268) spianarono il

81 Ivi., p.134

cammino di Carlo d'Angiò verso la conquista di Costantinopoli. L'inizio della spedizione venne fissato per la primavera del 1270, insieme a Baldovino II, con il quale vennero fissati tutta una serie di accordi in chiave antibizantina. Tuttavia l'inizio della spedizione venne più volte rimandato, da un lato per motivi politici, Luigi IX aveva convinto il fratello Carlo d'Angiò a rimandare l'impresa contro i cristiani d'Oriente, dall'altro per motivi meteorologici, a Trapani la flotta di Carlo venne distrutta da una tempesta. Ma questi ostacoli non misero fine ai progetti dell'Angioino che nel 1271 si impossessò di Durazzo e Valona e l'anno successivo venne proclamato re di Albania. Era venuto così in possesso di una base operativa molto importante che gli dava la possibilità di attaccare via terra l'impero. Ma gli eventi furono nuovamente a favore dell'imperatore. Nel settembre del 1271 venne eletto papa Gregorio X il quale si mostrò subito interessato ai problemi della Terra Santa e in particolare alla riconquista di Gerusalemme. Il papa nel marzo del 1272 proclamò ufficialmente la convocazione di un concilio per il 1274, Michele VIII diede subito il via alle trattative per la riunificazione, e il 6 luglio nel concilio di Lione si giunse effettivamente alla riunificazione religiosa fra Roma e Costantinopoli, il papa riuscì, inoltre, ad ottenere una tregua tra Bizantini e Angioini fino al maggio del 1276. Venezia nel frattempo restava sulle sue posizioni, rifiutando una proposta dell'Angiò di alleanza contro Bisanzio, appellandosi all'obbligo di rispettare il trattato con Michele VIII. Fu una decisione sul quale pesarono sospetti e perplessità legate all'espandersi della potenza angioina, che minacciava seriamente il controllo dell'Adriatico, sulla scelta veneziana influì inoltre l'accordo tra l'Angiò e l'Ungheria storicamente nemica di Venezia. Quando il trattato con Bisanzio stava per volgere al termine si moltiplicarono su Venezia continue pressioni da diverse parti. In particolare il papa Gregorio X diffidava i veneziani da rinnovare accordi con il Paleologo, e Carlo continuava a proporre un alleanza antibizantina.

Negli anni precedenti al concilio di Lione, Bisanzio e i Latini si erano combattuti in Morea, ma tra il 1274 e il 1275 una potente offensiva venne lanciata da Michele VIII contro l'Albania e il principato bizantino di Tessaglia, separatosi dall'Epiro nel 1271. Agli inizi del 1276 fu la volta di Negroponte che venne conquistata dall'imperatore grazie all'aiuto di Licario un italiano figlio di un Veronese che si era stabilito a Negroponte. Inizialmente i veneziani iniziarono a collaborare apertamente con i Latini nella guerra con Bisanzio, ma durante le operazioni militari Venezia avviò

delle trattative con l'impero spinta in particolare da un nuovo accordo fra Michele VIII e i Genovesi nel 1275. Dopo lunghe trattative si arrivò ad un accordo nel marzo del 1277, con risultato una tregua biennale con possibilità di proroga. Rispetto ai trattati precedenti inoltre venivano inclusi i signori veneziani delle isole e veniva fatta la concessione di quartieri commerciali a Costantinopoli e Tessalonica. Dal canto suo Venezia si impegnava a non sostenere alcun nemico di Michele VIII il quale non avrebbe aggredito i possedimenti veneziani di Corone, Modone e Creta. Per Negroponte sia doge che imperatore si riservavano il diritto di continuarvi operazioni militari. Inoltre Michele VIII si assumeva di nuovo l'obbligo di proibire atti ostili contro i Veneziani, i quali da parte loro si assumevano la responsabilità degli atti di pirateria contro l'impero. Venezia avrebbe potuto svolgere attività commerciali in tutto l'impero senza obbligo di versare le tasse alle casse dell'imperatore, e veniva concesso un quartiere a Costantinopoli lungo il Corno d'Oro con confini ben definiti.

La tregua del marzo 1277 fu un debole compromesso fra Bisanzio e Venezia, sicuramente più conveniente per l'impero che per i lagunari. In cambio di qualche concessione Michele VIII era riuscito nuovamente ad evitare un possibile attacco di Carlo d'Angiò. Venezia invece si era assicurata soltanto una breve tregua senza riuscire a risolvere i problemi legati alla sua presenza in Romània e alla sicurezza dei traffici commerciali.

Nel frattempo, la situazione nel Mar Egeo si aggravò ulteriormente, nell'estate del 1277 Licario attaccò e conquistò l'isola di Scopelo, in seguito furono conquistate anche Sciato e una serie di isole minori che formavano il dominio del veneziano Filippo Ghisi, che venne catturato e condotto a Costantinopoli. Licario continuò nella sua conquista, cadde nelle sue mani anche Lemno retta da alcune famiglie Veneziane. A Venezia era forte la convinzione che il prossimo obiettivo sarebbe stato Negroponte, ci si rivolse quindi a Carlo d'Angiò che era divenuto principe di Acaia, a causa della morte di Goffredo di Villehardouin. Nell'estate 1279 venne stipulato a Capua un accordo tra Venezia, Filippo di Courtenay e Carlo d'Angiò. L'accordo era semplice, si sarebbe dovuta equipaggiare una flotta di sedici galere che si sarebbe riunita a Corfù e da qui avrebbe fatto vela alla volta di Negroponte per difenderla dall'attacco bizantino. Ma gli eventi precipitarono, Licario sottomise tutta l'isola ad eccezione della città di Negroponte che non venne neanche sottoposta ad assedio, di conseguenza a Venezia venne meno l'interesse per il trattato di Capua, giudicato insufficiente e che non venne

neanche ratificato.

Intanto a Venezia il 28 aprile 1280 il nuovo doge Giovanni Dandolo era intenzionato a concludere un trattato con l'Angiò e l'imperatore latino. Le trattative andarono per le lunghe e il d'Angiò tentò di sferrare un nuovo attacco via terra attraverso l'Albania e l'Epiro, ma l'esercito angioino venne sbaragliato dai bizantini. Falliva così nuovamente il progetto di attaccare l'impero, questa volta, via terra. Ma Carlo non mise fine alle proprie ambizioni e propose a Venezia una nuova alleanza antibizantina. Questa volta Venezia accettò la proposta angioina, d'altronde il momento era propizio, visto che nel 1280 papa Niccolò III era morto ed era salito al soglio pontificio Martino IV schieratosi apertamente a favore dell'Angiò sostenendo la crociata contro Bisanzio. Il 3 luglio 1281 a Orvieto i veneziani stipularono un'alleanza con Carlo d'Angiò e Filippo di Courtenay. Presentata come un'alleanza antiscismatica in realtà era intenzionata ad insediare Filippo di Courtenay sul trono di Bisanzio e a restituire a Venezia tutti i diritti di cui aveva goduto precedentemente nell'impero latino. La data di inizio era fissata per l'aprile 1283, Carlo e Filippo avrebbero messo a disposizione soldati di cavalleria e Venezia avrebbe messo a disposizione le sue navi. Il doge, Carlo d'Angiò e Filippo avrebbero preso personalmente parte alla spedizione, inoltre prima della spedizione principale contro Bisanzio, la flotta probabilmente, anche se non specificato, si sarebbe diretta a Negroponte. I trattati di Orvieto furono ratificati ufficialmente il 2 agosto 1281 e nell'ottobre dello stesso anno il papa aveva scomunicato il Paleologo. Ancor prima che il progetto iniziasse a prendere corpo, nel marzo 1282 scoppiò a Palermo la rivolta dei Vespri Siciliani, Carlo d'Angiò perse un gran numero di navi nel tentativo di fermarla. Nell'agosto dello stesso anno la Sicilia fu attaccata da Pietro III di Aragona alleato di Michele VIII, e i francesi vennero definitivamente cacciati dall'isola. Le ripercussioni furono tali che il progetto di riconquista di Costantinopoli fu accantonato, l'Angiò dovette concentrare tutte le sue forze nella guerra con gli Aragonesi. Pietro III di Aragona venne scomunicato dal papa che bandì una crociata contro di loro, allo stesso tempo Carlo d'Angiò, chiedeva senza esito, una nuova alleanza a Venezia che respinse tutte le successive richieste di alleanza con gli angioini. Nel 1284 papa Martino IV colpì Venezia con l'interdetto per il rifiutò di partecipare alla crociata anti-aragonese. La seconda spedizione ebbe comunque luogo ma si concluse con un saccheggio angioino dell'isola di Negroponte e nulla più. Questa sarà l'ultima vicenda che riguarderà la collaborazione tra Venezia e gli

angioini ai danni di Bisanzio. 83

Nel documento Venezia Bisanzio e il pericolo turco (pagine 64-73)