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La riscoperta della tragedia antica e l’esordio cinematografico

5. L’Edipo anti-intellettuale di Pier Paolo Pasolini

5.4. La riscoperta della tragedia antica e l’esordio cinematografico

cinematografica di Pasolini, che del resto possedeva un‟ottima formazione classica. Egli cerca però di rievocare la Grecia dei primordi, selvaggia e non civilizzata, del tempo immemore in cui il mito è venuto alla luce. Per riuscire in questo deve quindi prendere le distanze dall‟idea convenzionale della grecità neoclassica.21

Il mito e la tragedia sono però per Pasolini anche una proiezione della sofferenza e del dramma insiti nell‟esistenza umana, oltre che immagine onirica di un mondo arcano, impossibile da collocare in un qualsiasi momento del passato. È all‟interno di questo sogno che è possibile scoprire la propria identità e quindi l‟inevitabile conflitto in cui essa si trova rispetto a ciò che la circonda. Quella dell‟Edipo novecentesco non è dunque più una ricerca delle proprie origini, bensì il tentativo di controllare - anche negando - le proprie pulsioni inconsce, celate nell‟oscuro abisso dell‟animo.22

L‟alterità propria della materia mitica è inoltre la perfetta arma da contrapporre a quella stessa sterile e assoluta razionalità che Moravia denunciava come parte integrante della mentalità borghese.23

Il mito e il rito hanno per Pasolini una valenza soprattutto spirituale: essi infatti possono essere riscoperti solo attraverso la catarsi recata dalla morte.24 Quest‟ultima è solo una delle innumerevoli analogie tra la poetica pasoliniana e quella di Elsa Morante, che pure considerava la morte e l‟annullamento dell‟io come un passaggio obbligato per il ritorno all‟origine.25

5.4. La riscoperta della tragedia antica e l’esordio cinematografico

Prima del cinema, per Pasolini è il teatro il mezzo ideale per mettere in scena la materia mitica: per questo si impegna a riscoprire il dramma greco inteso come teatro della parola, quindi fondato sull‟equilibrata combinazione tra la razionalità e la retorica, ma con modalità recitative affini a quelle classiche e tradizionali. Non si tratta comunque di una mera rievocazione del dramma antico, bensì dello studio e

21

Cfr. M.FUSILLO, La Grecia secondo Pasolini, Firenze, La Nuova Italia, 1996, p. 14.

22

Ivi, p. 77.

23

Cfr. G.DE SANTI, Mito e tragico in Pasolini, in «Il mito greco nell‟opera di Pasolini», a cura di E. FABBRO, Udine, Forum, 2002, pp. 25-26.

24

Cfr. M.A.BAZZOCCHI, Pier Paolo Pasolini, Milano, Mondadori, 1998, p. 131.

25

Come si può evincere dall‟opera La serata a Colono, ma anche dal saggio Pro e contro la bomba

atomica, dove l‟autrice non considera l‟atomizzazione «causa potenziale della disintegrazione» bensì

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della riscoperta dei paradigmi mitici arcaici che sopravvivono nella contemporaneità ma non più in modo manifesto: il sacro dunque permane ma è celato nella moderna quotidianità.26

Il mito entra però a pieno titolo nelle opere di Pasolini solo con il cinema. Inizialmente, lo scrittore si accosta a quest‟arte poiché la percepisce come una nuova tecnica espressiva, quindi una forma di ribellione che rigetta le modalità convenzionali della comunicazione linguistica. In un secondo momento, però, giunge ad una nuova conclusione: il cinema non è un codice linguistico, bensì una lingua vera e propria. Se infatti lo scrittore si esprime attraverso un repertorio di segni già precostituito ed interpretato, il regista ha invece a disposizione un serbatoio inquantificabile di immagini, ovvero la realtà. Ad ognuna di queste figure può assegnare un significato del tutto nuovo e personale, in virtù della natura più primitiva ed essenziale delle immagini rispetto alla parola scritta. Il cinema non sarebbe dunque fondato su una lingua di comunicazione, ovvero un sistema linguistico assimilato ed impiegato correntemente da una collettività.27 La predilezione di Pasolini per questa forma d‟arte è dettata anche dal fatto che, a differenza del linguaggio letterario che esprime concretamente le proprie potenzialità, il cinema è astratto, costituito da metafore.28

Pur sfruttando importanti innovazioni raggiunte dal cinema neorealista, il regista prende le distanze dalle convenzioni verbali e linguistiche delle pellicole neorealiste, miscelando immagini dal sapore arcaico a suggestive atmosfere oniriche.29 Per i film a tema mitico, quali ad esempio Medea ed Edipo Re, introduce la riproposizione sistematica di scene affini o uguali, espediente che contribuisce a differenziare l‟opera da una semplice rivisitazione della tragedia, facendo rientrare determinate azioni e situazioni in categorie e prototipi precisi, così da rendere espliciti allo spettatore gli automatismi e gli stereotipi che dominano la società moderna.30

Un'altra novità fondamentale apportata dallo stile pasoliniano è la realizzazione della cosiddetta ripresa soggettiva indiretta libera - rielaborazione cinematografica del più

26

Cfr. G.DE SANTI, Mito e tragico in Pasolini, cit., pp. 29-30.

27

Cfr. P.P. PASOLINI,Il “cinema di poesia”, in Empirismo eretico, Milano, Garzanti, 1972, pp. 171-191.

28

Cfr. L.MARTELLINI, Introduzione a Pier Paolo Pasolini, cit., p. 126.

29

Cfr. M.FUSILLO, La Grecia secondo Pasolini, cit., pp. 12-13.

30

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classico e letterario discorso libero indiretto - attraverso la quale l‟autore assume non solo il punto di vista, ma anche la psicologia e la lingua del personaggio.31 Nella trattazione del cinema di Pasolini è utile infine soffermarsi sulla concezione del montaggio da parte del regista: egli rileva diverse analogie tra questa operazione ed il concetto di morte. Il processo di riordino ed assemblaggio delle scene cristallizzata infatti l‟esito finale della pellicola, proprio come il passaggio a miglior vita dà un termine preciso alla durata dell‟esistenza, definendo il presente da vivere e il passato ormai vissuto e fissato nel tempo.32 Tale visione deriva dal tema della ciclicità assai caro all‟autore e che rappresenta un tassello fondamentale per l‟interpretazione del cristianesimo primitivo di Pasolini. Traendo spunto dalle letture di James Frazer e Mircea Eliade, l‟autore ipotizza che - nella mentalità contadina – Cristo, insieme a molti altri elementi del mito cristiano, altro non siano che il risultato dell‟assimilazione nel patrimonio culturale di divinità agresti come Adone o Proserpina, venerati in un‟epoca in cui lo scorrere del tempo non era lineare ma appunto ciclico, in quanto scandito da consuetudini e festività.33

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