4.1 Padova 1939: fra discriminazione e corruzione...161 4.2 Vanità letterarie e fegatismo: profilo di Oreste Cimoroni...166 4.3 Il prefetto alla sagra guerriera...173 4.4 La penna e il corpo. Frammenti di un discorso sull'immaginario...179 4.1 Padova 1939: fra discriminazione e corruzione. Il problema della razza, a Padova, assume contorni sottili ed ambigui. Giorgio Segato, scandagliando le annate de «Il Bo'», rileva come ancora nel 1937 – di fronte all'offensiva tedesca dei dolicocefali biondi – la rivista del GUF, fucina della intellighenzia patavina e cassa di risonanza della prestigiosa Università, fosse naturaliter schierata in senso antirazzista1.
Eppure un anelito razzista serpeggia a Padova da ben prima della promulgazione delle leggi antiebraiche. A cavallo degli anni Dieci sono le parole d'ordine di un foglio come il cattolico «La libertà» a mostrare il fastidio di un ceto politico in rapida formazione e violenta riscossa per la presenza della borghesia ebraica nei centri del potere cittadino, fastidio che assume connotazioni livorosamente antigiudaiche nei suoi mirati attacchi all'establishment bloccardo2. Al principio degli anni Trenta le punture di spillo si fanno via 1 Cfr. G. SEGATO, Artisti a Padova cit. p. 210 e nota. A considerazioni più articolate sul «nodo coercizione
consenso» tramite cui il Guf patavino si sintonizza precocemente «all'antisemitismo di Stato» perviene invece, grazie ad un intenso uso delle fonti archivistiche, BERNARDINELLO, Fra goliardia e inquadramento
cit. pp. 687691. Sulla svolta razzista del foglio universitario – solo blandamente temperata nelle sue «crudezze gufine» dal rettore Carlo Anti – cfr. MARIO ISNENGHI, Rettori fascisti e rettori partigiani.
Documenti di vita universitaria a Padova fra regime e dopoguerra, «Venetica», 1987, 8, pp. 9699, poi IDEM, L'Università di Padova: da Anti a Marchesi a Meneghetti, in LENCI – SEGATO (a cura di), Padova nel
1943 cit. pp. 221222. Ora cfr. FEDERICO BERNARDINELLO, Origini di una testata e MARIO ISNENGHI, Il Bò del
fascismo, entrambi nello speciale de «Il Bò. Il giornale dell’Università degli Studi di Padova», marzo 2008 (numero monografico 19351968 storia di un giornale universitario), rispettivamente pp. 49 e 10 23. 2 Una campionatura del quotidiano cattolico sotto la direzione di don Restituto Cecconelli (15 dicembre 190917 marzo 1910) ne offre diversi esempi. Nelle polemiche spicciole contro gli altri giornali locali, il quotidiano «Il Veneto», vicino alle posizioni del sindaco bloccardo Giacono Levi Civita, «non può essere
via più frequenti e coincidono con la progressiva espunzione della borghesia ebraica dalle leve del potere. Leve del potere – sia detto per inciso – che la borghesia ebraica aveva dimostrato di saper tenere anche nel fascismo incipiente, quando Gastone Treves de' Bonfili si era saputo imporre nel fascismo locale fino ad entrare nel triumvirato che dal maggio all'agosto del 1924 resse la federazione3. Radiato dal partito nel 1926, avrebbe
tuttavia mantenuto un ruolo di influente consigliori della sua ala agraria4, fino a riottenere
la tessera – secondo il malevolo ritratto fattone da Ferdinando Baseggio, il delatore per eccellenza della Padova degli anni Trenta – dal federale Agostino Podestà, con una decisione non approvata in alto loco5.
La violenta campagna antiebraica scatenata dal fascismo nel 1938 vale a mutare nettamente il quadro. Non ci dilungheremo qui sull'argomento, su cui a più riprese ha dedicato accurate pagine Angelo Ventura6, ma vale la pena di annotare come fra il 1938 e il
1942 il problema delle discriminazioni attraversi il ventre molle del ministero dell'Interno e delle sue diramazioni periferiche7.
che... degli ebrei!» («La libertà», 15 gennaio 1910), cosa confermata il giorno successivo: «il giornale del ghetto». Normale regola del gioco nella polemica politica spiccia (cfr. MARIO ISNENGHI, Stampa di
parrocchia nel Veneto, Padova, Marsilio, 1973, pp. 45100), ma i toni trascendono anche nei confronti dell'autorità costituita, così il prefetto è un «perfetto manutengolo della massoneria verde e rossa» (ivi, Una indegnità del commendatore Prefetto, 21 dicembre 1909), quanto al questore – additato ai lettori per la sua presunta inazione Dopo l'insulto a S. Antonio, ivi, 18 febbraio 1910 – «[...] Ma come si può pretendere che chi sta a capo della P.S., il cav Guastalla ebreo, amico del comm. Ceccato Prefetto, i cui sentimenti verso i cattolici tutti conoscono e amico del sindaco ebreo, se la prenda tanto a cuore per la statua di un Santo, sia pure il Santo di Padova?» (grassetto originale nel testo).
3 Cfr. MISSORI 1986 p. 123; VENTURA, Padova cit. p. 327.
4 ANGELO VENTURA, La società rurale veneta dal fascismo alla Resistenza, in Società rurale e Resistenza
nelle Venezie. Atti del Convegno di Belluno 2426 ottobre 1975, Milano, Feltrinelli, 1978, pp. 2930. 5 Cfr. ACS, PNF, DN, Situazione politica ed economica delle province, b. 11, fasc. Politica – Attività varie
– Situazione, relazione di Baseggio a Starace in data Padova 2 settembre 1938. Da questa Starace traeva un appunto (19 settembre) per il nuovo federale: «Lovo / Gli hai ritirato la tessera?» (ivi, ms su copia datt. dello stralcio della relazione).
6 Cfr. VENTURA, Padova cit. pp. 334346; IDEM, Sugli intellettuali di fronte al fascismo negli ultimi anni del
regime, in Sulla crisi del regime fascista cit. pp. 2173; IDEM, Le leggi razziali all’Università di Padova,
in IDEM (a cura di), L’Università dalle leggi razziali alla Resistenza. Atti della Giornata dell’Università
italiana nel 50° anniversario della Liberazione (Padova, 29 maggio 1995), Padova, Conferenza permanente dei rettori delle Università italiane – Università di Padova, 1996, pp. 131196. Più recente – e basato in maniera esplicita su una ricca documentazione archivistica – lo studio di ANTONIETTA
COLOMBATTI, La persecuzione antiebraica a Padova (19381943), in UNIVERSITÀ CA' FOSCARI VENEZIA –
DIPARTIMENTO DI STUDI STORICI, Annali 2001. Studi e materiali dalle tesi di laurea. III, Milano, Unicopli,
2002, pp. 211226.
7 Cfr. RENZO DE FELICE, Storia degli ebrei italiani sotto il fascismo, nuova edizione ampliata, Torino,
Una traccia ambigua, che dice e non dice, al contempo ammiccante e reticente, incerta persino nella datazione dei fatti di cui tratta, è quella offerta – secondo quanto si vanta l'autore nello strillo di copertina – da «Colui che seppe tutto»8. Vi si accenna alla
arianizzazione, a suon di banconote, di un certo Treves di Padova. Incerta è la datazione: il capo della polizia dice di aver esperito indagini riservate nell'estate del 1942, ma i fatti di cui narra sono necessariamente antecedenti; sporca la figura del confidente, che raccoglierebbe – a suo dire – appena le briciole di un'estorsione lurida e diffusa, oscura la figura del federale che tardivamente – ma in senso zelantemente antisemita – pone in stato d'accusa di fronte al duce le collusioni locali, ma pesantissime comunque le chiamate in correità9. Il Treves di cui si parla, tuttavia, non è un ebreo qualunque: è proprio l'ex triumviro Gastone Treves de' Bonfili, costretto in questa fase a smuovere tutte le proprie altolocate conoscenze per scongiurare l'incipiente ghettizzazione. Ne abbiamo conferma in una scheda curata, nel dopoguerra, dalla locale questura10:
8 Ci si riferisce all'omertoso libro di C. SENISE, Quando ero Capo della Polizia cit. pp. 164168, la cui
improbabile copertina – non ripresa nel frontespizio – recita Memorie di Colui che seppe tutto. Desunto dalle informazioni raccolte da Senise è anche il «Promemoria per S.E. il Capo della Polizia» curato dalla divisione di polizia politica (governo di Roma) e trasmesso all'Alto commissario aggiunto per la punizione dei delitti e degli illeciti del fascismo Mario Berlinguer in data 16 settembre 1944. La minuta ms del promemoria (che però data l'avvio delle indagini a «Dopo il 25 luglio 1943») è in ACS, MI, DGPS, Servizi informativi speciali, sez. II (19441947), b. 11, cat. CP fasc. Buffarini Guidi Guido.
9 Oltre a DE FELICE, Storia degli ebrei italiani cit. p. 361, cfr. SUMAN, Un «artista di regime» e un
«agricoltore benemerito» cit. pp. 472473 nota 4, che data la vicenda all'estate del 1941 proponendo in Odino Rizzardi (federale di Padova dal giugno al settembre 1941) l'autore della denuncia al duce. Cfr. anche ACS, SPD, CR 19221943, b. 25, fasc. Le Pera Antonio, molto ben documentato circa le accuse rivolte al dirigente della Demorazza: la prima informativa sulla tempesta che sta per scoppiare è del 31 dicembre 1941. 10 ASPd, Gp, b. 647, cat. XV/25 fasc. 8 Avocazione profitti di regime, il questore di Padova Santini al prefetto Manno in data 30 giugno 1946 (la relazione collima, quasi alla virgola, con quella predisposta dalla Legione territoriale dei carabinieri di Padova, a firma del comandante del gruppo ten. col. Calcedonio Cannada in data 18 luglio 1946). Il fascicolo «Avocazione profitti di regime», aperto nel 1945 ma formatosi su impulso del prefetto Manno nella seconda metà del 1946, contiene altro rispetto a ciò che l'intestazione sembra promettere. Con la seconda ondata epurativa iniziatasi nell'agosto 1945, l'Alta Corte pone al vaglio tutti coloro che dal 1922 al 1943 (e, in posizione differenziata, dal 1943 al 1945) rivestirono cariche di partito e di governo, chiedendo la trasmissione degli elenchi e delle relative biografie a tutte le sedi prefettizie. Il fascicolo così contiene, in una duplice serie (una curata dalla questura, l'altra dai carabinieri), il profilo biografico di 161 quadri del fascismo patavino suddivisi per categoria d'appartenenza: 1 accademico d'Italia, 2 senatori, 7 consiglieri nazionali, 3 membri del direttorio, 5 segretari federali del PNF, 17 segretari federali amministrativi, 5 segretari politici di comuni non inferiori ai 20.000 abitanti, 17 vice federali, 60 ispettori federali, 44 ufficiali superiori della milizia. E' da credere che tale fonte rappresenti, a consuntivo, il più vasto schedario del fascismo locale.
Treves Dei Bonfigli Ing.Gastone fu Camillo e di Dalmbert Giulia, nato a Padova il 25 Marzo 1877, emigrò a Teolo (Padova) nel 1920 ed attualmente ha il suo domicilio in Roma in via del Babuino 196. Qui a Padova però tiene un appartamento e precisamente in via G. Verdi 6 dove prende saltuariamente alloggio. Il Treves, che nel 1939 denunciò la sua appartenenza alla Razza Ebraica, ma con successivo provvedimento veniva riconosciuto “non ebreo”, è colonnello nella riserva R. Aeronautica e difatti ha prestato servizio durante la grande guerra 19151918. Dagli atti esistenti in quest'Ufficio risulta che il nominato in parola si iscrisse al defunto partito fascista nell'ottobre 922, organizzatore di Squadre d'azione di camicie nere e fu uno dei maggiori esponenti del famoso movimento agrario fascista.
A tale proposito è da tener presente che il Barone Treves dei Bonfigli è un ricchissimo possidente, proprietario di fabbricati e, terreni anche in Francia. Nel 1926 è stato espulso dal p.n.f. perché contrario al movimento sindacalista. Si ignora l'attività svolta e l'atteggiamento assunto dall'ing. Treves in periodo repubblichino. Dai registri qui depositati, il suo nome non risulta tra gli iscritti al p.f.r. di Padova. La scomposta denuncia del federale di Padova andava così mirando troppo in alto per non stroncarne immediatamente la carriera; nei suoi intenti è però sintomatica delle velleità che a questa data colgono tanti quadri di secondo ordine del partito significativamente confinati, fino al 1939, in sedi secondarie, con biografie che intrecciano incarichi nella Milizia a nomine podestarili in comuni minori o minimi e che ora assurgono – in nome dello sforzo bellico e della rivitalizzazione del partito – a posizioni di rilievo11. Il nodo delle leggi razziali, allora, può avere anche un altro senso: rappresenta la prima tappa della riscossa degli uomini del fascio primigenio, rimasti con la presa di potere di Mussolini confinati ai margini quando non considerati dissidenti, contro i vincitori della partita giocatasi nel 1922: fascisti puri contro fascisti borghesi o imborghesiti; fascisti in camicia nera contro fascisti in camicia bianca, diciannovisti contro agrari12. E' un problema che si proporrà, in tutta la sua drammatica valenza, nella resa dei conti che sta alle origini della repubblica sociale, ma di cui la svolta inauguratasi nel 1938 e compiutasi, sul versante prefettizio che qui ci riguarda, l'anno successivo offre una prima chiave di lettura13.
11 Per analoghe considerazioni sui «reduci del fascismomovimento» cfr. SALVATORE LUPO, Il fascismo. La
politica in un regime totalitario, Roma, Donzelli, 2000, p. 211.
12 Cfr. TIZIANO MERLIN, Secondo Polazzo, il fascismo rivoluzionario e la rivincita agraria a Padova (1921
1922), «Venetica», X (1993), n.s. 2, pp. 247318 (e in particolare p. 283295).
13 Appare plausibile – come sottolinea BAÙ, All’ombra del fascio cit. cap. 5, che ci sia una ragione razziale
anche nell’estromissione (febbraio 1940) del federale Lovo, in quanto sposato con una «ebrea appartenente alla famiglia Ascoli». Ma la notizia, osserviamo, a Roma era nota ed ampiamente “delazionata” fin dal precedente anno 1938: cfr. ACS, PNF, DN, Situazione politica ed economica delle province, b. 11, fasc. «Politica – Attività varie. Situazione», datt. s.d. (ma agosto 1938) recante «Appunto
Un più attento esame della documentazione archivistica permette di ricostruire con precisione la cronologia, e con essa il senso politico, dell'affaire Treves. Le prime notizie sulle arianizzazioni le porta a Roma Giorgio Suppiej, a questa data ispettore del partito oltre che giudice del Tribunale speciale per la difesa dello Stato14, alla fine di marzo del
1941. Se la sua relazione lascia trapelare giudizi non proprio lusinghieri sul prefetto e sul federale (Cimoroni per quanto «intelligente, attivo e capace ha adottato il sistema autoritario, ma è generalmente criticato per l'eccessiva tendenza all'invadenza sia da parte sua che da parte della moglie»; mentre il federale Giuseppe Pizzirani, nonostante sia «fascista di fede e perfetto galantuomo», è «uomo rozzo e di scarsa energia», che ha «il torto [...] di essersi di conseguenza lasciato soffocare dal prefetto»), la carta capace di mutare il gioco è affidata ad una frase calata quasi con nonchalance: «Molti ebrei assai facoltosi e potenti sono stati arianizzati»15. E' in questo contesto che si situa lo scandalo delle arianizzazioni. Non sappiamo che ruolo abbia avuto il federale Pizzirani nel farlo esplodere. Sappiamo appena – come dice Senise – che «perdette il posto», venendo confinato (giugno 1941) al ben più modesto ruolo di per S.E. il Segretario del Partito» su «Lovo Umberto» e, ivi, informativa di Ferdinando Baseggio, 17 novembre 1938, foglio 2. Cimoroni invece, nel suggerire a Muti la sostituzione del federale, utilizza ragioni più sottili: «Mi permetto inoltre di far presente la necessità che il Federale stesso sia perfettamente a posto dal punto di vista della preparazione politica e culturale, non solo per l'importanza della Federazione Fascista, che ha anche una cospicua attrezzatura economica, ma anche per quella della città che vanta, tra l'altro, una Università degli studii di prim'ordine» (ivi, 25 gennaio 1940). E Muti, infatti, contempererà nella proposta al Duce entrambe le esigenze: «Vi propongo [...] l'opportunità di sostituire il Segretario Federale di Padova, Umberto Lovo, il quale oltre ad avere per moglie un'ebrea per la scarsa preparazione politica e amministrativa, ha perso prestigio nell'ambiente locale» (ivi, «Appunto per il Duce», 28 gennaio 1940). Quanto alla moglie di Lovo, essa va con maggior precisione individuata in Irma Angeli, figlia di Attilio, già podestà di Loreggia dal maggio 1926 al gennaio 1931 (ACS, MI, DGAC, DAGR, Podestà e consulte municipali 192643, b. 213, fasc. 52 Padova, sfasc. Loreggia, scheda riassuntiva podestà) e benefattore di quella comunità. I documenti che ce ne permettono l’individuazione – ed in particolare un passo del «Promemoria della GNR sulla situazione di Loreggia», 24 maggio 1944, concernente le tensioni insorte fra il commissario del fascio ed il commissario prefettizio, ove a proposito dell’Angeli, «attuale presidente dell'asilo infantile», si dice che «L'unica pecca che esiste nella sua famiglia è che la figlia Irma è separata per incompatibilità di carattere dal marito Lovo (ex federale di Padova)» – rimandano alla delazione operata dal commissario del fascio, Cesare Fiammingo, al capo della provincia, Federigo Menna, circa la presenza della famiglia israelita nel paese dell’alta padovana (ASPd, Gp, b. 578, cat. XV/11, fasc. 46 «Loreggia. Situazione politica»). 14 Cfr. MISSORI 1986, p. 279. 15 ACS, MI, RSI, Gab., b. 22, fasc. 488 Cimoroni Oreste, ispezione alla federazione dei fasci di Padova, 29 e 30 marzo 1941.
segretario del dopolavoro di Forlì16, tornando in auge solo con la repubblica sociale17. Ma
qui ci interessa la vicenda del prefetto: Cimoroni avrebbe cercato una improbabile via d'uscita nell'accusare il legale Paolo Toffanin (interventista e nazionalista in gioventù, poi fiancheggiatore del partito popolare, qualche trascorso umano e professionale un po' chiacchierato, bersaglio di azioni squadristiche, un'ostentata indifferenza al fascismo che gli costò reiteratamente il diniego della tessera e la minaccia del confino) di essere il reale artefice e maggiore beneficiario della vicenda. E quindi per suo tramite – a causa di sottili legami allora ampiamente noti in città, poi occultati e definitivamente rimossi – quello che passava per esserne il protettore e socio in avvocatura: il ras di Cremona Roberto Farinacci18. Il prefetto dovrà rimangiarsi, lettera dopo lettera, ogni parola pronunciata19, finendo per essere additato come il reale percettore delle ricche tangenti legate al mercimonio delle discriminazioni di componenti noti e meno noti delle famiglie Treves, Da Zara e Diena, e in sovrappiù come uomo aduso a nuotare nei debiti, estorcere regalie e mercanteggiare titoli onorifici in cambio di forniture personali20. 4.2 Vanità letterarie e fegatismo: profilo di Oreste Cimoroni. Se accogliamo la suggestione offerta da Senise secondo cui il federale «perdette il posto» in seguito alle denunce sull'arianizzazione21, non possiamo non rilevare come 16 Cfr. MISSORI 1986, p. 260. 17 Cfr. MONACO, Note d’archivio sui prefetti collaborazionisti cit. pp. 5154. 18 A distanza di un anno, ancora roso dalla vicenda, Cimoroni si sarebbe esibito in un nuovo rapporto al sottosegretario Buffarini Guidi che riassume – nella propria ottica – l'intera vicenda: ACS, MI, RSI, Gab., b. 22, fasc. 488 Cimoroni Oreste, 21 aprile 1942. 19 In ACS, MI, RSI, Gab., b. 22, fasc. 488 Cimoroni Oreste, si veda il carteggio FarinacciCimoroni (13 maggio – 16 giugno 1941) e la relazione dell'ispettore generale di P.S. Carlo Rosati (1 luglio 1941). Se il ras di Cremona ne esce pulito, non altrettanto – secondo la relazione ispettiva – si può dire della figura morale del Toffanin. L'interessamento di Farinacci per l'amico “antifascista” Paolo Toffanin è documentato, comunque, anche nelle circostanze dell'arresto da questi subito durante i primi mesi di Salò: cfr. ASPd, Gp, b. 580, cat. XV/2, fasc. 1 Ordine pubblico – Attività sovversiva, Farinacci al capo della provincia di Padova Primo Fumei in data 14 novembre 1943 e ACS, SPD, CR 19431945, b. 18, fasc. 110/R Toffanin [Paolo]. 20 Cfr. ACS, MI, RSI, Gab., b. 22, fasc. 488 Cimoroni Oreste, datt. anonimo s.d. (ma anteriore al 26 luglio 1941) di cc. 5 (incipit: «L'uomo venne da Pola preceduto da una triste fama»).
21 Diversamente GIORDANO BRUNO GUERRI, Rapporto al duce. L'agonia di una nazione nei colloqui tra
Mussolini e i federali nel 1942, Milano, Mondadori, 2002, p. 312 ascrive a Eugenio Bolondi la denuncia del «giro d'affari intorno alle arianizzazioni o discriminazioni di ebrei». Ignoriamo da dove Guerri abbia
l'avvenimento – per gli squallidi retroscena che rivela – comprometta pesantemente la carriera del prefetto, il roboante Oreste Cimoroni, che secondo la consueta dinamica (prima salta il federale, subito dopo il prefetto) da Padova è schiaffato a Littoria nell'arco di pochi giorni nella stessa estate del 1941.
I due anni di permanenza del Cimoroni al vertice della prefettura euganea si presentano, però, come una eccezionale cartina di tornasole per cogliere miti e immagini, riti e rappresentazioni veicolati, attraverso un prefetto militante, in una quieta città di provincia con la svolta del 1939.
Sul versante tecnicoamministrativo, l'extra carriera Cimoroni è palesemente un incapace. Ancora una volta è Giuseppe Toffanin jr a rimandarcene un gustoso ritratto, che si sostanzia nel raffronto con il Celi che lo precedette ed il Vittorelli che lo seguì22: Quest’ultimo era succeduto al Cimoroni, d’un tratto misteriosamente e riduttivamente trasferito nell’agosto 1941 a Latina (allora Littoria), sansepolcrista, al quale si potevano perdonare le vanità letterarie ma non l’acceso e scatenato fegatismo, con la sua improvvisazione nell’ufficio e la politicizzazione dello stesso. Toffanin è testimone certamente non neutrale, atteso il coinvolgimento del padre nell'intera vicenda. Le considerazioni trovano però un puntuale riscontro negli atti del gabinetto di prefettura, ora versati presso l'Archivio di Stato di Padova: in un unico fascicolo sono confusamente contenute un buon numero di informative (le più interessanti, dal punto di vista politico, quelle dell'Ufficio politico investigativo della Milizia, comando 53^ Legione Camicie nere), ma le poche relazioni che Cimoroni ne desumeva personalmente e inviava (stravolgendo la regola) con approssimativa cadenza trimestrale al ministero non assurgono, nonostante la ricchezza delle fonti a cui poteva rifarsi, neppure alla dignità di un mattinale23. attinto la notizia, atteso che pare si rifaccia, per la ricognizione della vicenda, unicamente all'autorità del Senise. Ma il Senise avverte che il federale, appunto, «perdette il posto»: cosa che assolutamente non risulta per Bolondi (ACS, PNF, DN, SP, Fasc. pers. di senatori e cons. naz., b. 4, fasc. 48 Bolondi Eugenio consigliere nazionale), che già vicecapo della segreteria politica del PNF raccoglie a Padova l'eredità del Rizzardi il 20 settembre 1941 per restarvi ininterrottamente federale fino al 25 luglio 1943 (cfr. MISSORI 1986, pp. 123 e 175).
22 GIUSEPPE TOFFANIN, La vita quotidiana a Padova durante la guerra, in LENCI – SEGATO (a cura di), Padova
nel 1943 cit. p. 264.
23 E' Cimoroni, con inusitato provvedimento, a disporre all'atto del suo insediamento «perché la consueta relazione periodica sulla attività svolta» da enti, uffici, corpi e apparati «anziché ogni mese, mi venga inviata trimestralmente. / Tale relazione dovrà pervenire a questa Prefettura entro i primi cinque giorni dei mesi di gennaio, aprile, luglio e ottobre e riferirsi al trimestre immediatamente precedente» (ASPd, Gp, b.