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LA SITUAZIONE ITALIANA: UN QUADRO CONTRADDITTORIO

Nel documento AGENZIA NAZIONALE EFFICIENZA ENERGETICA (pagine 22-34)

sostenibili nello specifico del contesto nazionale italiano, aggravata dalla mancata focalizzazione sulle strategie da applicare all’ambito domestico.

Per ovviare a tale carenza, nelle pagine che seguono si adotterà pertanto un approccio deduttivo, con l’obiettivo di trarre indicazioni strategiche generali per il contesto italiano a partire da fonti indirette, ossia non direttamente finalizzate alla definizione/valutazione di modalità d’intervento.

1.4.1 Atteggiamenti e comportamenti sostenibili in Italia

L’analisi di alcune ricerche recenti permette di tracciare un quadro della situazione attuale sul terreno del rapporto tra gli italiani e la sostenibilità, sia in termini di valori e atteggiamenti (ciò che si ritiene di dover fare) che di comportamenti (ciò che effettivamente è messo in atto nella quotidianità). Si tratta di studi che affrontano il tema della sostenibilità a partire da prospettive scalari differenti, poiché alcuni di questi rilevano le credenze delle persone su tematiche globali e (apparentemente) lontane dall’esperienza diretta (es. la concettualizzazione del climate change), altre si concentrano su aspetti della vita quotidiana e del consumo individuale.

Nell’ottica di creare un framework complessivo di analisi, è utile in primis contestualizzare la situazione italiana in riferimento a quanto affermato nei paragrafi 1.2 e 1.3, ossia comprendere come gli italiani si distribuiscano rispetto alle macro-variabili culturali in questi descritte, in particolare quelle suggerite da Hofstede, e come tali orientamenti possano connettersi ai comportamenti di sostenibilità ambientale.

In breve, le ricerche di Hofstede (2001) e Husted (2005) hanno fornito il seguente quadro analitico del contesto italiano:

- Lo score sulla variabile “distanza dal potere “esprime un valore intermedio (50/100), ossia una tendenza moderata alla preferenza per strutture di comando non fortemente gerarchizzate.

- Lo score sulla variabile “individualismo” esprime un valore alto (76/100), ossia una tendenza significativa a privilegiare l’auto-affermazione e la libertà individuale rispetto alla dimensione collettiva. - Lo score sulla variabile “mascolinità” esprime un valore alto (70/100), suggerendo che l’orientamento valoriale della società italiana privilegi la dimensione della competizione e del successo individuale, in linea con quanto evidenziato sopra.

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- Lo score sulla variabile “evitamento dell’incertezza” esprime un valore alto (75/100), sottolineando che il contesto italiano non è fortemente orientato alla gestione dell’incertezza ed è caratterizzato da una significativa burocratizzazione.

- Lo score sulla variabile “orientamento a lungo termine” esprime un valore medio-alto (61/100), evidenziando un approccio pragmatico e una discreta propensione al cambiamento.

Con riferimento a quanto descritto in 1.3, si può notare come questo quadro risulti contraddittorio, ossia caratterizzato dalla presenza di forze contrastanti. Se da un lato, infatti, i dati sull’orientamento al futuro e (parzialmente) quelli sulla distanza dal potere sembrerebbero, in linea con le correlazioni indicate dalla letteratura scientifica, propedeutici alla diffusione di atteggiamenti/comportamenti sostenibili di livello avanzato in Italia, gli indici di individualismo e mascolinità indicano invece il permanere di una diffusa centralità di valori egoistici (non ecocentrici).

La stessa contraddittorietà si ritrova nei risultati di una ricerca sugli atteggiamenti degli europei verso il climate change e l’uso dell’energia (Poortinga et alii, 2018) prodotta nell’ambito dell’European Social Survey (ESS, round 8). I dati (circa 14000 partecipanti), riguardanti il contesto italiano in comparazione con gli altri paesi europei, mostrano le seguenti tendenze nazionali:

- La quasi totalità del campione (94,8% dei partecipanti) ha coscienza del cambiamento climatico in atto e riconosce (93,6%) le responsabilità umane in tale processo. Il 69% del campione ritiene che il fenomeno avrà conseguenze negative, dato in linea con quanto espresso dai cittadini delle altre nazioni europee. Sono allineati anche i dati sulla preoccupazione rispetto al climate change, che risulta elevata nel 30% circa dei rispondenti, e quelli sulla dipendenza da combustibili fossili (28%).

- Circa il 35% degli italiani si dichiara molto preoccupato per il costo dell’energia, mentre l’affidabilità (intesa come disponbilità presente e futura) delle forniture energetiche non è considerata come problema rilevante (10%). Dunque, anche nel contesto italiano, come in quello di altri 14 paesi europei (su 23), i cittadini tendono a considerare come prioritario il problema dell’economicità delle fonti di approvvigionamento energetico rispetto alla loro disponibilità (ed al cambiamento climatico in atto).

- La responsabilità individuale percepita nei confronti dei fenomeni di cambiamento climatico è medio-bassa tra i cittadini italiani, in linea con alcune nazioni dell’Est Europa (Polonia, Slovenia) e Israele, e distante dai valori medi più elevati, espressi da francesi, svizzeri e tedeschi.

- La percezione di autoefficacia (capacità personale di ridurre il proprio impatto) e le aspettative circa i risultati (capacità personale di contribuire alla mitigazione del problema) mostrano punteggi medi, distanti sia dalle tendenze alla proattività dei cittadini dei paesi del Nord Europa (Svezia, Islanda, Norvegia), sia da quelle, tendenti alla deresponsabilizzazione, riscontrabili nelle risposte dei cittadini russi o israeliani.

- La fiducia nelle capacità collettive di limitare i consumi energetici per mitigare i cambiamenti climatici (efficacia collettiva, 36%) e nelle capacità delle istituzioni politiche di prendere provvedimenti a riguardo (efficacia istituzionale, 40%) risulta, nel campione italiano, significativamente superiore alla media europea (rispettivamente 24 % e 31%). Il dato sull’efficacia collettiva è il più alto tra quelli dei paesi partecipanti, al pari di quello svedese.

- Nonostante ripongano una buona fiducia nell’intervento pubblico per mitigare il climate change, i cittadini italiani sono tra i più contrari all’aumento della tassazione sui combustibili fossili (52% di contrarietà). In tal caso risultano allineati ai risultati delle nazioni appartenenti all’Europa mediterranea (Spagna, Portogallo, Francia) e distanti da quelli espressi dai cittadini dei paesi nordeuropei, laddove la contrarietà è mediamente inferiore al 30% (Islanda, Norvegia, Svezia, Finlandia).

- Alla richiesta di esprimere un parere circa quali fonti energetiche debbano costituire la quota più significativa dell’approvvigionamento/ produzione nazionale, gli italiani hanno mostrato di privilegiare in maniera pressoché univoca le fonti rinnovabili. In particolare, viene data priorità all’energia solare (89%) rispetto a quella eolica (81%), idroelettrica (70%) e alle biomasse (57%). L’intensità del gradimento espresso per solare e biomasse è tra i più alti in Europa. Tra le fonti non rinnovabili è il gas a ottenere un maggiore gradimento (33%), mentre carbone e nucleare costituiscono scelte ormai residuali (rispettivamente 9% e 12%)

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Anche Eurobarometro ha sviluppato, nel 2017 (Special Eurobarometer n.468; per un commento dei dati si veda anche Finocchiaro, 2017), un’analisi estensiva (circa 28000 partecipanti) dedicata agli atteggiamenti/comportamenti dei cittadini europei nei confronti dell’ambiente, i cui risultati, complementari rispetto a quelli proposti dall’ESS, possono essere sintetizzati come segue:

- La quasi totalità dei partecipanti italiani (90%) riconosce che i problemi ambientali hanno un impatto diretto sulla qualità della vita e della salute dei cittadini. Questo dato è superiore alla media europea, attestata sull’ 81%.

- Gli italiani si dimostrano mediamente più coscienti della media europea circa l’impatto sulla vita quotidiana, sulla salute e sull’ambiente, della presenza di materie plastiche e prodotti chimici. Tale dato è consonante con quello espresso da altri paesi mediterranei, in particolare Cipro, Portogallo, Grecia e Malta.

- I problemi ambientali riconosciuti come maggiormente importanti dal campione italiano sono l’inquinamento dell’aria e la produzione di rifiuti. Rispetto alla media europea, in Italia acquisiscono maggior importanza: l’inquinamento del mare e dei suoli agricoli, la frequenza di siccità o inondazioni, l’aumento della quantità di rifiuti. Di contro, sono percepiti come meno centrali per l’immaginario i rischi per gli habitat naturali e animali e la mancanza di acqua potabile.

- L’inquinamento dell’aria è il problema maggiormente sentito nello scenario italiano (43% delle risposte). Tale scelta è in linea con quella di alcuni paesi, principalmente dell’Est Europa, storicamente caratterizzati da un sistema industriale tecnologicamente non avanzato e/o da insufficiente salvaguardia ambientale (Bulgaria, Polonia, Croazia, Romania, Belgio, Grecia, Malta). Nei paesi del Nord Europa (Danimarca, Svezia, Paesi Bassi) prevale, invece, la più generale preoccupazione per il cambiamento climatico in atto. Gli italiani, inoltre, sono in maggioranza convinti (61%, media EU 47%) che il problema dell’inquinamento sia peggiorato nell’ultimo decennio, mentre solo il 6 % (media EU 13%) propende per un avvenuto miglioramento.

- Per quanto concerne i comportamenti di sostenibilità dichiarati, i risultati del campione italiano sono inferiori ai valori medi europei (28 stati membri UE) su quasi tutte le variabili considerate: raccolta differenziata, trasporti eco-compatibili, scelta prodotti ed imballaggi

a basso impatto ambientale, riduzione consumi energetici, acquisto di prodotti locali. L’unico valore allineato alla media europea è quello concernente la riduzione dei consumi d’acqua.

- I comportamenti sostenibili maggiormente praticati in Italia sono la raccolta differenziata (57%, comportamento più diffuso anche a livello europeo), l’acquisto di prodotti locali (32%), la riduzione dei consumi energetici (29%) e idrici (28%), l’evitamento dei prodotti in plastica (27%). Tutti gli altri intercettano meno del 20% della popolazione intervistata. In particolare, sono scarsamente diffusi i comportamenti riferibili alle scelte di trasporto e mobilità (uso dei mezzi pubblici e/o dell’auto privata) e a quelle di consumo (selezione di marchi/prodotti eco-compatibili).

- In coerenza con quest’ultimo dato, appare scarsa anche la conoscenza degli italiani circa l’esistenza delle ecolabels europeee (17%). Il 77% del campione, infatti, non ha riconosciuto alcuna etichetta di questo tipo, dato più elevato tra tutti i paesi considerati.

- Per quanto concerne i comportamenti energetici in ambito domestico, il 39% degli italiani afferma di non aver praticato di recente alcuna azione migliorativa (media EU 35%). Tra i comportamenti rilevati, il campione risulta inferiore alla media europea nella sostituzione di vecchie apparecchiature (es. frigoriferi, lavatrici) con modelli di classe energetica più elevata e nella scelta di mezzi ecologici di mobilità (bicicletta, trasporto pubblico, piedi), mentre ottiene risultati superiori alla media circa l’acquisto di veicoli elettrici o bassa emissione e di sistemi di riscaldamento domestico tecnologicamente rinnovati. - Tra le strategie proposte per far fronte ai problemi dell’ambiente, i cittadini italiani sembrano preferire l’introduzione di leggi ambientali più restrittive (36%), pene/sanzioni più severe (34%) e la garanzia di applicazione delle leggi vigenti (30%). Il primo dato è superiore alla media europea (30%), mentre gli altri risultano grossomodo allineati a questa. Questi risultati aprono la strada a due considerazioni. In primis, come già rilevato dai dati ESS, si avverte una sostanziale dissonanza tra quanto la cittadinanza richiede al sistema politico-legislativo (stabilire leggi più restrittive) e quanto sia disposta a concedere nell’ambito delle proprie abitudini personali e dei comportamenti quotidiani (uso dell’automobile, tassazione combustibili fossili). A tale dissonanza si connette, in secondo luogo, una sostanziale rappresentazione dei

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problemi ecologici quali “problemi del sistema produttivo”, come tali risolvibili tramite inasprimento delle leggi e delle sanzioni, senza richiedere il coinvolgimento diretto dei comportamenti dei privati cittadini e l’evoluzione di questi. Ne è conferma il fatto che i cittadini italiani non percepiscono l’importanza di scegliere, in qualità di consumatori, marchi che promuovano forme di business sostenibile. - Dopo i cittadini del Regno Unito, gli italiani sono i più scettici (79% di risposte positive) nel sostenere che l’Unione Europea dovrebbe investire maggiormente in programmi di salvaguardia ambientale e mitigazione del cambiamento climatico.

Uno studio sulla rappresentazione sociale del concetto di sostenibilità in Italia (Istituto Piepoli, 2018) ha affrontato temi simili a quelli dell’Eurobarometro, con risultati che appaiono sostanzialmente in linea con quanto sopra discusso. In sintesi:

- La maggioranza dei partecipanti (53%) afferma di seguire uno stile di vita sostenibile, mentre il 41% si dichiara adeguatamente informato sul tema delle energie rinnovabili.

- I comportamenti di sostenibilità diffusi in Italia riguardano principalmente la raccolta differenziata (87% del campione) e la riduzione degli sprechi (65%), mentre l’investimento sostenibile sui temi della mobilità, dell’acquisto di alimentari sfusi e pannelli fotovoltaici (10%) appare considerevolmente meno diffuso nella popolazione. - Per i consumatori italiani, dunque, il concetto di sostenibilità è primariamente associato al riciclo dei rifiuti e all’efficienza della catena di smaltimento, nel contesto di una più generale riduzione degli sprechi.

1.4.2 I comportamenti energetici in ambito domestico

Lo studio ISTAT sui comportamenti energetici delle famiglie (2013) ha formulato un quadro generale dettagliato dell’attuale situazione italiana, entro il quale si evidenziano anche le differenze territoriali più significative. Nel dettaglio:

- I sistemi di riscaldamento sono diffusi nella quasi totalità delle abitazioni italiane (98%), mentre quelli di condizionamento sono presenti solo nel 29,4% dei casi. Per il condizionamento è presente un’ampia variabilità su base geografica, dovuta al clima locale.

- Il tipo di d’impianto maggiormente utilizzato è quello autonomo (66% per il riscaldamento, 74% per l’acqua). I sistemi centralizzati sono più presenti al Nord rispetto al Sud. La principale fonte energetica utilizzata è il gas metano (circa 70% delle famiglie).

- L’utilizzo delle fonti rinnovabili è minoritario. Nello specifico, il 14,5% delle abitazioni è riscaldato tramite centrali a biomasse, mentre solo lo 0,7% di queste utilizza l’energia solare come fonte di approvvigionamento di acqua calda.

- La spesa energetica media pro-capite (famiglia) è di 1635 euro annui, nelle regioni del Nord si spende circa il 30% in più rispetto a quelle del Sud. La spesa media aumenta al crescere del numero di componenti della famiglia, ma quella pro-capite diminuisce.

- La presenza di anziani determina un aumento delle spese energetiche domestiche, dovute al prolungamento degli orari di accensione del riscaldamento. Le famiglie con bambini, invece, risultano essere in media con le famiglie senza figli aventi lo stesso numero di componenti. - Nella stagione invernale i riscaldamenti sono generalmente accesi tutti i giorni, con significative differenziazioni territoriali legate al clima locale. Al Nord i riscaldamenti restano accesi per più di 9 h. giornaliere in inverno, contro le 6 h. e 20 minuti del Sud. La fascia oraria di maggior utilizzo è quella pomeridiana (13-21). - Gli elettrodomestici presenti in quasi tutte le abitazioni italiane sono il frigorifero (99,6%) e la lavatrice (96,2%). Risultano meno diffusi la lavastoviglie (39,3%), il congelatore (25,3%) e l’asciugatrice (3,3%). - L’utilizzo medio di lavatrice e lavastoviglie cresce all’aumentare del

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numero dei componenti delle famiglie. Ai due estremi si collocano le famiglie mono-componente (rispettivamente 1,9 e 2,6 lavaggi settimanali medi) e quelle con 5 o più componenti (6,8 e 5,8). Di contro, l’utilizzo pro-capite diminuisce all’aumentare del numero dei componenti, seguendo la logica dell’economia di scala.

- L’utilizzo di lampadine a risparmio energetico è diffuso nel 72% delle abitazioni, con una prevalenza del Sud e del Centro rispetto al Nord Italia. Tali lampadine restano però accese più a lungo rispetto a quelle tradizionali.

- Nel quinquennio 2008-2013, le famiglie hanno effettuato investimenti per la riduzione della spesa energetica domestica nel campo dell’illuminazione (54,1%, soprattutto sostituzione di lampade tradizionali con LED), del rinnovo degli apparecchi per il riscaldamento (21,4%) e l’acqua calda (15,3%), e dell’istallazione di impianti per l’aria condizionata (9,7%)

Circa quest’ultimo aspetto è utile citare anche i dati raccolti dal database Statista, aggiornati all’anno 2018, i quali evidenziano la diffusione italiana delle seguenti pratiche: spegnere le luci ed i device elettronici nelle stanze non occupate (67% del campione), volontà di sostituire le lampade tecnologicamente obsolete con quelle a LED (59%), tendenza all’acquisto di nuovi elettrodomestici ed apparecchiature elettroniche ad alto risparmio energetico (51%).

Uno studio di Besagni & Borgarello (2018) ha invece analizzato le determinanti del consumo energetico familiare nel contesto italiano, evidenziando l’influenza di alcune variabili socio-demografiche e geografiche sui consumi delle famiglie. La ricerca sottolinea che:

- I consumi elettrici domestici sono inferiori per chi risiede nelle grandi aree urbane e tendono ad aumentare man mano che si procede verso le periferie e l’hinterland delle metropoli. Il consumo è mediamente più alto nei piccoli comuni.

- Lo stesso fenomeno non è stato osservato per quanto concerne il riscaldamento, nonostante nelle grandi città sia maggiormente accentuato l’effetto delle isole di calore urbane.

- I consumi elettrici domestici sono significativamente superiori per coloro i quali vivono in villette mono (+8,4%) o multi-familiari (+8,2%)

rispetto a chi vive in piccoli condomini (meno di 10 appartamenti). Le differenze aumentano ulteriormente per le famiglie che vivono in condomini di dimensioni maggiori.

- Lo stesso fenomeno si verifica per il riscaldamento domestico, laddove le differenze risultano ancora più accentuate.

- Come già descritto da ISTAT, i consumi pro-capite tendono ad aumentare per le famiglie meno numerose. I nuclei con un solo componente, che secondo ISTAT (2018) rappresentano attualmente il 33,39% di tutte le famiglie italiane, sono soggetti a consumi più elevati. Lo stesso fenomeno è presente per quanto concerne il riscaldamento. - I consumi di riscaldamento tendono ad aumentare (+10,5%) se la household reference person (concetto simile all’italiano “capofamiglia”) è di genere femminile.

- È presente una correlazione tra redditi e consumo energetico, laddove chi ha una maggiore entrata mensile tende a consumare di più.

- Le famiglie nelle quali sono presenti lavoratori autonomi tendono a consumare di meno in ambito domestico, mentre mostrano spese medie più alte per i trasporti.

Anche altre ricerche, condotte in Italia nell’ambito della Psicologia Ambientale, hanno approfondito le determinanti di specifici comportamenti di risparmio energetico domestico o, più in generale, di orientamento verso la sostenibilità. Carrus et alii (2008) hanno evidenziato, in due studi condotti nelle città di Roma e Salerno, l’importanza dell’evitamento della frustrazione come determinante dei comportamenti ecologici (riciclo domestico e uso di mezzi pubblici). Nello specifico, hanno dimostrato il legame causale esistente tra anticipazione delle emozioni negative (es. “mi sentirò triste/frustrato se non userò i mezzi pubblici/ non farò la raccolta differenziata nei prossimi due anni”), il desiderio di compiere una determinata azione e il suo compimento effettivo.

Gli stessi studi indicano il comportamento precedente quale principale predittore di desideri ed intenzioni pro-ambientali. Ciò significa che coloro i quali sono già abituati a produrre un determinato comportamento saranno automaticamente più propensi a ripeterlo, sia esso positivo o negativo per la sostenibilità ambientale.

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Urban & Scasny (2016), operando un confronto tra 10 paesi, tra i quali l’Italia, hanno proposto un modello transnazionale che identifica quali determinanti dei comportamenti di energy saving due fattori principali: la propensione individuale al risparmio di energia e la difficoltà di mettere in atto tale comportamento specifico. Tale modello appare significativo in quanto indica a coloro i quali si occupino di promozione dei comportamenti energetici una modalità di approccio semplice ed efficace: investire sulla propensione individuale al risparmio e sulla riduzione/eliminazione delle barriere che ostacolano la messa in atto dei comportamenti (per una trattazione estesa del concetto di barriera, si veda il Capitolo 2).

1.4.3 Il contesto italiano in sintesi: peculiarità e possibili orientamenti strategici. I dati descritti nei paragrafi precedenti formano un quadro complesso e multicomponenziale, che si può sinteticamente riassumere come segue:

a) Sostanziale contraddittorietà della situazione italiana, caratterizzata da un lato da atteggiamenti vicini a quelli che contraddistinguono i paesi “avanzati” nell’ambito della sostenibilità (elevata percezione dei rischi del climate change, orientamento a lungo termine, fiducia nell’azione collettiva, ampia diffusione di alcune pratiche di sostenibilità), dall’altro da indicatori di segno opposto (individualismo/ mascolinità, scarsa percezione di responsabilità individuale, rifiuto verso le politiche disincentivanti, diffusione poco sviluppata di alcuni comportamenti pro-ambientali).

b) Tale contraddittorietà presenta, quale corollario psicologico, un diffuso fenomeno di dissonanza tra atteggiamenti e comportamenti, laddove si osserva un parziale disinvestimento di responsabilità individuale a fronte di una richiesta di severità indirizzata al sistema legislativo, in un quadro rappresentativo dei problemi ecologici quali “problemi del sistema produttivo”, da risolversi senza richiedere ai cittadini variazioni significative delle proprie abitudini personali e dei comportamenti, in particolare per quanto riguarda l’uso dei combustibili fossili. In un’ottica psico-sociale, ciò evidenzia la presenza di un locus of control (Rotter, 1954) prevalentemente esterno, ossia una diffusa tendenza ad attribuire ad enti ed agenti esterni le responsabilità degli avvenimenti della vita ( vedi par. 2.3.1).

climatiche) sono così significative da consigliare l’adozione di modalità d’intervento differenziate sui diversi territori. In particolare, si evidenziano le seguenti variabili di distinzione entro la popolazione: - Clima e meteorologia - Soluzioni abitative (autonoma, piccolo o grande condominio) - Residenza (urbana, periurbana, extraurbana/rurale) - Età e genere - Numero di componenti del nucleo familiare. d) L’immaginario relativo ai comportamenti sostenibili si articola, in ambito italiano, attorno a due elementi fondamentali: il risparmio/ guadagno economico e la tutela della salute, minacciata dai processi di inquinamento in atto.

Questi quattro elementi macro-contestuali, messi in relazione con gli altri risultati sopra descritti, contribuiscono a delineare i seguenti orientamenti strategici generali:

a) Necessità di promuovere i cambiamenti attraverso una decisa targhettizzazione dei messaggi, delle pratiche e delle politiche proposte. Tale processo dovrebbe tener conto delle variabili geo-climatiche, socio-demografiche, abitative e sub-culturali.

b) Necessità di investire sui due frame principalmente diffusi nella popolazione: risparmio economico e riduzione dei rischi per la salute. Ciò significa, nella pratica, promuovere “in positivo” il valore economico delle scelte di comportamento individuali e proporre forme di quantificazione del guadagno per la salute personale, nonché focalizzarsi sulla promozione dei comportamenti per i quali sia facile offrire nell’immediato tali feedback di vantaggio.

c) In accordo con il modello proposto da Urban & Scasny (2016), l’investimento sul frame del risparmio economico dovrebbe essere accompagnato da politiche di riduzione/rimozione delle barriere (pratiche e psicologiche) che limitano lo svolgimento dei singoli comportamenti di risparmio energetico.

d) Per quanto riguarda la formazione/comunicazione di base, in

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