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La sospensione del procedimento con messa alla prova ex art.464-bis c.p.p.

FORMULE TERMINATIVE DELLA SENTENZA DI PROSCIOGLIMENTO

2.8 La sospensione del procedimento con messa alla prova ex art.464-bis c.p.p.

1. Nei casi previsti dall’articolo 168 bis del codice penale l’imputato può formulare richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova. 2. La richiesta può essere proposta, oralmente o per iscritto, fino a che non siano formulate le conclusioni a norma degli articoli 421 e 422 o fino alla dichiarazione di apertura del

dibattimento di primo grado nel giudizio direttissimo e nel procedimento di citazione diretta a giudizio. Se è stato notificato il decreto di giudizio immediato, la richiesta è formulata entro il

termine e con le forme stabiliti dall’articolo 458, comma 1. Nel procedimento per decreto, la richiesta è presentata con l’atto di

opposizione110

. 3. La volontà dell’imputato è espressa

personalmente o per mezzo di procuratore speciale e la sottoscrizione è autenticata nelle forme previste dall’articolo 583, comma 3. 4. All’istanza è allegato un programma di trattamento, elaborato d’intesa con l’ufficio di esecuzione penale esterna, ovvero, nel caso in cui non sia stata possibile l’elaborazione, la richiesta di elaborazione del predetto programma. Il programma in ogni caso prevede: a) le modalità di coinvolgimento dell’imputato, nonché del suo nucleo familiare e del suo ambiente di vita nel processo di reinserimento sociale, ove ciò risulti necessario e possibile; b) le prescrizioni comportamentali e gli altri impegni specifici che l’imputato assume anche al fine di elidere o di attenuare le conseguenze del reato, considerando a tal fine il risarcimento del danno, le condotte riparatorie e le restituzioni, nonché le prescrizioni attinenti al lavoro di pubblica utilità ovvero all’attività di volontariato di rilievo sociale; c) le condotte volte a promuovere, ove possibile, la mediazione con la persona offesa. 5. Al fine di decidere sulla concessione, nonché ai fini della determinazione degli obblighi e delle prescrizioni cui eventualmente subordinarla, il giudice può acquisire, tramite la polizia giudiziaria, i servizi sociali o altri enti pubblici, tutte le ulteriori informazioni ritenute necessarie in relazione alle condizioni di vita personale, familiare, sociale ed economica dell’imputato. Tali informazioni devono essere portate tempestivamente a conoscenza del pubblico ministero e del difensore dell’imputato.

Il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa definisce il

probation come “l’esecuzione in area penale esterna di sanzioni e misure, definite dalla legge ed imposte ad un autore di reato”.

110 A differenza dell’affidamento in prova al servizio sociale, che interviene nella fase dell’esecuzione della pena passata in giudicato, la messa alla prova costituisce istituto di diritto sostanziale, inserito radicalmente nel contesto del procedimento di cognizione penale, quale strumento per evitare una tantum la celebrazione di un giudizio che possa portare ineluttabilmente alla condanna dell’imputato.

Comprende una serie di attività ed interventi, tra cui il controllo, il consiglio e l’assistenza, mirati al reinserimento sociale dell’autore di reato e volti a contribuire alla sicurezza pubblica”.

Il sistema probation nasce nel XIX secolo negli Stati Uniti e consiste, almeno in origine, nella sospensione della pronuncia di una condanna a pena detentiva, ovvero in un periodo di prova in cui l’imputato, di cui sia stata accertata la responsabilità penale ma a cui non sia stata ancora inflitta una condanna, è lasciato in condizione di “libertà assistita e controllata” sotto la supervisione di un agente di

probation (probation officer)111

.

L’istituto della messa alla prova per gli adulti, introdotto dalla legge n.67 del 28 aprile 2014, riunisce in sé alcune caratteristiche proprie dell’affidamento in prova al servizio sociale e del lavoro di pubblica utilità.

111 Il padre del probation è John Augustus, un calzolaio di Boston, che nel 1841 convinse il Tribunale di Boston a rilasciare un alcolista adulto detenuto in carcere, occupandosi del suo controllo, sostegno e avviamento al lavoro. Conseguentemente il giudice si convinse a rilasciare altri detenuti per reati lievi. Il sistema penale inglese ha introdotto il probation con il Probation Offenders Act del 1907 che prevede la facoltà per il giudice, dopo la pronuncia di colpevolezza, di astenersi dalla condanna alla detenzione e di emanare un’ordinanza che sottopone a prova l’autore di reato, dopo averne acquisito il consenso. Agli inizi del ‘900 si sviluppa in Europa un’altra forma di probation, comprendente tutte le misure che costituiscono una modalità alternativa di esecuzione della pena detentiva; sviluppo dovuto al dibattito giuridico che sostenne la dannosità delle pene detentive brevi ritenendo più efficaci strumenti sanzionatori alternativi alla pena detentiva per la rieducazione e intimidazione dell’autore di reato.

Lo sviluppo del probation si allinea ai progressi nella ricerca delle scienze sociali, alle esigenze dei legislatori ad impiegare le risorse economiche pubbliche in modo efficiente ed efficace ed alle aspettative dell’opinione pubblica di contrasto alla criminalità.

E’ configurato come una nuova causa di estinzione del reato e un nuovo procedimento speciale e, nelle intenzioni del legislatore, si propone di ridurre il rischio di recidiva, di favorire il reinserimento sociale dell’autore del reato e di valorizzare gli strumenti di riparazione diretta o indiretta del danno derivante dal reato, in un’ottica più generale di deflazione penale. La ratio è quella di un sistema penale meno repressivo, teso alla rieducazione e alla riabilitazione e che prevede il coinvolgimento attivo del reo con la vittima del reato112

. Viene rispettato il diritto di difesa e i principi di legalità, di presunzione di non colpevolezza e del “giusto processo” (artt. 24, 25, 27 e 111 Cost.). Lo Stato rinuncia ad applicare la pena e domanda all’imputato che non sia reiterato il reato e che presti il lavoro in favore della collettività, ottenendo in cambio il vantaggio di un trattamento sanzionatorio meno afflittivo di quello connesso all’accertamento pieno della sua responsabilità.Dal punto di vista della disciplina sostanziale, l’istituto si basa esclusivamente sull’iniziativa dell’imputato (art. 168 bis, co. 1, c.p. e art. 464 bis, co. 1, c.p.p.). L’applicazione è limitata ai soggetti sottoposti ai reati puniti con pena detentiva sola o congiunta alla pena pecuniaria non superiore nel massimo a quattro anni e a quelli previsti all’art. 550,

112 In coerenza con i principi della direttiva 2012/29/UE “DIRETTIVA 2012/29/UE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 25 ottobre 2012 che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato e che sostituisce la decisione quadro 2001/220/GAI

co. 2, c.p.p. (artt. 168 bis, ter e quater c.p.). Il rinvio al limite edittale implica la non rilevanza delle circostanze aggravanti.

La natura giuridica della messa alla prova è quella di una misura penale, con un contenuto afflittivo (art. 168 bis, co. 2, c.p.). Dato che la messa alla prova mira a ridurre il rischio di recidiva, essa è interdetta ai delinquenti abituali, professionali e per tendenza e non la si può concedere più di una volta.

Dal punto di vista pratico, si tratta di affidamento dell’imputato al servizio sociale volto a un suo reinserimento, di una serie di regole comportamentali, obblighi di fare e di non fare, limiti alla libertà di movimento, e, in particolare, di svolgimento di lavoro di pubblica utilità da svolgersi presso lo Stato, enti territoriali, aziende sanitarie o anche presso enti o organizzazioni anche internazionali operanti in

Italia di assistenza sociale sanitaria o di volontariato. Il procedimento ha inizio con la proposizione della relativa richiesta

che deve avere i requisiti formali (art. 464 bis c.p.p.)113

e sostanziali

113 1. Nei casi previsti dall’articolo 168 bis del codice penale l’imputato può formulare richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova.

2. La richiesta può essere proposta, oralmente o per iscritto, fino a che non siano formulate le conclusioni a norma degli articoli 421 e 422 o fino alla dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado nel giudizio direttissimo e nel procedimento di citazione diretta a giudizio. Se è stato notificato il decreto di giudizio immediato, la richiesta è formulata entro il termine e con le forme stabiliti dall’articolo 458, comma 1. Nel procedimento per decreto, la richiesta è presentata con l’atto di opposizione.

3. La volontà dell’imputato è espressa personalmente o per mezzo di procuratore speciale e la sottoscrizione è autenticata nelle forme previste dall’articolo 583, comma 3.

4. All’istanza è allegato un programma di trattamento, elaborato d’intesa con l’ufficio di esecuzione penale esterna, ovvero, nel caso in cui non sia stata possibile

(i limiti oggettivi e soggettivi di cui all’art. 168 bis c.p.) previsti dal legislatore e, dall’altro, va avanzata entro i termini di decadenza di cui agli artt. 464 bis c.p.p. (variabili a seconda che la richiesta venga formulata al g.i.p., al g.u.p., al giudice del dibattimento o del giudizio direttissimo) e, nel caso di richiesta proposta al g.i.p. nel corso delle indagini preliminari, nel rispetto dei termini e delle modalità stabilite dall’art. 464 ter c.p.p. L’ufficio di esecuzione penale esterna (UEPE)

ha il compito, su richiesta dell’imputato e dopo aver compiuto un’indagine socio familiare, di redigere il programma che dovrà contenere indicazioni circa le modalità di coinvolgimento dell’imputato e dei familiari nel processo di reinserimento sociale, le prescrizioni comportamentali, le attività di riparazione o di risarcimento del danno e il lavoro di pubblica utilità. L’ufficio concorda il programma con l’imputato e chiede l’adesione degli enti territoriali coinvolti. Infine trasmette al giudice l’indagine socio

l’elaborazione, la richiesta di elaborazione del predetto programma. Il programma in ogni caso prevede:

a) le modalità di coinvolgimento dell’imputato, nonché del suo nucleo familiare e del suo ambiente di vita nel processo di reinserimento sociale, ove ciò risulti necessario e possibile;

b) le prescrizioni comportamentali e gli altri impegni specifici che l’imputato assume anche al fine di elidere o di attenuare le conseguenze del reato, considerando a tal fine il risarcimento del danno, le condotte riparatorie e le restituzioni, nonché le prescrizioni attinenti al lavoro di pubblica utilità ovvero all’attività di volontariato di rilievo sociale;

c) le condotte volte a promuovere, ove possibile, la mediazione con la persona offesa.

5. Al fine di decidere sulla concessione, nonché ai fini della determinazione degli obblighi e delle prescrizioni cui eventualmente subordinarla, il giudice può acquisire, tramite la polizia giudiziaria, i servizi sociali o altri enti pubblici, tutte le ulteriori informazioni ritenute necessarie in relazione alle condizioni di vita personale, familiare, sociale ed economica dell’imputato. Tali informazioni devono essere portate tempestivamente a conoscenza del pubblico ministero e del difensore dell’imputato.

familiare, il programma di trattamento e le “considerazioni che lo sostengono”, comprensive delle notizie relative alla situazione economica e alla possibilità di svolgere l’attività riparativa o di mediazione. Il giudice acquisisce le informazioni dall’UEPE, dagli organi di polizia e il parere del Pubblico Ministero; sente in aula l’imputato e la parte offesa. Valuta, con le modalità indicate dall’art. 133 del codice penale, se ricorrono le condizioni per sospendere il

processo e ammettere l’imputato alla prova.

Decide con ordinanza che stabilisce la durata della prova, le prescrizioni, il termine per l’adempimento delle attività di riparazione e le eventuali integrazioni o modifiche al programma di

trattamento redatto dall’ufficio di esecuzione penale esterna. Terminata la prova, l’esito positivo comporta l’estinzione del reato

ma non quella delle sanzioni amministrative accessorie. Il processo si riattiva qualora l’esito sia negativo e vi sia la revoca, in caso di grave o reiterata trasgressione al programma di trattamento o alle sue prescrizioni o di rifiuto alla prestazione del lavoro di pubblica utilità o commissione, durante il periodo di prova, di un nuovo delitto non colposo o di un reato della stessa indole di quello per cui si procede.