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DISCUSSIONE DEI RISULTATI

3.4 La sperimentazione nella pratica: Descrizione di un caso

Durante il periodo di tirocinio, svolto presso il servizio di Emodialisi (ULSS 13) nel periodo Novembre-Marzo 2015, si è potuto rilevare una verbalizzata demotivazione da parte dei pazienti nell’aderire al regime dietetico prescritto; tale situazione è spesso legata alle scarse conoscenze sulla malattia e sui benefici ascrivibili ad una corretta alimentazione, ma soprattutto alle molteplici informazioni fornite al paziente in modo non strutturato.

Sulla base di ciò, a fronte anche della stesura del presente elaborato, si è ideato un opuscolo che fornisca essenziali informazioni e raccomandazioni, in un’ottica di supporto alla gestione del regime terapeutico.

In collaborazione con la dietista di sede e con gli infermieri esperti di contesto, sono state condivise le informazioni da considerare:

- Informazioni generali sull’insufficienza renale cronica: l’emodialisi - Il fabbisogno nutrizionale dei pazienti emodializzati

- Le principali complicanze derivanti da una non adesione

- Una piramide alimentare per il paziente dializzato e alcune semplici ricette

Il presente opuscolo vuole dare risposte immediate a domande come “cosa posso mangiare?” o “cosa è meglio che eviti?”, riportando allo stesso tempo una possibile scelta tra gli alimenti, in modo che il regime dietetico risulti il più vario ed accettabile possibile. Si è cercato di usare un carattere leggibile, termini semplici e di facile comprensione, riducendo al minimo le informazioni sanitarie, in modo da rendere la lettura più semplice e incentivante possibile. L’opuscolo dovrebbe diventare un momento di lettura anche per i familiari-caregivers del paziente, un’occasione di

condivisione e di scelta comune per un alimentazione il più corretta possibile, in vista del conseguimento di un livello più alto di qualità di vita.

Nel periodo di tirocinio nel contesto sopraccitato a titolo sperimentale, e a fronte della letteratura consultata, è stato consegnato l’opuscolo orientativo ideato (Allegato V) ad un paziente (maschio, 60 anni) in trattamento emodialitico da tre anni, il quale aveva espresso chiaramente di non seguire il regime dietetico prescritto, per scarsa motivazione e confuse conoscenze sui benefici che ne poteva trarre. L’opuscolo è stato illustrato al paziente, con l’invito di condividerlo con i familiari (la moglie).

Nello stesso momento della consegna dell’opuscolo, è stato somministrato un questionario (fornito dalla letteratura e tradotto in lingua italiana); sulle conoscenze di base della malattia e sull’aderenza al regime nutrizionale.(Allegato VI) Tale questionario ha evidenziato una scarsa conoscenza da parte del paziente sugli aspetti fondamentali della malattia e del trattamento generale, evidenziando inoltre una scarsa aderenza al regime nutrizionale; il paziente aveva risposto correttamente a 3 domande su 9, nella prima sezione del questionario che indagava le conoscenze sulla malattia e la gestione del regime nutrizionale, mentre nella seconda sezione in cui si indagava il livello di aderenza, era emersa una mancata compliance del paziente al regime dietetico.

La fase successiva ha previsto da parte della scrivente, durante le sedute dialitiche (due volte alla settimana per due mesi), la conduzione di colloqui che mirassero a migliorare le conoscenze del paziente relative ai benefici derivanti da una corretta alimentazione, in modo da far emergere valide motivazioni che portassero il paziente ad aumentare l’aderenza alla dieta.

I colloqui (a scopo educativo), della durata di 20-30 minuti ciascuno, si sono svolti sotto forma di dialogo interattivo durante la stessa seduta di dialisi; al paziente è stata sottolineata l’importanza e gli aspetti fondamentali di una corretta alimentazione: il controllo del fosforo, la prevenzione delle complicanze, gli alimenti da consumare o evitare, le informazioni sulle strategie per migliorare l’adattamento fisico ed emozionale alla cronicità della malattia e in aggiunta veniva rivisto insieme l’opuscolo informativo appositamente creato, cercando al termine di ogni colloquio di verificare quanto il paziente aveva appreso.

Al termine del periodo di sperimentazione (dopo circa 10 colloqui), è stato risomministrato il questionario sopradescritto, rilevando che le conoscenze sulla malattia e sui benefici di una sana alimentazione erano migliorate: il paziente avevo risposto correttamente a 8 domande su 9 nella prima sezione del questionario, e nella seconda sezione si era evidenziata una maggiore aderenza al regime dietetico, in quanto, dalle risposte emergeva che il paziente era più aderente alle

indicazioni date. Inoltre, il paziente ha sostenuto che grazie alle nuove conoscenze che gli erano state fornite, si sentiva più motivato a seguire il regime dietetico prescritto, essendosi reso conto in prima persona di quanti benefici avesse potuto trarne.

I colloqui poi sono stati interrotti per due mesi; e dopo tale periodo si è effettuato un follow-up mediante l’utilizzo del questionario sopracitato, dove è emerso che il paziente esprimeva una diminuzione delle conoscenze riguardanti alcuni aspetti fondamentali, come ad esempio, quali fossero i cibi con maggior contenuto di fosforo e quali fossero i problemi derivanti da una scorretta alimentazione. Il paziente aveva risposto correttamente solo a 4 domande su 9 e dalle altre risposte era evidente una marcata diminuzione dell’adesione al regime dietetico. Il paziente aveva verbalizzato di sentirsi meno motivato nel seguire le prescrizioni dietetiche rispetto a quanto si sentisse durante i due mesi di intervento, in quanto “gli mancava una figura che lo sostenesse

continuamente, e lo motivasse con semplici parole a seguire il complesso regime di trattamento. Aveva bisogno di una persona che giorno dopo giorno, lo aiutasse ad affrontare la malattia in modo più sereno. “

La conseguenza di questa esperienza pone l’interrogativo sull’aderenza dei pazienti al regime terapeutico alimentare condizionata da un’azione educativa limitata nel tempo o se la stessa necessiti di periodiche integrazioni/rinforzi possibilmente integrate da Follow up.

Gli infermieri, essendo sempre a contatto con i pazienti e le relative famiglie, riescono più di ogni altro professionista ad instaurare un rapporto di fiducia duraturo, che miri a fornire al paziente un’educazione e un supporto continuativi.

Il paziente cerca, infatti, dall’infermiere, un contatto di tipo diverso rispetto a quello prettamente “tecnico” che si può osservare tra medico e paziente, in cui la relazione terapeutica è centrata sulla malattia e ha lo scopo di individuare i sintomi, farne una diagnosi e programmare una terapia razionale.

Il paziente cerca di stabilire con l’infermiere un rapporto interpersonale, cioè di comunicare a chi si prende cura di lui, ciò che prova e soprattutto necessita di essere compreso nel suo dolore.

CONCLUSIONI

La letteratura, e i risultati ottenuti in questa revisione, dimostrano l’importanza dell’educazione sanitaria e dell’efficace relazione tra educazione sanitaria e miglioramento dell’aderenza al regime dietetico.

L’utilizzo di interventi educativi permette ai pazienti di modificare le scorrette abitudini e di sostituirle con altre più salutari ed efficaci.

Gli studi hanno mostrato un modello comune di educazione ai pazienti, fornendo reali evidenze sull’efficacia degli interventi designati a portare un cambiamento comportamentale e a favorire l’autogestione e l’autoefficacia. (Allegato VII).

Risulta così chiaro che gli infermieri si trovano in una posizione favorevole per influenzare la

self-efficacy dei pazienti in dialisi e riescano più di ogni altro professionista sanitario ad instaurare un

rapporto di fiducia duraturo che miri a fornire al paziente un’educazione, un supporto e un incoraggiamento continuativi.

E’ assodato che, una buona relazione tra paziente e provider di assistenza e, l’utilizzo dell’ascolto attivo e delle abilità comunicative, sono fondamentali per coinvolgere i pazienti nella cura di sé. Si ritiene che ulteriori studi debbano essere compiuti per integrare negli interventi l’utilizzo di un team multidisciplinare, una popolazione di studio più grande, interventi più lunghi, più frequenti e basati su teorie, un regolare follow up, un maggior coinvolgimento dei caregiver, e infine un analisi sui costi effettivi così che gli interventi possano essere inseriti nella routine di cure nei pazienti in dialisi.

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TOTALE STUDI POTENZIALMENTE RILEVANTI CERCATI ATTRAVERSO IL DATABASE: n. 162, (116 nella ricerca originaria,46 in una ricerca

successiva)

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