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La supervisione pubblica e la disciplina di mercato

1. Introduzione

Il complesso di regole che gli ordinamenti finanziari moderni hanno predisposto per regolamentare lo svolgimento della revisione dei conti comporta la necessità che vengano determinati i soggetti incaricati di assicurare l’enforcement di questa normativa: in nessun sistema giuridico moderno, infatti, l’attività di “polizia” sulla revisione dei conti è completamente lasciata alla litigation tra i privati e i revisori - sebbene, specie negli Stati Uniti, si sia a lungo sostenuto che il c.d. private enforcement fosse la strada maestra per assicurare una revisione dei conti efficace ed efficiente (seguendo sul punto il noto approccio della regulation through litigation 531 ). Premesso questo dato, che ovviamente si spiega alla luce dell’insopprimibile esigenza - tipica di ogni branca dell’ordinamento - di individuare uno o più organi chiamati a svolgere funzioni di “polizia”532, l’analisi comparatistica

mostra, però, come le soluzioni adottate a livello nazionale tendano a variare sensibilmente.

Vi sono, infatti, numerose variabili che possono influire sull’architettura della vigilanza pubblica sui revisori: il primo fattore che può essere citato è l’attribuzione o meno di competenze (anche) a favore degli enti esponenziali della professione, che di regola assumono natura privatistica533: ciò può trovare fondamento nella circostanza che, nella stragrande maggioranza dei casi, sono tali organi a predisporre la normativa

531 Sul tema si rinvia al volume collettaneo curato da V

ISCUSI, Regulation through litigation, Washington, 2002.

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Nel caso dell’Unione europea, tale necessità “ontologica” è anche un vero e proprio dovere giuridico: ai sensi dell’art. 32 Dir. 2006/43, la definizione di un “efficace sistema di controllo pubblico” è espressamente imposto agli Stati membri dell’U.E., anche se la medesima lascia poi ampia discrezionalità a questi ultimi relativamente al conseguimento di questo obiettivo - al netto delle funzioni minime elencate dal c. 4 della disp. cit. -, come rilevato da GARGANTINI, sub art. 22, in (a cura di DE LUCA) La revisione legale dei conti annuali e consolidati, cit., p. 207.

533 Senza pretesa di esaustività, sarebbe peraltro necessario rilevare che anche tale dato non è di per sé

indefettibile, in quanto in molti Paesi (incluso il nostro) le organizzazioni professionali, pur mantenendo il carattere di rappresentanza e di autogoverno delle professioni, in virtù della rilevanza sociale dell’esercizio della professione sono qualificate come enti pubblici e pertanto sottoposte a una rigida disciplina pubblicistica, spesso attuata per mezzo della vigilanza del Ministero competente per materia: per alcuni cenni sull’ordinamento italiano cfr. PISCIONE, voce Professioni, in Enc. Dir., XXXVI, Milano, 1987, pp. 1049 ss.; GESSA, voce Ordini e collegi professionali, in Enc. Giur. Treccani, XXII, Roma,.1990, pp. 1 ss.; TERESI, voce Ordini e collegi professionali, in Dig. Disc. Pubblicistiche, XIII, Torino, 1995, pp. 450 ss.

professionale - dell’importanza della quale abbiamo avuto già modo di parlare supra - : di conseguenza, anche in base al posizionamento che il legislatore intende assicurare a tali disposizioni nell’ambito del sistema delle fonti del diritto534

, si potranno immaginare diverse forme di rapporti con gli enti pubblici535. Ad es., negli ordinamenti di common law il modello di autoregolamentazione da parte della professione era sicuramente dominante prima dell’introduzione negli Stati Uniti del Sarbanes Oxley Act. Come noto quest’atto normativo ha previsto la costituzione di un organismo (il Public Companies Accounting Oversight Board, PCAOB) del quale, per quanto qualificato dalla legge istitutiva come come ente privatistico non-profit536, in tempi recenti la Corte Suprema americana ha affermato la natura pubblicistica537. Nel Regno Unito, al contrario, il modello è rimasto fondato sulla self-regulation, e in particolare sul ruolo del Financial Reporting Council (FRC), responsabile in particolare della vigilanza sulle associazioni professionali, che peraltro necessitano di essere riconosciute dallo stesso: il modello britannico, in particolare, assegna proprio a queste ultime il compito di verificare l’operato dei soggetti iscritti e di adottare, se del caso, i relativi provvedimenti disciplinari538. In seno al FRC opera inoltre il Conduct Committee, incaricato di supervisionare l’attività della conduct division del FRC, cioè l’ufficio incaricato di assicurare il rispetto della normativa di riferimento539.

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Si tratta in parte delle problematiche che sono state segnalate nel corso del Cap. 2 trattando dei Principi ISA. Di regola, infatti, nel caso in cui il legislatore intenda assegnare valore cogente ai principi professionali, si renderebbe necessaria una qualche forma di intermediazione da parte di organi pubblici, che può ovviamente assumere le forme più diverse (dall’endorsement previsto dalla direttiva 2006/43 alla “raccomandazione” da parte della CONSOB prevista dall’abrogato art. 162 T.U.F. nella versione antecedente la l. 262/2005)

535 In molti ordinamenti, le organizzazioni professionali sono responsabili anche della gestione

dell’albo professionale: tale circostanza comporta, di regola, la potestà di gestione dell’esame di accesso e l’adozione dei provvedimenti disciplinari nei confronti dei soggetti iscritti.

536 Sec. 101 l. cit.

537 Si veda la sentenza Free Enterprise Fund et al. v. PCAOB et al. (561 U.S. 477 (2010)), commentata

nella dottrina italiana da GUACCERO, Modelli di controllo dell’attività di revisione contabile e incostituzionalità del Sarbanes-Oxley Act, in Riv. Dir. Comm., 2011, pp. 763. Per un commento alla sentenza nella dottrina americana v. STAPLER, The Auditor for the auditors' auditor: accounting for the unitary executive in Free Enterprise Fund v. Public Company Accounting Oversight Board, in (38) Pepperdine Law Review, 2011, pp. 709 ss.

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E’ interessante notare come i poteri del FRC discendano da un atto di delegazione di funzioni amministrative da parte del Secretary of State responsabile del Department of Business, Innovation and Skills in favore del FRC: si concretizza quindi un ulteriore modello di rapporto tra organismi pubblici e privati.

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Il Conduct Committee ha sostituito il Public Oversight Board, organo indipendente ma collegato al FRC costituito nel 2004. Le funzioni dell’ente sono state oggi “re-internalizzate” e riportate nell’alveo del FRC, in particolare proprio mediante la costituzione del comitato in parola.

Un ulteriore elemento di particolare rilevanza riguarda - come del resto anche in altri casi di definizione delle architetture di supervisione - l’attribuzione di compiti a un organismo unico o la frammentazione delle funzioni in capo a più soggetti. Non mancano, al contrario, esempi di Paesi in cui tutte le funzioni “tradizionali” delle autorità di vigilanza sono state concentrate in capo a un unico ente540, al quale pertanto vengono (come del resto, nel caso del PCAOB statunitense) assegnate compiti sia regolamentari, che di controllo e sanzionatori, in uno con l’attribuzione (quantomeno) di autonomia funzionale rispetto al governo: si pensi, ad es., all’Haut Conseil du commissariat aux comptes francese o all’Instituto de Contabilidad y Auditoría de Cuentas spagnolo. Nel secondo caso, un filone di particolare interesse è la possibile convivenza - come nel caso italiano, sul quale torneremo diffusamente infra - tra Organi di vigilanza “tecnici” (spesso, per l’appunto, vere e proprie authorities) e Organi di natura politico-ministeriale: in quest’ipotesi, i criteri di riparto tra le Autorità possono essere tra i più vari, anche se di regola esso tende a essere basato sulla natura degli enti sottoposti a revisione. Allo stesso tempo, sempre in relazione a quest’ultima ipotesi, è di pari importanza anche che tipo di rapporto si instaura tra i vari enti: ad es., nell’ordinamento tedesco la Camera dei professionisti contabili (Wirtschaftsprüferkammer, WPK), incaricata in particolare di gestire il registro dei revisori e di esercitare i poteri disciplinari nei confronti degli iscritti, alla luce anche della possibilità di poter condurre ispezioni presso questi ultimi - è soggetta a un controllo gerarchico da parte della Commissione di vigilanza sui revisori (Abschlussprüferaufsichtskommission, APAK), Autorità indipendente costituita nel 2005541. Al contrario non mancano invece casi - come nell’ordinamento italiano - in cui il rapporto si ispira a una logica di coordinamento tra Autorità pariordinate, dotate di autonome sfere di attribuzione.

Premessi questi cenni introduttivi, il Capitolo delineerà il quadro posto dalla normativa italiana, dedicando particolare attenzione al tema della quality assurance, di certo uno dei principali strumenti di esercizio del controllo pubblico.

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A essere più precisi, occorre rilevare come sia difficile - anche alla luce dell’assenza di una cornice normativa di carattere generale - evidenziare dei poteri “tipici” delle Authorities, in quanto il quadro varia grandemente tra le singole Autorità: come categorie generali, tendenzialmente descrittive, si può fare riferimento ai poteri di regulation e di adjudication (cioè sanzionatori/inibitori): cfr. CIRILLO- CHIEPPA, Le autorità amministrative indipendenti, Padova, 2010, pp. 63 ss..

541 In precedenza, era lo stesso Ministero Federale per le Attività Economiche a controllare l’operato

2. La relazione di trasparenza: una forma di controllo diffuso?

Prima di occuparci delle forme più “istituzionalizzate” di vigilanza sui revisori, è opportuno soffermarsi sulla predisposizione di uno strumento introdotto dalla normativa comunitaria (art. 40 Direttiva 2006/43) e trasposta nell’ordinamento nazionale dall’art. 18 D. Lgs. 39/2010. Si tratta della c.d. relazione di trasparenza, alla presentazione della quale sono tenuti soltanto - ai sensi delle disposizioni sopra menzionate - i revisori e le società di revisione che svolgono la loro attività presso almeno un EIP. Nello specifico, a tali soggetti viene richiesto di predisporre “entro tre mesi dalla fine di ogni esercizio sociale” un documento da pubblicare sul proprio sito internet542, contenente le seguenti informazioni:

“a) una descrizione della forma giuridica e della struttura proprietaria e di governo;

 b) una descrizione dell'eventuale rete di appartenenza e delle disposizioni giuridiche e strutturali che la regolano”

I dati in parola sono funzionali alla comprensione delle caratteristiche generali della società di revisione: particolare rilievo viene accordato all’eventuale rete, anche ai fini - come si vedrà in seguito - della valutazione dei presidi a tutela dell’indipendenza del revisore.

 c) una descrizione del sistema di controllo interno della qualità e una dichiarazione dell'organo di amministrazione o di direzione, in ordine all'efficacia del suo funzionamento;

 d) l'indicazione della data in cui è stato svolto l'ultimo controllo della qualità;  g) una dichiarazione relativa all'adozione di misure idonee a garantire la

formazione continua;

Tralasciando per ora il tema della quality assurance, che sarà oggetto del successivo par. 4, si deve osservare come la richiesta di fornire al mercato informazioni sulla struttura interna della società di revisione, e in particolare sul proprio SCI, è espressione alquanto significativa di un’attenzione che il legislatore ha posto sul tema della governance della società di revisione: in altri termini, i policymakers hanno compreso l’importanza di una corretta ed efficace architettura di governo della società

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Si desume implicitamente che i soggetti in parola sono obbligati ad avere un sito internet, onde ottemperare all’obbligo in commento: cfr. ASSONIME, Circolare n. 16/2010, La nuova revisione legale dei conti, p. 87.

di revisione, ai fini dello stesso svolgimento dell’attività543. In tale contesto, e vista l’importanza che essa assume anche ai fini del rispetto delle norme dell’ordinamento professionale dei revisori, una governance ben fatta deve assicurare anche un’adeguata formazione dei dipendenti.

 e) un elenco degli enti di interesse pubblico i cui bilanci sono stati oggetto di revisione legale nell'esercizio sociale precedente;

 f) una dichiarazione relativa all'adozione di misure idonee a garantire l'indipendenza del revisore legale o della società di revisione legale che confermi che è stata effettuata una verifica interna della conformità alle disposizioni in materia di indipendenza;

 h) informazioni finanziarie relative alle dimensioni operative del revisore legale o della società di revisione legale, che indichino almeno il fatturato totale suddiviso tra corrispettivi per la revisione legale, per altri servizi di verifica, per servizi di consulenza fiscale e per altri servizi diversi dalla revisione contabile;

 i) informazioni sulla base di calcolo della remunerazione dei soci.

Si evince chiaramente, dall’elenco sopra riportato, come gran parte della relazione di trasparenza sia dedicata a esporre come la società sta trattando il “rischio dipendenza”, da un lato fornendo dati “diretti” (come ad es., esponendo quali parti dell’internal governance sono dedicate alla gestione del tema in questione) e “indiretti” (si noti in particolare il dato sul fatturato e sulla relativa scomposizione, che dovrebbe consentire al lettore di comprendere se il peso assunto dai servizi non- audit possa assumere, relativamente a uno o più clienti, un andamento rischioso per l’indipendenza del revisore).

Complessivamente intesa, la norma in commento è, senza tema di smentita, finalizzata ad assicurare una maggiore trasparenza dei destinatari delle prescrizioni544, specie nei confronti del mercato, come del resto si desume anche dalla possibilità, per la CONSOB, di poter richiedere “modifiche e integrazioni alla relazione (…) con le

543 Un processo molto simile a quello occorso negli ultimi anni nel diritto della finanza, che a livello

sub-legislativo (in sede quindi di normativa emanata specie dall’Autorità incaricata della vigilanza prudenziale, cioè la Banca d'Italia) ha visto un’attenzione crescente al tema della governance degli intermediari, proprio alla luce degli impatti sulla stabilità e sul contenimento del rischio dei singoli intermediari.

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Ex multis: BAUER, La relazione di trasparenza, in Amministrazione e Finanza, 2010, 12, p. 25: l’articolo presenta una breve, ma interessante analisi empirica sul contenuto delle prime relazioni pubblicate.

modalità e nei termini da essa stabiliti”545. Tanto premesso, è possibile ritenere che - a meno, ovviamente, di opinare che la trasparenza debba essere un valore in sé, senza finalità ulteriori - tale flusso informativo sia mirato a consentire una forma diffusa (in quanto coinvolgente gli operatori di mercato nella loro interezza) di controllo sull’operato dei revisori, ponendo al centro dell’attenzione (non a caso) proprio i due temi che, con tutta probabilità, sono più a cuore ai partecipanti al mercato: da un lato, la sussistenza di rapporti che possano minare l’indipendenza e (quindi) l’obiettività di giudizio del revisore e dall’altro, la sussistenza di un efficace sistema di controllo interno546. Non sarebbe, del resto, il primo caso in cui il legislatore prevede un sistema di controllo diffuso, basato sulla pubblicazione di un particolare set informativo, come complemento della vigilanza “istituzionalizzata”: basti pensare alle informative al pubblico richieste alle banche sull’andamento della propria situazione patrimoniale ai sensi del c.d. terzo pilastro dell’Accordo di Basilea547, anche in questo caso prevista proprio per stimolare e favorire la c.d. disciplina di mercato.

Al contempo però è necessario osservare come la norma in commento paia carente, se si prende in considerazione l’ipotesi del revisore persona fisica. Da un lato, in questo caso bisogna comprendere come si applicherà il termine per la pubblicazione della relazione (visto che per le persone fisiche non si può ovviamente immaginare un esercizio sociale), dall’altro (ed è questo forse l’aspetto più rilevante) molte delle informazioni (se non la quasi totalità) presuppongono una struttura societaria (si pensi solo alle informazioni sull’assetto proprietario e sul SCI), e sono quindi logicamente incompatibili con l’ipotesi del revisore persona fisica. Con tutta probabilità, il “retro-pensiero” della norma è che, all’atto pratico, i casi di EIP revisionati da persone fisiche saranno molto pochi, e quindi l’attenzione andava calibrata sulle società di revisione: rimane comunque il fatto che, qualora la prassi si

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Sembra quindi difficile sostenere (MELECCHI, sub art. 10, in Appendice, in (a cura di VELLA) Commentario al T.u.f., Torino, 2012, p. 2022) che alcune delle informazioni contenute nella relazione possano essere finalizzate a garantire, in favore dell’Organo di Vigilanza, un flusso informativo funzionale all’esercizio dei propri compiti: semmai, è tra le funzioni di quest’ultima che rientra proprio la verifica che la disclosure nei confronti del mercato sia completa e non fuorviante (esercitando un potere che, difatti, ricorda quello previsto in tema di prospetti ai sensi dell’art. 94 c. 5 T.U.F.).

546 I due profili sono strettamente connessi, nella misura in cui l’organizzazione della società di

revisione deve essere in grado di garantire che le strutture societarie siano in grado di gestire adeguatamente anche il “rischio dipendenza”.

547 La terza edizione dell’Accordo è, come noto, stata adottata al termine del 2010 (C

OMITATO DI

BASILEA, Basilea 3 – Schema di regolamentazione internazionale per il rafforzamento delle banche e dei sistemi bancari , gennaio 2011). confermando l’approccio regolamentare basato su tre pilastri, dei quali il terzo è dedicato proprio a tale sistema di disclosure. Si veda, in particolare, l’art. 53 c. 1 lett dbis) T.U.B., sui poteri normativi in materia della Banca d'Italia (esercitati con la Circ. n. 285 del 17 dicembre 2013, Tit. IV Sez. VII).

dovesse discostare dalla “presupposizione” del legislatore, la funzione informativa (e di vigilanza, intesa nel senso lato sopra delineato) verrebbe a essere seriamente compromessa.

3. Il riparto di competenze tra MEF e CONSOB. Poteri delle Autorità di vigilanza A prima vista, l’assetto delineato dal legislatore delegato sembra segnare una certa discontinuità con il regime previgente. Prima del 2010, difatti, il criterio di riparto tra l’Autorità ministeriale (all’epoca il Ministero della Giustizia) e la CONSOB era costituito dalla forma con cui l’attività era esercitata: in altri termini, l’attività dei revisori persone fisiche ricadeva sotto il controllo del Ministero, in quanto ente preposto alla gestione del registro dei revisori costituito ai sensi del D. Lgs. 88/1992 e all’adozione dei provvedimenti di rigore previsti dagli artt. 9 e 10 D. Lgs. cit. (la sospensione a seguito dell’accertamento di fatti che compromettano gravemente “l'idoneità al corretto svolgimento delle funzioni di controllo dei conti” e la cancellazione in caso di insussistenza dei requisiti per l’iscrizione nel registro); mentre la CONSOB era preposta alla vigilanza delle società di revisione iscritte nell’albo speciale di cui all’art. 161 T.U.F., potendo pertanto esercitare i poteri normativi (raccomandazione, poi vero e proprio potere di statuizione dei principi di revisione applicabili), ispettivi e informativi posti dall’art. 162 allo scopo di verificare l’indipendenza e l’idoneità tecnica delle società iscritte, adottando nel caso di carenze o irregolarità le variegate sanzioni (dall’irrogazione di sanzioni pecuniarie, passando per l’intimazione a cessare la condotta vietata, sino alla cancellazione dall’albo) previsti dal successivo art. 163. Se si analizzano le norme abrogate con maggiore dettaglio, si può notare come il vero fattore dirimente fosse la natura del soggetto sottoposto a revisione, dal momento che le società quotate potevano essere sottoposte a revisione solo da revisori costituiti in forma societarie e iscritti nell’albo previsto dal T.U.F.: tale riserva di attività, rendendo non “intercambiabile” il revisore persona fisica con le società di revisione, finiva quindi per attribuire rilievo decisivo al tipo di ente revisionato.

Nel sistema attuale, quest’ultimo criterio di riparto viene “esplicitato” dall’ordinamento: ai sensi dell’art. 21 c. 1 D. Lgs. 39/2010 il Ministero dell’Economia

e delle Finanze (MEF)548 è competente a esercitare il controllo della qualità e il rispetto delle disposizioni del D. Lgs. cit. “da parte dei revisori legali e delle società di revisione legale che non hanno incarichi di revisione legale su enti di interesse pubblico”, mentre la CONSOB, a mente dell’art. 22 c. 1 vigila “sull’organizzazione e sull’attività dei revisori legali e delle società di revisione che hanno incarichi di revisione legale su enti di interesse pubblico, per controllarne l’indipendenza e l’idoneità tecnica”549550

. La ripartizione viene oggi resa espressa dal momento che, nel recepire la Direttiva 2006/43 (e in particolare le disposizioni dettate dagli artt. 15 ss.), il legislatore delegato ha unificato i due albi, creando un unico registro dei revisori (artt. 6-8 D. Lgs. 39) gestito e regolamentato dal MEF551. In conseguenza di ciò, l’art. 21 c.1 ha assegnato al MEF anche i poteri di vigilanza più strettamente connessi alla menzionata potestà di gestione del registro (disciplina della procedure di abilitazione e della formazione continua: rispettivamente lett. a) e c)), in uno con il potere di adottare i provvedimenti già previsti dal D. Lgs. 88/1992 (cioè, la cancellazione dal Registro in caso di insussistenza dei requisiti per l’iscrizione, previa notifica all’interessato degli addebiti con contestuale assegnazione di un termine “non superiore a sei mesi” per rimediare: art. 6 cc. 2, 3)552

.

Tanto premesso, è facile osservare quindi che - come del resto avevamo fugacemente osservato in apertura di capitolo - che il sistema italiano si caratterizza per una serie di peculiarità. In primo luogo, a una sommaria ricognizione, è affatto

548 Come rileva correttamente T

ULLIO, sub art. 21, in (a cura di DE LUCA) La revisione legale dei conti annuali e consolidati, cit., pp. 202-203; non pare che vi siano state ragioni specifiche per trasferire le competenze in parola dal Ministero della Giustizia al MEF.

549 Secondo P

ANUCCI-LA ROTONDA-MANONTI, Appendice, cit., p. 2870, l’architettura della vigilanza sui revisori dei conti sarebbe organizzata secondo il modello della “trasversalità per finalità”, coerentemente con l’impianto generale desumibile dalla l. 262/2005. Tale posizione sembra confermare quanto sopra affermato in merito alla sostanziale continuità delle scelte di policy del legislatore.

550 Il D. Lgs. ripropone l’endiadi che già l’abrogato art. 162 T.U.F. poneva quale finalità dell’azione di

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