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La teoria interpersonale-psicologica del suicidio.

Nel documento Privati (dell'essenziale) (pagine 62-66)

CAPITOLO DUE Privarsi dell’essenziale

3. Le teorie sul suicidio.

3.3. La teoria interpersonale-psicologica del suicidio.

La teoria interpersonale-psicologica del suicidio è un quadro teorico molto attuale che aiuta a comprendere le complesse interazioni di fattori che a livello psicologico contribuiscono al rischio di suicidio98. Secondo questa teoria vi sarebbero tre fattori,

in presenza dei quali, un individuo possa giungere a compiere un atto suicidario completo. Queste tre variabili sono: l’appartenenza

contrastata, l’onerosità percepita e la capacità acquisita di

provocarsi la morte99. In caso di suicidio queste variabili sono compresenti e necessarie affinché il soggetto prenda una decisione

97 Ibidem, p.385

98 Emanuela Giampieri e Massimo Clerici, Il suicidio oggi, 2013 Springer-Verlag Italia, p. 121 99 Ibidem, p. 121

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fatale. Quanto più la combinazione delle variabili è forte, tanto più probabile sarà l’ideazione del suicidio.

Per appartenenza contrastata ci si riferisce a

“un bisogno insoddisfatto di appartenere, che comporta la

mancanza di frequenti interazioni sociali positive e la sensazione di non essere accudito dagli altri.”100

Il “contrasto” si riferisce agli ostacoli che impediscono di avere una vita sociale soddisfacente, nonostante la presenza di contatti con altre persone: l’appartenenza contrastata è applicabile a chi non abbia una rete sociale effettiva ma anche a chi dovesse disporre di una rete amicale e familiare, pur non ottenendo l’appoggio necessario per sentirsi connessi agli altri. L’appartenenza (sociale) “contrastata” è strettamente legata all’aumento del rischio suicidario poiché la solitudine introiettata tanto da divenire una convinzione di avere un numero troppo esiguo di relazioni sociali.101

La solitudine è caratterizzata da svariati “fattori di rischio”, che possono essere utilizzati come indicatori: sensazione di solitudine; variazioni stagionali; vivere soli e con pochi rapporti sociali. Allo stesso tempo sono stati individuati alcuni “fattori protettivi” che servirebbero a mitigare l’effetto dei fattori di rischio: l’effetto gruppo; il matrimonio o i legami sentimentali e la presenza di figli.102

Il secondo fattore elaborato nella teoria interpersonale- psicologica del suicidio è l’onerosità percepita ovvero la sensazione di rappresentare un “peso” per la società: da un lato si sente di non fornire un contributo significativo, dall’altro lato c’è

100 Ibidem, p. 121 101 Ibidem, p. 122 102 Ibidem

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la percezione di rappresentare addirittura una responsabilità per gli altri. La morte quindi si configurerebbe come una sorta di liberazione da questo peso, per sé ma soprattutto per il resto della società.103 La componente “percepita” è molto importante, per sottolineare il fatto che coloro che sentono di essere un peso per gli altri normalmente non avrebbero motivi oggettivi per pensarlo. Assumono molta importanza dentro a questa variabile la convinzione di essere talmente imperfetti da far sentire gli altri responsabili e l’ideazione di odio verso la propria persona. Il “fattore responsabilità” dà origine ad alcuni indicatori di rischio rilevabili, quali: la sofferenza causata da disoccupazione o cessazione dell’attività economica; la mancanza di un alloggio; gravi malattie con relativa percezione di rappresentare un “spesa” indesiderata per gli altri. I tre fattori relativi all’odio verso la propria persona invece sarebbero: basta autostima; senso di colpa o di vergogna per la propria condizione; stato di agitazione mentale. 104 Il connubio di questi eventi porterebbe a maggiore

possibilità che si verifichi l’ideazione suicidaria.

Il terzo punto evidenziato dalla teoria interpersonale- psicologica è la capacità acquisita, cioè il grado di sopportazione della paura della morte per l’individuo105. Questo fattore è

decisivo per compiere un gesto fatale, in quanto per natura l’uomo percepisce la morte come evento terrificante e doloroso, da fuggire. Il soggetto con ideazioni suicidarie per arrivare a tollerare le sensazioni di dolore e paura si esporrebbe per un certo periodo di tempo a situazioni dolorosi, pericolosi o di sfida tra la vita e la morte106. 103 Ibidem 104 Ibidem pp. 122-123 105 Ibidem, p. 123 106 Ibidem

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Secondo la teoria interpersonale-psicologica del suicidio, vi sarebbero quattro passaggi ineludibili per giungere all’atto del suicidio completo:

1. L’ideazione suicidaria passiva attraverso le già citate

appartenenza contrastata e onerosità percepita;

2. Il desiderio suicida attivo, nel momento in cui l’appartenenza

contrastata e l’onerosità percepita sono presenti simultaneamente

e si presentano come stabili e immutabili nei pensieri della persona;

3. La compresenza di desiderio suicida e ridotta paura della morte portano a intenzione suicidaria;

4. In caso di appartenenza contrastata, onerosità percepita ed elevata resistenza al dolore fisico.

Riuscire a riconoscere questi campanelli d’allarme, anche attraverso i fattori di rischio osservabili che la teoria fornisce, sarebbe importante per individuare i soggetti che abbiano pericolose ideazioni suicidarie. La teoria individua specifiche situazioni che sarebbero a rischio, e il profilo della persona che ha perso il lavoro o abbia cessato la propria attività economica, è tra queste.

L’appartenenza contrastata, che rimanda alla presenza di una rete sociale insufficiente o all’assenza totale di rete sociale, è riconducibile al senso di vuoto e disperazione che prova chi è in difficoltà economica. Nello specifico i piccoli imprenditori che passano dall’avere un’attività in proprio a dover cessare l’attività stessa: un lavoratore in proprio normalmente conta sulle proprie forze e quando queste vengono a mancare, soprattutto se la rete sociale che lo circonda non è sufficiente, rischia di farsi sopraffare dalla disperazione.

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Fattore di crisi ancora più assimilabile a situazioni di crisi economica è l’onerosità percepita: in mancanza di entrate economiche ci si deve affidare agli aiuti materiali della propria rete sociale e in questo caso il senso di colpa perché ci si sente in qualche modo una “spesa indesiderata” per altri, può facilmente presentarsi.

Gli imprenditori in crisi sperimentano da una parte il crollo delle certezze di una vita legate alla propria attività economica e uno stravolgimento della quotidianità, che può portare facilmente ai fenomeni di cui sopra. Un primo passo verso un tentativo di arginare queste situazioni può essere una maggior attenzione alla debolezza delle reti sociali. A livello di politiche sociali si può fare molto, per esempio garantendo dei servizi “paracadute” per i soggetti in crisi. La presenza di risorse e aiuti può rappresentare una concreta via d’uscita per chi dovesse trovarsi in situazioni di crisi economica.

Nel documento Privati (dell'essenziale) (pagine 62-66)

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