A questo punto è necessario domandarsi quale fu il peso della cultura militare italiana
nel corso della prima metà del seicento: fu semplicemente un pozzo da cui attingere la
conoscenza dell’arte militare da parte dei trattatisti oppure influenzò e si mescolò alle
produzioni straniere? Si può ancora parlare di arretratezza e isolamento rispetto alla
cultura militare d’Europa? Vi fu effettivamente un distacco tra la modernizzazione delle
tattiche rispetto agli eserciti europei?
David Lawrence nel suo The Complete Soldier indica come l’influenza della trattatistica
militare peninsulare pose le basi per l’esercito inglese a cavallo dell’epoca Tudor e
Stuart. I primi trattati a giungere nelle isole britanniche furono i trattati di Giacomo
Grassi Ragione di adoprar sicuramente l’Arme sia in offesa come da Difesa (1594) e il
testo di Achille Marozzo Opera nuova dell’arte dell’armi (1568). Ambedue furono
tradotti in inglese alla fine del cinquecento. Nel 1595 venne stampato il catalogo di libri
di Andrew Maunsell, stampatore e mercante di libri, intitolato The First Part [the
Seconde Parte] of the Catalogue of English printed Bookes, all’interno del quale egli
proponeva al pubblico un’ampia scelta di volumi di varie nazionalità e di varia natura:
matematica, geometria, astronomia, arte, navigazione e specialmente arte della guerra85.
Tra i titoli proposti oltre ai sopracitati veniva offerta l’Arte of Warre di Macchiavelli;
Pathwaie to Martiall Discipline di Saviolo e la traduzione in inglese delle opere
85Uno di questi era il famoso trattato di William Bourne The Arte of Shooting in great Ordenance del 1578. Esso
classiche quali Gli Stratagemmi di Sesto Giulio Frontino e il De Bello Gallico di Cesare.
Lawrence ritiene che la cultura militare italiana, grazie allo scambio di un ampio
ventaglio di volumi e trattati, influenzò gran parte dell’aristocrazia europea: egli, infatti,
sostiene che ancora alla fine del XVII secolo la cultura militare fosse fortemente
influenzata dal know how dell’arte della guerra trasmessa in Europa dai trattatisti e
comandanti italiani. Questo periodo d’oro della trattatistica italiana non si estinse al
volgere del secolo: nel 1617 infatti nel catalogo generale stampato da John Bill,
importante mercante di libri, si trovano testi quali Discorso de’ Fortificazioni di Carlo
Theti; il Theatro Militare di Flaminio della Croce e il Disciplina Militare di Enea
Cervellino.
I testi tradotti all’estero furono soprattutto quelli dedicati all’arte delle fortificazioni e i
testi classici dell’arte della guerra. La presenza di questi testi sparsi per tutta Europa
diede spunto alle teorie di Parker, il quale vide nella costruzione di fortezze moderne e
la diffusione di testi classici come il punto d’arrivo della rivoluzione militare
peninsulare e l’ascesa di nuovi modelli che porteranno paesi come Olanda e Inghilterra
ad imporre il loro dominio grazie alla creazione di vasti imperi coloniali e commerciali.
L’introduzione della contromarcia in Olanda non fu il punto d’arrivo della cultura
militare italiana, né tantomeno segnò il lento declino degli eserciti italiani e dei loro
comandanti.
La cultura militare di allora, si potrebbe dire, era universale e aperta al cambiamento.
Come citato qui sopra il volume di scambi di trattati e volumi tra un paese ed un altro
alla circolazione di nuove idee, specialmente in ambito militare. Si è citato solamente il
caso inglese, ma ciò non significa che il fenomeno non fosse esteso a molti altri paesi
europei, sempre in conflitto tra di loro e sempre alla ricerca di nuove strategie e
tecnologie per la guerra. La cultura militare non aveva barriere: ogni innovazione veniva
recepita, studiata ed assimilata in breve tempo e spesso il prodotto di questa
assimilazione poneva nuovi traguardi e gettava le basi per nuove tattiche mai
sperimentate. Come già detto un’invenzione si tramuta in innovazione quando attorno
ad essa si crea un sistema nuovo mai esistito fino a quel momento, ma in questo caso
l’arte militare d’epoca moderna può essere vista come un insieme di innovazioni che si
mescolano tra di loro fino a creare un sistema universale, assimilato da tutte le potenze
europee. Così accade anche in Italia, dove la cultura militare non si separò dalle altre:
non vi fu un fenomeno di isolamento, non vi fu un arretramento dettato dalla visione
testarda di élites militari ed aristocratiche e non vi fu nemmeno il fenomeno di
attaccamento morboso a ideali romantici e antiquati della guerra. I soldati ed i
comandanti militari parteciparono attivamente al confitto delle Fiandre e da qui trassero
idee e ispirazione, una volta tornati in patria, per la stesura di nuovi trattati militari. Le
innovazioni in campo tipografico inoltre permisero la produzione in serie di questi
trattati e soprattutto permisero la diffusione di idee e innovazioni in tutta Europa,
permettendo così uno studio uniformato delle tattiche di guerra sia in ambito
accademico che privato.
L’Italia non si isolò da questa fase della rivoluzione militare, anzi si trasformò in un
sviluppo di tattiche sempre più efficaci. Nelle scuole militari venivano insegnate ai
cadetti nozioni di guerra classica e strategie dell’impero romano, quale eredità del
periodo Umanista, e allo stesso tempo veniva insegnata loro la rigida disciplina da
rispettare in guerra: venivano addestrati costantemente a marciare, mettersi in
ordinanza, combattere e obbedire ai comandi di trombe e tamburino. Va inoltre detto
che l’idea di Italia come paese arretrato e di tattiche militari antiquate proposto nel
secolo scorso possono definirsi screditate, non solo per la presenza di testi che
precedono di un decennio l’introduzione della contromarcia, ma soprattutto per la
presenza costante di elementi di cultura militare peninsulare nei trattati stranieri. Tali
idee erano nate anche a causa della poca analisi che si fece della trattatistica generale di
XVI-XVII secolo, soffermandosi solamente sulla traduzione e studio di quegli autori
che giocarono un ruolo importante nel conflitto ispano-olandese senza preoccuparsi di
analizzare testi di personaggi meno importanti ma sicuramente più fruttuosi.
L’importanza della trattatistica peninsulare non sembrò estinguersi neanche nella
seconda metà del seicento, la cui produzione diede vita ad un gran numero di volumi
sugli esercizi militari e di opere dedicate ai nuovi armamenti (moschetti) e tattiche di