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La violazione delle prescrizioni impartite dal giudice

L'art 20 III° comma d.p.r. 448/88 dispone che “ nel caso di gravi e ripetute violazioni delle prescrizioni, il giudice può disporre la misura della permanenza in casa”.

Bisogna innanzitutto precisare che non sussiste alcun obbligo per il giudice di imporre al minore, in caso di violazione, l'aggravamento della misura prevista poiché prima di farlo dovrà accertarsi che le violazioni siano gravi e non occasionali.

I due requisiti dovranno sussistere entrambi e quindi non saranno sufficienti, violazioni brevi anche se plurime e nemmeno un unica violazione di diverse prescrizioni.

A tal fine si dovrà valutare, inoltre, in base all'art 276 c.p.p. quali siano stati motivi e le circostanze che hanno portato il minore a violare le disposizioni del giudice e pertanto sarà opportuno procedere all'aggravamento della misura solo dopo aver richiesto ai servizi una relazione aggiornata del comportamento tenuto del ragazzo durante l'esecuzione della stessa.

volontarie del minore derivanti dai suoi comportamenti; infatti, qualora l'inottemperanza sia causata da comportamenti ostruzionistici di familiari o affini o dall'insufficienza del supporto dei servizi sociali o ancora per l'indeterminatezza del programma di recupero, contenuto nelle prescrizioni impartite dal giudice, non sarà il minore destinatario della misura a doverne subire gli effetti negativi.

Il legislatore lascia un ampio margine di discrezionalità al giudice nel valutare il limite della tollerabilità delle violazioni.

Però quanto alla scelta della misura più grave da applicare in luogo delle prescrizioni, la discrezionalità del giudice è fortemente ridimensionata.

Infatti allorché il giudice decida comunque di disporre l'aggravamento della misura, in quanto ritiene che questa non sia più in grado di soddisfare le nuove esigenze cautelari, potrà farlo applicando la misura progressivamente più afflittiva non potendo, in virtù dei principi della minima offensività e di extrema ratio delle misure custodiali, effettuare scelte per saltum: il giudice quindi in caso di violazioni gravi e ripetute sarà obbligato ad applicare la misura della permanenza in casa ex art 21 d.p.r. 448/88. Da un'indagine effettuata dall' Ufficio Centrale per la

giustizia minorile si rileva137 come generalmente nell'80% dei casi a seguito della violazione della misura in esame segua l'applicazione della misura più grave della permanenza in casa; il giudice infatti non lascia passare indifferentemente le infrazioni ma le considera e vi da una risposta, la quale si inserisce in quella logica di aggravamento scalare per cui dall'art 20 si passa all'art 21 del d.p.r. 448/88.

Da questo punto di vista è importante che a un determinato comportamento seguano delle conseguenze perché il soggetto minore possa apprendere i propri errori, ma allo stesso tempo è necessario che la risposta alle violazioni sia graduale e proporzionale alla gravità delle medesime ai fini dell'educazione del minore, in quanto se le reazioni risultassero sproporzionate alle azioni che le hanno provocate il minore potrebbe valutarle come incoerenti e prive di senso creando così nuovamente l'occasione per trasgredirvi.

La disposizione nulla dice in ordine al procedimento che il giudice dovrà seguire per l'applicazione della misura più grave e a tal proposito vi è chi ritiene che l'intervento sostitutivo di cui l'art 20 III° comma d.p.r. 448/88 presenti un carattere sanzionatorio138 al pari di quanto previsto per gli 137 Maggiori approfondimenti consultabili su www.giustiziaminorile.it 138 A tal proposito vedi Cass. 21/04/1994, Palma, in Giur.it., 1995, II, p.168;

adulti nelle ipotesi di cui l'art 276 c.p.p.; cosicchè in tali situazioni non si applicherebbe il procedimento ex art 299 c.p.p., ammettendo la possibilità per il giudice di procedere d'ufficio nell'applicazione della permanenza in casa139.

Inoltre proprio da quell'inciso “il giudice può disporre” , cui non segue alcun riferimento ad una previa istanza del pubblico ministero, parte della giurisprudenza140 ne ha dedotto che l'esercizio del potere discrezionale del giudice, nella determinazione della misura più grave, possa essere attivato anche su segnalazione della polizia giudiziaria o dei servizi sociali affidatari del minore sottoposto a prescrizioni. In realtà non bisognerebbe leggere l' applicazione della misura più grave come una punizione imposta al minore in conseguenza dell'inosservanza delle prescrizioni impartite dal giudice, ossia come intervento puramente correzionale- educativo, ma come necessità di adeguare il provvedimento cautelare ad esigenze cautelari nuove e diverse rispetto a quelle presenti in precedenza141, ossia in sede di prima

contemplati dagli artt. 20,21 e 22 dpr 448/88, ha connotazione sanzionatoria escludendo così l'operatività dell'art 650 c.p.

139 Per giustificare il carattere ufficioso del potere del giudice, vedi Cass. 18/01/2000, Fiotto, in Cass.Pen. 2003, p.2366; Cass. 28/10/2010, Shehu,

CED, 248743.

140 Vedi Cass. 03/02/2006, D.V., in CED 233275, con la quale ha affermato che l'aggravamento scalare previsto per i casi di trasgressione alle prescrizioni impartite non necessita del coinvolgimento né del PM né degli addetti al servizio sociale.

141 Il carattere sanzionatorio della revoca è negato dalla Corte

Costituzionale, Sent. 06 Marzo 2002, n.40; Cass.Sez.Un. 18/12/2008, Giannone, in Cass.Pen. 2009, p.2769.

applicazione della misura: quindi in concreto, laddove il giudice ravvisi l'inadeguatezza della misura imposta in precedenza con le esigenze cautelari presenti in quel momento, potrà disporre un aggravamento di questa in modo tale da fronteggiare più efficacemente i pericula libertatis.

Secondo questa prospettiva non si può non fare riferimento all'art 299 IV° comma c.p.p. il quale afferma “ fermo quanto previsto dall'art 276, quando le esigenze cautelari risultano aggravate, il giudice, su richiesta del pubblico ministero, sostituisce la misura applicata con un'altra più grave ovvero ne dispone l'applicazione con modalità più gravose”: in sostanza, nonostante il legislatore minorile abbia tentato di attribuire al giudice procedente il ruolo di protagonista in sede di sostituzione della misura si può affermare decisamente che anche nella fattispecie in esame, in virtù del principio di sussidiarietà di cui l'art 1 d.p.r. 448/88, viga il principio della domanda e che quindi non si possa prescindere dall'istanza del pubblico ministero per applicare la permanenza in casa al minore che non ha ottemperato alle prescrizioni.

Inoltre la giurisprudenza della Suprema Corte ha negato, uniformando così la disciplina degli adulti con quella minorile, che in sede di aggravamento della misura debba

essere svolto l'interrogatorio di garanzia dell'imputato142. Infine, contrariamente a quanto si può ritenere per le misure cautelari previste dagli art 21 e 22 d.p.r 448/88, la durata delle prescrizioni non può essere computata nella durata della pena inflitta, in quanto nel testo non esiste alcuna espressione che possa indurre a far pensare la computabilità come invece avviene per le altre misure.

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