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La violenza domestica in Cina, Hong Kong e Taiwan

CAPITOLO 2 LA VIOLENZA DOMESTICA NELLE TRE SOCIETÀ CINES

2.2 La violenza domestica in Cina, Hong Kong e Taiwan

Nella Repubblica Popolare Cinese le dimensioni del fenomeno della violenza domestica, secondo uno studio del 2014 organizzato dalla All China Women’s Federation (ACWF), interessa il 39 percento delle donne cinesi con età compresa tra i 18 e i 50 anni di età che hanno indicato di aver subito almeno una volta nella loro vita episodi di violenza da parte del loro partner (citato in Leggett, 2016).

Nella regione di Hong Kong, invece, secondo i dati forniti dal Social Welfare Department, nel 2019 i nuovi casi di maltrattamenti famigliari sono stati 2˙920 (in leggero calo rispetto ai dati del 2018) suddivisi in: 2˙313 casi che riguardavano gli abusi fisici, 311 per le violenze emotive, 20 gli episodi di violenze sessuali riportate, mentre 276 casi rientravano in abusi multipli. La percentuale di vittime donna si attestava al 84,2 percento del totale27.

25 Adams, Sullivan, Bybee, & Greeson, (2008). Development of the Scale of Economic Abuse. Violence Against Women, 14(5), p.564

26 OMS, 1996

27 Sun, “Stuck at home with a monster: more reports of violence against women, children in Hong Kong since start of pandemic”, South China Morning Post, pubblicato l’ 11 aprile 2020 all’indirizzo https://www.scmp.com/news/hong- kong/health-environment/article/3079338/stuck-home-monster-more-reports-violence-against (ultimo accesso 24 Agosto 2020)

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A Taiwan, al contrario, come riportato dallo studio28 svolto nel 2003 dal Ministero dell’Interno, la

percentuale di violenza all’interno delle coppie sposate si attesta al 17,4 percento. Inoltre, in accordo con i dati raccolti dal Domestic Violence and Sexual Assault Prevention Committee del Ministero dell’Interno si evidenzia come nei 40˙000-50˙000 casi riportati in un anno, la maggior parte delle vittime di abusi tra famigliari fossero donne29.

Tali dati, in linea con quelli a livello globale, mostrano come anche nelle tre società cinesi le donne siano nella maggior parte dei casi vittime di abusi dai loro partner e che, nonostante le varie leggi implementate nei singoli territori, si debbono fare ulteriori sforzi al fine di far decrescere tale tendenza. Tali cifre dimostrano che seppur i rapporti tra la RPC, Taiwan e Hong Kong sono stati segnati da divisioni territoriali e relazioni politiche e diplomatiche instabili, ciononostante la loro radice culturale continua a essere forte e perdurare nelle tradizioni e costumi della società contemporanea. Nel confucianesimo, il padre era la massima autorità all’interno della famiglia e aveva il potere di vita e di morte sulla moglie e sui figli, che venivano reputati di rango inferiore e, soprattutto nei riguardi della moglie, ella era una proprietà da amministrare a proprio piacimento30. Tale cultura esaltava il ruolo predominante dell’uomo e relegava al solo ambiente domestico la figura della donna. Ella era tenuta a rispettare delle norme rigide di comportamento riassunte attraverso l’espressione idiomatica “三从四德, sancong side, Tre sudditanze e quattro virtù” che stanno a indicare due precetti: il primo riguarda i caratteri “三从, Tre sudditanze”, e si riferisce a come la donna durante il corso della sua vita dovesse cieca obbedienza, in ordine cronologico, da bambina al padre, da moglie al marito e da anziana al primogenito. Gli ultimi due caratteri, “四德, Quattro virtù” descrivevano le virtù indispensabili che una donna doveva possedere per essere considerata virtuosa: doveva essere dotata di un forte senso morale, di bellezza, del dono della parola e di laboriosità.

Secondo un detto in voga nella Cina imperiale, l’armonia della vita matrimoniale veniva sintetizzata con l’espressione: 上和下睦,夫唱妇随 (shang he xia mu, fu chang fu sui, “l’armonia in Cielo e l’unità in Terra, il marito canta e la moglie lo accompagna”). Ciò significava che una donna per essere una brava moglie doveva stare sempre un “passo indietro” rispetto al marito, gli doveva cieca

28 Wang, L. R. (2003). The study of domestic violence in Taiwan. Taiwan: Ministry of the Interior.

29 Hou, W. L., Wang, H. H., & Chung, H. H. (2005). Domestic violence against women in Taiwan: their life-threatening situations, post-traumatic responses, and psycho-physiological symptoms. An interview study. International journal of

nursing studies, 42(6), 629-636.

30 Hellström I. (1962), <<The Chinese father, husband and head of the family - usually the eldest male - enjoyed enormous

power. Besides managing property, he had the right to kill his children and sell them into slavery.>> in The Chinese

family in the communist revolution: aspects of the changes brought about by the communist government. Acta

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obbedienza e doveva sempre sostenerlo qualsiasi fosse la decisione. Questo era il segreto di un matrimonio sereno. L’obbiettivo principale del matrimonio e soprattutto nella vita di una donna era quello di sposarsi e generare una forte prole, specialmente avere molti figli maschi, che avrebbero avuto il compito di tramandare alle future generazioni il nome del padre31.

Inoltre, la concezione di superiorità e inferiorità tra i sessi si riscontra anche nei modi di dire cinesi, dove esistono numerose espressioni che fanno riferimento alla violenza come un modo da parte del marito di dimostrare affetto ai figli e alla compagna, per esempio: 打是亲,骂是爱 dashiqin,mashiai,

lett. “picchiare è affetto, ingiuriare è amore”, l’equivalente dell’espressione inglese tough love) dove

si riteneva che più si era duri nell’educazione dei figli e più essi avrebbero avuto successo lavorativo. Al contrario, l’uso della violenza nei confronti della moglie veniva giustificato dalla necessità da parte dello sposo di mantenere l’ordine sociale in casa perché le donne erano ritenute molto irrazionali e se lasciate a loro stesse avrebbero portato la rovina nella casa.

La donna acquisiva uno status di fronte alla legge solo nel momento in cui si sposava. Il matrimonio era definito in uno dei classici confuciani come un’unione tra due persone appartenenti a due famiglie diverse, con l’obbiettivo di servire gli antenati nel proprio tempio e di perpetuare il proprio nome nelle generazioni future32. L’amore tra i due coniugi non era né elemento cercato e per certi versi, neanche auspicato. L’unione tra un uomo e una donna era innanzitutto un contratto che le famiglie firmavano per i loro figli senza che essi avessero la possibilità di scegliersi il compagno/a. Tale unione serviva per generare tanti figli che a loro volta, nell’età adulta, avrebbero sostenuto i genitori anziani: non riuscire a provvedere a ciò era da considerarsi una colpa talmente grande da essere associata allo omicidio33. Il rispetto e la cura che i giovani dovevano avere nei confronti dei membri anziani erano,

di riflesso, gli stessi comportamenti che avevano avuto i genitori nei riguardi dei loro figli piccoli. Questo è l’esercizio della virtù della pietà filiale (in cinese, 孝, xiao).

La giovane sposa quando entrava in casa del marito, non doveva solo preoccuparsi di compiacerlo, ma doveva cieca obbedienza anche ai membri della sua nuova famiglia, soprattutto alla coppia più anziana che rappresentava la vera e propria autorità a cui tutti dovevano sottostare. Non compiacere uno dei nuovi familiari significava subire vessazioni continue e nel caso in cui non avesse partorito in tempi brevi un figlio maschio, la sua vita poteva peggiorare ancora di più fino all’essere ripudiata

31 Gao, X. (2003). Women existing for men: Confucianism and social injustice against women in China. Race, gender &

class, 114-125.

32 <<a union between two persons of different families, the object of which is to serve the ancestors in the temple and to

perpetuate the coming generation.>> si trova in Hellström (1962) op. cit, p.259

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e marginalizzata dalla vita sociale. In qualsiasi caso di discordia con i parenti e il marito, era la moglie ad averne la colpa e perciò era lei a subirne le conseguenze con ingiurie e percosse. Inoltre, se non era in grado di garantire una discendenza al marito, era la donna ad essere accusata di sterilità e di 不 孝 (buxiao, non avere pietà filiale), colpa gravissima che dava la possibilità al marito di ripudiarla per “giusta causa” e/o di prendere altre mogli34.

Con la nascita dell’erede maschio, la sua situazione migliorava considerevolmente e con l’avanzare dell’età ricopriva sempre di più un ruolo di rilievo, fino a diventare la massima autorità nella famiglia soprattutto nel caso in cui fosse rimasta vedova35.

In tempi moderni, la violenza fisica è socialmente accettata soprattutto nei confronti dei figli, dove le punizioni corporali sono ritenute dai genitori un valido metodo educativo per correggere e punire i bambini, con lo scopo di renderli autonomi e capaci di ottenere successo nella vita e all’interno della società36.

La violenza sulle donne, invece, è un problema che ha faticato a essere percepito come tale nelle società cinesi, soprattutto nella RPC, perché culturalmente il rapporto tra marito e moglie è sempre stato ritenuto una questione intima che riguarda solo ed esclusivamente le due parti coinvolte. Difatti anche le espressioni, quali 法不入家门, fa buru jiamen (lett. “La legge non entra all’interno della famiglia”) e 清官 难断 家务事 , qingguan nanduan jiawushi” (“Anche un ufficiale integerrimo avrebbe difficoltà nel risolvere le questioni famigliari”), dimostrano come vi sia una reticenza da parte delle istituzioni a varcare il confine tra sfera pubblica e sfera privata dei cittadini. Per tale ragione, le vittime di abusi hanno molte difficoltà ad uscire non solo dalla mentalità de “i panni sporchi si lavano a casa propria”, (in cinese 家丑不外扬, jiachou bu waiyang), ma anche a denunciare tali situazioni per la vergogna di esporre i propri fatti privati al pubblico dominio. Inoltre, all’interno della società cinese il concetto di 面子, mianzi (in italiano “faccia”) e l’esaltazione dell’armonia all’interno della comunità pongono, in generale, un serio freno all’affermazione della propria individualità e aiuta a mantenere lo status quo con gli interessi comunitari che prevalgono su quelli di ogni individuo.

34 Gao, X. (2003). Women Existing for Men: Confucianism and Social Injustice against Women in China. Race, Gender & Class, 10(3), p. 118

35Ivi, p.117

36 Driscoll, “Tough love and tiger mothers: why Chinese parents avoid those three little words”, The Sydney Morning

Herald, pubblicato il 2 giugno 2014, consultato all’indirizzo https://www.smh.com.au/opinion/tough-love-and-tiger-

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Nei confronti delle vittime di violenza domestica, tale atteggiamento in seno alle società cinesi fa si permangano ancora oggi atteggiamenti sessisti nei confronti delle donne che decidono di divorziare e/o avere una carriera sacrificando il ruolo di madre e moglie, perché colpevoli di sciogliere l’unità famigliare destabilizzando l’armonia sociale37 e di victim blaming nei confronti di coloro che

decidono di denunciare i casi di maltrattamenti ricevuti dal coniuge e di aver subito aggressioni sessuali non solo da sconosciuti ma anche da conoscenti (come accade per le molestie sul luogo di lavoro, all’interno dei contesti universitari, etc. ).

Anche le autorità di polizia, i sanitari, i giudici, etc., che nell’esercizio delle loro funzioni e professione si trovano spesso a scontrarsi con la realtà di relazioni famigliari degenerate, possono essere influenzate da tali retaggi culturali che possono ostacolare i loro interventi, a volte con esiti fatali. È questo il caso delle denunce non ascoltate, degli schiamazzi riportati dai vicini sottovalutati e finiti in ammonizioni per l’aggressore, dei divorzi non concessi alle vittime e infine, negli omicidi che si potevano evitare.

Di seguito, vengono tracciati i percorsi storici e le tappe legislative che hanno portato in Cina, Hong Kong e Taiwan a introdurre le attuali leggi con lo scopo di prevenire e trattare il fenomeno della violenza domestica.

2.2.1 Processo legislativo nella RPC

In Cina si incominciò a discutere del fenomeno di violenza domestica all’inizio degli anni Novanta, in occasione della Quarta Conferenza mondiale delle donne tenutasi a Pechino dal 4 al 15 settembre 1995. È importante tale evento poiché “rappresenta il principale testo giuridicamente vincolante sui diritti delle donne, [mentre] la Piattaforma d’Azione approvata dalla Conferenza di Pechino è il testo politico più rilevante e tuttora più consultato dalle donne di tutto il mondo.38”. In tale occasione, sono state individuate dodici aree “critiche” in cui la discriminazione di genere è presente e sono state

37 A tal proposito si cita l’indagine condotta nel 2019 dall’ OECD (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) insieme alla SIGI (Social Institution Gender Index) nei confronti di tutti i Paesi del mondo -Taiwan compresa- per analizzare come vengono trattate e recepite dalla società alcune tematiche riguardanti la parità di genere. Per quanto concerne la PRC, Hong Kong e Taiwan, in merito alla discriminazione famigliare la percentuale di iniquità nei confronti di <<Proportion of the population declaring that children will suffer if mothers are working outside home for a pay>> si attesta al 17 percento (Taiwan), al 65 percento per Hong Kong e al 42 percento (Cina), dimostrando che i taiwanesi hanno una mentalità più aperta nei confronti di una donna che lavora e ha un’indipendenza economica. Fonte: OECD (2019), Gender, Institutions and Development Database, https://oe.cd/ds/GIDDB2019. Consultato il 13 ottobre 2020

38 Citazione riportata dal sito internet:

http://dirittiumani.donne.aidos.it/bibl_2_testi/d_impegni_pol_iternaz/a_conf_mondiali_onu/b_conf_pechino/home_pech ino.html (ultimo accesso 24 settembre 2020).

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inoltre, sottoscritte delle strategie che ogni stato deve applicare per colmare il divario tra uomo e donna.

La Convenzione sull’ Eliminazione di Ogni Forma di Discriminazione Contro le Donne (CEDAW) del 1979 sottolineava come le discriminazioni che le donne subiscono in ogni parte del mondo siano una chiara violazione della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’uomo, testo adottato dall’ONU il 10 dicembre 1948, in cui sono stati riconosciuti per la prima volta i diritti inalienabili di uomini, donne e bambini di fronte alla legge. La Convenzione contro la discriminazione delle donne non faceva riferimento specifico alla violenza di genere, ma nel 1992 il Comitato di verifica dell’attuazione della Convenzione ha adottato la Raccomandazione Generale numero 19, che afferma “la violenza contro le donne è una forma di discriminazione che inibisce la capacità di una donna di godere dei propri diritti e della propria libertà a pari titolo degli uomini39.” Per tale ragione, “i giuristi e gli esperti e gli attivisti dei diritti umani sostengono che la violenza fisica, sessuale e psicologica inflitta alle donne, a volte con esito fatale, è paragonabile alla tortura sia come natura che come gravità”

40, in quanto preclude loro la possibilità di esercitare i propri diritti individuali e crea uno stato di

malessere, paura e minaccia perpetua che nel lungo periodo mina la stabilità emotiva e fisica di chi la subisce.

La Cina ratificò sia la Convenzione sulle donne nel 1980 e sia la Convenzione dei diritti dei Minori (1990) nel 1992.

Dalla Quarta Conferenza sulle donne in avanti, nel Paese si incominciò a discutere sempre di più di violenza domestica e furono istituite numerose ONG che si occupavano di violenze contro le donne, come nella provincia dello Hubei, nella quale una donna aprì il primo rifugio per le donne vittime di maltrattamenti famigliari41, seppur fu chiuso l’anno dopo.

In Cina, il primo documento che trattò per la prima volta il reato di violenza domestica fu redatto nel gennaio del 1996 dall’ufficio del governo municipale di Changsha, provincia dello Hunan, con la promulgazione dei “Regolamenti per la prevenzione e soppressione della violenza domestica42

primo documento ufficiale cinese che tratta dal punto di vista legale il fenomeno degli abusi domestici43. Inoltre, il 31 marzo del 2000, il Comitato Permanente dello Hunan promulgò la

39 Ivi, p.3

40 Unicef. (2000). La violenza domestica contro le donne e le bambine. Innocenti Digest, 6, p. 4

41 A Chronicle of the Struggle Against Domestic Violence in China (1990-2017) 27 marzo 2018 http://chinadevelopmentbrief.cn/reports/analyses/a-chronicle-of-the-struggle-against-domestic-violence-in-china-1990- 2017

42 Ibidem

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“Risoluzione sulla prevenzione e la soppressione della violenza domestica44”. Fu la prima proposta

di legge a livello locale contro il reato di violenza domestica e fu anche la prima volta che tale termine entrava nel linguaggio legale cinese. Ciò dimostra come la provincia dello Hunan fu il propulsore per dotare la Cina di leggi ad hoc che trattassero della violenza domestica.

Nel giugno del 2000, fu lanciato il Domestic Violence in China: Research, Intervention and

Prevention" Project (DV Project) promosso dalla China Law Society a Pechino45. Fu la prima agenzia non governativa a discutere specificatamente del tema della violenza domestica e a lei va il merito di aver incominciato a trattare tale fenomeno riunendo accademici provenienti da diverse discipline (diritto, sociologia, studi di genere, medicina, psicologia etc.) insieme a persone che lavoravano nei servizi sociali, attivisti del settore pubblico e privato, i legislatori e la polizia, al fine di elaborare una strategia efficace da utilizzare nella lotta contro gli abusi domestici. Tale lavoro si concluse con le proposte di leggi quali:Law on the Prevention of Domestic Violence (draft), Judicial Interpretations of Protection against Bodily Harm, Regulations on Police Domestic Violence Intervention, che

contribuirono concretamente a iniziare i lavori del governo per la “costruzione” di una legislazione

ad hoc concernente tale reato46. L’ultima proposta proveniente dalla China Law Society fu emanata

nel 2011.

Il primo atto ufficiale a livello nazionale con valore legislativo fu la revisione della Legge sul Matrimonio del 28 aprile 2001 nella quale viene indicato all’art.3, comma 2, la violenza come fattispecie giuridica per il deterioramento dell’affectio maritalis (感情破裂, ganqing polie) per richiedere il divorzio e prevedeva la possibilità da parte della vittima di richiedere il risarcimento danni all’autore di violenza (art.46). Inoltre, tale revisione sebbene proibisca che si perpetui una condotta violenta contro i famigliari, li si abbandoni e li si maltratti (家庭暴力禁止家庭成员间的虐待 和遗弃 jiating baoli tingzhi jiating chengyuan jian de nuedai he yiqi), non fornisce nessuna definizione chiara dell’espressione “家庭暴力” (jiatingbaoli, lett. violenza famigliare), facendo si che risulti in un vizio di forma della legge. Per tale ragione, la Corte Suprema del Popolo ovviò a tale lacuna con l’Interpretazione del 2001 della Legge sul Matrimonio nella quale viene definita che cosa si intenda per “violenza domestica”.

44 关于预防和制止家庭暴力的决议 Guanyu yufanghezhizhi jiatingbaolidekugan guiding

45 Zhang, L. (2009). Chinese Women Protesting Domestic Violence: The Beijing Conference, International Donor Agencies, and the Making of a Chinese Women's NGO. Meridians, 9(2), p.67

46 A Chronicle of the Struggle Against Domestic Violence in China (1990-2017) 27 marzo 2018 http://chinadevelopmentbrief.cn/reports/analyses/a-chronicle-of-the-struggle-against-domestic-violence-in-china-1990- 2017

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Peculiarità di tale definizione risiede nel forte accento posto sulla descrizione degli abusi fisici gravi: ciò dimostra come in tale prima definizione permaneva ancora l’idea arcaica che la violenza domestica fosse solo nei casi di comportamenti fisicamente violenti.

In Cina, tre casi di violenza tra marito e moglie scossero profondamente la società civile ed ebbero anche molto eco nei media internazionali: nel “caso Li Yan”, la moglie Li Yan, dopo aver sopportato per molto tempo le continue violenze da parte del marito, lo uccise. Ella ricevette una condanna alla pena di morte nel 2011 per l’omicidio compiuto, ma grazie all’intervento delle ONG cinesi e della mobilitazione di Amnesty International, la Corte Suprema si decise a sospendere la sentenza47, che però non è mai stata annullata.

Il secondo caso riguardava due personaggi famosi (Kim Lee vs Li Yang), l’americana Kim postò sul suo account Weibo le foto delle violenze subite da suo marito Li Yang (famoso per aver inventato il metodo “Crazy English”), ella riuscì a dimostrare le percosse subite e ottenne non solo il divorzio ma anche il risarcimento per i danni subiti48, stabilendo un precedente per la possibilità di richiedere da parte delle vittime di abuso domestico un indennizzo monetario al proprio aguzzino. Bisogna però tener conto che trattandosi di una coppia formata da una straniera e un personaggio famoso, tale sentenza storica può essere considerata in extremis, perché trattasi sempre di un caso eccezionale. Il caso “Dong Shanshan” è emblematico perché mostra come nonostante le varie denunce che la