A conclusione di questo progetto l'azienda ospedaliera di Piacenza ha avuto l'idea di ospitare un corso che coinvolgesse tutte le figure professionali che si occupano di gestione della crisi all'interno delle diverse Usl o aziende ospedaliere partecipanti. Il corso è stato organizzato in collaborazione con l'agenzia sanitaria RER e con l'UO Sissa.
Sulla base dei dati qualitativi raccolti attraverso le interviste, Vincenza Pellegrino e io abbiamo strutturato un laboratorio in cui i partecipanti potessero lavorare sulla crisi, e non limitarsi ad assorbire gli elementi chiave accettandoli senza discussione. Per questo si è pensato di considerare la dimensione del “gioco” e di utilizzare le giornate a disposizione per
imparare a leggere la crisi attraverso una de-costruzione e conseguente ricostruzione dei casi di studio
assimilare gli elementi chiave
essere in grado di ritrovarli in altre situazioni capire come renderli leggibili per tutti
capire come rapportarsi con i media e leggere la crisi attraverso i media rivedere le procedure
elaborarne di nuove alla luce delle precedenti letture
La prima giornata è stata quindi dedicata a un gioco “di ruolo”, nel quale i partecipanti hanno ascoltato i casi di studio nelle loro reti principali, hanno stabilito dei nomi per i protagonisti e infine rappresentato e ricreato le dinamiche relazionali e di comunicazione. I personaggi hanno quindi preso vita, e ciascun partecipante aveva il compito di capire e restituire la relazione di cura vista dal proprio personaggio. Infine ogni gruppo al quale era affidato un caso di studio ha avuto il compito di rileggere i processi comunicativi individuando gli elementi negativi/positivi e le possibili attività migliorative.
A conclusione è stato utilizzato un video emblematico di una puntata di ER, nel quale si è cercato insieme di rintracciare tutti gli elementi chiave visti e analizzati nel corso del gioco. La seconda giornata ha ospitato l'intervento del Presidente dell'Ordine dei Giornalisti dell'Emilia Romagna, e infine la simulazione di interviste attraverso la tecnica del media training.
71
Durante il pomeriggio sono state riviste le procedure ed elaborate delle varianti tenendo conto di quanto appreso attraverso i casi di studio. Infine i risultati sono stati condivisi con i referenti dell’agenzia sanitaria.
Il gioco di ruolo
La sessione laboratoriale si è aperta con la volontà di far capire come leggere la crisi per individuare gli elementi emblematici che giocano un ruolo fondamentale nell’innesco e nella gestione della crisi stessa. Per farlo sono stati raccontati i tre casi partendo dalle relazioni e dalla sequenza degli eventi desunta dal lavoro di analisi delle interviste. Da questo scheletro di partenza i partecipanti sono stati chiamati a giocare e a manipolare i personaggi, attribuendo loro un nome che ne raccogliesse la caratteristica principale, a costruire una scena che ne evidenziasse gli elementi positivi e negativi.
In questo modo sono stati sviscerati i nodi: il fatto per esempio che i discenti definissero “talpa” il medico che ha spifferato la realtà della garza nel terzo caso e lo connotassero negativamente, ha permesso di capire un meccanismo di lettura dei comportamenti da parte di chi lavora all’interno di quella realtà.
Grazie all’immedesimazione all’interno delle reti relazionali proposte e allo sforzo richiesto di leggerle in un ottica diversa, distinguendo tra elementi positivi e negativi, tra momenti che innalzano la tensione e atteggiamenti e logiche che invece l’abbassano, i discenti appartenenti a professionalità diverse, ma tutte interne alle diverse strutture, hanno imparato a leggere le dinamiche comunicative per poi astrarre quegli elementi positivi da inserire all’interno di azioni e procedure codificate.
Re-immaginare la scena pensando a come mettere gli ingredienti giusti al posto giusto ha permesso ai partecipanti di ricostruire un percorso che potesse poi essere una guida sia da restituire a tutti gli operatori della propria azienda, sia come paradigma di gestione dell’evento avverso, che potesse considerare anche gerarchie e funzioni da mettere in gioco. Per aiutare meglio a comprendere come leggere il processo che porta alla crisi sono stati elencati alcuni “ingredienti”, già visti e analizzati nei singoli casi di studio, distinguendoli tra buoni e cattivi. Mentre per i primi rinviamo al capitolo sull’analisi della resilienza (cap. 6 pag. 63), riportiamo qui di seguito le caratteristiche di un processo che conduce alla crisi.
La chiusura repentina dei canali comunicativi tra l’operatore che ha materialmente commesso l’errore e gli altri, utente compreso (e la sua colpevolizzazione o totale assoluzione come esiti di questo “non parliamone più”)
72
La mancanza di riconoscimento del problema con l’utente
L’idea che il danno causato non sarebbe stato preso in carico dalla stessa struttura (compreso l’aspetto psicologico)
Il protagonismo di personale esclusivamente medico La lentezza di risposta dell’organizzazione
Il linguaggio burocratico
Il mancato coinvolgimento dei parenti
Il coinvolgimento dei media per fare pressione su una comunicazione interrotta
Il media training
Uno strumento utile per poter gestire la comunicazione con l’esterno deve avere una caratteristica importante: la pratica e l’allenamento continuo. Una regola imprescindibile prevede infatti che non ci si possa improvvisare attenti comunicatori in caso di crisi senza un’adeguata formazione sul campo o training interno, e soprattutto senza una strategia decisa preventivamente.
Per questo nella giornata dedicata alla gestione e alla lettura del processo di crisi verso l’esterno e soprattutto verso i media, cassa di risonanza che amplifica qualsiasi piccola crisi rendendola ingestibile, si è deciso non solo di permettere a qualche partecipante di mettersi in gioco, ma anche di fornire una tecnica che possa essere usata internamente nelle diverse strutture per formare il personale medico, con l’aiuto dell’ufficio di comunicazione e dell’ufficio stampa.
In caso di evento avverso spesso viene richiesto - anche o soprattutto - l’intervento di personale qualificato, spesso un primario o la direzione stessa, per rispondere alle domande dei giornalisti su un caso di errore di cui sono venuti a conoscenza anche solo attraverso una chiacchiera al bar. Ma per rispondere correttamente non basta saper cosa dire e non avere nulla da nascondere, è necessario sapere come dirlo, conoscere le dinamiche del media con il quale ci si rapporta, le tempistiche differenti, il taglio della testata, la capacità di comprensione del giornalista su questioni tecniche e mediche, la fame di notizie e di “scoop”.
Allo scopo è buona prassi permettere all’unità di crisi di panificare una strategia, in accordo con l’ufficio stampa e di comunicazione e in seguito stabilire dei training nei quali appunto si simula un’intervista con un giornalista, quindi con i media, che siano radiofonici, televisivi,
73
carta stampata o web. Si impara infatti a rispondere alle interviste solo sottoponendosi continuamente a questa “pratica”.
Il media training mette quindi in contatto un giornalista, chiamato per simulare l’intervista, e il personale medico al quale vengono di volta in volta analizzate le risposte nell’ottica delle regole esistenti nella professione giornalistica, in modo che il messaggio – che comunque deve mantenere caratteristiche di trasparenza, coerenza e veridicità – non venga frainteso, manipolato o reso incomprensibile.
Nel nostro piccolo esperimento di media training abbiamo considerato il caso della falange del neonato recisa dall'infermiera (è necessario fornire gli elementi chiave per poter simulare un’intervista, qui erano già stati sviscerati il giorno precedente) e abbiamo chiamato un direttore sanitario di fronte a un giornalista televisivo locale.
Sono emersi alcuni errori/ elementi tipici su cui prestare attenzione:
Risposte lunghe, che vengono spesso tagliate Uso di termini tecnici e pomposi
Tentennamenti e presa di tempo per evitare di dire esplicitamente che non si ha una risposta
Insicurezza
Risposte formali (dette anche “fotocopia”) che non danno informazioni (stiamo facendo il possibile per …)
Distacco eccessivo
Ricerca di frasi che esplicitamente rimandano alla volontà di mantenere un’ottima immagine aziendale, ma non mirano alla sostanza dell’evento avverso
Atteggiamento difensivo
Aspetto, abito, tono di voce, postura
L’esperimento, in forma semplice per tempistiche e strumentazione, ha suscitato forte interesse da parte dei medici, interessati a capire le dinamiche con le quali lavorano i giornalisti e con le quali spesso la comunità medica si scontra. Sono nate domande, curiosità e dubbi. Anche il presidente dell’Ordine e il giornalista coinvolto ha compreso le potenzialità di questo strumento per facilitare le comunicazioni e hanno aggiunto un’idea opposta e complementare: formare di contro anche i giornalisti meno esperti e giovani su come approcciarsi con il delicato campo medico.
74
8. Conclusioni
Nel complesso lo sviluppo del progetto di gestione della crisi è riuscito a raggiungere gli obiettivi che si era prefissato, stabilendo quindi gli elementi utili per la costruzione di procedure efficaci da applicare ai casi imprevisti che un’azienda ospedaliera può incontrare nel quotidiano e routinario svolgimento del suo lavoro.
L’utilizzo della ricerca qualitativa applicata a casi scelti si è rivelato utile per sviluppare questo progetto. Infine concretizzare i risultati ottenuti nella ricerca in un’attività di formazione ha permesso sia di restituire i risultati ottenuti, sia di poter scandagliare più in profondità il materiale a disposizione.
Gli indicatori che hanno permesso di stabilire la buona riuscita del progetto di ricerca sono stati i seguenti:
La capacità di condurre un’analisi partecipata (che rendesse gli stessi operatori sanitari in grado di rileggere le proprie indicazioni-reazioni circa l’evento avverso) e quindi la capacità di mettere in campo metodi\strumenti adatti a questo obbiettivo La capacità di coinvolgere le realtà locali rispetto al passaggio di ascolto dei
testimoni
La capacità di individuare nei modelli gli elementi della resilienza e gli elementi della degenerazione davanti alla crisi relazionale da evento avverso;
La capacità di rileggere i casi di studio con gli operatori per generare linee guida sulla comunicazione che fossero davvero condivise e non calate dall’alto o recepite come teoriche
La capacità di coinvolgere nel nostro percorso di ricerca (interviste) – formazione (seminari e focus group) anche altri soggetti territoriali (Albo Giornalisti Regione Emilia Romagna)
L’utilizzo di strumenti di formazione e ricerca in grado di attivare direttamente gli operatori e la loro conoscenza dal basso (focus group, media training ecc).
Non sono mancati elementi critici e possibilità di sviluppo future: le difficoltà principali sono emerse in relazione all’intercettazione dei testimoni e alla gestione delle interviste, soprattutto in termini di tempistiche e di interazione tra parti differenti del progetto.
La ricerca ha fatto affiorare un’esigenza: gli operatori hanno sempre più la necessità di possedere ricette adatte per gestire i processi comunicativi. Si sente e percepisce la mancanza
75
di una formazione adeguata dei medici e del personale sanitario nel campo della comunicazione, soprattutto a fronte di pazienti sempre più empowered, consapevoli dei propri diritti o a volte con una visione distorta delle reali possibilità della medicina. In particolare inoltre non possiamo non notare la lontananza tra operatori e sistema mediatico, sulla quale possono svilupparsi lavori futuri.
76
9. Allegati
CASO DI STUDIO 1
INTERVISTA NUMERO 1
Intervistatrice: Si ricostruiscono tutti i flussi in informazione sul caso. Prima si ricostruisce il caso e poi si cerca di vedere quali passaggi hanno alzato/abbassato la tensione. Come le è arrivato il caso e cosa ha fatto.
Io sono stato informato dall’ostetricia, non ricordo se dalla caposala o dal primario.
E cosa le hanno raccontato
Mi hanno raccontato cosa era successo, che nel tagliare il cordone era saltata via una falange di un dito, dopo di che mi hanno avvisato che avevano già parlato con i parenti, che avevano fatto parlare con i genitori anche il traumatologo…non c’era possibilità di riattaccare il ditino, perché troppo poco vascolarizzato, troppo piccolo.
Allora dicevamo...
Loro hanno già parlato con i genitori, hanno chiarito, si sono assunti le loro responsabilità. L'infermiera autrice materiale si era già scusata ampiamente con i genitori e aveva anche lei riconosciuto.
Ed è una cosa consueta che l'infermiera tagli il cordone ombelicale?
Sì, sì. Nel cesareo è stata fatta una manovra che viene fatta sempre.
Quindi il tipo di errore, diciamo sopraggiunto, è un errore di distrazione umana ma che comunque seguiva la prassi?
Sì, sì...non aveva fatto cose... la linea guida sul taglio del cordone prevedeva cose diverse da quelle che sono state fatte, ma la consuetudine in atto era quella, da sempre era quella. Lo strumentale usato non era quello correttamente indicato, ma era quello. Lei ha fatto quel che ha sempre fatto e che hanno sempre fatto anche le colleghe. Poi ragionandoci a posteriori abbiamo concluso che c'erano da cambiare alcuni modi di fare e da modificare lo strumentario, c'è una forbice apposita per il taglio del cordone. Invece di usare una forbice chirurgica è bene usare quella forbice, che dovrebbe essere quello che avviene adesso perché abbiamo comunque munito di forbici adeguate ecc.
Quindi diciamo, l'evento della distrazione come evento verso quello dell'errore ha messo in evidenza il fatto che la prassi è un po’ diversa.
77
Si, la prassi era diversa dalle norme di buona condotta che avrebbero permesso di evitare questo evento.
Quindi l'infermiera aveva già parlato con i genitori e loro in questa prima telefonata restituiscono a lei lo stato d'animo dei genitori in che modo?
Mi hanno raccontato che erano tutti molto dispiaciuti e mi hanno detto che con i genitori la situazione era tranquilla, nel senso che loro si erano spiegati, i genitori avevano capito e vabbè insomma...erano dispiaciuti ma non aggressivi. Insomma, si era riusciti a mantenere un livello di rapporto molto buono!!!
Quindi lei lì cosa fa?
Io ho contattato la counselor che è quella si occupa di mediazione da noi e sono andato a parlare anch'io con i parenti insieme a loro. Era presente anche il primario, ovviamente abbiamo ribadito i concetti che erano stati già detti e abbiamo dato disponibilità ad assisterli nei limiti delle nostre possibilità per far fronte a questo evento.
Mi racconti un po’ di questo evento con i mediatori dal suo punto di vista.
Io ho apprezzato molto il comportamento dei medici e degli infermieri perché non ci sono stati problemi, abbiamo ribadito cose che erano già state correttamente comunicate e recepite dalla signora. Per cui il lavoro grosso l'avevano fatto loro quando avevano affrontato la realtà senza nascondersi, senza trovare scuse.
Lei legge questo come l'aver alzato la qualità di relazione con i genitori?
Hanno ottenuto una qualità ottimale di relazione nelle situazioni in cui si sono trovati.
Lei non ha mai avuto l'impressione che al di là di questa qualità delle relazioni i genitori potessero rivalersi legalmente?
No, anche perché abbiamo fatto presente subito noi che ci tenevamo a mantenere un livello di rapporto ottimale con loro ma ci tenevamo anche a ristorare il danno che era stato dato. Abbiamo fatto presente noi che loro erano stati danneggiati e che quello che era giusto fare dal punto di vista di ristoro economico del danno noi l'avremmo fatto.
Quindi questo è avvenuto?
Si, è avvenuto. La richiesta che ci hanno fatto di ristoro del danno era stata concordata prima con noi. Avevamo valutato insieme al nostro medico legale e da un medico legale scelto da loro ma praticamente concordato perché loro non sapevano a chi rivolgersi. Noi gli abbiamo indicato di rivolgersi al presidente della nostra associazione di medici legali qui che poi ha provveduto a indicare una persona per cui, è stato fatto tutto di comune accordo.
Il fatto che la crisi è stata contenuta lo legava alla rapidità di attribuzione della responsabilità?
78
Anche a questo e poi all'atteggiamento degli operatori che hanno fatto la loro parte senza dare l'impressione che si volesse in qualche modo truffare i danneggiati. Se non ci fosse stata questa partenza corretta sarebbe stato impossibile recuperare dopo.
Questo lo dice anche perché le vengono in mente altre crisi che sono state gestite diversamente e che lei ha vissuto come direttore?
Si, vengono in mente eventi che si vengono a conoscere quando siamo a livello di richiesta di risarcimento, cause legali, dove emerge tutta la catena inadeguata di comunicazione tra operatori, pazienti e parenti.
Provi a farmi un esempio i casaccio, un pessimo esempio.
Paziente che viene in un pronto soccorso nostro per una caduta con problemi a un braccio. Viene diagnosticata una lussazione di gomito, l'ortopedico provvede a ridurre la lussazione con una manovra. Il paziente ha dolore alla mano, si rivolge ad un'altra sede ( non ricordo se la diagnosi l'abbiamo fatta noi o da un'altra parte perché poi il paziente è fuggito),salta fuori che aveva anche un danno a un osso della mano che noi non avevamo riconosciuto. Il paziente parla con il primario, si riesce a contenere il tutto a livello di rimborso del danno che ha avuto, successivamente parla con il medico effettuato la riduzione, litigano. il paziente si arrabbia parecchio, fa causa e viene ipotizzato che il danno alla mano non sia dovuto alla caduta ma alla manovra fatta dal medico per ridurre la lussazione al gomito. Per cui siamo passati da un errore di diagnosi a una lesione personale. Il medico patteggiò in penale,l'azienda pagherà in civile. Adesso stiamo discutendo perché per noi è impossibile che il medico facendo la manovra di riduzione abbia potuto rompere un osso della mano. Però una gestione non corretta dove noi siamo tenuti fuori e abbiamo visto in ultimo quando c'era già il penale, ha portato a questo disastro. Il tentativo del primario di gestire da solo la cosa. Se fosse intervenuta la mediazione, si sarebbe accorta che non era il caso di far parlare il paziente con la dottoressa perché c'era uno stato che non lo consentiva, come successo avrebbe attutito il disastro.
Se la dottoressa avesse riconosciuto che aveva sbagliato qualcosa probabilmente l'avevamo finita lì. Il paziente ha avuto dei grossi guai da questa frattura, non tutti imputabili a noi, buona parte imputabili a chi ha fatto gli interventi per correggere questa situazione, però su questo stiamo ancora litigando adesso, tutte cose che si sarebbero potute chiarire con buona pace di tutti e senza sputtanamenti sui giornali. Mentre nel caso del ditino non è uscito niente da questa direzione.
Quindi potremmo dire che ci sono questi vari tipi di crisi in cui la velocità e la figura di chi parla con chi, chi valuta come parlare contano?
79
Chi è, e come parla conta, se chi parla non è in grado di essere positivo in quel che dice è meglio che eviti di parlare.
Questo pensando agli elementi che influiscono molto sulla comunicazione della crisi, adesso se io dovessi chiedere per sua esperienza di pensare a degli ideali tipi di operatori, questa reattività, questa stanchezza dell'operatore, per sua esperienza che momento vive l'operatore nel confronto con l'utente. Cioè, se dovessimo dire: ma io immagino che ci sono tre tipi di operatore quello che non emette delle richieste, quello che è molto paterno, quello che in queste crisi a che operatore sanitario lei pensa? Mi ha fatto i due esempi, l' infermiera che ha detto subito e la dottoressa. Se dovessimo metterci nei panni di questi due personaggi come li descrive professionalmente? In che stato sono in questo momento rispetto alla comunicazione con gli utenti?
Be’ ci sono delle note caratteriali intanto perché la capacità di rapportarsi con la gente a volte è anche un' attitudine della persona, uno può anche rendersi conto che deve fare delle cose ma è in difficoltà a farle. In questo caso invece l'infermiera era capace, era portata ai rapporti umani, la dottoressa probabilmente meno. Secondo l'infermiera si è resa conto che non aveva scusanti per quel che aveva fatto, la dottoressa invece ha pensato che sostanzialmente le solite cose: ma che cazzo vuole questo, sostanzialmente io gli ho ridotto il gomito ma perché mi viene a rompere le balle. E' un atteggiamento molto comune quando succedono questi contenziosi, pensano che con tutto quello che hanno fatto per il paziente lui gli abbia traditi. Io ho fatto tutto quel che potevo, anche di più e lui appena ha potuto mi ha accoltellato alle spalle