III capitolo La collezione Bucelli: una raccolta epigrafica.
23. lart ecnatna apinal (CIE 200, urna)
24. vel[…] (CIE 201, coperchio di urna).
Tra queste iscrizioni, sei erano già distrutte o perdute al momento della redazione del corpus epigrafico (CIE 180, 185, 187, 188, 190, 195). Quindici sono quelle che confluirono sicuramente all’interno della collezione Bucelli354, tra le quali anche alcune delle iscrizioni perdute355. Ad ogni modo la maggior parte di esse (venti) trovò collocazione all’interno delle Gallerie Granducali di Firenze, dove seguirono la sorte dei materiali della collezione medicea, fino ad arrivare al magazzino di Villa Corsini356. in cui mi è stato possibile riconoscere solo nove materiali superstiti (tre coperchi e sei urne)357. La struttura delle urne e dei coperchi non fornisce molte informazioni utili alla datazione. I coperchi sono tutti semplici coperchi displuviati, uno con un riquadro inciso entro il quale corre l’iscrizione. Le urne sono tutte in pietra fetida (‘tufo’ per i redattori dei corpora epigrafici), con peducci bassi, di forma rettangolare o quadrata358. La fattura è poco curata, sono asimmetriche e con i lati rozzamente sbozzati. Con molta probabilità provengono tutte da una bottega locale,
354
CIE 178, 179, 180, 181, 182, 183, 188, 190, 193, 196, 197, 198, 199 e 200 . 355
Non passarono per la collezione Bucelli un’urna con iscrizione rubricata in nero, che passò a un collezionista di Siena (CIE 186) ed alcune altre che arrivarono direttamente al museo fiorentino, probabilmente acquisite dal Lanzi per altre vie.
356
Per la storia delle collezioni archeologiche medicee degli Uffizi, rimando alla pagina bella ondine della storia del museo, curata dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana:
www.archeotoscana.beniculturali.it/index.php?it/180/storia-del-museo. 357
Evidenziati in grassetto nell’elenco soprastante. 358
Tipologie Aa e Ab, vd. MAGGIANI 1984, p. 157-158; sulle urne del territorio senese, MORI 1968, p. 454-465.
che produce materiali di livello medio-basso ma sufficiente a soddisfare le esigenze della classe ‘media’ della campagna senese. Pertanto i supporti non forniscono particolare aiuto nella datazione. Per fortuna le iscrizioni, anche quelle perdute, sono corredate da apografi che permettono di analizzarle sotto il profilo paleografico. Anche la resa delle iscrizioni, al pari dei supporti, è alquanto rozza e poco curata ma, per fortuna, l’analisi della paleografia aiuta a farsi un’idea sulla datazione delle epigrafi. Infatti sono utilizzate almeno tre mode scrittorie: la grafia corsivizzante IA, la grafia capitale IB e quella regolarizzata (tipo II)359. Questo ci permette di datare tutte le iscrizioni tra fine IV - inizi III e II sec. a.C.
Tra le epigrafi catalogate le più antiche sembrano la CIE 193360 (larθ vete θui) e la CIE 197361 (θana utaunei)che presentano la e corsivizzante che porta a datarle alla
fine IV- inizi III sec. a.C. Pur non essendo sposati, i due potrebbero essere tra i capostipiti del sepolcro. La ‘seconda generazione’ scrive invece con una grafia di tipo capitale che si può datare alla I metà del III secolo a.C. In questo gruppo si annoverano i defunti delle epigrafi schedate al n. 1, 2, 34 e 42 (rispettivamente CIE 181, 182, 198 e 179362). Due di loro sono figli di un Arnth (forse fratello di Laris di cui sopra?): Arnt e un Larth, ma i loro metronimici sono diversi (uno e figlio di una Cae e l’altro di una Vipinei). Potrebbero comunque essere fratelli, frutto delle unioni di uno stesso padre prima con una donna e, poco dopo, con un’altra. La terza epigrafe è quella di un Larth Vete, sempre figlio di Arnth ma è interessante notare che nella formula il prenome col gentilizio viene ripetuto dopo l’avverbio thui (‘qui’), come nel coperchio n. 33363. La grafia sembra però escludere che si tratti del coperchio pertinente all’ urna. Pertanto dovrebbe trattarsi di un caso di omonimia, non infrequente all’interno degli ipogei familiari.
L’ultima è quella di una donna, che no sembra nemmeno essere etrusca e neanche parente dei vete, stando al testo epigrafico. Si tratta infatti di larthia śrutznei moglie di
un Natisa (sempre che natis non sia il cognome di un vete). θaura clan, invece
potrebbe segnalare che insieme a lei fosse sepolto anche il figlioletto, dotato di un nome non attestato altrove. Il gentilizio di questa donna è attestato solamente in
359
Come indicato da MAGGIANI 1990, pp. 177-217. 360
N° cat. 33. 361
Nà cat. 9. 362
Allo stesso individuo è pertinente anche l’urna CIE 178, purtroppo non rinvenuta tra i materiali conservati nel magazzino di Firenze.
363
Ricorre inoltre la parola line, di non chiara interpretazione, presente anche in altre iscrizioni dello stesso complesso sepolcrale (es. CIE 191 e 198).
questo contesto364 mentre. gamonimico natis è di origine volterrana. Ipotizzo che si tatti forse di una donna etruschizzata, sposata con un uomo di Volterra365. Il perchè si sia trasferita nel senese (forse insieme al marito) e il perché abbia terminato la sua vita così vicina ai vete da essere sepolta nella tomba di famiglia, dovranno rimanere, purtroppo, delle domande irrisolte.
Le altre epigrafi (CIE 183, 184, 194 e 200) sono redatte in grafia regolarizzata, pertanto si datano tutte all’inizio del II sec. a.C.366. I defunti sono: un Laris figlio di Arnth (forse lo stesso individuo per la scheda n° 3367 e n° 4368, ), un Lart Ecnatna (forse imparentato coi vete per qualche ignoto motivo) e un Vel Vete Lusce che la presenza del cognomen mi porta ad attribuire ad un ramo collaterale della famiglia369. Non prendo in considerazione le epigrafi perdute (CIE 185, 188, 190) poiché, prive di apografo, non permettono di essere inserite con precisione all’interno dell’albero genealogico tratteggiato. Tra le iscrizioni non rinvenute, gli apografi riportati sul CIE possono ancora far dire qualcosa circa alcuni individui:
- alcune epigrafi riportano il patronimico larthalisa (CIE 186, 189, 191, 192) ma tra esse una sembra corsivizzante (CIE 186) e quindi da associare alla generazione della coppia capostipite della tomba, mentre le altre sono in grafia capitale e quindi da ascrivere alla ‘seconda generazione’ 370.
- un’interessante iscrizione, purtroppo perduta da lungo tempo, con grafia non ben definita, è la CIE 195 che traduco: “Io il/la murs di Arnth Vete Nufre, Laris Vete dedicò371, Larthia Petruni dedica”. Oltre alla parola line, probabilmente un verbo (di dono?), il sepolcro dei vete fornisce anche al parola murs, che dovrebbe riferirsi all’ossuario che conteneva il defunto, Arnth Vete,
364
L’iscrizionie CIE 199, in cui il gentilizio compare contratto, potrebbe riferirsi al coperchio dell’urna della stessa defunta (come nel caso di laris vete thui), invece che a un altro ossuario.
365
Che confina a nord con il territorio senese. 366
Alla fine III- inizi II sec. a. C. dato la 184 per via della coesistenza della r senza e con il peduncolo all’interno della stessa epigrafe.
367 Urna. 368
Coperchio, invece di urna, come è scritto nel corpus epigrafico. 369
Sempre che non si tratti di una caratteristica somatica (luscus in latino è infatti ‘guercio’) utilizzata per sventare una possibile omonimia.
370
In una di queste epigrafi ricorreva nuovamente la parola line, con la ripetizione del nome del defunto ma senza avverbio θui, mentre l’urna del CIE 192 era probabilmente l’unica decorata di tutto il
sepolcreto. L’iscrizione era scritta entro un riquadro (ma usciva anche fuori da esso), fiancheggiato da due ruote a quattro raggi.
371
probabilmente morì prima dei genitori (Laris e Larthia Petruni372) che gli ‘’dedicano” la tomba.
Concludo questo breve excursus sulla famiglia dei vete ricordando l’esito latino di questo gentilizio etrusco: Vettius373. Alcune iscrizioni della gens Vettia erano contenute all’interno della collezione Bucelli374 ma la provenienza chiusina di esse non può essere garantita con sicurezza.
Invece è sicuro che la tomba di famiglia della gens dei lecne contenesse un’iscrizione digrafa etrusca e latina, che nella parte latina segnava il nome Licini, forma latinizzata del gentilizio etrusco375. Anche l’ipogeo dei lecne doveva trovarsi nell’ agro senese, probabilmente non lontano da quella gens dei vete (nota del Dennis376). Il CIE riporta quattordici iscrizioni con questo gentilizio377, solo tre di esse non sembrano aver fatto parte della collezione Bucelli (CIE 265, 271, 274) ma furono comunque individuate dal Lanzi e confluirono tutte nella collezione fiorentina dei Medici.
Le iscrizioni dei lecne sono le seguenti378:
1. a lecne amθnial (CIE 265, urna) 2. v lecne amθnial (CIE 266, urna)
3. θana lecne amθnial renine (CIE 267)
4. larθi vuisinei lecnesa (CIE 268, cinerario fittile) 5. a lecne vuisinal (CIE 269, urna)