Nicolò Ronsisvalle
CANTI
PER TERESA DE QUADROS
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L'AUTO IK UBBJ FIKEMZE
LEGGERE POESIA Lucia Arsì FRAMMENTI DI UN'ANIMA
Oggi sento. Sento la luce che tuona vedo il ritmo che acceca
annuso il colore della polvere grigia
Lire 15.000 Gaetano Assante
HOBBES RIDE
Parti dal presupposto! Mi diceva mio padre. E non capiva che la ribellione è cominciare dalla conclusione
Lire 14.000 Mauro Lesti
MINIMALIA
Le ore di notte/Dio son profughe
in cerca di strade/e piantagioni
Lire 14.000 Tommaso Lisi IN PUNTA D'AGO
Ci si può abituare anche all'inferno? Perché io voglio che di te
almeno questo dolore per averti perduto
duri in eterno
Lire 17.500 Paolo Lorenzoni
PERCORSO
Questo trono non ha ali con amanti, arti e guai né è di terra la più grezza,
meglio l'eremo fra i monti, il mio saio, la croce in legno,
la letizia di chi è scalzo
Lire 15.000 Patrizia Meloni MOMENTI DI UNA STORIA
Un dolore che supera il baratro della pazienza
mette le mani in testa alla disperazione
Lire 12.000 Sergio Nave RIVIERA ED ALTRE COSE
In verità non luna non mare canteresti, ma lo stupore di crateri morti
acque per caso tinte di salato azzurro
Lire 22.000 Nicolò Ronsisvalle
CANTI
PER TERESA DE QUADROS
Non so/se puoi capirlo. E in te/che io ho cominciato/a vivere
Lire 17.500
M A R E M M I E D I T O R I F I R E N Z E DIFFUSIONE: FIRENZE EDI. LIBRA. TELEFONO E FAX 055 257.926.6
Stato sociale e mercato mondiale, a cura
di M. Ferrera, Fondazione Giovanni Agnelli, Torino 1993, pp. 272, Lit 40.000..
G.M. REY, G . G . ROMAGNOLI, In dife-sa del Welf"are State, Angeli, Milano
1993, pp. 160, Lit 28.000.
In tutto l'Occidente sviluppato i
wel-fare states, quando non sono afflitti da
vere e proprie crisi, sono sollecitati a profonde trasformazioni. Da tale sem-plice constatazione si dipartono tre
or-dini di interrogativi: quale è il fattore, o gruppo di fattori, maggiormente sol-lecitante tali trasformazioni? Le tra-sformazioni spingono o no i singoli
welfare verso una maggiore
conver-genza? Se sì, in quale direzione? Molti dei saggi (fra cui quello di Jessop) raccolti in Stato sociale e
mer-cato mondiale tendono a suggerire, fin
dal titolo del libro, che i welfare states sono indotti a mutare soprattutto in conseguenza dei fenomeni di "globa-lizzazione" e cioè fenomeni di
dal titolo del libro, che i welfare states sono indotti a mutare soprattutto in conseguenza dei fenomeni di "globa-lizzazione" e cioè fenomeni di
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Renato BordoneLO SPECCHIO
DI SHALOTT
I.'invenzione del Medioevo nella cultura dell'Ottocento
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IL CODICE
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giore importanza nella trasformazione dei welfare states tradizionali, vale a dire la difficile transizione in atto ver-so un'economia e una ver-società postin-dustriale, nella quale la crisi dei mo-delli di produzione "fordisti" si asso-cia alle difficoltà di sistemi di protezio-ne sociale altrettanto "fordisti".
Inoltre, le categorie della globalizza-zione non sono in grado di chiarire la sorte che spetterà allo "stanazio-ne", considerato "vivo e vegeto" in to-ni certo troppo ottimistici da Wilens-ky, eppure sottoposto a vari paradossi che potrebbero promuoverne la so-pravvivenza, per esempio la necessità di rivitalizzarsi — entrando nella mi-schia con gli altri stati-nazione per so-stenere le proprie imprese multinazio-nali — esattamente nel momento in cui è costretto a cedere frazioni di so-vranità sulla propria economia.
E con ciò siamo già nell'ambito del secondo ordine di interrogativi, relati-vo alla misura in cui sia in atto, specie nei paesi europei, un processo di con-vergenza fra welfare states con caratte-ri marcatamente nazionali e, dunque,
con differenziazioni e specificità che analisi recenti tendono a evidenziare anche per realtà per cui in passato si erano, viceversa, radicate immagini di similarità (per esempio fra Norvegia e Svezia). D'altro canto, i welfare states non si sono solo innervati su prece-denti realtà nazionali assai diversifica-te, sono anche stati il fattore di mag-giore differenziazione tra i vari capita-lismi. L'ipotesi, dunque, che si può formulare dovrebbe sottrarsi alla ri-proposizione della dicotomia conver-genza-divergenza e verificare in che misura sia in atto una dinamica evolu-tiva che trae le sue risorse proprio dal-la sua polimorfia e varietà di assetti.
Ma se dobbiamo continuare a spe-rare nella riproduzione di "quella combinazione unica di straordinarie diversità e di radici culturali comuni" (Pfaller) alla base dell'identità euro-pea, non c'è dubbio che un processo di convergenza è oggi in atto, in larga misura imposto dai fatti e in particola-re dalle dinamiche dell'integrazione economica. Va quindi esplorato il ter-zo ordine di interrogativi, a partire dalla possibilità che l'omogeneizzazio-ne avvenga "verso l'alto" piuttosto che "verso il basso" (come oggi sta acca-dendo), per arrivare a chiedersi verso quale modello ci si stia uniformando e in particolare se tale processo — come ritengono, tra gii autori di questo li-bro, Ferrera e Kuhnle — ci stia condu-cendo verso la prevalenza di un mo-dello bismarckiano, di stampo conti-nentale-germanico, cioè verso un
wel-fare state frammentato, collegato
all'occupazione e alla posizione sul mercato del lavoro, commisurato ai redditi, finanziato mediante premi ver-sati dai singoli piuttosto che attraverso l'imposizione generale. Quale che sia la desiderabilità di questo modello (nella mia opinione piuttosto bassa), in realtà la transizione in atto verso un'economia e una società postindu-striale (con il suo corredo di industrie e attività in drammatico declino e di altre in rapido sviluppo e dunque con esigenze di flessibilità, riqualificazione e mobilità della forza-lavoro) indur-rebbe a pensare che un modello che ri-definisca l'universalismo, coniugando-lo con la selettività, potrebbe rivelarsi assai più adeguato di un modello "oc-cupazionale-categoriale", per defini-zione particolaristico. E tutto da di-scutere, infatti, se in un'epoca in cui per un verso si manifestano nuovi bi-sogni, in forme sempre più personaliz-zate, e per un altro muta profonda-mente la stessa nozione di lavoro e sfu-ma la distinzione tra lavoro e attività, lo "statuto della cittadinanza" debba rimanere così strettamente ancorato all'appartenenza a una "comunità oc-cupazionale" particolare. Le osserva-zioni appena fatte mostrano che ri-spondere alla domanda relativa a "ver-so dove si sta andando" implica che si palesino i criteri con cui valutiamo la direzione del nostro cammino e, dun-que, che si esplicitino i giudizi di valo-re sottostanti, che ci si pronunci non solo sulle tendenze effettive ma anche sulla loro auspicabilità. Qui soccorro-no i contributi raccolti nel volume In
difesa del Welfare State, i quali
condi-vidono un'ottica normativistica che non si sottrae all'esplicitazione delle "scelte di valore". Sono in particolare degne di nota la ricostruzione compiu-ta da Artoni di alcuni aspetti spesso sottovalutati del vecchio utilitarismo inglese e della vecchia economia del benessere — che, riconoscendo la ne-cessità di introdurre, a fini di politica economica, criteri equitativi, non escludevano affatto la possibilità di ef-fettuare comparazioni interpersonali — e la riflessione di Zamagni, volta a evidenziare la contiguità tra possibili sviluppi dell'economia del benessere, miranti a recuperare l'ispirazione ori-ginaria, e teorie della giustizia, l'elabo-razione relativa alle quali — "la ricerca dei presupposti della società giusta" — oggi significativamente "si confon-de" con la riflessione teorica sul