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IL LAVORO DI ÉQUIPE

Nel documento COMPENDIO DI PSICOLOGIA DEI GRUPPI (pagine 77-83)

Dimensione etica e collaborazione tra operatori che hanno in carico la persona anziana.

di RENZO ZANON*

* Gruppo di studio ANSDIPP Comitato Etico (tratto da ASSISTENZA ANZIANI Ottobre, 2009)

Introduzione

All’inizio degli anni settanta del secolo scorso l’introduzione del lavoro di gruppo nelle aziende, nelle imprese, nei servizi socio-sanitari ha segnato un passaggio importante nelle forme e nei modi di produrre beni e servizi. Da “groppo” (groviglio, nodo intricato) e dal germanico “kruppa” (matassa arrotolata), il gruppo (o équipe/ team) si definisce come un

“insieme di individui che interagiscono tra loro influenzandosi reciprocamente e che condividono, più o meno consapevolmente, interessi, scopi, caratteristiche e norme comportamentali.” Secondo Kurt Lewin, l’essenza del gruppo non si evidenzia con la

“somiglianza” dei suoi membri, ma attraverso la loro interdipendenza reciproca. Un gruppo è inoltre un “sistema dinamico”, in quanto se si verifica un cambiamento nell’equilibrio di qualche sua parte si riscontra una modificazione di tutte le altre parti; in questo modo si legittima il valore dell’interazione e della reciprocità tra i membri di un gruppo.

E’ possibile dunque parlare di gruppo come di un insieme di persone che interagiscono e perseguono uno scopo comune, in modo che la coesistenza consenta loro di soddisfare bisogni individuali e collettivi. Il gruppo diviene pertanto il luogo dell’interazione tra personale e sociale.

Il lavoro d’équipe

Sin dall’inizio nei processi lavorativi il lavoro d’équipe è stato concepito come strumento per facilitare l’integrazione di competenze, sviluppare apprendimenti, sostenere processi di condivisione delle decisioni, rispondere alla necessità di assetti organizzativi flessibili.

Ogni singolo componente del gruppo porta la propria esperienza, la propria cultura, il proprio bagaglio professionale all’interno del gruppo, favorendo così il confronto e lo sviluppo del gruppo stesso.

La collaborazione, che si avvale di esperienze di “coeducazione”, è estesa a tutte le categorie professionali presenti e operanti nel gruppo.

Nel lavoro d’équipe non esiste una gerarchia di saperi; non esistono professioni di serie A e di serie B; tutti i punti di vista sono considerati con la medesima attenzione; ciascuno valorizza la competenza e il sapere dell’altro; ciascuno deve far crescere la propria professionalità. La necessità della costruzione di contesti collaborativi, oltre che a richiamare aspetti valoriali, è strettamente collegata alla necessità di integrazione imposta dalla complessità dei bisogni espressa dal paziente anziano. Il lavoro di équipe è una modalità operativa che costituisce una risorsa indispensabile per una qualità dell’assistenza per tutte le strutture socio-sanitarie, che sono antropocentriche, fondate cioè sulla centralità della persona considerata nella sua globalità, e orientate ai risultati, mediante interventi integrati sulla base di progetti individualizzati 2. Quale metodologia di lavoro finalizzata alla elaborazione, realizzazione e verifica di progetti di intervento a forte integrazione socio-sanitaria, il lavoro di équipe consente di assicurare una assistenza personalizzata realmente rispondente ai bisogni dell’anziano. Non è infatti una sola figura professionale ad occuparsi dell’anziano, e neppure molte figure ad occuparsi dello stesso ognuna indipendentemente dall’altra in maniera separata.

Il lavoro di équipe sta a significare che l’intervento è effettuato da un gruppo “integrato”, cioè da persone che lavorano in modo armonico tra di loro e che orientano e condizionano il proprio agire secondo direzioni collegialmente assunte e condivise mediante una continua correlazione fatta di interscambi, di confronti, di contributi, di suggerimenti, di pareri.

L’anziano è un soggetto complesso e richiede un approccio olistico e un intervento integrato, ma anche la struttura residenziale è una realtà complessa e richiede una capacità di sintesi e di armonizzazione di tutte le componenti che ne fanno parte.

Dal punto di vista etico l’équipe può costituire la risorsa fondamentale o, al contrario, l’ostacolo principale alla realizzazione di un’assistenza tecnicamente ed umanamente valida.

Generalmente l’équipe è immaginata, rappresentata e, direi, quasi idealizzata come un gruppo armonico, paritario ed efficiente, gratificante per i suoi membri e produttivo per l’organizzazione. Ma non sempre è così. Molto spesso ci si trova di fronte non al “lavoro d’équipe” ma al “lavoro in una équipe”, cioè quando un gruppo realizza comunque sia, senza che al suo interno esista realmente una vera integrazione dei suoi membri o delle

sue componenti per quel che riguarda le funzioni, le attività e i compiti, al fine di raggiungere gli obiettivi comuni in un contesto delineato3.

“Nella realtà ogni gruppo è un groviglio di diverse posizioni e aspettative di ciò che tutti insieme e ciascuno singolarmente si potrebbe e dovrebbe fare, un’accozzaglia di attese quasi sempre inespresse e a volte anche inconsapevoli, che i singoli portano nella situazione lavorativa e sono inevitabilmente attraversati da continue competizioni e conflittualità. (...) i legami nei gruppi sono sempre ambivalenti, in tensione cioè tra il desiderio di affermare se stessi e le proprie capacità, anche imponendosi su altri e la voglia di appartenere, di essere insieme, di essere parte di un tutto unitario e coeso”.4 Collaborazione e rispetto sono elementi fondamentali per la crescita di un gruppo assistenziale.

Tra le diverse professionalità e i diversi ruoli chiamati a “lavorare insieme” nel reciproco rispetto, vi sono certamente dei confini, che però non dovrebbero essere rigidi e forzati ma flessibili, per dare la possibilità di instaurare relazioni di avvicinamento e definire un modello organizzativo dell’attività assistenziale finalizzata al ben-essere dell’anziano5.

Obiettivo finale questo, che si potrà raggiungere se all’interno del gruppo saranno presenti:

stima, riconoscimento delle rispettive qualifiche professionali e aree di autonomia operativa, comunicazione efficace, programmi di lavoro condivisi. Tutti fattori che devono essere uniti da una motivazione etica comune.

Il funzionamento efficace dell’équipe richiede che tutti i membri comprendano e rispettino il ruolo e la prospettiva degli altri membri. A volte si verificano conflitti per la mancanza di comunicazione e comprensione di ciò che le diverse figure professionali dovrebbero fare, e sul come e sul quando dovrebbero attuare gli interventi.

“L’empatia contribuisce ad un efficace funzionamento dello staff, alla soddisfazione professionale e ad un migliore servizio agli utenti. Essa, infatti, spinge ogni membro dell’équipe a comprendere le pressioni affrontate dagli altri. Una buona comunicazione empatica permette di comprendere e rispettare i principi, le competenze e i vincoli etici propri delle altre figure professionali. L’empatia tra colleghi, inoltre, permette di apprezzare e riconoscere la realtà della cura degli utenti che riguarda il campo di azione degli altri membri dello staff. Ognuno, infatti, ha capacità tali da gestire con più efficacia e competenza un aspetto del rapporto con l’utente piuttosto che un altro”. 6

Quando si parla di équipe, non si può prescindere dal considerare le problematiche

di etica individuale, alle quali si sovrappongono problematiche di etica collettiva, derivanti dall’esigenza di assumere decisioni di comune accordo, cui far seguire comportamenti conseguenti e coerenti.

All’interno del gruppo c’è dunque una duplice responsabilità: una legata alle decisioni prese di comune accordo e una legata alle decisioni prese dal singolo.

Ciascun componente dell’équipe dovrebbe pertanto attenersi ad alcuni principi etici che possono così essere sintetizzati:

- rispettare l’altro riconoscendo all’altro dei valori;

- riconoscere i propri limiti e sapere che l’altro può aiutarci ad operare meglio;

- riconoscere la propria precarietà e sostituibilità (tutti sono utili e nessuno indispensabile);

- apprezzare il lavoro degli altri;

Giovanni Braidi ha bene individuato alcuni compiti di valenza etica che ogni operatore ha verso i colleghi7:

• creare un buon clima relazionale in reparto, lasciando fuori tensioni e mugugni esterni o interni;

• scambiarsi con franchezza idee e opinioni sul lavoro, sui pazienti e sul modo di relazionare;

• scaricare i conflitti e i contrasti non nella grande piazza del reparto, ma nei luoghi, nei tempi e nelle riunioni prestabilite e di fronte a chi può risolverli;

• costruire insieme tramite l’osservazione, le schede, l’esperienza diretta, il progetto assistenziale che diventa l’autorità costituita da tutti e che tutti devono rispettare;

• riferire a tutti le motivazioni, le seduzioni e gli espedienti che caso per caso, possono ancora trainare questi anziani verso l’obiettivo del progetto;

• lavorare insieme e confrontarsi subito con i colleghi sul senso del lavoro con feedback immediati che seguono ogni attività significativa.

Questo dovrebbe essere lo stile di tutti coloro che operano all’interno dell’équipe, poiché è grazie al rispetto di questi principi che scaturisce la capacità di cooperare, di mettersi in discussione, di dare il giusto peso ai problemi e anche alle conflittualità, che pure, inevitabilmente, sono presenti.

“Oltre che in vista di un risultato operativo e ‘spendibile’ nell’organizzazione pratica del lavoro, il gruppo risponde anche all’esigenza di incontrarsi per “stare insieme” e superare la distanza interpersonale generata dal sistema produttivo. Lì, il valore aggiunto delle relazioni di gruppo è il ‘noi’”.8

“Camminare accanto all’altro non è camminare con l’altro”. L’incontro tra operatori che volgono la loro dedizione verso le stesse persone, negli stessi spazi, va orientato a una comunicazione e una comprensione che non sia puro scambio formale di informazioni, ma compartecipazione dei vissuti e valorizzazione delle competenze di ciascuno.

Da un gruppo capace di “accordare” diversità si trae forza per recuperare motivazione nell’impegno, coraggio per affrontare limiti e difficoltà, tenerezza per vivere il lavoro non solo come impiego, ma come spazio di vita in cui l’essere persona si esprime e si compie soprattutto grazie all’alterità. Il camino condiviso implica il saper attendere i tempi altrui, potenzia la creatività di trovare sentieri nuovi, aiuta a vivere la crisi come momento

importante di passaggio, perciò di crescita e maturazione”.9

Note bibliografiche

1GALIMBERTI U., Dizionario di psicologia, Torino, Utet, 1992, p. 446. 2Cfr. ORLANDO I., L’équipe: un sistema operativo per l’assistenza di qualità, “Giornale di gerontologia”, vol.

XLIX, 2001, n. 9, pp. 513-520; AA.VV., La valutazione multidimensionale geriatrica ed il lavoro di equipe, Mareno di Piave, Studio Vega, 1999 (in particolare, CESTER A., Il perché del lavoro di équipe , pp. 113-117); ORLANDO I., ROCCON D., MOLINAROLI A., Il responsabile di nucleo e l’équipe, in ANSDIPP, Le strutture residenziali per anziani e il responsabile di nucleo. Moduli organizzativi e strumenti gestionali, III ed., Santarcangelo di Romagna (RN), Maggioli.

Nel documento COMPENDIO DI PSICOLOGIA DEI GRUPPI (pagine 77-83)