L’interpretazione del giustificato motivo oggettivo ha sempre risentito delle
vicende normative connesse ai licenziamenti collettivi
217, soprattutto in relazione
alle ragioni in cui questi si sostanziano.
In particolare, in merito alle causali riconducibili all’assetto dell’impresa, la
natura e, dunque, la nozione del recesso individuale appare analoga a quella del
licenziamento collettivo per riduzione di personale
218, in virtù dell’intuitiva
affinità tra le due fattispecie.
Invero, in passato - sulla scorta di quanto statuito dalla L. n. 604/66, che aveva
escluso dal proprio campo di applicazione (riservato ai recessi individuali) i
«licenziamenti collettivi per riduzione di personale» (art. 11, co. 2)
219-, dottrina e
giurisprudenza avevano affermato l’esistenza di una distinzione “ontologica”
220fra
i due istituti, sull’assunto che: il licenziamento per riduzione di personale era
generato da ragioni “oggettive” inerenti all’organizzazione di lavoro; il
217
In merito, v. la recente ricostruzione di M. RICCI, A. OLIVIERI, C. CORBO, I licenziamenti
collettivi. Nozione e procedura, in E. GRAGNOLI (a cura di), L’estinzione del rapporto, cit.,
2017, 1192 ss. 218
Tale recesso è stato regolamentato, in origine a livello pattizio, sia dall’Accordo Interconfederale 20 dicembre 1950 (esteso erga omnes dal D.P.R. 14 luglio 1960, n. 1019 e ritenuto illegittimo dalla decisione della Corte Costituzionale n. 8/1966 nella parte relativa al profilo procedurale), che dall’Accordo Interconfederale 5 maggio 1965, ma è stato riconosciuto dalla giurisprudenza anche nei settori privi di accordo collettivo, purché in ricorrenza di alcuni requisiti, quali: la pluralità di licenziamenti; la riduzione o trasformazione di attività o di lavoro; il nesso di causalità tra la scelta economica e la soppressione di posti di lavoro; il rispetto delle procedure sindacali, laddove applicabili. In merito, cfr. Cass. S.U. 18 ottobre 1982, n. 5396, in
Foro it., 1983, I, 1337, con nota di O. MAZZOTTA, Licenziamento collettivo ed onere di impugnazione; Cass., S.U., 27 febbraio 1979, n. 1270, in Mass. giur. lav., 1979, 193; Cass. 27
giugno 1994, n. 6172, in Arch. civ., 1995, 520; Cass. 28 novembre 1992, n. 12746; in Riv. crit. dir.
lav., 1993, 407; Cass. 7 febbraio 1985, n. 952, in Foro it. Rep., 1985, voce Lavoro (rapporto), nn.
2292-2294 e n. 2371; Cass. 17 aprile 1980, n. 2525, in Riv. giur. lav., 1980, II, 843. 219
L’art. 24, co. 5, L. 23 luglio 19991, n. 223, ha in seguito introdotto una definizione legale e generale dei licenziamenti collettivi e, coerentemente, ha abrogato l’art. 11, L. n. 604/66.
220
Rilevano la diversità ontologica dei licenziamenti collettivi rispetto a quelli individuali: Cass. 22 novembre 2011, n. 24566, in Riv. it. dir. lav., 2012, II, 618, con nota di L. CALAFÀ, Sul
definitivo assestamento della nozione di licenziamento collettivo nella giurisprudenza di legittimità;Cass. 2 dicembre 2009, n. 25353, in Riv. giur. lav., 2010, II, 266, con nota di B.
CAPONETTI, Licenziamento collettivo e ambito aziendale interessato; Cass. 23 marzo 2004, n. 5794, in Notiz. giur. lav., 2004, 676. Nella stessa linea, si v., in dottrina: G. MAZZONI, Manuale
di diritto del lavoro, Giuffrè, Milano, 1988, 844; G. PERA, Licenziamenti I) Licenziamenti individuali, in Enc. giur. Treccani, 1990, 18; G. ZANGARI, Contributo alla teoria del licenziamento nel diritto italiano e comparato, Giuffrè, Milano, 1974, 217. Contra, M. V.
BALLESTRERO, Il giustificato motivo di licenziamento, in AA. VV., I licenziamenti individuali e
la reintegrazione nel posto di lavoro, Giuffrè, Milano, 1972, 37; M. NAPOLI, La stabilità reale,
licenziamento individuale, al contrario, era connesso a ragioni “soggettive”,
attinenti al prestatore ma oggettivamente considerate.
Sicché, secondo tale impostazione, nel g.m.o. non confluivano quei motivi
oggettivi in senso “stretto” di carattere economico-organizzativo-produttivo; bensì
unicamente quelle causali concernenti la persona del lavoratore di compatibilità
con l’organizzazione aziendale (quali, ad es., la sopravvenuta inidoneità alle
mansioni, la carcerazione preventiva e l’eccessiva morbilità), in precedenza
ricondotte alla giusta causa obiettivamente concepita.
221Soltanto con la Legge 23 luglio 1991, n. 223 si sono diradati definitivamente i
dubbi circa la riconduzione all’art. 3, L. n. 604/66 di entrambe le categorie
giustificatrici summenzionate e, di conseguenza, gli interpreti
222, rilevando la
perenne contaminazione fra le due tipologie risolutive, hanno abbandonato la tesi
dell’incomunicabilità e si sono orientati in direzione dell’unitarietà concettuale dei
recessi in questione, circoscrivendo il dibattito non più riguardo alla natura tout
court delle fattispecie espulsive, ma in relazione alla ricorrenza (o meno) dei
requisiti previsti dalla legge.
Con l’art. 24, L. n. 223/91, infatti, il legislatore codifica la definizione di
licenziamenti collettivi, introdotta in precedenza dagli accordi interconfederali del
1950 e del 1965
223, come conseguenti a «una riduzione o trasformazione di
attività o di lavoro»
224(co. 1),ivi inclusa la cessazione di attività di impresa (co. 2),
con esclusione delle ipotesi «di scadenza dei rapporti di lavoro a termine, di fine
221
Non più configurabile a partire dalla L. n. 604/66. 222
Sulla fungibilità delle due fattispecie, v., di recente, Cass. 2 novembre 2015, n. 22357, cit., per la quale «Il datore di lavoro, qualora un licenziamento collettivo sia stato dichiarato inefficace per un vizio procedurale, può procedere ad un nuovo licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo, basato sugli stessi motivi sostanziali del precedente recesso, purché ne sussistano i requisiti, risolvendosi tale rinnovazione nel compimento di un negozio diverso dal precedente, che esula dallo schema dell'art. 1423 c.c., norma diretta ad impedire la sanatoria di un negozio nullo con effetti "ex tunc" e non a comprimere la libertà delle parti di reiterare la manifestazione della propria autonomia negoziale»; ed anche Trib. Roma 21 gennaio 2014, in Riv. it. dir. lav., 2014, 3, II, 579, con nota di G. PISTORE, La manifesta insussistenza delle ragioni giustificatrici del
licenziamento collettivo: rito applicabile, sindacato del giudice e conseguenze sanzionatorie e in Arg. dir. lav., 2014, 1195, con nota di N. FRASCA, Applicabilità ai licenziamenti collettivi del rito Fornero e delle tutele previste dall’art. 18 Stat. Lav. Nella stessa direzione, ancor prima
dell’entrata in vigore della L. n. 223/1991, v., tra le tante, Cass. 5 maggio 1995, n. 4874, in Orient.
giur. lav., 1995, 664; Cass. 29 gennaio 1994, n. 895, in Dir. prat. lav.,1994, 100; Cass. 27 aprile
1992, n. 5010, in Mass. giur. lav., 1992, 385. Contra, Cass. 18 novembre 1997, n. 11464, in
Orient. giur. lav., 1998, 398 e Cass. 9 marzo 1995, n. 2785, in Notiz. giur. lav., 1995, 619.
223
In merito v. nota n. 218. 224
La legge introduce un’ulteriore ipotesi di licenziamento collettivo “per messa in mobilità”. In merito v. art. 4, co. 1, L. n. 223/91.
lavoro nelle costruzioni edili e nei casi di attività stagionali e saltuarie» (co. 4); e,
in virtù del rinvio operato dall’art. 34, co. 4, D. Lgs. n. 81/2015, anche in «caso
di fine lavori connessi alla somministrazione a tempo indeterminato»
225.
In particolare, la norma prevede che ai datori di lavoro (anche non imprenditori)
226- «che occupino più di quindici dipendenti, compresi i dirigenti, e che […]
intendano effettuare almeno cinque licenziamenti, nell'arco di centoventi giorni,
in ciascuna unità produttiva, o in più unità produttive nell'ambito del territorio di
una stessa provincia» - si applicano specifiche regole in materia di obblighi di
informazione e consultazione in sede sindacale ed eventualmente amministrativa
(come sancito dall’art. 4) ed in materia di criteri di scelta dei lavoratori da
licenziare (individuati da accordi collettivi o, in via supplementare, dall'art. 5,
co.1).
227Da tale definizione emerge come il licenziamento collettivo
228, seppur originato
dalle medesime esigenze economiche poste a fondamento del recesso individuale
per motivo oggettivo, si distingue da quest’ultimo in quanto è subordinato alla
ricorrenza di requisiti numerici, spaziali e temporali. Da ciò discende che qualora
i recessi per riduzione o trasformazione di attività o di lavoro non integrino le
prescrizioni sancite dalla legge (esperimento della procedura di consultazione
225
Secondo l’art. 34, co. 4, D. Lgs. 15 giugno 2015, n. 81, in tale ipotesi “si applica l'articolo 3 della legge n. 604 del 1966.”
226
Secondo il co. 1-bis, con cui il legislatore ha esteso le regole in materia di licenziamenti collettivi, in origine valevoli solo per gli imprenditori, a tutti i datori di lavoro, a prescindere dal requisito “imprenditoriale”. La norma è stata introdotta dall’art 1, D. Lgs. 8 aprile 2004, n. 110 al fine di adeguare l'ordinamento italiano alle prescrizioni della direttiva n. 98/59/CE. Ciò in quanto l’Italia era stata condannata dai giudici di Lussemburgo. In merito v., Corte Giust.16 ottobre 2003, causa C-32/02,Commissione delle Comunità europee,in Riv. it. dir. lav., 2004, II, 229, con nota di M.D. FERRARA, La nozione di datore di lavoro e la disciplina dei licenziamenti collettivi: la
Corte di Giustizia condanna la Repubblica italiana.
227
“Tali disposizioni valgono per tutti i licenziamenti che, nello stesso arco di tempo e nello stesso ambito, siano comunque riconducibili alla medesima riduzione o trasformazione” (art. 24, co. 1, ult. per., L. n. 223/91).
228
V. Cass. 22 novembre 2011, n. 24566, cit., per la quale, in seguito all’entrata in vigore della L. n. 223/91, «il licenziamento collettivo costituisce un istituto autonomo che si distingue dal licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo, essendo specificatamente caratterizzato in base alle dimensioni occupazionali dell'impresa, al numero dei licenziamenti, all'arco temporale entro cui gli stessi sono effettuati, ed essendo inderogabilmente collegato al controllo preventivo, sindacale e pubblico, dell'operazione imprenditoriale di ridimensionamento dell'azienda. Ne deriva che, qualora il datore di lavoro che occupi più di 15 dipendenti intenda effettuare, in conseguenza di una riduzione o trasformazione dell'attività di lavoro, almeno 5 licenziamenti nell'arco di 120 giorni, è tenuto all'osservanza delle procedure previste dalla legge stessa, mentre resta irrilevante che il numero dei licenziamenti attuati a conclusione delle procedure medesime sia eventualmente inferiore, così com'è inammissibile la "conversione" del licenziamento collettivo in licenziamento individuale.»
sindacale e almeno 5 licenziamenti in un arco temporale di 120 giorni), essi
saranno scrutinati ex art. 3, L. n. 604/66.
L’assetto normativo così delineato pone, tuttavia, la questione del collegamento
tra le fattispecie disciplinate dall’art. 24, L. n. 223/91 e quelle sancite dall’art. 3,
L. n. 604/66. In altri termini, se la «riduzione o trasformazione dell’attività di
lavoro» e «cessazione di attività» corrispondano o meno con le «ragioni inerenti
all'attività produttiva, all'organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento
di essa». In merito, gli interpreti
229sono generalmente concordi nel ritenere che,
al di là delle formule tipizzate dal legislatore (sicuramente più “chiara” quella
introdotta dall’art. 24, L. n. 223/91), le due discipline siano assimilabili in quanto
sia il motivo oggettivo che il licenziamento collettivo possono conseguire a
qualunque modifica organizzativa imposta dall’imprenditore, attraverso «un
“alleggerimento” della struttura materiale e/o personale (anche eventualmente
tramite lo scorporo verso l'esterno di fasi dell'attività) e/o la sostituzione di una o
più delle sue componenti e/o una diversa relazione funzionale del fattore lavoro,
attuata, ad esempio, con una differente ripartizione di compiti in seguito alla
introduzione di nuovi macchinari».
230In tale linea, si è così sostenuta la continenza dell’art. 24, L. n. 223/91 nell’art. 3,
L n. 604/66 e viceversa.
231In particolare, si è evidenziato come la differenza
quantitativa, caratterizzante il licenziamento collettivo, possa in concreto difettare,
non impedendo però al datore di lavoro di avviare la procedura per riduzione di
personale per almeno cinque lavoratori e di concluderla anche con un unico
licenziamento. Parimenti, si è rilevata l’identità dell’impianto sanzionatorio delle
229
In dottrina si v. E. GRAGNOLI, La riduzione del personale fra licenziamenti individuali e
collettivi, in Trattato di diritto commerciale e di diritto pubblico dell’economia diretto da F.
GALGANO, vol. XL, Cedam, Padova, 2006, 5 e 6; M. NAPOLI, Licenziamenti, in Dig. disc. priv.
-sez. comm., Utet, Torino, 1993, 95 F. SCARPELLI, La nozione e il controllo del giudice, in Quad. dir. lav. e rel. ind., 1997, 19, 46. In giurisprudenza, cfr. Cass. 27 febbraio 2003, n. 3016, in Mass. giur. lav., 2003, 347, con nota di A.BERTOLINI, La procedura dell’art. 4, l. n. 223/1991:
tutela “formale” dei diritti dei lavoratori; Cass. 12 ottobre 1999, n. 11455, in Mass. giur. lav.,
2000, 100, con nota di S. LIEBMAN, Licenziamento collettivo, procedure sindacali e garanzie del
dipendente; Cass. 18 novembre 1997 n. 11465, in Riv. it. dir. lav.,1998, II, 627, con nota di M.L.
VALLAURI, Controllo sulla giustificazione del licenziamento collettivo e ambito applicativo
dei criteri di scelta.
230
Così F. ALBINIANO, Le “ragioni” del licenziamento per giustificato motivo oggettivo e i
motivi alla base del licenziamento collettivo per riduzione di personale: dalla distinzione ontologica all’unitarietà concettuale,in M.N. BETTINI (a cura di), cit., 105.
231
Cfr. R. DEL PUNTA, Disciplina del licenziamento, cit., 704 e O. MAZZOTTA, Licenziamento
due fattispecie espulsive, in ragione del rinvio realizzato dall’art. 5, co. 3, L. n.
223/91 all’art. 18, Stat. Lav. (per i vecchi assunti) ed in base a quanto statuito
dall’art. 10, D. Lgs. n. 23/2015 (per i nuovi assunti). Inoltre, il legislatore, al fine
dell’iscrizione dei dipendenti nelle liste di mobilità, ha equiparato i licenziamenti
individuali connessi «a riduzione, trasformazione o cessazione di attività o di
lavoro» al licenziamento collettivo (art. 4, co. 1, D. L. 20 maggio 1993, n. 148,
conv. con modif. in Legge 19 luglio 1993, n. 236).
232Tale “comunicazione” non è priva di conseguenze ermeneutiche poiché ha
consentito di sostenere l’applicazione ai licenziamenti individuali plurimi, in via
analogica (o al più mediata), delle clausole di correttezza e buona fede e dei criteri
legali di scelta dei prestatori da licenziare ex art. 5, L. n. 223/91.
233Tuttavia, simili interferenze non sono sufficienti per stabilire una perfetta
coincidenza tra le due forme risolutive, considerando anche il differente ruolo
rivestito dal giudice nei recessi in questione e le diverse tipologie di causali alla
base dei licenziamenti medesimi.
In merito, un primo orientamento (minoritario), in ragione della sostanziale
identità degli istituti, ha equiparato il controllo giudiziale operato nei
licenziamenti collettivi a quello riguardante i recessi per g.m.o. Di conseguenza, il
giudice è tenuto a verificare: la sussistenza in concreto della causale addotta dal
datore nell’ambito delle procedure preventive
234ed il c.d. nesso di causalità fra
232
In merito alle assonanze tra le due tipologie risolutive, v. M. FERRARESI, Il giustificato
motivo oggettivo, cit., 44, per il quale: «l’art. 4, D. Lgs. 6 febbraio 2007, n. 25, affida ai contratti
collettivi la disciplina, per le imprese con almeno 50 dipendenti, di obblighi di informazione e consultazione con riguardo, tra l’altro, alle “decisioni dell’impresa che siano suscettibili di comportare rilevanti cambiamenti dell’organizzazione del lavoro” e, soprattutto, “[al]la situazione, la struttura e l’andamento prevedibile dell’occupazione nell’impresa, nonché in caso di rischio per i livelli occupazionali, [al]le relative misure di contrasto”: obblighi che, in un obiettivo di politica legislativa finalizzato alla promozione della partecipazione sindacale sulle materie occupazionali di rilievo aziendale, potrebbero applicarsi pure ai licenziamenti individuali plurimi.».
233
In tale linea E. GRAGNOLI, La riduzione del personale, cit., 113. In senso critico, v. S. BRUN, Il licenziamento economico, cit., 221, per la quale l’estensione dei criteri di scelta per via delle clausole generali potrebbe però non essere indifferente con riguardo al trattamento sanzionatorio della loro violazione, potendosi ipotizzare il mero risarcimento del danno di diritto comune.
234
Sono a favore del controllo giudiziale sui presupposti giustificativi del recesso collettivo: Cass. 19 aprile 2003, n. 6385, in Riv. it. dir. lav., 2003, II, 884, con nota di I. SENATORI, Accordo
sindacale e accertamento del giudice nei licenziamenti collettivi per riduzione di personale; Cass.
21 ottobre 1999, n. 11794, in Gazzetta giur., 1999, n. 42, 48; Cass. 18 novembre 1997, n. 11465,
cit. Più specificatamente, per alcune pronunce il sindacato sulle ragioni “a monte” è escluso
mutamento organizzativo e i rapporti da risolvere. Al contrario, non si pone la
questione del repêchage
235, che resta escluso sia dall'entità che dalla qualità della
riorganizzazione
236.
Diversamente, per un secondo indirizzo (maggioritario), le modifiche
organizzative disposte dal datore di lavoro, ai sensi della L. n. 223/91, sono
sottratte al sindacato giudiziale
237.
Ciò in quanto il legislatore ha configurato per i recessi collettivi un microsistema
normativo che sostituisce il vaglio giudiziale successivo sulla causale
(caratteristico del licenziamento per motivo oggettivo), con quello sindacale
5516, in Notiz. giur. lav., 2003, 620; Cass. 27 febbraio 2003, n. 3016, cit.; Cass. 30 maggio 1995, n. 6083, in Notiz. giur. lav., 1995, 763.
235
Come correttamente rileva M. FERRARESI, Il giustificato motivo oggettivo, cit., 45, la novella del 1991 non introduce un obbligo di ripescaggio: “né in mansioni equivalenti, perché i contenuti della comunicazione dell’inizio del procedimento ex art. 4, comma 3, legge n. 223/1991 e dell’esame congiunto ex art. 6, comma 5, sono in generale finalizzati alla possibilità di un confronto sindacale in buona fede, senza indicare l’obbligatorietà di misure diverse dai recessi; né a mansioni inferiori, condizionate da un accordo sindacale sul punto”. Propende per la medesima conclusione, M. MISCIONE, I licenziamenti individuali per riduzione di personale e la mobilità, in F. CARINCI (a cura di), La disciplina die licenziamenti dopo le leggi 108/1990 e 223/1991; Jovene, Napoli, 1991, 329, per il quale, il repêchage è previsto unicamente per il collocamento in mobilità ex art. 4, co. 1, L. n. 223/91, non richiamato dall’art. 24, co. 1. Tuttavia, parte della dottrina si pone in senso favorevole al ripescaggio: P. CIECO, Licenziamenti III) Licenziamenti
collettivi – nuova disciplina, in Enc. giur. Treccani, 1998, 26 e 27 e M. DE ROSA, Il licenziamento “per ragioni economiche”: le fattispecie, in R. DE LUCA TAMAJO – F. BIANCHI
D’URSO (a cura di), I licenziamenti individuali e collettivi nella giurisprudenza della Cassazione, Giuffrè, Milano, 2006,12.
236
V. Cass. 11 luglio 2013, n. 17177, in Lav. giur., 2013, 1013, con nota di M. CONGEDUTI,
L’estensione dei criteri di scelta per i licenziamenti collettivi all’“intero complesso aziendale e
Cass. 29 novembre 1999, n. 13346, in Riv. it. dir. lav., 2000, II, 791, con nota di M.L. VALLAURI, Ambito aziendale interessato dalla riduzione del personale, individuazione dei
criteri di scelta applicabili e obbligo di repêchage.
237
Tale orientamento è stato avallato anche dalla Cass. S.U. 13 giugno 2000, n. 419, in Lav. giur., 2001, 247, con nota di G. FERRAÙ, Omessa comunicazione delle modalità di applicazione dei
criteri di scelta dei lavoratori da licenziare; Cass. S. U. 11 maggio 2000, n. 302, in Riv. it. dir. lav., 2001, II, 777, di con nota di M.P. MONACO, Sezioni Unite della Corte di Cassazione e interpretazione sistematica degli artt. 1, settimo comma e 8, L. n. 223/1991: l’aggiunta del “non detto” e in Mass. giur. lav., 2000, 915, con nota di S. LIEBMAN, Garanzie procedimentali e legittimità delle scelte dell’imprenditore nei processi di ristrutturazione aziendale. In senso
conforme, v. Cass. 2 marzo 2015, n. 4173, in Foro it. Rep., 2015, voce Lavoro in materia di
navigazione, n. 8; Cass. 28 ottobre 2009, n. 22824, in Orient. giur. lav., 2009, 767; Cass. 13 luglio
2006, n. 15943, in Riv. it. dir. lav., 2007, II, 432, con nota di R. GALARDI, Sull’obbligo di
comunicazione nei licenziamenti collettivi; Cass. 15 aprile 2004, n. 7221, in Guida lav., 2004, 27,
46; Cass. 6 aprile 2002, n. 4949, in Giust. civ., 2002, I, 1849 e, per la giurisprudenza di merito, Trib. Firenze 19 luglio 2016, in Lav. giur., 2016, 1133. In dottrina, cfr.M.T. CARINCI, Il
giustificato motivo oggettivo, cit., 36; M. D’ANTONA, “Riduzione di personale” e licenziamenti: la rivoluzione copernicana della legge 223/1991, in Foro it., 1993, I, 2027; S. LIEBMAN, I criteri di scelta nei licenziamenti collettivi, in Lav. giur., 2002, 821; M. PERSIANI, Commento sub. art. 4, commi 2-16, in ID. (a cura di), Commentario alla legge 23 luglio 1991, n. 223, in Nuove leggi civ. comm., 1994, 916.
preventivo, riguardante il controllo sull’osservanza degli obblighi di informazione
e consultazione sindacale e la puntuale applicazione dei criteri di scelta, in modo
da rendere trasparente e verificabile la scelta discrezionale dell’impresa.
238Quindi il giudice non può verificare se la riduzione di personale sia stata disposta
dal datore di lavoro sulla base di un’effettiva modifica dell’organizzazione.
239“La
mancanza di tale effettività può solo rilevare qualora la stessa emerga da un vizio
della procedura (come nel caso di informazioni sindacali inesatte, incomplete, o
mendaci)”
240.
Per quanto concerne, invece, le eterogenee motivazioni a fondamento dei due
recessi, l’orientamento appare univoco. La giurisprudenza consolidata, ai fini
della legittimità del licenziamento collettivo, considera esclusivamente un insieme
di fattori di carattere quantitativo, quali: il conseguimento di una precisa soglia
occupazionale del datore di lavoro (più di 15 dipendenti); il numero di
licenziamenti, intimati o anche solo programmati (almeno 5) in un arco temporale
circoscritto (120 giorni) ed in un determinato ambito geografico (la medesima
unità produttiva o più unità produttive collocate nel territorio della stessa
provincia)
241. Al contrario, le variabili di tipo qualitativo, come le causali inerenti
238
Il controllo giudiziale può essere attivato anche su ricorso del singolo lavoratore. Tale facoltà è stata riconosciuta da Cass. 16 gennaio 2013, n. 880, in Giur. it., 2013, 10, 2072, con nota di G. PACCHIANA PARRAVICINI, Vizi della procedura ed accordo sindacale nella disciplina dei
licenziamenti collettivi; Cass. 21 settembre 2011, n. 19233, in Foro it., 2011, I, 2963; Cass. 2
ottobre 1999, n. 10961, in Orient. giur. lav., 1999, 1055; Cass. 23 settembre 1999, n. 10368, in
Mass. giur. lav., 2000, 100, con nota di S. LIEBMAN, Licenziamento collettivo, procedure sindacali e garanzie del dipendente.
239
Inoltre, come è stato autorevolmente rilevato da M.T. CARINCI, Il giustificato motivo
oggettivo, cit., 28, la L. n. 223/91 non pone esplicitamente a carico del datore di lavoro l'onere
della prova della “riduzione o trasformazione di attività o di lavoro” o della “cessazione di attività”, né prevede conseguenze qualora non ricorrano l’una o l’altra ipotesi. Ciò, anche se, da un punto di vista fattuale, non vi è dubbio che sia il licenziamento individuale quanto quello collettivo siano sorretti dagli stessi meccanismi motivazionali e di contesto alla base delle decisioni economiche adottate dall’impresa. In merito, v. anche Cfr. S. BRUN, Il licenziamento economico,
cit., 36; G. GIUGNI, Intervento, in AA.VV., I licenziamenti nell’interesse dell’impresa, Atti delle giornate di studio di diritto del lavoro, Firenze, 27-28 aprile 1968, Giuffrè, Milano, 1969, 103, il
quale ha rilevato che i licenziamenti come atto giuridico sono “sempre individuali”; e E. GRAGNOLI, La riduzione del personale, cit., 5 e 214.
240
Così F. ALBINIANO, Le “ragioni” del licenziamento, cit., 112. In giurisprudenza, v. Cass. 2 novembre 2015, n. 22357 e Cass. 12 gennaio 1999, n. 265, 476, in Arch. civ. 2001, 468, con nota di P. MAUTONE, Questioni in tema di riduzione e scelta del personale da collocare in mobilità. 241
Cfr. Cass. 15 gennaio 2003, n. 535, in Notiz. giur. lav., 2003, 405; Cass. 12 ottobre 1999, n. 11455, cit.; Cass. 8 giugno 1999, n. 5662, in Orient. giur.lav., 1999, 435; Cass. 21 maggio 1999, n. 4970, ivi,1999, 774; Cass. 17 dicembre 1998, n. 12658, in Notiz. giur. lav., 1999, 216; e, per la giurisprudenza di merito, Trib. Milano 20 febbraio 2003, in Riv. crit. dir. lav., 2003, 383; Trib. Trani ord. 15 febbraio 2002, in Lav. giur., 2002, 448, con nota di D. CARPAGNANO,