Abbiamo più volte fatto riferimento, nel corso di questo e del precedente capitolo, alla dottrina degli status1, che era,
nella teoria retorica antica, il più diffuso metodo di classificazione dei diversi generi di cause processuali. Abbiamo anche accennato al fatto che uno degli scopi primari dell’esercizio declamatorio era di fornire agli studenti esempi concreti di casi appartenenti ai diversi status, e del modo in cui trattarli; ciò risulta evidente dal l. II del De inventione ciceroniano, oppure dal l. VII dell’Institutio oratoria di Quintiliano, dove temi di controversiae scolastiche sono continuamente addotti per illustrare le molte ramificazioni della dottrina2. Ci sembra quindi utile proporre una
suddivisione delle controversiae della raccolta senecana a seconda del tipo di status da esse presupposto (cosa che non è stata mai fatta in maniera sistematica)3; in particolare prenderemo in considerazione le controversiae integre, in cui,
disponendo della divisio, è più semplice l’individuazione dello status, e poi, in subordine, anche quelle conservate solo negli excerpta. Avvertiamo preliminarmente che lo status di una controversia non sempre può essere determinato in maniera univoca, sia per le lievi differenze che spesso sussistono fra un tipo di causa e l’altro, sia perché una stessa
controversia può comprendere quaestiones afferenti a status disparati, o essere diversamente trattata da vari
declamatori4. Nel classificare dunque le controversiae senecane cercheremo di indicare lo status prevalente in ciascuna
di esse, segnalando comunque, per quanto possibile, i casi più complessi, in cui entrano in gioco diversi tipi. 1) Status coniecturalis
Lo status coniecturalis (o coniectura) riguarda quei tipi di cause in cui il problema verte su una questione fattuale, in cui è cioè incerto se un dato fatto sia stato effettivamente commesso oppure no5. Rientrano in tale status le seguenti
controversiae: 2, 7 (cfr. il Cap. I); 7, 3 (un caso di sospetto veneficio, in cui un giovane tre volte abdicatus e tre volte absolutus viene sorpreso dal padre a preparare del veleno)6; 7, 5 (un caso complesso di omicidio, in cui un uomo viene
trovato morto nel letto accanto alla moglie, sposata in seconde nozze, che invece è soltanto ferita; si accusano a vicenda del delitto il figlio dell’uomo e l’amante della moglie: la controversia rientra cioè nel tipo particolare che si definisce
mutua accusatio o ajntikathgoriva)7; 7, 7 (un caso di presunta proditio, basato sulla parola in punto di morte di un
1 Per la definizione di status, cfr. Cap. I, n. 19. L’opera di riferimento su tale tema è Calboli Montefusco 1986. 2 Cfr. Bonner 1949, 20 ss.
3 Una tale suddivisione è stata invece compiuta per le Declamationes minores dello pseudo-Quintiliano (e prendendo
come punto di riferimento la teorizzazione dell’Institutio oratoria) da Dingel 1988, 66 ss.
4 Sulla ‘mescolanza’ degli status, possibilità del resto espressamente prevista nei trattati di retorica, cfr. Calboli
Montefusco 1986, 51 ss.
5 Cfr. Cap. I, n. 20; Calboli Montefusco 1986, 60 ss.
6 Ricordiamo che per questa controversia, come poi per la 7, 7, è esplicitamente usato il termine coniecturalis (cfr. Cap
I, n. 20). Seneca annota qui peraltro come tale caso presenti un tipo di coniectura particolare, duplex (per la definizione di coniectura simplex e duplex, cfr. Quint. inst. 7, 2, 8 ss.), ma riguardante una stessa persona, poiché la questione è se il figlio stesse preparando il veleno per sé o per il padre: cfr. contr. 7, 3, 6 habet tamen dissimilem ceteris coniecturam et
duplicem; non, quomodo solet, aut inter duos reos, cum alterum coarguimus [cioè il tipo definito ajntikathgoriva: vedi
la nota successiva], aut inter duo crimina, cum alterum probamus, ut id alterius fiat probatio, tamquam cum dicimus
adulteram fuisse, ut credatur propter hoc etiam venefica [tale è precisamente il caso della contr. 6, 6]: in uno homine coniectura duplex est. Quaerimus enim utrum venenum in suam mortem an in patris paraverit. Una discussione
minuziosa come questa dimostra bene la familiarità che Seneca doveva avere con la dottrina degli status.
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7 Cfr. Quint. inst. 7, 2, 9; 18 ss.; Calboli Montefusco 1986, 65. Trattando della divisio di questa controversia, Seneca si
sofferma a discutere se nei casi di mutua accusatio si debba prima procedere all’accusa dell’avversario o alla propria difesa (contr. 7, 5, 7-8); anche se il passo non è del tutto chiaro, e presenta alcuni problemi di testo e di interpretazione, pare comunque che Seneca si schieri a favore dell’opinione che l’accusa debba precedere la difesa (cfr. contr. 7, 5, 7
optime autem epilogum defensioni contexit, et homines magis defendenti quam accusanti favent: ultima sit pars, quae iudicem faventem possit dimittere; cfr. Fairweather 1981, 187 ss.). Notiamo che il precetto esattemente contrario è
imperator catturato dai nemici e messo in croce, che sembra accusare il padre); 9, 6 (dove una noverca, accusata di
veneficio, denuncia sotto tortura la complicità della figlia, a sua volta posta sotto accusa ma difesa dal padre); inoltre 6,
4 e 6, 6 (altri due casi di veneficio, nel secondo caso in abbinamento con un’accusa di adulterio)8.
2) Status definitivus
Si ha lo status definitivus (o definitio) quando non vi è incertezza sull’atto commesso dall’imputato, ma sulla sua natura e definizione9; si tratta di uno status che ha un’applicazione molto ampia, ma che spesso può mischiarsi con altri status
diversi, in quanto l’esatta definizione del fatto in discussione costituisce solo un aspetto del problema10. Nello status
definitivus possiamo far rientrare in primo luogo le numerose controversiae che presentano un’accusa di dementia,
intentata da un figlio al padre11: 2, 3 (il padre è accusato per non aver dato il suo perdono al figlio raptor, fatto che,
secondo la legge, può determinare allo scadere di trenta giorni la condanna a morte del giovane); 2, 4 (il padre è accusato per avere adottato un nipote, nato dalla relazione di un suo figlio abdicatus con una meretrix, che il figlio stesso gli aveva affidato in punto di morte); 2, 6 (il padre è accusato per essere entrato in gara di dissipazione con il figlio); 7, 6 (il padre è accusato per aver dato sua figlia in sposa ad un servo, che aveva il merito di non averla stuprata, nonostante il permesso dato da un decreto del tiranno); 10, 3 (il padre è accusato per avere indotto alla morte sua figlia, colpevole di avere seguito il marito nel partito avverso durante la guerra civile, ma poi tornata a casa a chiedere perdono); ed inoltre 6, 7. In tutti questi casi, il problema primariamente affrontato dai declamatori è la vexata quaestio di quali siano i limiti dell’accusa di dementia, e quali comportamenti siano esattamente definibili come tali12; ma allo
stesso tempo, si aggiungono considerazioni sul diritto del padre ad agire nel modo in cui ha agito, e sulla natura colpevole o meno della sua condotta, cosicchè allo status definitivus si associa per lo più lo status qualitatis (vedi qui sotto)13. Altre controversiae che rientrano principalmente in questo status sono: 9, 2 (il caso del proconsole Flaminino,
accusato di laesa maiestas per aver fatto uccidere un condannato a morte durante un banchetto, su richiesta di una
meretrix: qui il problema è se la condotta del magistrato sia definibile o meno come laesa maiestas)14; 9, 5 (dove un
nonno viene accusato de vi per aver sottratto un suo nipote al padre e alla noverca, dopo che altri due nipoti erano morti in circostanze poco chiare; anche in questo caso si discute se tale atto costituisca vis)15; 10, 4 (il caso di un mendicante
invece offerto da Quintiliano, che afferma con una certa perentorietà che nei casi di ajntikathgoriva l’accusa deve sempre seguire la difesa (Quint. inst. 7, 2, 21 quo in genere semper prior debebit esse defensio, primum quia natura
potior est salus nostra quam adversarii pernicies, deinde quod plus habebimus in accusatione auctoritatis, si prius de innocentia nostra constiterit, postremum quod ita demum duplex causa erit. Nam qui dicit ‘ego non occidi’, habet reliquam partem ut dicat ‘tu occidisti’: at qui dicit ‘tu occidisti’, supervacuum habet postea dicere ‘ego non occidi’).
8 I casi di veneficio costituivano gli esempi più tipici e diffusi di causae coniecturales: cfr. Quint. inst. 7, 2, 13-15; 17-
18; Bonner 1977, 310 ss.
9 Cfr. qui sopra, Cap. II, n. 45; Calboli Montefusco 1986, 77 ss.
10 Ciò è esplicitamente ammesso dallo stesso Quintiliano: cfr. inst. 7, 3, 13 quae varietas effecit ut eam [sc. finitionem]
quidam coniecturae, quidam qualitati, quidam legitimis quaestionibus subicerent; anche 7, 3, 4-6. Cfr Calboli
Montefusco 1986, 79 s.
11 Sul problema dell’actio dementiae, cfr. qui sopra, Cap. II, n. 66.
12 Cfr. la dettagliata discussione di Latrone, con le obiezioni di Asinio Pollione, in contr. 2, 3, 12 ss. (su cui vedi qui
sopra, pag. xxx e n. 67); inoltre 2, 6, 5; 7, 6, 13; 10, 3, 7.
13 Questa mescolanza dei due status si può osservare al meglio nella divisio di Latrone della contr. 10, 3: contr. 10, 3, 7
Latro usus est in hac controversia illa calcata quaestione, an possit dementiae agi cum patre ob ullam aliam rem quam ob dementiam (definitio); 8-9 si damnari dementiae aliquis pater etiam non demens ob aliquod improbandum factum potest, an hic possit. Hoc in duo divisit: an, etiamsi hoc animo dixit ut filiam mori vellet, damnandus tamen non sit. […] Deinde, an non eo animo dixerit ut illam mori vellet (qualitas). Lo stesso Quintiliano ammette del resto che i casi di dementia si pongono a metà strada fra status definitivus e status qualitatis: cfr. Quint. inst. 7, 3, 2; 7, 4, 25.
14 Cfr. la divisio di Vozieno Montano in contr. 9, 2, 13-16, centrata sulla discussione della definizione di laesa maiestas.
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15 Cfr. di nuovo la divisio di Vozieno Montano in contr. 9, 5, 6, che introduce come prima questione an in re vis sit.
che viene accusato di laesa res publica per aver mutilato e costretto a mendicare dei bambini esposti dai genitori: il problema verte qui sulla definizione di laesa res publica)16; 10, 5 (un caso molto simile al precedente, in cui il pittore
Parrasio viene accusato di laesa res publica per aver torturato un prigioniero di Olinto, in modo da servirsene come modello per un dipinto di Prometeo); ed inoltre 3, 8 (definizione di coetus et concursus); 4, 8 (definizione di vis); 5, 7 (un altro caso di laesa res publica); 6, 3 (definizione di circumscriptio); 6, 5 (definizione di vis in iudicio); 6, 8 (definizione di incestum).
Un tipo particolare di status definitivus si ha poi quando la controversia non riguarda tanto la definizione dell’atto commesso, ma verte intorno ad un termine presente nella legge su cui si basa il caso17; appartengono a questa
sottocategoria: 1, 3 (vedi qui sopra, pag. xxx); 10, 6 (un tale penetra in casa di un ricco, sospettato di tradimento, e sottrae delle lettere che ne provano la colpevolezza, così da farlo condannare; ma poi gli viene impedito di parlare in assemblea, in base alla legge fur contione prohibeatur: qui la questione di fondo è appunto se il protagonista possa essere definito fur)18; inoltre 4, 7 (in cui, a fronte della norma che stabilisce il praemium tyrannicidae, nasce il problema
se sia definibile come tirannicida colui che ha ucciso il tiranno poiché da lui sorpreso in adulterio con sua moglie); 8, 4 (dove, a fronte della legge homicida insepultus abiciatur, si pone la domanda se un suicida possa definirsi omicida)19;
ed ancora 8, 1 (definizione di confessa); 8, 6 (definizione di vitiator). 3) Status qualitatis (o generalis, o iuridicialis)
In questo tipo di status non c’è controversia né sull’atto compiuto dal reo né sul nome da attribuirgli, ma solo sulla sua
qualitas; si discute cioè se esso debba essere considerato colpevole o meno. Si tratta dello status più vasto e complesso
di tutti, che si divide in numerosi sottotipi20.
3a) Qualitas absoluta
Rientrano nella qualitas absoluta (oppure, con formula greca, kat’ajntivlhyin) i casi in cui l’imputato si difende affermando che l’atto commesso non è illecito, ma trova in sé la sua giustificazione21. Appartengono in primo luogo a
questo status i numerosi casi di abdicatio, in cui il figlio abdicatus impugna tale provvedimento, sostenendo la non colpevolezza dell’atto che ha determinato il suo ripudio da parte del padre22: 1, 1 (vedi qui sopra, pag. xxx); 1, 4 (il
vis ha procurato a chi ne è stato vittima (ibid. an, si pro illo fuit fieri vim quoi facta dicitur, non teneatur qui fecit, con la
successiva definizione di vis salutaris). Montano associa cioè lo status definitivus ad uno dei tipi di status qualitatis, quello che si definisce comparatio (vedi qui sotto).
16 Cfr. la discussione di Latrone in contr. 10, 4, 11; anche in questo caso, nei punti successivi della divisio (10, 4, 12-
13), Latrone aggiunge tuttavia argomenti basati sulla qualitas del fatto. L’actio laesae rei publicae è un altro dei casi citati da Quintiliano come tipicamente appartenenti allo status definitivus (inst. 7, 3, 2), ma che allo stesso tempo implicano anche una discussione concernente la qualitas (inst. 7, 4, 37).
17 Cfr. qui sopra, Cap. II, n. 45.
18 Un guasto nella tradizione manoscritta ha fatto perdere la divisio di questa controversia, l’ultima della raccolta
senecana; ma dalle poche sententiae superstiti è chiaro che tutta la questione verte intorno alla definizione di fur e
furtum: cfr. ad es. contr. 10, 6, 1 (Mosco) furtum est quod timet dominus agnoscere?; ibid. (Musa) furtum vocas, quod qui perdiderat negabat suum?; ibid. (Clodio Turrino) furtum vocas, quod qui perdiderat supplicum tulit, qui
subripuerat praemium?, ecc.
19 Questi ultimi due casi sono espressamente citati da Quintiliano, ad illustrazione di questo particolare sottotipo dello
status definitivus (cfr. Quint. inst. 7, 3, 7 diversum est genus cum controversia consistit in nomine quod pendet ex scripto, nec versatur in iudiciis nisi propter verba quae litem faciunt: an qui se interficit homicida sit, an qui tyrannum in mortem compulit tyrannicida; anche 5, 10, 36 finitionis quoque quaestiones ex causis interim pendent: an tyrannicida qui tyrannum a quo deprensus in adulterio fuerat occidit, eqs.).
20 Cfr. qui sopra, Cap. II, n. 31; Calboli Montefusco 1986, 93 ss. Notiamo che fra i teorici c’era un certo disaccordo
anche sulla distinzione dei vari tipi di qualitas e sulla loro precisa definizione, ed in particolare sulla differenza fra
qualitas negotialis e qualitas iuridicialis; ma su questo complesso problema, cfr. Calboli Montefusco 1986, 99 ss.
21 Cfr, qui sopra, Cap. II, n. 32; Calboli Montefusco 1986, 108 ss.
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padre, vir fortis ma mutilo delle mani, ripudia il figlio per il suo rifiuto ad uccidere la madre ed il suo amante, sorpresi in adulterio); 1, 6 (il figlio subisce l’abdicatio per non aver voluto ripudiare la moglie, figlia dell’archipirata, che l’aveva aiutato a fuggire dalle mani dei pirati e a cui si era legato con un giuramento); 1, 8 (il figlio, tre volte vir fortis, viene ripudiato dal padre per la sua volontà di scendere una quarta volta in guerra, nonostante la legge gli consenta di congedarsi); 2, 1 (il figlio di un pauper viene ripudiato per essersi rifiutato di andare in adozione ad un dives, che aveva già ripudiato tre figli suoi); 2, 2 (l’unico caso in cui l’abdicatio riguarda una figlia femmina, ripudiata per non aver voluto lasciare il marito che, dopo un giuramento di reciproca fedeltà fino alla morte, aveva fatto arrivare alla moglie la falsa notizia del suo decesso, spingendola a tentare il suicidio); 7, 1 (il figlio viene ripudiato per non aver eseguito la condanna a morte di suo fratello, decretata dal padre; una mancata obbedienza che il padre scopre quando egli viene catturato, e poi rilasciato, dal figlio condannato, nel frattempo divenuto pirata); 10, 2 (il padre vir fortis ripudia il figlio, anche lui vir fortis, per il rifiuto di questi a cedergli il premio); inoltre 3, 2; 3, 3; 4, 3; 4, 523; 5, 2; 5, 4; 6, 1; 6, 2 e 8, 3,
tutti casi di abdicatio.
Rientrano inoltre nella qualitas absoluta le controversiae basate su un’accusa di ingratitudine (actio ingrati), in cui la discussione verte sul fatto se l’imputato abbia ricevuto e/o restituito un beneficium24: 2, 5 (un marito ripudia per sterilità
la moglie, che l’aveva in precedenza aiutato a compiere un tirannicidio, non rivelando sotto tortura i suoi piani al tiranno, e viene da lei accusato di ingratitudine)25; 9, 1 (una controversia che si fonda su un caso storico: Cimone, figlio
di Milziade, entrato volontariamente in carcere per riscattare il padre, viene a sua volta riscattato dal ricco Callia, che gli dà anche sua figlia in sposa; in seguito Cimone sorprende quest’ultima in adulterio e la uccide con il suo amante, ma viene accusato di ingratitudine da Callia); un caso di actio iniuriarum è poi 10, 1 (il figlio di un pauper, trovato morto, si pone a seguire vestito a lutto il ricco nemico del padre, sospettato dell’omicidio, ma senza accusarlo apertamente, finchè questi, bocciato nell’elezione a una carica pubblica, accusa di iniuria il suo persecutore)26. Appartengono ancora
principalmente a questo status le controversiae 3, 7, 4, 6 e 5, 3 (casi di mala tractatio)27; 3, 9 (un caso basato sul rifiuto
23 Il thema della contr. 4, 5 (il figlio medico, precedentemente ripudiato e poi riaccolto in casa per aver guarito il padre
da una malattia che gli altri medici non riuscivano a curare, viene di nuovo ripudiato per essersi rifiutato di curare la
noverca) è lo stesso trattato da Luciano di Samosata nel suo jApokhruttovmeno"; cfr. Berry-Heath 1997, 409 ss.
24 Cfr. Quint. inst. 7, 4, 37-38.
25 La questione centrale di questa controversia, dibattuta lungamente nella divisio, è appunto se la moglie abbia
effettivamente accordato un beneficio al marito, e se eventualmente questi gliel’abbia già restituito uccidendo il tiranno che l’aveva torturata: cfr. contr. 2, 5, 10 ss. (con gli interventi di Latrone, Asinio Pollione e Gallione). Tuttavia qui il caso è più complesso, e verte anche sull’interpretazione della voluntas della legge che prevede che un marito possa ripudiare la moglie dopo cinque anni, se questa non gli ha dato dei figli (ed in particolare il problema sollevato dai declamatori è se il tempo della tirannide, in cui avviene come una sorta di ‘sospensione del diritto’, debba essere conteggiato nei cinque anni: cfr. ad es. 2, 5, 13 Blandus in ultima parte controversiae … quaestionem fecit an
quinquennium numerari debeat excepta tyrannide: illud tempus non debet imputari quasi sterili, quo matres etiam editos partus abominatae sunt); si veda la discussione in contr. 2, 5, 13 ss., in cui si contrappongono il parere di Latrone
(contr. 2, 5, 14), che pensa che tale questione debba essere svolta solo come parte di una più ampia tractatio aequitatis, che si muove sempre nell’ambito dello status qualitatis, e quello di altri declamatori (Blando, Buteone: contr. 2, 5, 13; 15-16), che invece ne fanno una quaestio iuris a sé, applicando dunque uno degli status legales, quello che si basa sul contrasto fra scriptum e voluntas della legge (vedi qui sotto). La sottile disputa viene risolta in favore di Latrone dall’altro retore Passieno, con l’osservazione che, poichè si tratta di una actio ingrati, e non iniusti repudii, anche la questione della liceità del ripudio cade nell’aequitas, e non nello ius (contr. 2, 5, 17 Passienus … Latroni se adsentiri
dicebat ideo, quia istae quaestiones tractandae per se essent, si haec mulier iniusti repudii ageret; nunc ingrati agit: ita non quaeritur an legitime, sed an ingrate dimissa sit, itaque in aequitatis tractationem cadunt etiam quae iuris sunt).
26 L’actio iniuriarum è un altro dei tipi di cause che rientra nella qualitas, secondo Quint. inst. 7, 4, 32; tuttavia si tratta
di casi in cui lo status qualitatis si mescola in modo quasi inestricabile con quello definitivus, in quanto la discussione verte insieme sulla natura colpevole o meno dell’atto, ma anche sulla sua definizione come iniuria (si veda ad es. la
divisio di Latrone in contr. 10, 1, 9).
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27 Anche i casi di mala tractatio sono indicati da Quintiliano come situati a metà strada fra status qualitatis e status
di uno schiavo di obbedire a un ordine del padrone); 4, 1 e 5, 6 (altri due casi di actio iniuriarum); 5, 1 (un esempio di
actio inscripti maleficii)28; 8, 5 (dove il problema ha a che fare con il praemium viri fortis).
3b) Qualitas adsumptiva
La qualitas adsumptiva (o kat’ajntivqesin) si differenzia dalla qualitas absoluta, poiché in questo caso l’atto commesso non viene giustificato di per sé, ma mediante l’assunzione e l’allegazione di elementi e circostanze esterne29. Tale status
si suddivide a sua volta nei seguenti tipi: α) Comparatio
Si ha la comparatio, o ajntivstasi", quando il reo giustifica la propria condotta portando a confronto il beneficio che ne è derivato30. Un classico esempio è 3, 6 (un’accusa di damnum rivolta contro un tirannicida che, per uccidere il tiranno,
ha incendiato una casa privata dove questi si era rifugiato); altro esempio è 4, 4 (un’actio violati sepulchri intentata ad un soldato che, perdute le proprie armi, ne ha sottratte di nuove dalla tomba di un vir fortis, ottenendo con quelle la vittoria).
β) Relatio criminis
La relatio criminis, o ajntevgklhma, si applica quando l’atto colpevole compiuto dall’imputato viene giustificato in quanto risposta ad una provocazione o ad un reato precedentemente commesso contro di lui31. Un possibile esempio di
questo tipo è la controversia 1, 7 (il caso del figlio che si rifiuta di alere il padre che si è mostrato indegno verso di lui, fino ad arrivare a chidere ai pirati, da cui il giovane era stato catturato, di mozzargli le mani: vedi qui sopra, pag. xxx)32.